28.
ESSERE SPECIALE
Conclusa la stagione, la notizia circolò in un attimo.
Lucas sarebbe diventato il primo allenatore della squadra giovanile del club, iniziando così il suo percorso da primo allenatore.
In altre parole rimaneva nel club, ma non nella prima squadra, di conseguenza sarebbe stato meno presente.
- Niente più allenamenti speciali insieme, dunque... - disse con un po’ di delusione David, mentre Lucas aveva la premura di dirglielo di persona che passava di livello.
Lucas sorrise.
- Ormai ti ho insegnato tutto quello che potevo, non potrei migliorarti più di così... - David non ne era convinto, ma era carino a dirglielo.
- Si può sempre migliorare, no? - rispose mordicchiandosi il labbro mentre si sentiva stranamente a suo agio davanti a lui, di sicuro non come era capitato altre volte in passato.
Lucas sorrise, aveva sempre un sorriso ammaliante ed estremamente piacevole.
- Sempre, ma da qui in poi lo puoi fare da solo, non potrei aggiungere nulla più di quello che ho fatto in questo anno.
Lucas sorseggiava un tè freddo seduto nella cucina di David, la schiena appoggiata, le dita a disegnare sulla condensa del bicchiere di vetro.
David non era nervoso, lo capì mentre realizzava che non l’avrebbe visto come prima.
- Ma ci sarai se avrò bisogno di qualche consiglio, questa volta? - disse con una punta d’accusa nella voce, non era da lui, ma da un po’ si sentiva più coraggioso e capace di esprimere almeno velatamente quello che pensava e provava. Lucas, sorpreso di tale affermazione, lo guardò con attenzione.
- Certo che ci sarò, ma non credo che ne avrai realmente bisogno. - Disse come sempre padrone di sé. Gli avrebbe dovuto far piacere da morire il fatto che Lucas si era sentito in dovere di venire solo da lui e dirgli di persona che cambiava squadra, seppure rimanesse nello stesso club e quindi nello stesso centro sportivo. Gli faceva piacere, ovviamente, ma non era emozionato come sarebbe stato una volta.
- Sono contento che sei venuto a dirmelo di persona, non me lo aspettavo...
Quell’anno si erano legati molto, si erano allenati insieme e tutti gli enormi progressi fatti da David, li aveva dedicati a Lucas. Il rapporto era chiaramente su un altro livello, ma nulla di intimo o ambiguo.
- Ho passato più tempo con te che con chiunque altro... sei stato il mio effettivo allievo speciale... - disse la parola senza darci molto peso, non lo stesso che qualche mese prima ci avrebbe dato David; sentendola ora, piegò la test di lato provando a capire cosa provava.
“Speciale” si ripeté provando a sentire che sapore avesse ora quella parola. “Sono speciale per lui, è chiaro e lo ammette candido, ma non sicuramente quel genere di speciale che un tempo avrei voluto con tutto me stesso. Una volta ci avrei sperato e visto chissà cosa e forse gli sarei anche saltato addosso. Adesso sono qua a capire cosa intende e mi va bene. Sono il suo allievo speciale. Sono speciale per lui. Non come chi si ama, forse come qualcuno che prova affetto, questo sì. Ed è bello, lui è e resterà sempre il mio dio. Se da piccolo mi avessero detto che Lucas Legrand mi avrebbe considerato speciale, sarei morto seduta stante. Adesso è diverso, è strano. Sento un enorme onore dentro, ma non l’emozione che fino a mesi fa provavo. Si è tutto ridimensionato, è tutto equilibrato.”
- Lo facevi per lavoro... - provocò ancora sentendosi la voce di Jay che gli diceva cosa dire come se fosse lì. Lucas si aggrottò e lo guardò accigliato.
- Avrei potuto scegliere uno chiunque fra quelli dotati e inespressi. Ho scelto te.
David colse la palla al balzo. Ci teneva che sapesse che era diverso, ma non capiva perché.
- Perché? - chiese infatti insistente. Lucas alzò le spalle e invece di inalberarsi, sorrise dolcemente e fraterno.
- Chi lo sa, forse ho rivisto me in te e come io sono stato aiutato a diventare ciò che sono, ho voluto farlo per te. Spero di aver dato almeno un piccolo contributo. Sei migliorato molto, ora hai tutte le armi giuste per continuare ad esprimerti da solo in grande stile.
- È così? Hai rivisto te in me? Sono speciale per questo? Per una forma di egocentrismo?
forse la stava prendendo peggio di quello che aveva pensato e che era sembrato. Lucas non si scompose, rimase con quel suo sorrisino enigmatico, le gambe accavallate in una posa elegante, una mano sul tavolo, sul bicchiere di tè freddo alla pesca, il ghiaccio dentro, l’altra in grembo.
