*Ecco
un altro capitolo, ho avuto impegni vari e stanchezza, ma ci sono.
Ormai fra Alan ed Eric la conoscenza va a gonfie vele, ma c'è la voglia
da parte di entrambi di approfondire ancora meglio, sapere di più uno
sull'altro e come se dall'alto qualcuno li volesse accontentare, ecco
che viene messo sul tavolo il segreto di Eric. Vediamo come reagirà
Alan alla grande scoperta. Buona lettura. Baci Akane*
4. LE SCOPERTE
La osservava da un po’ dalla sua posizione strategica con la porta aperta.
Scriveva al computer
leggendo da alcuni documenti a lato, non si fermava nemmeno a
controllare cosa stava facendo, era sicura di stare facendo bene.
Poi si fermava per
rispondere al telefono, talvolta prendeva qualche appunto, segnava un
appuntamento, passava la chiamata all’avvocato e poi tornava al lavoro.
A volte mentre parlava al telefono, continuava a trascrivere al computer leggendo dai documenti.
Eric poteva stare lì
ore a guardarla, ammirato di quella macchina imperturbabile che sapeva
di essere fissata, ma non si scomponeva proprio.
La cosa che poi aveva
notato dopo un po’, era l’ordine perfetto di quel posto. Non era
normale trovare ordine in uno studio legale, era stato in tanti altri
studi ed erano tutti in disordine. Lì vigeva l’ordine assoluto.
“Fa sempre gli stessi
movimenti, sempre le stesse cose. Tutto qua è allo stesso posto di
sempre, niente è spostato di un millimetro, ogni cosa ha la sua precisa
collocazione e se io poso una cosa in un posto, la ritrovo nell’altro
sia pure sia una differenza di pochi centimetri. Credo sia ossessiva
compulsiva...”
Eric divertito e
turbato allo stesso tempo, approfittò di una pausa bagno della
segretaria per andare a controllare nei suoi cassetti a conferma di ciò
che pensava. Tutto ordinato e preciso. Aprì l’agenda e trovò anche lì
una perfezione negli appuntamenti maniacale. Aprì l’altra agenda
chiedendosi cosa ci scrivesse e vide che c’erano le incombenze
giornaliere.
‘Ricordare all’Avvocato di’ oppure ‘fare questo’, ‘fare quello’.
Insomma si scriveva le cose da fare, anche le più semplici come ‘telefonare a’ e via dicendo.
Si scriveva anche quello che doveva assicurarsi che l’avvocato facesse.
“Impressionante!”
Sentendo l’acqua del
rubinetto in bagno capì che aveva finito, così si affrettò a tornare al
suo posto ma decise di deviare nell’ufficio di Alan per cercare
conferma di quanto sospettato.
Alan era intento a
leggere delle documentazioni e a trascriversi degli appunti, quando si
sorprese di vederlo entrare quasi come un ladro.
Inarcò il famoso
sopracciglio senza chiedere nulla ed Eric con fare cospiratore e molto
a suo agio già dopo alcuni giorni di permanenza lì, si avvicinò alla
scrivania e sussurrando per non essere sentito, disse:
- Ma è ossessiva-compulsiva? - Alla domanda Alan scoppiò spontaneamente a ridere.
- Sapevo che ti avrebbe
divertito! - Eric ricordò la loro prima conversazione e dovette
convenire che aveva ragione, lo divertiva.
- Sì ma mi inquieta anche molto... - disse sincero. Alan continuò a ridere trovando piacevole quella pausa inattesa.
- Ha ideato lei il
sistema di archiviazione e creato tutti i modelli di lettere. - Eric
piegò le labbra verso il basso impressionato:
- Non avevo dubbi... -
- Prima di assumerla
era un disastro qua. Era tutto in disordine, non si trovava niente. Gli
appuntamenti segnati male, dimenticavo di fare cose importanti,
telefonare, scadenze... da quando c’è lei è tutto perfetto, sono
puntuale su ogni cosa e quando non riesco a fare io di persona qualcosa
ci pensa lei ed è alla stregua di un vero avvocato. Cioè sa quel che so
io, potrebbe essere me senza problemi. -
- E perché non è
diventata avvocato? - Chiese logicamente Eric un po’ geloso di quanto
lui l’adorasse. Alan alzò le spalle perplesso.
