*David ha portato Jay dalla sua famiglia, dove è nato e cresciuto, così Jay conosce lo strano e personale universo di David e ne rimane sconvolto perché conosce una persona completamente diversa da quella a cui è abituato. Per la situazione di David mi sono ispirata, come sapete, ad un calciatore reale che però per scelta non voglio citare, (beh chi mi conosce avrà capito di chi parlo) ma voglio solo dire che è vero quel che gli succede e che fa quando va a casa, il modo in cui è trattato e come si comporta e soprattutto la motivazione. Per lui e le cose così specifiche di cui ho scritto, mi sono ispirata alla realtà di una persona reale. Perciò non dico che condivido il suo modo di essere, ma essendo così particolare ho deciso di riportarlo perché ritengo che questo gli dia spessore e lo renda reale anche al lettore. Buona lettura. Baci Akane*
21. NEL MIO UNIVERSO
La famiglia di David era incasinata, un infinità di persone andava e veniva di continuo da quella che era considerata casa madre, dove vivevano i genitori.
- Ma in quanti siete? - Chiese Jay dopo la prima sera passata in casa con lui a salutare fratelli e sorelle che andavano e venivano in continuazione.
David rise divertito:
- Tanti! - Jay rise a sua volta:
- L’avevo dedotto dopo il settimo arrivo! -
- Siamo nove figli e due genitori. - Jay rimase impressionato, anche lui aveva una famiglia numerosa, ma non certo paragonabile a quella. Tornò a guardarsi intorno, la casa era piuttosto grande, ma il quartiere dava pensare che non fosse sempre stata così.
- Toglimi una curiosità. Questa casa è cambiata? - La casa di per sé appariva bella ed in ottimo stato, sufficientemente moderna ma con influenze culturali dell’origine della loro famiglia.
- No, l’ho ristrutturata, volevo comprargliene un’altra in un bel quartiere, ma loro non volevano saperne di spostarsi, così li ho convinti a ristrutturarla. - Si avvicinò al suo orecchio mentre erano seduti nel salone con alcuni membri della loro famiglia che chiacchieravano allegramente: - Ho inserito un sistema di sicurezza ad opera d’arte... ma i miei genitori non lo sanno... sono fissati che non vogliono cambiare e cose così... - Jay piegò le labbra senza capire, anche lui veniva da una famiglia povera, ma appena aveva avuto soldi aveva comprato tutte le agiatezze e le ricchezze possibili e loro erano stati ben felici di accettare.
- Ma resta un quartiere molto pericoloso... - Non avevano ancora fatto un giro nei dintorni ma non ci era voluto un genio per capire dove stavano. David ridacchiò ed alzò le spalle.
- Viviamo qua da sempre, molti della famiglia ormai se ne sono andati per fare ognuno la propria vita, ma resta il punto principale d’incontro. Non se ne andrebbero mai da qua, non accetterebbero reali ricchezze. - Jay annuì impressionato senza capire bene il loro punto di vista.
Nell’arco di qualche giorno avrebbe però capito quanto di mentalità antica e ristretta e rigidi fossero i suoi genitori, ma anche quanto David gli fosse legato. Era come dipendente dal loro benestare, non avrebbe mai potuto fare nulla di disonorevole nei loro confronti, Jay capì che se per la propria famiglia realizzare che lui era gay non era stato un dramma, per la famiglia di David lo sarebbe stato.
Capì anche come mai per lui era stato così difficile capirlo ed ammetterlo ed anche perché quando era lì si comportava come un etero a tutti gli effetti.
Notò che all’argomento fidanzata si era infastidito e le tensioni si erano alzate.
Quando farai dei figli? Una famiglia? Devi mettere la testa a posto! Lo sai che si deve fare così! Perché devi essere quello diverso?
Quelli i tipici discorsi al termine dei quali David aveva preso Jay e se ne era uscito per incontrarsi con gli amici d’infanzia che stavano ancora lì.
- Se gli dicessi qualcosa guai. Mi toglierebbero il cognome. - Jay inizialmente pensava scherzasse, ma poi ripensò a quanto era stata alta la tensione in quel momento, quando si era tirato fuori quell’argomento e capì che non era facile, non lo era per tutti.
