*Le cose si fanno sempre più strane fra David e Jay, tanto che ad un certo punto è impossibile far finta di niente. Mentre David ha bisogno di spazio per riflettere, Jay non mollerà la presa. Buona lettura. Baci Akane*

24. 
QUESTIONE DI NECESSITÀ

david jay

Nonostante quello rimasero a Dubai ancora per poco tempo, poi una volta tornati a casa il tempo di vacanza rimanente decisero di passarlo separato. 
Fu David a chiederlo esprimendo il suo bisogno di stare da solo. 
- Ma perché? - Chiese Jay con l’ansia di aver rovinato tutto e di dover salutare anche lui la stagione in arrivo. 
David che era abituato a fare tutto da solo, dalla vita quotidiana all’adattarsi a qualsiasi situazione possibile, rispose sinceramente: 
- Questo tempo insieme mi ha fatto capire che forse ho sbagliato qualcosa. - Disse senza migliorare il patema d’animo di Jay in quella che gli sembrava a tutti gli effetti un’altra separazione importante. 
- E cosa? - Insistette testardamente, le braccia incrociate al petto mentre lo stesso aereo privato li portava dove entrambi vivevano durante l’anno. 
- Non lo so, per questo ho bisogno di pensare, di stare un po’ solo... - Jay ovviamente non avrebbe mollato, si girò del tutto verso di lui nella poltrona accanto ed attaccò ancora, troppo abituato a farlo a calcio non riusciva a farne a meno nemmeno nella vita reale. 
- Se non avessi già dei dubbi non avresti bisogno di pensare, perciò dimmi subito di che dubbi si tratta! - Continuò seccato.
David alzò gli occhi al cielo esasperato: 
- Oh mio Dio ma come sei insistente! Te l’hanno mai detto? Io non ho voglia di parlare di certe cose personali, sono fatto così, mi conosci! Lasciami spazio! Ti giuro che se la decisione che prenderò ti coinvolgerà, sarai il primo a saperlo! - Per lui sentirsi tanto stringere da qualcuno era peggio, aveva bisogno di liberarsi, gli veniva più voglia di scappare, ma per Jay era come sventolargli un drappo rosso davanti agli occhi e scattando in piedi allargò le braccia furioso, puntando il piede sulla seduta appena lasciata libera. 
- No cazzo che non mi va bene! Non me ne faccio un cazzo di saperlo dopo che l’hai presa, io voglio evitare che tu la prenda! - 
- Ma non ho ancora deciso niente, non sai di cosa parliamo! - Si inalberò David che sapeva se si alzava era peggio, rimase seduto a guardarlo dal basso, le poltrone comode ben distanziate fra loro poichè l’aereo privato era di lusso e c’era tutto lo spazio del mondo. 
- Che te ne vuoi andare perché ti stai prendendo da me e sai che io non voglio relazioni! - Ed eccolo lì che lui lo sapeva prima di David stesso. Si zittì di colpo dopo lo sparo fuoriuscito dalla sua bocca e questo fu peggio per Jay che diede un calcio al sedile e sfilò via verso un’altra estremità dell’aereo, dove c’erano dei divani ancora più comodi pensati per permettere alla gente di dormire. Jay si buttò su uno di quelli e si stese con la faccia verso lo schienale, il braccio piegato sulla testa in modo da coprire completamente il volto ben schiacciato sul divano di pelle nera. 
David rimase un attimo seduto interdetto dalla sua reazione esagerata come al solito, ma poi si ritrovò a sorridere ebete. 
“Gli importa così tanto se me ne vado? Pensavo che fosse distrutto per Denis e scopasse per distrarsi da lui... cosa diavolo vuole da me, ora?”
Nel pensarlo decise di chiederlo e chiarire, non voleva prendere decisioni affrettate prima di sapere tutto quello che serviva. 
Si alzò dalla poltrona e si sedette sul divano di fronte al suo, allargò le gambe davanti a sé come anche le braccia sul bordo alto dello schienale. 
- Si può sapere che diavolo vuoi tu da me? Non ami Denis? - A quella domanda fu come se il suo tetto sicuro venisse scoperchiato da un uragano forza cinque. 
Jay spalancò gli occhi e scattò convinto di doverlo attaccare per difendersi, per abitudine tendeva a fare così oppure si nascondeva dietro a battute o frasi che lo facevano apparire cinico ed egoista. 
Però al momento di rispondere qualcosa per difendersi e cadere in piedi, se lo ritrovò in quella posa così sicura e padrona di sé, cosa che David fino a quel momento non era mai stato e fu come se gli staccasse la spina. Jay si spense, rimase seduto storto a guardarlo, ma non con l’aria tempestosa di prima. Si morse il labbro. 
David aveva un lieve sorrisino di cui non era nemmeno consapevole e lui aveva voglia di saltargli addosso mentre cancellava tutta la rabbia, l’umiliazione e l’insicurezza. 
