*Jay e David raggiungono una nuova fase, nel loro rapporto, che è principalmente dettata dalla forte ed incredibile intesa che raggiungono in campo. Qualcosa che quando due atleti raggiungono ad un certo livello, non è paragonabile a quella che hanno comunemente con altri compagni. Questo li porta a delle sensazioni diverse, difficili da spiegare. Fino a che l'intsa vincente diventa una relazione vera e propria, a modo suo. Perciò un po' di calcio, in questo capitolo, come strumento per arrivare a ciò che ci interessa di più! Buona lettura. Baci Akane* 

33. 
INTESA VINCENTE

jay david

A parte il piccolo dettaglio del provare a sedurre David ed il provare a resistere a Jay, i due comunque ebbero ben presto ottimi risultati negli allenamenti extra che finalmente fecero insieme.
Beh, li ebbero quando la smisero di usare l’ora in più per giocare fra di loro invece che allenarsi e rifinire. 
Di fatto la prima partita dopo queste nuove pratiche fuori orario videro entrambi fare una figura di merda dietro l’altra, poiché sebbene di solito almeno uno dei due fosse in forma, in quell’occasione non lo fu nemmeno uno. 
Vinsero per puro culo, con un goal fatto da un altro compagno. Dopo che i due signorini sbagliarono un sacco di occasioni a testa, i colleghi decisero di escluderli. Escludere David non era difficile, lui non era uno che se la prendeva nonostante il carattere apparentemente orso. Era mite e umile, potevi anche cambiarlo ogni partita prima dei 90 minuti, non era un problema.
Con Jay era tutt’altro discorso. 
Jay ODIAVA essere escluso e se per caso qualcuno si azzardava, poi apriti cielo. Faceva un putiferio.
Magari avevano ragione ad escluderlo perché faceva schifo, una volta ogni dieci anni capitava, però guai a farlo. 
Era la classica prima donna, non potevi e basta, non importava se stava sbagliando. 
Così dopo quella volta lui fece una piazzata negli spogliatoi sedata solo da quel santo dell’allenatore, il quale placò gli animi tesi dicendo che le giornate storte capitavano anche ai migliori e di non farne un dramma.
Quando perfino il mister più amato di sempre disse senza mezzi termini che effettivamente aveva giocato male, Jay chiuse la bocca e fece il muso. 
Da quella volta in poi prese estremamente seriamente i suoi allenamenti speciali, cosa che aveva sempre fatto avendo eccezionali risultati. 
- Se vuoi allenarti con me, sei il benvenuto. Ma non per distrarmi! 
Sbraitò aspro la volta successiva. 
David lo guardò per capire se fosse serio o se scherzasse, vedendo che era mortalmente serio, gli tirò la palla sulla nuca mentre andava verso la porta. 
Jay si girò furente per dirgli di tutto, ma vide David superarlo con un’altra palla al piede, facendogli il dito medio.
Non si parlarono per il resto dell’allenamento, uno in una porta diversa dall’altro. 
Solo alla fine gli animi si furono sufficientemente sbolliti e nonostante David non fosse uno che se la legava al dito, quella volta avrebbe aspettato che fosse Jay a fare il primo passo, dopotutto l’aveva offeso lui. 
Jay lo fece sotto la doccia, mentre ammirava di nuovo il suo fisico atletico meraviglioso, che si stava modellando ancora meglio da quando aveva ripreso a fare palestra seguendo la dieta alimentare di Lucas. 
Gli stava dando le spalle quando sentì le sue mani sulla schiena che gliela insaponavano senza che glielo avesse nemmeno chiesto. 
David fece un sorrisino malizioso capendo che era il suo modo per scusarsi, così girò la testa verso di lui per guardarlo, fece mezzo sorriso col quale accettò le sue mute scuse, poi si godette le mani esperte di Jay che si godevano la sua pelle scivolosa. 
Le dita larghe presto andarono sui suoi glutei, natica per natica, con cura e calma e poi nella fessura forzando con un dito fino ad infilarlo. Le labbra sulla spalla a succhiare e mordicchiare mentre David si girava lentamente verso di lui. L’altra mano scivolò così davanti, sul suo ventre, sui pettorali, giocò coi capezzoli e con la bocca risalì sul viso. 
David prese il getto della doccia e se lo indirizzò addosso lasciando che l’acqua togliesse entrambi il sapone e mentre li avvolgeva, le labbra ritrovarono ognuna la giusta posizione. 
Si fusero insieme succhiandosi e bevendosi contemporaneamente, mentre le mani di Jay continuavano semplicemente a carezzare il corpo di David. Solo carezze, niente di più. 
