*Arriva sempre nella vita di un calciatore, anche il più forte di tutti, il momento in cui inizia il calo. All'inizio è leggero e puoi nasconderlo compensando ed usando trucchi, ma ad un certo punto si vede. E tu sai che è cominciata e che non potrai farci nulla, che presto lo noteranno tutti e qualcuno già l'ha visto. Non è facile pensarci e decidere cosa fare. Ci sono giocatori che egoisticamente pretendono di rimanere nella loro squadra e di essere usati come sempre ed altri che cambiano. Solitamente scelgono squadre meno competitive dove però possono ancora fare bene e avere soddisfazioni. È normale, è la storia di ogni calciatore. Finché poi appendi le scarpe al chiodo. Nel caso di Jay, però, oltre a questo calo fisiologico normale, inevitabile, c'è un'altra motivazione che lo spinge a fare la scelta che farà. La dimostrazione che si cambia. Buona lettura. Baci Akane*

36. SCELTA D’AMORE

 david jay

Ormai aveva la barba ogni giorno, ma gli stava bene, gli donava, così come i capelli rasati così corti. Era il suo look semplice. 
Jay adorava svegliarsi prima per guardarlo dormire prima che il cellulare decretasse la fine del loro sonno. 
Fra poco ci sarebbe stata la riunione per il risveglio muscolare, in successione la colazione e poi un po’ di tempo per prepararsi in vista della riunione tattica. 
Quella sera avrebbero giocato e siccome erano in ‘casa’, erano rimasti nel loro centro sportivo dove ognuno aveva un’enorme camera comodissima e spettacolare. Ognuna contava letto matrimoniale, televisore, bagno personale con box doccia spazioso, terrazzo con comodissime sedie confinante con i vicini di camera, il tutto affacciato allo spazio verde esterno dove c’erano campi da calcio e sentieri immersi in un grazioso boschetto dove il club si ergeva. 
Tutto questo per far stare i giocatori a loro agio, a casa, insomma. Perché praticamente passavano lì gran parte del loro tempo, stavano più lì coi compagni che a casa con la famiglia ed era doveroso fornire loro un ambiente perfetto, sereno, rilassante e divertente, dove i giocatori stessero bene, meglio che a casa. Non avevano così nessuna scusa per giocare male. 
Comunque pur avendo ognuno una camera personale, Jay e David ormai dormivano sempre insieme. 
David preferiva dormire a pancia in giù con una gamba piegata di lato e la mano sotto il cuscino di Jay. Questi si svegliava spesso prima e lo osservava, sembrava un animale domestico carino a coccoloso. 
Normalmente lo svegliava con baci e carezze, per iniziare meglio la giornata, coi nervi rilassati insomma. 
Quel giorno Jay rimase fermo in silenzio a guardarlo senza disturbarlo, mentre la mente vagava con sincerità all’anno che stava andando ormai verso la conclusione. 
Erano in finale di Champions, l’ennesima che potevano vincere, il campionato non era nelle loro possibilità, ormai, ma si stavano concentrando sulla grande coppa, la più ambita per i club. 
Comunque era stato un grande anno per David, meno per lui che stava iniziando a sentire l’età. 
Jay era più grande di due anni di David, a calcio ad un certo punto lo sentivi il fattore tempo ed anche se comunque un giocatore era un fuoriclasse e si teneva in modo maniacale sotto ogni aspetto, comunque la biologia era la biologia. Non scappavi dal calo fisiologico. 
Jay si era reso conto che segnava leggermente di meno e con più fatica, ormai la maggior parte dei goal erano rigori e visto che era lui il rigorista, li tirava sempre lui e nessuno discuteva. 
Ma David era in gran forma, non aveva mai brillato così tanto ed erano insieme da moltissime stagioni. 
Oltre ad essere quello che gli aveva fornito più assist - e ne forniva a tutti non solo a lui - era coinvolto in ogni azione goal. Aveva ancora ben in mente la sua giocata magica in semifinale, quando si era smarcato da ben tre giocatori avversari tenendo la palla per due volte di fila, una delle quali al limite della linea di campo. 
Rivedendo quelle scene a posteriori, con l’aiuto delle molte inquadrature, era rimasto senza parole. 
La bravura di David era fuori da ogni immaginazione. 
Segnava in modo sufficiente, seppure non fosse il marcatore numero uno. 
Ma c’era da dire che i rigori non li faceva lui. 
Oltretutto David anche se era una punta, non giocava per il goal, giocava per il gioco. Era generoso. 
A volte si bloccava nel segnare, come in quel periodo, ma non potevi dire che non fosse in forma, perché lo vedevi nel suo gioco lucido, elegante e di classe, mentre creava gioco per tutti aiutando i compagni a segnare, nonostante non fosse il suo compito e dovesse pensare per sé. 