- Un sogno per domani. L’hai mai visto quel film?
David preso in contropiede scosse il capo e Lucas spiegò in modo molto semplice: - È un film molto bello, se hai l’occasione guardalo. Passa il favore. Se ognuno di noi che riceve un favore od una buona azione, ne fa a sua volta tre per altre persone, il mondo sarebbe un bel posto. -
David tirò in fuori il labbro perplesso mentre rifletteva sulle sue parole. Lucas rincarò: - In altre parole se tutti noi ricambiassimo ad altri quanto ricevuto, questo sarebbe un bel posto in cui vivere. È la legge del karma, in realtà. Fai il bene, riceverai il bene. Ma anche sene hai ricevuto, fallo a tua volta.
Erano belle parole, una bella filosofia, ma David sentiva ancora qualcosa che gli stonava.
- E hai scelto me a caso per essere altruista e migliorare il mondo nel tuo piccolo?
Si sentiva cinico, forse perché gli mancava qualcosa nella vita. L’amore, per esempio. O magari in qualche modo stava reagendo al suo lasciarlo per la seconda volta, anche se in modo meno drastico. Eppure non stava andando così male. Si sentiva meno colpito. Colpito comunque, ma di meno.
Era tutto diverso, ora.
- Ho scelto te perché mi piaci più di chiunque altro. Vedo qualcosa, forse un po’ di me, magari sono egocentrico, è vero. Ma è così difficile accettare di essere speciali per qualcuno?
David, colpito e affondato, aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse subito rendendosi conto di avere un nodo in gola che era salito agli occhi, aveva paura che parlando sarebbe uscito sotto forma di lacrime.
Che cosa stava succedendo?
Non si era sentito così male nel sapere che non l’avrebbe visto tanto quanto l’anno appena passato, che non l’avrebbe più allenato. Però ora stava per piangere.
Era appena stato colpito come mai pensava sarebbe potuto accadere.
- Sì, David. Sei speciale. Mi sei piaciuto per ragioni un po’ misteriose, inizialmente era calcio, poi ho visto qualcos’altro. Ho pensato a me, a come ce l’ho fatta e che sarebbe stato bello se fossi stato ciò che altri sono stati per me. Poi ho scoperto che sei una bella persona e volevo aiutarti realmente perché sì, non per ego, per lavoro o chissà cosa. Ho voluto aiutarti perché lentamente sei diventato speciale. È per questo che sono qua ora a dirti di persona che cambio di ruolo e ci vedremo di meno. Ma ci sarò davvero, questa volta. Spero mi chiamerai per tutto quello che ti serve. Ma voglio dirti una cosa. Non avrai più bisogno di me per il calcio. Vedrai.
David non lo pensava, era sicuro che avrebbe avuto bisogno ancora di lui, ma sentiva che questa volta ci sarebbe stato, anche se meno di prima.
Non si commosse per questo. Si commosse perché era speciale per lui.
Non lo era mai stato per nessuno, non si era mai sentito così. Ora tutti i suoi amici lo idolatravano perché era qualcuno.
Nessuno l’aveva mai amato a parte forse i genitori, ma ora Lucas lo stava facendo sentire importante e non era una cosa che aveva mai provato.
Non avrebbe mai dimenticato quello stato d’animo, quella sensazione.
Essere speciale era davvero bello.
Quella volta si lasciò bene con Lucas, il suo cambiamento non lo demolì e non lo mandò in crisi, David rimase sereno e pieno di voglia di dimostrare che Lucas aveva fatto bene a credere in lui.
Vedersi arrivare Jay in casa stupì non poco David, il quale era nel pieno dei preparativi per le vacanze che come sempre l’avrebbero visto andare in giro per il mondo.
- Ti credevo già in qualche spiaggia caraibica... - commentò sorpreso. Non si vedevano a casa di uno o dell’altro da una marea di tempo. A parte quella botta nei bagni del municipio, alla fine del tour di festeggiamento qualche giorno primo, non facevano sesso da un anno. Non si erano più parlati dopo quella notte, David non era stato in sé, sapevano tutti e due che se lo fosse stato non avrebbero fatto nulla. Jay aveva dimostrato una sorprendente delicatezza nel far finta di nulla, eppure eccolo lì in casa sua prima di prendere il volo.
David era in shorts e canottiera aderente nera, in procinto di completare le valige perché quella volta non avrebbe messo piede in casa nemmeno per mezza giornata, ma come sempre le tappe sarebbero state tre.
Jay si morse il labbro guardandolo, mentre si toglieva gli occhialoni neri da divo e lo fissava aggirarsi nel suo enorme salone. Enorme non quanto il proprio, ma di tutto rispetto. Salone dove prevaleva il bianco.