Sapeva cuocerlo a dovere. Sapeva come si portava alla follia qualcuno. 
Non andò oltre. Con soddisfazione dopo il bacio e le carezze, si staccò, chiuse il rubinetto, si prese l’asciugamano ed uscì dal locale delle docce. 
David, stralunato ed eccitato, si guardò l’erezione dritta ed indecente ed imprecò a denti stretti, insultandolo. 
A quel punto chiuse il rubinetto, prese l’asciugamano e lo seguì di corsa nell’altro lato. 
- Ed io con questo che ci dovrei fare? - chiese scocciato indicandosi il membro bello alto. Jay si morse il labbro ammirandolo. Stava facendo violenza su sé stesso per non inginocchiarsi e prenderglielo in bocca, ma voleva farlo impazzire ancora un po’, così si sedette nella panchina iniziando a vestirsi. 
- Arrangiati! Sei tu che non vuoi trombare prima di capire cosa provi! 
Lo scimmiottò. Voleva solo vendicarsi un po’ e torturarlo sebbene in quel modo stesse torturando più sé stesso. 
David però capendo che lo faceva per ripicca decise di dargli anche lui una lezione e ripagarlo con la stessa moneta. 
- Ah sì? Sei sicuro di quello che dici? 
Jay non capì subito cosa intendeva, tanto non c’era nessuno attualmente al centro con cui potesse avere un orgasmo. 
Nessuno tranne la sua stessa mano. 
Infatti Jay lo vide sedersi proprio di fronte a lui, nella panchina vuota di qualcun altro, lo vide prendersi l’erezione in mano ed iniziare a masturbarsi.
guardandolo. 
Perché per David non c’era niente e nessuno in quel momento che potesse completare le sue fantasie erotiche meglio di Jay. 
Perciò mentre si riempiva gli occhi del suo viso perfetto e del suo corpo ancor più perfetto, la mano andava velocemente su e giù sul proprio membro già eretto ed eccitato. 
A Jay venne un colpo vedendolo. 
- Sei proprio un bastardo. - sibilò trattenendosi a stento dall’inginocchiarsi per succhiarglielo.
No, non doveva cedere. David doveva prendersi le responsabilità delle proprie scelte invece che far fare le mosse importanti agli altri. 
Ma non poté non imitarlo, ipnotizzato proprio dalla sua mano e dal suo pene duro che diventava ancora più grande. 
I due vennero quasi insieme, masturbandosi da soli, ma guardandosi sfacciatamente e senza dirsi nulla. 
I gemiti si alzarono nello spogliatoio quasi rimbombando. Quando vennero, rimasero lì un istante a godere del piacere raggiunto, mentre la mente poteva ingannarli illudendoli che quella mano fosse stata quella del compagno. 
Avrebbero resistito poco. 

Per quanto Jay volesse allenarsi in modo molto rigoroso, sia pure in coppia con David, non rinunciò a sedurlo per provocarlo. Ma c’era luogo e tempo per farlo.
Il campo era off-limits, era zona rossa. Era no.
Il campo era sacro. 
David lo capì anche senza che glielo dicesse. 
Successivamente si aspettò qualche manovra seducente, ma vedendo che invece gli proponeva allenamenti in coppia per qualche schema da fare in due o passaggi dalla distanza per finire in rete, David capì che quella cosa era sacra. 
Il calcio era il calcio, niente sopra di lui, nemmeno il sesso. 
Il suo livello di ammirazione per lui salì esponenzialmente ed imparò da lui e dalla sua totale dedizione a quello che per Jay non era solo uno sport ed un passatempo od un lavoro, ma letteralmente la sua vita. 
David lo sapeva, ma ne rimase ulteriormente impressionato e colpito. 
“Somiglia alla devozione che ha per il mio cazzo...” si disse scherzando fra sé e sé. 
Da lì in poi gli allenamenti extra furono molto seri e ben fatti, tanto che presto diedero risultati non nelle prestazioni singole, che erano già ottime, ma nel lavoro di coppia, ovvero l’intesa in campo. 
Iniziarono a dare vita ad azioni combinate fra loro che lasciarono senza fiato. 
David e Jay non facevano solo schemi a due con successo, ma conoscevano alla perfezione i tempi di gioco e di movimento dell’altro. 
Sapevano precisamente cosa avrebbe fatto l’altro senza guardarsi, sapevano come si stava muovendo, dove era in quel preciso momento e come si aspettava di ricevere la palla. 
Il livello di conoscenza vicendevole aumentò di settimana in settimana fino ad arrivare a trovarsi letteralmente ad occhi chiusi, dando vita al di là dei goal, a spettacolo puro.
Di volta in volta alzavano sempre più il livello, di volta in volta era sempre meglio, più bello. 