“Io lo so che se si mettesse in testa di trainare lui la squadra a suon di goal, invece di aiutare tutti in campo e fare assist a destra e sinistra, o recuperare palloni che solo lui sa come fa, sarebbe al mio posto. Sarebbe lui il trascinatore della squadra. Sarebbe lui il più importante. E sarebbe anche osannato molto di più. Adesso è penalizzato dal fatto che anche se è un numero 9, non segna tanto. Ma non capiscono quanto è importante il suo contributo. Ha fatto molti passi in avanti da quando stiamo insieme, si fida molto di più di sé stesso, cosa che prima non faceva. Non dubita più delle sue doti o non proverebbe nemmeno a fare le manovre che tenta. Il fatto poi che gli escano delle perle come quella della semifinale parla chiaro. 
Perciò non si mette da parte per mancanza di fiducia in sé stesso, ma solo per generosità. 
E, forse, perché mi ama troppo. 
Ricordo quando non stavamo insieme ed ha avuto la prima grande stagione, quella volta lui più che creare gioco come fa ora, segnava. Ha segnato tantissimo quell’anno, me lo ricordo. Ed anche io. Abbiamo fatto a gara a chi la metteva più dentro. Perciò lui lo può fare, ma quest’anno è come se... come se capendo che io ho il calo dovuto all’età, sia pure impercettibile, si concentri su di me in particolare. 
David aiuta tutti, ma quest’anno me in particolare. Non ho mai avuto bisogno di aiuto, anzi, ero sempre io ad aiutare gli altri giocando bene. Quest’anno se lui non mi lasciasse i suoi spazi e le sue palle, se non mi servisse così bene, me nello specifico piuttosto che tutti gli altri, io non sarei comunque il capocannoniere. E ripeto. Quest’anno ho segnato nettamente di meno e molto è stato per i rigori. Dall’esterno forse non si nota, ma chi mi conosce bene sì e so che lui l’ha notato. 
Doveva approfittarne per prendersi il suo legittimo posto, prendere il mio ai goal, approfittare di ogni palla come fa un autentico centravanti, come so che lui potrebbe fare. Invece non lo fa. Quella stagione lo faceva. Questa no. Non lo fa perché mi ama. Si sta sacrificando per me. Perché lui è fatto così, ha un cuore che nessuno ha mai capito. Potrebbe mettermi in ombra quando vuole, potrebbe giocare in modo egoista, invece è sempre lì che mi cerca, che si fa in parte e mi lascia penetrare in area, perché ormai non riesco più a segnare da fuori, non riesco più a fare certe cose che facevo prima. Ma in area, in quella che è la sua posizione, io ci riesco e lui mi lascia il posto, sacrificando sé stesso ed i suoi goal.
David non segna da diverse partite ormai, per lasciarmi giocare come meglio riesco, al suo posto, e mi dà un sacco di palle favolose che potrebbe trasformare da solo in goal. Eppure lo fischiano e lo criticano. Più di rimproverare i tifosi del cazzo e dire di non fischiarlo ma applaudirlo, più di evidenziare tutto ciò che fa a dargli meriti indicandolo in campo, non posso. Io non voglio che sia così. Perché lui si sta sacrificando per me, perché mi ama e non è giusto. David ama il calcio quanto me. È stato la sua salvezza come lo è stato per me. Eravamo entrambi poveri nei nostri quartieri di origine. 
Non sta scritto da nessuna parte che io debba avere la precedenza.
Certo è una cosa che mi sono preso con unghie e con denti. Il diritto di essere il più importante in una squadra. Perché grazie ai miei goal e alle mie giocate, ho portato la squadra a molte vittorie, a molti titoli. Ho vinto tanti Palloni D’Oro per dimostrare quanto sono importante. Perché sono egocentrico e vanitoso, forse, o perché mi piace. Però l’ho voluto con tutto me stesso e ci sono riuscito. 
Ma anche David ama il calcio, anche per lui è stato una salvezza ed anche lui è un genio. È sempre stato la mia ombra ed io la star. 
E finché continuerò a giocare qua, continuerà ad essere la mia ombra anche se non lo merita, anche se potrebbe essere lui la star, anche se dovrebbe esserlo. 
Però finchè sarò qua, non smetterà di sacrificarsi per me. Purtroppo per me non è una questione di periodo, non è che passerà questo calo. Questa è l’età. Ho superato i trenta ormai. Non migliorerà, peggiorerà e basta. Arriverà un momento in cui meriterò la panchina, ma non me la daranno perché sono il giocatore che ha segnato di più nella storia del club.