- Per te la loro approvazione è tanto importante? - Chiese quasi con tristezza pensando a che genere di vita finta avesse vissuto lì. David annuì.
- Io li amo tantissimo, per me sono tutto. Hanno fatto non sai quanti sacrifici per noi figli, culturalmente loro sono portati ad accettare tutti i figli che Allah gli manda, ma essendo di origini immigrate non potevano aspirare a lavori decenti, perciò hanno sempre fatto di tutto spaccandosi la schiena, hanno subito umiliazioni, si sono distrutti per noi e noi figli non disonoreremmo mai i nostri genitori. Per noi la loro approvazione è essenziale. Almeno non vogliamo disonorarli. Se sapessero che scopo con dei ragazzi sarebbe la fine, gli spezzerei il cuore. -
Jay ascoltò i suoi discorsi provando a capire e riuscendoci anche, dopotutto le usanze di origine erano dure da sradicare e se amavi tanto qualcuno che non era perfetto, ci potevi fare poco. O ti ribellavi e accettavi le conseguenze, o fingevi di essere come volevano loro, accettando tu i loro difetti, scendendo a compromessi.
David era uno che per amore era disposto a tutto e pensando a questo rimase colpito da questo suo lato umile e servile, in un certo senso. Lui non ne sarebbe mai stato capace. Lui pur di essere sé stesso avrebbe rotto dei ponti importanti, avrebbe lottato con unghie e con denti con le persone più importanti della sua vita pur di far capire che erano loro a sbagliare e che meritava di essere amato per ciò che era.
- Però così tu pensi che non potrebbero amare il vero David... mentre il vero David è una persona davvero meravigliosa... - Disse senza rifletterci molto. David lo guardò colpito dalle sue parole, poi fece un’espressione malinconica alzando le spalle.
- È la vita, non possiamo avere tutto. Ognuno fa una scala di priorità e vive per quello. - Per lui era semplice, era abituato alle rinunce ed ai compromessi. Jay aveva imparato che bisognava vivere per puntare a tutto, non solo a ciò che si poteva, ciò che era più importante. - Anche tu rinunci a qualcosa, dopotutto... - Fece poi improvvisamente, mentre aspettavano l’arrivo dei suoi amici poichè erano presto sull’orario concordato.
Jay distratto dal quartiere ancor più malfamato di sera, si chiese quanto ci avrebbero messo ad essere derubati, ma non capiva come mai, pur vedendoli, nessuno faceva niente. Come mai?
- Che rinunce? - Chiese infatti pieno di brividi, stringendo il telefono pronto a chiamare qualcuno. Perché girava così da solo senza nessuno in un posto simile? Lui aveva sempre un protettore.
- Rinunci ad essere te stesso col mondo. Il vero te, quello che non è uno stronzo egoista pieno di sé ma che tiene agli altri, che è sentimentale e premuroso con gli amici, nessuno lo conosce, se non pochi eletti. - Jay alzò le spalle stringendosi istintivamente a David che pareva totalmente a suo agio in quel posto buio dimenticato da Dio.
- A me non frega niente del mondo, io sono me stesso con chi mi interessa. Non è una rinuncia, è una difesa, la mia. - David lo guardò colpito della risposta, ammirando questo suo lato forte e sicuro che a lui mancava poichè lui per l’approvazione degli altri si calpestava eccome, ma non poté rispondere perché Jay gli prese il braccio vedendo un brutto ceffo avvicinarsi. - Dave... - Sussurrò a denti stretti col cuore in gola ed il terrore nelle ossa. Adesso sarebbero stati aggrediti e derubati, quello lì aveva tutte le brutte intenzioni del mondo, era così chiaro.
Ma David guardato ciò che lo terrorizzava, si mise a ridere e gli andò incontro abbracciandolo alla maniera delle gang di strada. Poco dopo, sotto gli occhi esterrefatti di Jay ancora shoccato, li raggiunsero altri tutti così inquietanti.