- Chiediglielo e dimmi che ti risponde. -
- Non glielo hai mai chiesto? -
- Non conversiamo, non
davvero. Con lei il rapporto è esclusivamente lavorativo, è efficiente
e perfetta, ma non si va al di là di lì... - Lo disse con una punta di
dispiacere che Eric colse e decide di sfruttare senza rendersi conto
per quale motivo, per arrivare dove.
- Tu invece sei uno che apprezza le frequentazioni extra lavoro? - Alan piegò la testa pensandoci.
- Perché no... se mi
trovo bene con qualcuno... - Fu così che Eric senza nemmeno rifletterci
oltre, dicendosi che lo faceva per farlo conoscere a Laura, gli fece la
grande proposta:
- Allora dopo lavoro ti
va di bere qualcosa insieme al bar di una mia cara amica? Non è molto
lontano da qua! - Lo studio era in centro ed era normale che si
arrivasse in poco ovunque.
Alan, preso totalmente
in contropiede, non trovò una sola ragione valida per rifiutare e
mentre accettava volentieri, si rese conto che in realtà era molto
contento di andare a bere qualcosa con lui.
Senza nemmeno spiegarselo.
“In fondo abbiamo il
dialogo facile io e lui, anzi. La conversazione intera. Diciamo che se
dovessi consigliargli un lavoro, gli consiglierei proprio l’avvocato.
Ci sa fare con la gente, si capisce subito. Sicuramente uno così lega
anche con Desy!”
Ovviamente aveva ragione.
Non l’aveva mai fatto, per cui per lui fu strano uscire con un collega, per di più tirocinante, a bere qualcosa ad un bar.
Con un ragazzo così giovane, poi, men che meno.
“E carino. Guarda come lo guardano tutti.”
Ma non era carino
perché lo guardavano tutti, lo era perché Alan sapeva che Eric era un
bel ragazzo. Lo trovava carino lui per primo.
Anche per Eric era
strano passeggiare fuori studio con Alan, dopo pochi giorni si era
ambientato ed era riuscito a chiedergli di uscire a bere qualcosa
insieme.
Rimanendo in un
contesto post lavoro non era un appuntamento, però il fatto che fossero
fuori studio a bere qualcosa insieme, restava.
- Allora, sei pronto
per il tuo primo tribunale? - chiese Alan facendo conversazione. Gli
aveva passato alcuni casi facili di prossima incombenza, dal momento
che un tirocinante aveva un certo numero di presenza in tribunale da
espletare, era meglio iniziare il prima possibile.
Eric si strinse nelle
spalle cercando di non sembrare uno scolaretto, ma la verità era che lo
emozionava molto il suo primo colloquio formale davanti ad un giudice
per conto di un cliente vero.
Si stava studiando il
caso e il giorno dopo avrebbe dovuto preparare il cliente, Alan lo
aveva istruito molto bene quel giorno, infatti erano stati tutto il
pomeriggio insieme a parlare di questo. Di come un cliente veniva
preparato.
Il caso lo sapeva già a
memoria ed era facile e comune, un caso di custodia minorile fra marito
e moglie. Solitamente queste custodie andavano a favore della donna, di
rado andava contro e quel caso sarebbe andato così. Facile e liscio.
La donna lavorava, aveva il sostegno della famiglia e non aveva problemi di sorta, come vizi, debiti o brutte compagnie.
Alan si era premurato di indagare precedentemente.
- Capita che vai a casa
dei clienti per assicurarti che ti dicano la verità? Sai, per non avere
sorprese in tribunale... - Alan rise per quanto lontana l’avesse presa.
Camminare con lui per le strade del centro storico della città era piacevole, specie a quell’ora, col tramonto in pieno atto.
Ma Eric, sebbene
adorasse ammirare il paesaggio, quella volta non lo guardò nemmeno una
volta concentrandosi completamente sull’avvocato e sul non sembrare uno
sciocco. Voleva fargli una bella impressione.
- Molto spesso in
realtà. Sarei uno sconsiderato se non chiedessi un incontro informale a
casa loro, in studio possono raccontarmi ciò che vogliono ma se la
controparte indaga con un investigatore privato e scopre brutte
sorprese, il gioco è finito. - Eric sospirò sollevato. Si sentiva
idiota a chiedere se potesse fidarsi o se doveva prepararsi ad un primo
tribunale in fallimento, ma alla fine se l’era cavata. Di norma era più
abile a rigirarsi gli altri, ma con Alan tendeva ad essere più colto di
sorpresa.
