*Ecco il secondo capitolo. Nel primo abbiamo fatto una presentazione preliminare dei due protagonisti, ora conosciamo meglio l'ambiente in cui lavoreranno, la famosa segretaria-generale, ma, soprattutto, scopriamo il primo approccio fra avvocato e tirocinante. Specificando che non sono un avvocato ma ho solo lavorato in uno studio legale come segretaria anni fa ed era inerente ai sinistri, le cose che scrivo che riguardano quello che è il loro mondo 'legale' per me è un po' un salto nel buio, ma ho fatto del mio meglio in merito. Buona lettura. Baci Akane*

2. UN BELL’AMBIENTE



I due uomini strinsero entrambi la mano alla donna che se ne andò rincuorata e felice del primo colloquio. Il figlio seguì la madre con la coda fra le gambe mentre lanciava uno sguardo disperato e al contempo rabbioso ai due avvocati. Quando passarono davanti alla segretaria che li aveva tenuti in pugno con uno sguardo per quasi un’ora, fecero un cenno ligio per poi andarsene di corsa, quasi spaventati.
Desirée non li degnò nemmeno di uno sguardo continuando a scrivere al computer.
- Davvero l’aiuterai? - Chiese sorpreso Eric ad Alan il quale lo guardò col suo tipico sopracciglio alzato mentre roteava nella poltrona verso di lui. Eric capendo il perché di quello sguardo corse subito ai ripari con faccia tosta ma al tempo stesso stando al suo posto: - Posso darti del tu? Io penso che se dovremo lavorare per oltre un anno... - Alan alla fine emise una sorta di sospiro e fece un cenno col capo dandogli una sorta di implicito permesso.
- Signor Gastaldo... - Disse Alan senza alzarsi.
- Per favore, Eric. - Fece spigliato e sicuro di sé il giovane con molta padronanza.
- Eric. La richiesta viene da parte della donna, non del figlio. Oltretutto la richiesta è legittima, l’ex marito deve corrisponderle per forza gli assegni arretrati e può ottenerli in diverse formule, solitamente in questi casi si stabilisce un aumento della cifra mensile che corrisponderà da qui in poi fino a raggiungere il complessivo della somma arretrata. - Alan con estrema pazienza tornò a spiegare quanto appena detto, consapevole che Eric sapeva già quelle cose.
- Ma certo è ovvio, solo che il figlio ha detto che quei soldi lei li usa per i fatti suoi, non per lui. A lui dà a malapena l’indispensabile... lei vuole più soldi per poter lavorare di meno e mangiarseli... insomma, l’ha chiamata... -
- So bene come l’ha chiamata, ma non spetta a noi decidere. Noi non sappiamo nulla della loro vita, il ragazzo non è nemmeno un adolescente ancora, ingigantiscono sempre dei fatti del tutto normali che per capricci non gli garbano. Se dovessi dare retta a tutti i bambini che si lamentano... - Eric si alzò indispettito dal balcone scuotendo la testa ed interrompendolo:
- E ce n’è almeno uno ogni tanto che ascolti? - Prima di farlo rispondere se ne andò consapevole che come primo approccio non era stato decisamente dei migliori, per non dire pessimo.
Andandosene dal suo studio, passò per la segreteria davanti ad una Desirée che non aveva sentito la discussione e che lo ignorò completamente. Eric fece per andare in quello che gli era stato indicato come il suo ufficio, una stanza che si affacciava insieme alle altre alla postazione centrale di Desirée.
Ingresso, bagno, ufficio del tirocinante e quello dell’avvocato. Come se lì dovesse avere tutto sotto controllo e chiunque dovesse per forza passare da lei.
Desirée non si mosse e continuò a pigiare i tasti sul computer leggendo contemporaneamente la lettera che stava trascrivendo.

Eric nel suo ufficio ripensò alla sua reazione, non professionale e non delle migliori e se ne pentì subito. Non della propria posizione a favore del bambino, ma per la risposta stizzita verso il suo superiore, ora poteva essersi scavato la fossa da solo.
Si strofinò il viso stordito. Di solito non era così impulsivo, anzi. Riusciva a gestire bene i nervi, si vantava di questo, però in quel momento aveva sentito come un moto di delusione davanti alla reazione insensibile di quell’uomo che aveva sperato aver scelto bene per la propria formazione.