Bianco su bianco. Nemmeno uno straccio di colore.
Jay rideva sempre quando guardava casa sua, era un tuffo nella sua ossessione nascosta, il bianco. Non vestiva di bianco, perciò non lo potevi immaginare. Anche le sue molte macchine sportive non erano bianche. Ma casa sua era candida come la neve.
- Volevo passare a sapere come stai, appena ho saputo ho subito pensato a te!
Jay si infilò gli occhiali nel collo della maglietta aderente che a stento tratteneva i suoi muscoli, mentre controllò il cellulare sfilandolo dalla tasca posteriore dei jeans aderenti come una seconda pelle. Non poteva indossare qualcosa che non mettesse in mostra il suo fisico perfetto su cui spendeva molto tempo.
Se lo rimise via constatando che aveva molto tempo prima della partenza prefissata ad un orario preciso, visto che coinvolgeva il pilota del suo jet privato.
David gli lanciò un’occhiata perplessa, distogliendo subito lo sguardo perché stava troppo bene con quel look in casa sua. Era come se il diavolo si accomodasse nel paradiso.
Casa sua la considerava tale, era minimale, immacolata, perfetta. Jay era il diavolo. Meraviglioso, tentatore, look alla moda, costosissimo, malefico. Un ottimo contrasto.
- Ti preoccupi per me?
chiese sminuendo un rapporto che fino ad un anno prima era stato molto stretto, tanto da passare le notti a consolarsi e fare le vacanze insieme. Poi un brusco freno gli aveva fatto fare marcia indietro.
- Mi sembra normale. Tu l’anno scorso per una cosa simile mi hai portato in giro con te...
David sorrise sornione.
- Vuoi portarmi con te e passare il favore?
Jay lo guardò accigliato senza capire a cosa si riferisse.
- Passare il favore? Non si dice ricambiare?
- Hai mai visto ‘Un sogno per domani’? - chiese citando Lucas. Jay scosse il capo e lui proseguì: - Nemmeno io, ma a quanto pare dobbiamo vederlo! - concluse senza spiegazioni che Jay avrebbe voluto.
- Insomma come stai? Per sapere uno come sta bisogna fare una spiegazione infinita? Non puoi semplicemente dirmelo? Sto per partire, l’anno scorso mi hai portato con te, ora so che Lucas ti lascia di nuovo e quest’anno eravate una cosa sola, mi hai pure scopato dopo un anno di mille attenzioni solo perché volevi farti lui, ma non potevi ed allora ti sei ributtato su di me!
Jay quando si arrabbiava o imbarazzava, parlava molto e a macchinetta, David ridacchiò divertito.
- So che hai un cuore, sto scherzando. - poi gli indicò di seguirlo in camera. - Devo finire la valigia.
Jay silenzioso lo seguì. Odiava essere messo in imbarazzo, voleva scherzare come suo solito ma era seccato e non gli veniva niente, così semplicemente rimase sullo stupite della sua porta, le braccia muscolose incrociate al petto, tutto storto.
David continuò a prendere cose, appallottolarle e infilarle in valigia, mentre lo faceva si decise a parlare.
- Sto bene, comunque. Grazie dell’interessamento.
Jay lo scrutò con cura, incredulo.
- Due anni fa fu una tragedia... - ricordò senza mezzi termini. David alzò le spalle continuando a mettere dentro cose in valigia sul suo letto.
- Non so che dirti, è andata bene. Pensavo anche io di prenderla male, ma è venuto qua per sincerarsi anche lui e non capisco perché tutti avete mille attenzioni per me...
David era imbarazzato e vinceva l’imbarazzo trafficando senza guardare Jay e parlando come se nulla fosse. Sforzandosi quanto meno di rispondere sinceramente, cosa che non avrebbe fatto fino a qualche tempo prima. Stava migliorando molto come essere umano.
- Perché sei speciale per tutte queste persone... - disse Jay senza sapere niente della loro conversazione. David lo guardò di scatto, sorpreso di sentirlo anche da lui, l'altro capì d’aver detto qualcosa di particolare e lo guardò in attesa.
- L’ha detto anche Lucas. Gli ho chiesto perché io. Perché ha scelto me da allenare e poi perché è venuto a dirmelo di persona e mi ha detto che sono speciale.
Jay fece un sorrisino malizioso e si avvicinò a lui sedendosi sul letto, proprio davanti alla valigia su cui era ancora piegato ad infilare roba.
- Ma bene, quindi ora sei speciale per lui, eh? Sei contento?
David proseguì piegando le labbra all’ingiù, nascondendo che si era commosso. Certe cose non le avrebbe ancora condivise, anche se avrebbe voluto capire perché era davvero venuto lì Jay.