- Allora andrà tutto
bene, vero? - Era una domanda normale per un tirocinante che affrontava
la sua prima causa in tribunale, ma Alan lo trovò tenero mentre
scopriva quel lato di sé incerto ed ansioso.
Sicuramente era uno che
amava apparire composto, perfetto e pronto, si capiva da come si teneva
bene e come si comportava, però apprezzava quando qualcuno così si
lasciava andare.
Per lo meno in quel momento Alan apprezzò lui.
Quando arrivarono al bar, furono accolti da uno squillante ed allegro ‘buonasera!’ Che seguì presto un:
- MA CIAO ERIC! SEI QUA
FINALMENTE! DEVO DIRTI... - Concluso prematuramente con un’occhiata
perplessa e spaesata di Alan, accanto al giovane che ridacchiava alla
scena.
Alan e Laura si
incontrarono e come da Eric preventivato, i due erano non solo molto
diversi, ma anche piuttosto incompatibili. O per lo meno Eric aveva
voluto vederla così.
- E questo splendore
chi è? - Chiese la donna dai capelli neri raccolti in una coda di
cavallo, i suoi occhi erano azzurri ed il viso gradevole, un sorriso
coinvolgente ed un corpo che molte ragazze le invidiavano.
Insomma era una bella
donna, tutto al posto giusto e pure molto spigliata, ma lì in quel
momento, mentre lei capiva che lui era il famoso pretendente, fu chiaro
che di scintille non c’era verso di vederne.
Alan allungò cordiale la mano verso di lei accorsa a salutarli di persona.
- Ti presento il mio
capo, Alan Rinaldi. Comportati bene o avrò vita dura. - Disse lui
scherzando per smorzare un’improbabile tensione.
- Oh non sono così cattivo! - Laura si agganciò al volo come al solito:
- Si capisce che non lo
sei, forse è più cattivo lui fra voi! - Eric scosse la testa e sfilò
verso due sgabelli alti al bancone. L’idea era di far conoscere Alan e
Laura, non di isolarsi, per cui la strategia era una sola.
I due si sedettero
vicini con lei davanti che consegnò presto le due ordinazioni, due
aperitivi, uno normale e l’altro di vino pregiato. Aveva chiesto quali
possedeva e lei aveva fatto un elenco a memoria da cui Alan aveva
scelto il più pregiato. Alla richiesta particolare, si ritrovò
osservato strano da Eric, così spiegò subito senza doverlo fare in
realtà:
- Ehm, mi concedo solo
un bicchiere di rosso pregiato dopo lavoro. Uno solo. Per me questo è
l’orario. - Disse lui imbarazzato perché quel bar era molto semplice e
lui si sentiva fuori posto nonostante non fosse un ricco che ostentava
uno stile montato. Eric annuì sorridendo subito.
- Fai bene. È un bel
vizio. Potrei rubartelo... - Si sentì lui fuori posto al suo fianco.
Lui che mangiava cose della Lidl e che beveva il vino più scadente del
bar di Laura senza battere ciglio. Un ragazzo più semplice di quel che
voleva sembrare, visto come si vestiva in modo impeccabile. - Pare che
io dopotutto abbia davvero molto da imparare... - Aggiunse sorridendo
imbarazzato per come si stava sentendo inappropriato.
Alan però si affrettò a rispondergli percependo il suo stato d’animo:
- Oh io non direi. Vai
benissimo così. È giusto pensare alla propria immagine nel nostro
settore ma non essenziale. - Così dicendo allargò le braccia indicando
sé stesso. - Guarda me, so bene di non essere elegante ed alla moda ma
molto semplice e... come dite voi giovani? - Eric ridendo lo disse
senza peli sulla lingua sentendo di poterlo fare:
- Vintage! - Alan rise.
- Vintage! -
continuarono divertiti insieme, poi Alan concluse: - Ma pratico a
gonfie vele da anni. Quel che conta è più il comportamento, che certi
particolari. Ed il tuo comportamento per il momento mi sembra perfetto.
- Eric per un momento si perse e si chiese se parlasse ancora di
lavoro, poi si riprese e ringraziò per il complimento passando poi
abilmente al suo abbigliamento vintage e scherzando sul potergli dare
qualche consiglio per migliorarsi se avesse voluto.