Era stata una reazione spontanea.
Quando sentì bussare alla porta, Eric saltò sulla poltrona e ricomponendosi invitò ad entrare.
Vide Alan, l’avvocato, farsi avanti con una tazzina di caffè su un piattino, una bustina di zucchero e uno stecchino di plastica. Una ne aveva per sé.
- Pensavo ti andasse un caffè. -
Eric, profondamente stupito della sua reazione, accettò smarrito il gesto evitando di dire che invece preferiva il thè altrimenti avrebbe avuto mal di stomaco tutto il giorno.
Così accettò.
- Certamente, grazie mille. - Si alzò ritrovandosi subito seduto con lui alla sua nuova scrivania meno pregiata dell’altra. Un computer chiuso, dei cassetti con degli archivi che lo aspettavano.
Eric esitò prendendo il bicchierino di cartone ed inghiottì a vuoto, poi trovò il coraggio fissandolo negli occhi, facendosi coraggio.
- Chiedo scusa per la mia reazione irrispettosa. Ho iniziato col piede sbagliato. - Disse infine rendendosi conto che dopotutto quell’uomo non poteva essere così male se invece di ignorarlo o riempirlo di compiti crudeli veniva a portargli un caffè di persona e berlo con lui.
Alan sorrise gentile.
- Hai avuto la stessa identica reazione che ho avuto io la prima volta quando ero tirocinante. Solo che io l’ho ingoiata e non l’ho detta. - Eric rimase senza parole, spiazzato da quella rivelazione ancor più inaspettata. Alan accentuò il sorriso.
- A volte le apparenze ingannano, avrai tempo per capire come funziona questo settore. Lavorare nel diritto di famiglia non è facile come sembra. A volte ti ritroverai davanti a casi da sit-com, altre saranno casi davvero difficili da digerire. A volte riusciamo a fare qualcosa di buono, altre solo il nostro dovere. - Eric capendo l’antifona abbassò lo sguardo rigirandosi il bicchierino fra le mani.
- Sì ma... ma non dovremmo avere un codice? Non so, accettare solo certi tipi di casi... so che molti rifiutano i casi che non sono sicuri di vincere o... o i clienti colpevoli in ogni caso di qualcosa... - Eric sapeva che c’erano gli avvocati senza scrupoli, freddi e senza Dio. Aveva cercato molto prima di rivolgersi a lui nella speranza di aver trovato uno che invece, un Dio, ce l’avesse. Scoprire che forse non era vero l’aveva fortemente deluso.
Sentendo il suo silenzio, sollevò lo sguardo. Alan sorrideva ancora paziente in attesa di essere guardato. Quando lo fece coi suoi occhi azzurri splendidi, gli rispose pacato senza perdere la calma:
- Il mio codice è riuscire a guardarmi allo specchio ogni giorno. - Sebbene fosse una cosa che odiasse fare perché non era un grande stimatore della propria immagine, intendeva dire che voleva avere la coscienza a posto.
- E come fai se aiuti la parte sbagliata? Voglio dire, non hai mai il dubbio di aiutare la parte sbagliata? - Chiese rendendosi conto che forse stava avendo uno di quei dialoghi che normalmente si hanno a metà anno e non al primo giorno.
Alan non sembrava turbato da quelle domande, del resto era anche la prima volta che si incontravano ed era normale che il giovane avesse certe curiosità.
Si ricordava com’era uscire dalla facoltà pieno di ideali. Sempre che ne avessi, poi.
Ma era felice che quel ragazzo ne avesse.
- Certo che ce li ho, non abbiamo una sfera di cristallo. Abbiamo l’esperienza e l’istinto, molti fattori ci aiutano a capire chi abbiamo davanti e a scegliere se accettare un caso o meno. Però noi abbiamo un ruolo specifico, Eric. Noi siamo avvocati. Non siamo Dio, un loro parente o chissà chi. Non possiamo infilarci nelle loro vite e cambiarle con la presunzione di fare chissà cosa. Noi siamo chiamati ad aiutare delle persone ad ottenere determinate cose giuste secondo la legge. Tutto lì. Non cercano uno psicologo, un prete od un poliziotto. Cercano un avvocato. Se non pensi che sia moralmente giusto che ottengano quello che chiedono che però è legalmente giusto, ricordati che non sei nessuno per giudicare la vita di qualcuno. - Lo vide poco convinto, si mordeva il labbro evitando di bere il caffè, come se quello andasse bene ma ancora non del tutto. Così Alan decise di aggiungere indulgente un altra cosa.