Jay li guardava in disparte, sconvolto. Erano praticamente tutti di colore, grandi, grossi e poco raccomandabili. Capiva che era un pregiudizio associare il ragazzo nero in un brutto quartiere al titolo di criminale, ma era anche inevitabile a volte.
A quanto pareva comunque erano amici di David, l’unico bianco, di fatto.
Quando finirono di salutarlo, David gli presentò Jay che fu subito riconosciuto e salutato come un Principe. Jay notò che era David, per loro, il Dio e gli stava bene, dopotutto erano nel suo ambiente.
Comunque inquieto e a disagio, rimase sulle sue, silenzioso e stretto ad un David quasi irriconoscibile, con loro.
Jay lo vide comportarsi come un membro di una gang di strada, fare un po’ lo spaccone e ci rimase male nel sentire il suo modo di comportarsi e di parlare che si adattava a quello del gregge. Jay sapeva che David non era così, ma vedere che lo diventava per stare con loro ed essere approvato, lo fece rimanere molto male.
David, lì con loro, era omofobo e piuttosto spaccone nonchè anche stronzo, sembrava andasse con un sacco di donne che definiva puttane e aveva commenti orribili per ogni ragazzo che sembrava gay. Su Jay ovviamente nessuno osava dire nulla, ma lo coinvolgevano poco. Non gli mancavano di rispetto, ma era diverso.
Jay rimase in disparte guardando la situazione dall’esterno, mentre si aggiravano per il quartiere.
E capì perché David non aveva ingaggiato una guardia del corpo per muoversi lì e perché era stato così tranquillo in un posto del genere di notte.
“Sono loro quelli pericolosi... nessuno oserebbe avvicinarsi a loro! Eppure David non è così, loro lo sono, si capisce, ma David è come un pugno in un occhio. Ci si atteggia per amalgamarsi al gregge, ma non è così dannazione. Per nulla!”
Jay era sconvolto da come anche molte persone poco raccomandabili li guardavano mentre passeggiavano per quelle strade malfamate, forse il peggior quartiere della città, ma nessuno osava fare nulla.
David era protetto da loro, in cambio si doveva solo comportare come loro, sembrare uno di loro.
Non lo capiva.
Ci rimase di sasso.
Cosa significava?
Perché David cambiava così tanto con loro?
E loro come mai lo proteggevano e lo veneravano? Era ovviamente un altro mondo, non era dei loro. Perché adorarlo così? Solo perché era un calciatore famoso ed era ricco? Li pagava, forse? Che senso aveva?
Da come si comportava per farsi accettare si capiva che era di più, lo faceva per essere dei loro, perché per lui era importante. Era qualcosa che andava oltre il ruolo ed i soldi. C’era qualcos’altro e Jay non lo capiva.
Poteva andare dove voleva coi soldi ed il nome che aveva, perché stare lì con loro e abbassarsi così tanto? Lui non era così come si mostrava a loro, perché farlo comunque?
Tornati a casa dai suoi, David vide Jay silenzioso e freddo nei suoi confronti, così capendo cosa gli era successo, parlò di sua iniziativa dicendo quel che sapeva aveva bisogno di conoscere.
- Sono le mie origini. - Fece iniziando a spogliarsi mentre Jay faceva altrettanto in quella che era una camera matrimoniale, ovvero la camera di David di quando veniva a casa. - Io se sono vivo lo devo a loro. Un bianco in un quartiere ghetto? Una famiglia di immigrati in un posto simile? Sarei morto se non mi fossi unito a loro. E non ho chiesto nulla, ho solo capito che se volevo sopravvivere dovevo avere un codice ed il mio codice era il silenzio. Stavo zitto sulle porcate che gli vedevo fare, loro hanno capito che ero uno fedele, che si potevano fidare. Qua conta questo più di qualunque altra cosa. La fedeltà, quanto uno è in grado di stare zitto. Così mi hanno preso nel loro gruppo e grazie a loro sono vivo, perché fidati che sarei morto qua dentro senza nessuno. - Sentendo queste cose a Jay venne su un gran magone, mentre era anche al tempo stesso profondamente colpito nel sapere quelle cose. - Io torno sempre qua, dove sono le mie origini, e tutti sanno chi sono. Sono quel sacco di merda che ce l’ha fatta, ma quanti di quelli che se ne vanno e diventano ricchi e famosi tornano nel cesso in cui erano? Nessuno. Io lo faccio e non ho paura di far vedere che ero così e che sono ancora così anche se ora sono ricco. Questo mi fa avere il loro rispetto. -
- Non capisco perché lo fai. Non sei così. Per avere il loro rispetto tu ti prostituisci, non sei quello stronzo omofobo che va a puttane! - Disse amaro Jay che ancora non capiva bene, le mani sui fianchi, in boxer. David alzò le spalle sorridendo mentre si sedeva sul letto davanti a lui.