Comunque, arriverà il giorno in cui un allenatore coraggioso e con le palle mi ci metterà, da parte. Di sicuro. 
Di sicuro lo farà. 
Ed io non so se posso sopportarlo, qua. Proprio nel mio club. 
Sii sincero, Jay. È il momento di esserlo. Davvero è tutto lì?
Davvero non potresti sopportare di calare in modo vistoso nel tuo adorato club o c’è altro?”
David in quel momento si mosse e come se sentisse che qualcuno lo osservava da mezz’ora, si svegliò. 
I suoi occhi neri lo guardarono appannato, ma sorrise subito vedendo che Jay era sveglio. Questi ricambiò smettendo di rimuginare e si avvicinò sotto le lenzuola baciandogli il braccio, risalendo poi sul viso. 
- Buongiorno dormiglione. 
David si aggrottò mugugnando che ora fosse, lui gli rispose che lo stava per svegliare. 
- Non c’è più tempo, dovevi svegliarmi prima... 
David intendeva per farsi le coccole mattutine, Jay ridacchiò e aderì totalmente a lui abbracciandolo come un secondo lenzuolo, nascondendo il viso contro il suo orecchio sensibile. 
- Non fa niente, dormivi così bene che mi sono perso a guardarti! 
Il compagno alzò la spalla pieno di brividi poiché l’orecchio era uno dei suoi punti deboli. 
- Eh, ma adesso io come faccio? - miagolò ancora tutto addormentato. Jay, non capendo cosa intendesse, chiese divertito: 
- Non morirai per una mattina che non trombiamo... 
David a quel punto gli prese una mano e la infilò di prepotenza fra i loro corpi uniti, fino a mettergliela sulla propria erezione dura. Jay si accese e gli morse il collo ridendo. 
- Oh capisco... un bel problema... 
- Non è che posso andarmene in giro con il cazzo in tiro in questo modo, il mio si nota! - brontolò David girandosi sul fianco perché gli faceva pure male schiacciarlo così sul letto. A quel punto Jay, ridendo, scivolò sotto le lenzuola baciandogli la pelle calda. 
- Vorrà dire che ti darò una mano a risolvere la questione... 
David si allargò in un bel sorriso sornione soddisfatto mentre si girava supino per dargli un miglior accesso. 
- La bocca vorrai dire. Altro che mano! - con questo gli accompagnò anche la testa sull’inguine facendo volare le lenzuola. 
Jay giunse soddisfatto alla sua erezione alta e dura prendendola subito in bocca, con la mano di David che gli accompagnava i movimenti sulla nuca partì il calore anche su sé stesso e col tipico piacere che gli trasmetteva l’avere il suo membro in bocca, si toccò mescolando i piaceri, sincronizzandoli fino a che arrivarono all’orgasmo tutti e due. 
Un bel buongiorno, dopotutto. 
Risalendo di nuovo in alto verso la sua bocca, adagiandosi sul suo corpo, sedendosi sopra e intrecciando le loro lingue, Jay lo pensò con limpida e serena intenzione. 
“È ora che faccia io una cosa grande per te, David.”
Ma al posto di questa frase da cui David avrebbe capito subito, gli disse: 
- Ti amo, lo sai vero? 
David sorrise interrompendo il bacio per quello. 
- Lo so che mi ami. Ti amo anche io. - rispose per poi tornare a baciarlo, di nuovo guidando la sua testa con la mano immersa nella nuca. 
“Sarà una guida ed un trascinatore eccellente!”
Ormai aveva deciso. 

A suggellare la decisione di Jay, quella sera in campo fece una cosa che in tanti anni di attività professionale calcistica, non aveva mai fatto. 
Jay cedette un rigore a David. 
In tutti i suoi anni di carriera, non aveva mai lasciato la palla a nessun compagno. Lui era il rigorista, lui li tirava. Se c’erano dieci rigori in una partita, lui li tirava tutti e dieci. Era sempre stato così, tranne quel giorno. 
David non segnava da molte partite, sacrificandosi per tutti ma in particolare per lui, per lasciargli le posizioni e le palle migliori, ma in questo modo non la metteva dentro da molto, attirando così fischi e critiche della gente. 
Il cedergli il rigore significava incoraggiarlo, un rigore era comunque un goal, era come una carezza, un piccolo premio.  
Fu un fatto così incredibile da sconvolgere tutti, David per primo che capì in quel preciso momento che Jay stava meditando qualcosa. Pur sapendolo, non avrebbe potuto evitarlo. 
A volte la più grande dimostrazione d’amore è proprio farsi da parte, andarsene, lasciare spazio. 
A volte non si può dimostrare più amore di questo, per quanto duro e triste sia.