- Ti sei chiesto se la madre è così come l’abbiamo vista, che tipo è un padre che non corrisponde gli assegni per il figlio nei primi anni conseguenti alla separazione? Gli anni più delicati per una donna e suo figlio che iniziano una nuova vita indipendente, sicuramente più difficile di prima? - Silenzio. Eric si rese conto di aver visto solo un punto di vista parziale e di non aver considerato l’insieme.
- Non ci ho pensato. - Alan così concluse contento d’avergli fatto capire il concetto:
- La cosa più importante è guardare il quadro nell’insieme il più possibile ed anche se magari non hai tutte le immagini ma solo alcune, comunque è tuo compito completare le parti mancanti con ciò che è probabile. Non guardare solo un singolo elemento. È l’insieme che ti dà le risposte. -
Eric, rincuorato e convinto di quei concetti, finalmente tornò al suo splendido sorriso che coinvolgeva tutto il bellissimo viso dai lineamenti perfetti. Alan rimase spiazzato e paralizzato, ma sorrise di rimando contento d’aver chiarito un inizio che poteva influire totalmente su tutto il resto dell’anno.
Gli sarebbe dispiaciuto, non era nella sua indole avere brutti rapporti con chi lo circondava. Era capitato ovviamente, ma tendeva ad ignorare se non gli piaceva qualcuno e comunque non era bello, preferiva l’altra via.
Aveva percepito qualcosa di positivo in quel ragazzo e gli era dispiaciuto poi impostare successivamente la collaborazione su un brutto piano.
I casi erano complicati, anche quelli semplici erano complicati. Perché lo erano le persone e niente e nessuno era mai come sembrava in apparenza.
Anche quella donna che aveva dato una pessima impressione, probabilmente era forse un po’ egoista e frivola, ma non una cattiva persona. O forse lo era, ma in ogni caso il meglio che quel bambino potesse avere.
O così voleva sperare.
Il sistema non era perfetto, ma se il padre fosse stato meglio della madre, quegli assegni nei primi anni non li avrebbe evitati e questo era un fatto inconfutabile. Perciò per quanto opinabile, la madre restava comunque un’opzione migliore.

Alan uscì felice dall’ufficio del tirocinante e con un bel sorriso stampato sul viso. Per lui avere un bell’ambiente di lavoro era tutto, visto che passava gran parte del suo tempo lì.
Guardò Desirée ancora intenta a scrivere al computer ignorando chiunque gli passasse davanti ed Alan fece un’aria comica rendendosi conto che nel caso della ragazza, ambiente sereno significava che tutto fosse in ordine e perfetto e che le permettessero di svolgere pienamente il suo lavoro.
La ragazza senza fermarsi dal trascrivere leggendo dal lato della tastiera, perciò senza guardare monitor o mani, gli ricordò il prossimo impegno della mattina che corrispondeva ad una telefonata sempre di lavoro.
Alan abituato alla sua efficienza ringraziò avviandosi allo studio, dicendole più tardi di aprire una cartella per la nuova cliente ed inserire tutti i dati e scrivere una lettera all’avvocato del marito.
- Sai cosa scriverci, vero? È il tipico caso di assegni mancanti. I dettagli sono nella mia scrivania, quando vuoi vieni a prenderli. Anzi no, dillo ad Eric di occuparsi del caso. - Desirée senza smettere di fare il proprio lavoro, chiese piatta:
- Eric? -
- Il tirocinante. Sai... chiamarlo tirocinante per diciotto mesi non è il massimo. - Desirée non rispose ed Alan andò nel proprio ufficio ridendo da solo.
- Multitasking! - A volte la riempiva di cose contemporaneamente di proposito per verificare la sua efficienza fin dove arrivava, se c’era un limite alle cose che sapeva fare insieme, ma non l’aveva ancora trovato.