Ora c’era la voglia di David. Si sedette meglio, assunse una posa sicura di sé e rispose con aria di sfida, davanti a lui: 
- Certo che amo Denis, ma lui non ama me. Questo cosa diavolo centra con noi? - David alzò le spalle: 
- Sei tu che non vuoi che me ne vada. È Denis che ami, perché non me ne dovrei andare io? - Domanda molto mirata che non girava intorno a nulla. Jay odiava scoprirsi così, ma capiva che se non l’avesse fatto ora l’avrebbe comunque perso a prescindere da quello strano gioco che improvvisamente si era innescato fra loro. 
- Non posso sopportare un’altra separazione importante. - ammise finalmente. David che non si aspettava una risposta così e tanto meno sincera, rimase zitto senza sapere cosa rispondere, mentre comunque pensava che le cose si stavano incasinando troppo fra loro. 
- Io non so cosa provo e cosa voglio. Ho bisogno di stare solo per rifletterci. - Rispose poi più calmo e meno battagliero e seccato. Jay si infilò la mano nei pantaloni, fra le gambe aperte. David inarcò un sopracciglio scettico ma lo sentì rispondere: 
- Promettimi solo che non prenderai mai in considerazione l’idea di andartene. Non questa estate. - Sapeva di non poter decidere per lui per sempre, ma sapeva di avere bisogno di lui ora. David, distratto dalla sua mano che si massaggiava il pacco sotto la tuta, sospirò e preso male annuì. 
- Quest’anno resterò, però io ora devo pensare. - Non era una promessa seria, non si considerava solennemente impegnato e vincolato da nulla. Lui se voleva andarsene se ne sarebbe andato, voleva solo essere sicuro di volerlo davvero e che poi non se ne sarebbe pentito. 
Quella squadra era quella dei suoi sogni, andarsene solo perché le cose con un compagno erano strane, poteva essere la scelta più stupida della sua vita. E lui non era tipo da colpi di testa. 
Jay convinto che fosse di parola, si rilassò e tirando fuori l’erezione si masturbò davanti a lui apertamente, sapendo di essere soli nell’aereo che si dirigeva in patria sorvolando l’Europa. 
David non lo fece proseguire da solo, si alzò imprecando, si abbassò i pantaloni liberando la sua erezione dura che rimbalzò appena fuori dai boxer, andò da lui, lo girò spingendolo a carponi nel divano e con poca gentilezza e grazia mise un ginocchio sopra, un piede per terra, si sputò nel membro duro e se lo lubrificò, fece altrettanto con la fessura di Jay e poco dopo tolse le dita bagnate per mettere il proprio pene duro e grande che scivolò in lui in un attimo. 
Com’era abituato a farsi scopare, l’ultimo cazzo che aveva preso era stato quello di Hamir, non il suo. Adesso era come se si riprendesse il suo legittimo posto ed entrambi sentirono i brividi percorrere la schiena e la testa. 
Jay si schiacciò col viso e le braccia sul cuscino mentre spingeva le proprie natiche tonde contro il bacino di David, il quale entrava ed usciva con foga dando dei colpi sempre più profondi e vigorosi, col rumore dei loro corpi uno contro l’altro e il sudore che imperlava la loro pelle scoperta solo nella parte inferiore, dal bacino alle ginocchia. Le mani affondavano sui fianchi di Jay e le voci di entrambi vibrarono nell’aria che si riempirono dei loro gemiti fino a che entrambi raggiunsero l’orgasmo uno sull’altro. 
David crollò all’indietro stendendosi sfinito dopo essersi rialzato i vestiti frettoloso, i pantaloni sul limite più basso del suo inguine, giusto per coprire il necessario. Jay si sollevò in ginocchio e si ricompose, lo guardò mentre ansimava sfinito ed estremamente soddisfatto, steso con le braccia larghe, una a penzoloni, l’altra sullo schienale. Fece un sorrisino, i due si guardarono, Jay si adagiò su di lui esitando a carponi prima di appoggiarsi come una coperta. Si guardarono negli occhi in silenzio, si scrutarono a fondo ognuno alla ricerca di qualche conferma e risposta, poi senza dirsi nulla Jay si appoggiò su di lui dandogli un lieve bacio sulle labbra. 
L’orecchio sul suo petto a sentire i suoi battiti forti, sempre più calmi. 
Lasciarono che il sonno li prendesse entrambi fino alla voce del pilota che annunciava l’imminente atterraggio, con l’intimazione di sedersi nelle poltrone e allacciare le cinture. 
Quando poi scesero prendendo ognuno le rispettive valige con le rotelle e prima di salire ognuno su un taxi diverso per andare in posti differenti, Jay trattenne David e gli chiese: 
- Me l’hai promesso, ricordi? - E mentre David annuiva salutandolo, nonostante si fosse detto che alla fine avrebbe fatto comunque quello che avrebbe voluto, capì che non se ne sarebbe andato. 