- Sono vivo grazie a loro. Gli devo la vita, Jay. Davvero. - Jay si zittì senza saper cosa dire, capiva che la gratitudine per la propria vita poteva essere un ottimo motivo per dimostrare rispetto per qualcuno e a volte quel rispetto lo dimostravi se ti abbassavi al livello degli altri. Per David ed i suoi amici evidentemente era così.
Fece il broncio e si avvicinò a lui rimanendogli in piedi davanti, ma non più con le mani ai fianchi. Aveva solo un’aria scontenta:
- Lo capisco, ma non sei così e mi dispiace che ti violenti ogni volta per essere ciò che chi ami vuole che tu sia. L’amore non dovrebbe essere questo. - ma dopotutto lui che ne sapeva?
David rendendosi conto che Jay faceva esattamente l’opposto, ovvero era sé stesso solo con chi amava, mentre fingeva di essere qualcun altro col resto del mondo, capì quanto diversi fossero e fece un sorriso malinconico.
Forse troppo diversi.
- Non ti piaccio più ora? - Chiese triste e provocatorio insieme, sapeva cosa avrebbe risposto, ma dentro di sé temeva realmente che quella fosse una conseguenza dell’averlo portato nel proprio universo. Un rischio che aveva voluto correre solo per aiutarlo, forse non ne era valsa la pena.
Jay colpito dalla sua domanda e dal tono si fece serio e gli prese il viso fra le mani rimanendo in piedi davanti a lui, glielo carezzò dolcemente e piegando la testa di lato con una strana espressione indecifrabile, rispose:
- Più ti conosco e più mi è impossibile non apprezzarti. Sei una persona davvero particolare, David. - Ma particolare era positivo o negativo? Mentre se lo chiedeva, tirò giù Jay mettendogli una mano sulla nuca e lo baciò aprendo subito le labbra che si fusero in un attimo, mentre le lingue si incontrarono intrecciandosi lente e calme.
“Che bisogno estremo di amore e accettazione che ha questo ragazzo...” Si disse Jay fra sé e sé salendogli a cavalcioni mentre lo sentiva che lo accoglieva prendendogli la vita con le mani; percepì le sue dita risalire sulla schiena mentre si adagiava all’indietro stendendosi sul materasso con lui sopra. Fu allora che lui mise le sue dita intorno al viso e non poteva immaginare quanto il cuore di David gli batteva forte in gola all’idea di essere beccato da qualcuno della famiglia, in quel caso sarebbe stata la fine.
“Devo trovare una donna, sposarla e fare figli, così sarò più tranquillo. Poi non importa chi sono e cosa faccio nel privato, ma almeno chi conta sarà contento di me e sicuro ed io non rischierò ogni volta di essere scoperto.”
Mentre David lo pensava, scese con le mani sotto i mini boxer del ragazzo che gli stava a cavalcioni sopra, gli strinse i glutei sodi e tondi e gli infilò le dita dentro alla ricerca di orgasmi che ci volevano più che mai, specie dopo una giornata così strana.
Jay, succhiando l’erezione grande e dura di David, pensò che era riuscito a distrarlo dal dolore di Denis. Lui ed il suo universo così strano e la scoperta di un compagno che non avrebbe mai immaginato, che un po’ l’aveva turbato ed indispettito, ma che era contento d’aver visto.
“Sono speciale, visto che sono uno dei pochi eletti a conoscere l’unico autentico David!”
Ma non aveva idea di cosa significasse, tanto meno del perché ne fosse tanto contento.