Eric stava esplorando gli anfratti del suo primo ufficio di lavoro, quando Desirée fece un TOC entrando subito senza aspettare il suo permesso. Eric riemerse dall’armadio sorpreso sentendosi come colto in flagrante.
“E non si aspetta il permesso?” Glielo voleva dire ma quando vide che Desirée entrava spedita senza nemmeno far caso a cosa lui stesse facendo, capì che era abituata così ed ebbe comunque la sensazione di non poterci fare molto.
La ragazza dall’abbigliamento semplice ed ordinato teneva in mano un fascicolo aperto che gli mise sulla scrivania parlando sbrigativa:
- L’avvocato vuole che ti occupi tu della pratica Vissio. - Vissio era il cognome della donna con cui avevano avuto il colloquio prima. Eric si raddrizzò e si compose sedendosi alla sua sedia, cercando di ritrovare contegno e fare come lei, fingendo indifferenza.
- Va bene. - Disse lui in attesa di altre indicazioni. Lei convinta che lui sapesse come fare si voltò e fece per andarsene e a quel punto lui si protese verso di lei appoggiandosi con un filo di allarme: - Ehm... qualche dettaglio in più? - La segretaria si fermò e sospirò impercettibilmente impaziente, poi si girò lanciandogli uno sguardo piuttosto severo.
- Sapevo che non ti aveva spiegato nulla. Lui fa sempre così. Lascia che faccia tutto io. Quando mi pagherà il giusto per tutto quel che faccio sarà sempre troppo tardi. - E brontolando tornò da lui, fece il giro della scrivania, si mise dietro di lui, infilò il braccio a lato, prese il mouse e iniziò a trafficare sul computer.
- Questa cartella chiamata ‘pratiche’ ha sottocartelle a seconda della tipologia di richieste. Al suo interno ci sono ulteriori cartelle per ogni cliente, con tutte le lettere e le documentazioni che li riguardano. Quando devi fare qualcosa per qualcuno, vai qua e cerchi chi ti serve e ci lavori. Oppure quando devi salvare dei documenti, salvali nel posto giusto. Se inserisci una pratica di un tipo in un altro è un problema, fai perdere un sacco di tempo a chi poi successivamente si servirà di quella pratica, perciò metti tutto nel posto corretto e non ci saranno problemi. - Il tono era davvero pignolo ed irritato, indice che l’avvocato sicuramente non era in grado di capire questo sistema a cui lei evidentemente teneva perché probabilmente l’aveva creato da sola.
- Che tipologie di pratiche ci sono? - Chiese lui cercando di fare conversazione e contemporaneamente imparare cose utili.
- Leggitele, sono tutte qua. E poi dovresti saperlo da solo quali tipologie di pratiche ci sono nel diritto di famiglia. - Silenzio. Eric inghiottì a vuoto.
“Ok non è una chiacchierona. Ma l’avevo capito nei precedenti colloqui!” Si disse Eric decidendo di non metterla più alla prova.
“Se le salvo un cliente nella tipologia sbagliata potrebbe uccidermi senza battere ciglio.”
Pensò divertito fra sé e sé capendo il tipo che aveva davanti.
- Comunque, quando apri un documento nuovo vedrai che ti chiede quale modello ti serve. A quel punto scegli a seconda del genere di lettera o di cosa devi fare, sono tutte elencate e titolate. - Desirée si fermò stringendo impaziente le labbra sperando che fosse sufficiente, ma dall’aria smarrita di Eric capì che doveva approfondire ulteriormente e senza trattenere un sospiro insofferente che normalmente una segretaria doveva evitare davanti ai propri superiori, continuò. - Non so, una lettera di sollecitazione piuttosto che una preliminare come quella che devi fare ora o... - Ma capendo che la questione si faceva troppo complessa rispetto a tutto quello che aveva da fare, Desirée lo fece davanti a lui preparandogli il documento che avrebbe dovuto fare. - Senti, i nostri tre computer sono collegati, quando io faccio qualcosa la visualizzi anche tu. Quando devi fare qualcosa e non hai idea di come crearlo o trovarlo, me lo dici ed io ti faccio trovare il modello nella cartella giusta, così tu devi solo aprire e scrivere. Ok? - Eric felice di quella soluzione si rianimò annuendo energico, vedendo mentre faceva quello che diceva.