Nessuno aveva quell’intesa all’interno della squadra. Jay era famoso per essere bravo singolarmente, era anche bravo a fornire assist, ma non era mai stato così connesso con un compagno in particolare. 
Il livello sempre più elevato anche di David permetteva di partita in partita di fornire spettacoli sempre più eccellenti. 
Passaggi di tacco, di rimbalzo od entrambi; siccome si trovavano alla perfezione con un livello sempre più alto, potevano permettersi azioni e manovre sempre più complesse ed elaborate. 
La perfezione e la precisione tecnica unita alla potenza di Jay, era in contrasto con l’eleganza, la grazia e la creatività di David. Insieme erano spettacolo.
Di fatto quello fu l’inizio.
L’inizio di qualcosa di unico nel calcio, unico o per lo meno raro. 
Un’intesa tale ad un livello qualitativo così elevati non era facile da trovare. Se ci aggiungevi la squadra che era una delle più forti in circolazione, non c’era storia. 
Questo si rifletteva nel loro rapporto. 
L’eccitazione nel riuscire a realizzare cose tanto belle si riversava nella voglia che uno aveva dell’altro, oltre che nel loro rapporto. 
Potevano esserci colleghi con un’intesa incredibile che però non avevano un rapporto particolare, nel loro caso il riuscire bene a calcio insieme, li unì ancora di più per qualche ragione a loro sconosciuta.
Fu quasi naturale. 
Era indescrivibile. 
Riuscire in qualcosa di bello e difficile, completarlo con successo fino ad arrivare anche ad un goal altrettanto bello e poi di conseguenza cercarlo e saltargli addosso, sentire le sue mani sulle natiche che stringevano, la sua erezione che diventava dura per l’adrenalina che scorreva a fiumi e la voglia. La voglia di baciarlo. Di farlo suo. 
Per David stava diventando impossibile frenarsi e si vedeva perché poi se erano tutti insieme era un conto. La voglia dopo una partita pazzesca era alle stelle, ma il non poter materialmente farlo era una tortura non da poco.
Tortura che aggiungeva carico alla voglia di saltargli addosso comunque appena possibile.
Voglia che tornava puntualmente come un razzo appena lo rivedeva da solo, con la sua testa che gli diceva ‘ecco adesso potresti, non c’è nessuno’. 
Jay, dal canto suo, aveva deciso di sedurlo e provocarlo, lo faceva ogni giorno negli spogliatoi insieme, da soli. Ma non andava mai oltre un certo limite. Se voleva poteva spingerlo a farselo seriamente, ma David aveva quella teoria che per fare sesso con lui in particolare, doveva prima avere delle risposte. Perciò lo lasciava fare come voleva, semplicemente lasciandogli dei gentili promemoria in giro, affinché non si dimenticasse cosa c’era in palio. 
Magari poteva tornare ad infilarsi nel didietro di Javier. 
Di certo esibirsi bello che nudo davanti a lui, toccarsi e, ovviamente, toccare anche lui fino a sentirlo carico più che mai era un buon promemoria. 
David non gli aveva più chiesto se fosse stronzo, lo sapeva che lo era. Ma sapeva anche che non c’era nulla sulla faccia della Terra in grado di far fare a Jay qualcosa che lui non volesse e, ovviamente, non c’era nemmeno niente in grado di impedirgli di fare ciò che voleva.
E lui voleva strusciarsi addosso mentre gli lavava la schiena a mani nude. E il culo. E pure l’inguine fino a fermarsi al suo splendido arnese eretto. 
E bruciava. E moriva perché voleva toccare anche quello, perché lo amava quel suo maledetto arnese grande, grosso e perfetto. E come si alzava quell’arnese. Aspettava proprio la sua bocca, le sue mani, il suo sedere. 
Ma no, Jay aveva deciso di farlo fare a lui. Era una lezione. 
Non puoi sempre sapere tutto. Non puoi sempre avere ragione su tutto. A volte hanno ragione gli altri. A volte il tuo metodo è sbagliato. 
Che poi da che pulpito. Una lezione che poteva andare bene anche per lui, ma ovviamente trattandosi di Jay no, Jay sapeva di non avere mai torto. Era una legge universale, lo sapevano tutti. 
Non poteva capire che semplicemente nessuno aveva ragione o torto, ognuno viveva certe cose come voleva, tutto lì. 
Non c’era un modo corretto per vivere quel genere di cose, un modo migliore. 
Solo che semplicemente ad un certo punto l’intesa nel campo doveva per forza trasferirsi fra le lenzuola. Lenzuola in senso figurato. Non solo nelle lenzuola, un po’ ovunque.