Jay tornò dalla sua famiglia, nel proprio paese natio, dove passò del tempo con loro e poi in yacht con gli amici di sempre. Riuscì ad essere il Jay solito, quello allegro e divertente, affettuoso e al tempo stesso demenziale. Quello che era sempre con famiglia e amici fidati. 
Ma non quello completamente vero, forse. Non in ogni suo aspetto. Se non altro non quello che stava male per amore e che era preoccupato per un suo compagno, che gli scriveva spesso e lo chiamava anche per sapere se andava tutto bene. 
“Ho bisogno di lui, con lui sono sereno, sono me stesso. Ho bisogno di essere vero almeno con una persona nella mia vita, prima era Denis, adesso che lui non c’è, David deve prendersi il vero me. Ne ho bisogno.”

David andò negli States, aveva degli amici a cui faceva visita durante le vacanze, erano note nell’ambito musicale, perciò nemmeno con loro se ne parlava di essere sé stesso. Anche con loro aveva un ruolo da ricoprire, diverso da quello che aveva in casa o con gli amici d’infanzia, ma comunque un ruolo che si era costruito per essere accettato da loro, perché per lui tutti quelli di cui si circondava erano importanti. 
Dopo essere stato sé stesso con Jay, David capiva che non era completamente vero con nessuno e forse gli pesava non poterlo essere. 
Tutti loro se avessero saputo chi era veramente, chi gli piaceva e cosa, non l’avrebbero più accettato. Questo prima non era stato un problema, ora iniziava a pesargli per colpa di Jay e di come l’aveva fatto sentire. Essere vero con qualcuno era sconvolgente, così bello da non poterne più fare a meno, ma non aveva nessun altro al mondo con cui poteva concedersi quel lusso. 
“Non credo di amarlo, i sentimenti sono difficili da sviluppare. Mi sto prendendo, è vero, ma da lì a qualcosa di serio è lunga. Per me Jay rappresenta un’oasi. Lui è il solo con cui sono realmente me stesso e totalmente rilassato e non sono pronto a rinunciare o a rischiare di esserlo con qualcun altro. Quando lo sarò sarà diverso, ma adesso c’è solo lui e non importa cosa ci lega. Abbiamo bisogno uno dell’altro. Per ora è così.”
E per ora non se ne sarebbe andato sul serio. 

Anche se comunque, in ogni caso, a cambiare in qualche modo le carte in tavola dopo le rispettive prese di posizioni personali, arrivò l’annuncio dal club.
Il nuovo allenatore era una persona molto in gamba e accreditata che aveva già vinto molto in carriera ed aveva la fama di essere una sorta di papà affettuoso per i giocatori. Il suo vice sarebbe stato Lucas Legrand.