- Sei molto brava! -
- E tu poco sveglio. Spero migliorerai! - Sentendoglielo dire ci rimase molto male, troppo per chiedersi se doveva rimproverarla o no, ma da come aveva domato le bestie di prima immaginava che non fosse una a cui ribattere qualcosa.
- Su questo modello ora tu inserisci i dati della signora Vissio, dell’ex marito e del suo avvocato. In quella cartella ci sono tutte le informazioni che ti servono per scrivere. Devi fare un calcolo di quelli che sono gli arretrati e fare una proposta accettabile. Ti ha detto qualcosa prima l’avvocato o devo fare io anche questo? - Chiese seccata e polemica. Eric voleva capire che rapporto i due avessero, sembravano una coppia sposata da molti anni. Oppure due che non si sopportavano, ma da come si comportava lui sembravano più sposati, lei aveva probabilmente intorno ai trentacinque anni, lui sui quaranta. Ci poteva stare. Cercò fedi alla mano ma non trovò nessun gioiello e a quel punto intravvide un tatuaggio spuntare da sotto la manica della maglia. Eric si incuriosì. Non era tipa da tatuaggi ma magari da adolescente qualche sciocchezza la fanno tutti.
- Sì sì mi ha spiegato la proposta che faremo, dobbiamo... - Ma a questo lei si sollevò e se ne andò senza sentire di cosa si trattava.
- Ottimo. - Disse per nulla interessata ai particolari di quella pratica. Prima che lui potesse respirare, era di nuovo solo nel suo ufficio. Eric arricciò contrariato le labbra.
- Non capisco se la trovo divertente o irritante! -
- La troverai divertente fra un po’, vedrai! - La risata accompagnò la frase dell’avvocato che fece saltare Eric sul posto, giratosi a guardare la provenienza della voce si rese conto che veniva dall’interfono sul telefono, la lucina rossa lampeggiava indicando che era in funzione. - Hai lasciato acceso l’interfono, ho sentito senza volere la vostra non conversazione! - Disse divertito Alan. Eric perplesso fissò il telefono imbarazzato indeciso su come sentirsi, poi decise di cogliere al volo l’occasione per fare fronte comune contro quella donna che sembrava un generale, al contrario dell’avvocato che sembrava solo un soldato semplice.
- Come è possibile che comandi lei, qua? - Alan continuò ridendo molto più aperto ed amichevole di quel che era sembrato all’inizio e comunque di quello che solitamente gli avvocati dovevano sembrare:
- Imparerai che sono sempre le segretarie a comandare. Quelle in gamba. Ci sono anche quelle frivole ma un vero studio non prenderà mai una segretaria così perché altrimenti andrebbe in fallimento. Gli studi legali vanno avanti grazie alle segretarie. - Eric aveva capito che ad Alan piaceva avere un complice con cui far fronte, così felice di avere un sostegno proprio in lui, che era la figura che ovviamente gli interessava di più, decise di proseguire su quella strada simpatica e spigliata.
- Dici che mi piacerà un giorno? - Chiese scettico, ridacchiando mentre faceva quella conversazione con lui senza averlo davanti.
- Ne sono certo. Vedrai. - Ma su questo fu misterioso e ad Eric tornò la curiosità sul loro rapporto. Erano una coppia? Potevano sembrarlo dopotutto. Gli sarebbe dispiaciuto anche se era sciocco dispiacersi per una cosa simile. Alan Rinaldi era il suo capo, non doveva di certo diventare altro. Magari un collega, uno con cui lavorare serenamente, ma niente di più. Che fosse etero, gay, sposato o single non gli doveva interessare.
- Sai, sembrate sposati, avete una dinamica che... - A quello la risata di Alan risuonò nell’interfono ed Eric sorrise radioso capendo che non erano una coppia.
- Penso che se fossimo una coppia, dopo che passiamo tutto il giorno insieme a lavoro, finiremmo presto sulle pagine di cronaca nera. - Con questo Eric si sentì al settimo cielo, dandosi immediatamente dell’idiota.
Che lui fosse libero non doveva contare nulla.
“E poi può essere comunque sposato od occupato. E poi può non essere gay. Smettila.”
Ovviamente dirselo non fu molto utile.