Alan non se la prese ed
accettò di buon grado la proposta, pur non essendo uno che amava
cambiare stile per nessuna ragione al mondo. Eppure lì in quel momento
piacere a quel giovane era tutto, apparentemente.
Essere approvato da lui.
“Sono solo uno sciocco che bevendo con uno più giovane si illude di esserlo anche lui.”
Sebbene quarant’anni non fossero poi così tanti, quando eri vicino ad uno di ventisei le cose cambiavano molto.
Erano avviati in una
splendida conversazione fitta dove ridevano molto spontaneamente,
quando ad interromperli arrivò una voce probabilmente familiare per
Eric. Probabilmente perché poi in realtà non fu sicuro subito di
conoscere chi lo stava salutando.
- Ehi... credevo mi avresti chiamato... - Alla frase, Eric si raddrizzò sbiancando.
“Non qua, non ora con lui!”
Pensò subito in allarme.
Si voltò per vedere un
bel ragazzo con cui forse era stato qualche giorno prima. Forse. Però
aveva un vago ricordo. Guardò in allarme Laura in cerca di conferme e
lei cogliendo al volo il segnale, annuì indicandogli che ci era uscito
giorni fa.
Così Eric fidandosi
tornò a lui, in piedi dietro lui ed Alan. Non osò guardare il suo capo,
cosa stava pensando ora? Che idea si sarebbe fatto?
Era il caso di fargli
capire che era gay oppure era meglio nasconderglielo a tutti i costi? E
se poi un giorno fosse venuto fuori, non si sarebbe offeso nel non
averlo saputo prima?
Mille domande in troppo poco tempo, alla fine decise il suo ex partner di una notte.
- Sarebbe almeno carino
che ricordassi i visi, non dico i nomi, ma i visi di chi ti porti a
letto. Comunque ho avuto la mia risposta. - Poi il giovane si rivolse
ad Alan con amarezza. - Goditelo! Tanto domani sparirà! - Con questo
prese e se ne andò teatralmente senza dare tempo e modo ad Eric di
rimediare o reagire.
Era andato nel panico.
Di solito gestiva bene quelle situazioni, era abituato, ma lì con Alan
si era sentito vulnerabile e non aveva totalmente saputo come fare.
Si maledì e col cuore in gola ed il terrore di leggere repulsione da parte sua, lo guardò ansioso non sapendo cosa dire.
- Io... mi scuso. Non
era previsto e... e non so nemmeno cosa dire... - A quel punto Alan
ancora composto, sorrise gentilmente e gli mise una mano sul ginocchio.
- Non serve dire nulla,
sono cose che succedono. Non è di certo colpa tua. - Ed in un attimo,
con un colpo di spugna, Alan mise tutto a posto.
Sapere che per lui non
era un problema se era gay, fu un enorme peso in meno. Ad Eric venne
quasi da piangere nel sapere che avrebbe lavorato con una persona così
tanto normale da non cambiare atteggiamento solo perché scopriva la sua
sessualità.
Quasi da non credere che quell’uomo accanto a lui fosse vero.
- Mi sa che mi conviene
cambiare luogo di incontro, scegliere uno che non frequento
regolarmente... - Cercò subito di scherzare per ritrovare la sua famosa
parlantina spigliata.
- Se il piano non è di
rivederli, penso che dovresti in effetti... - Rispose con un tono che
era una via di mezzo fra l’imbarazzato ed il divertito.
Insieme risero in modo
un po’ eccessivo per smorzare l’imbarazzo di entrambi, poi tornarono a
parlare di altro, cambiando subito discorso fino a che Alan dovette
andare via per tornare dal suo cane che sicuramente a quell’ora gli
aveva distrutto casa.
- Gli piacciono anche gli animali... - Disse fra sé e sé Eric non controllandosi, mentre lo guardava andarsene.
- Ma non mi dire... è
proprio l’uomo perfetto... - Rispose Laura sentendo la sua frase a
mezza voce e sognante. Eric saltò e tornò a lei che appoggiata dalla
propria parte del bancone, lo fissava da vicino con aria inquisitoria:
- Ti è piaciuto? - Chiese ricordandosi lo scopo originale di tutto.
- Dì un po’... - Fece
lei allora più truce, con aria da detective. - Hai davvero pensato
anche solo per un secondo da quando lo conosci che lui potesse essere
un buon partito per me? - La domanda alludeva a qualcosa di molto
chiaro che Eric non dovette faticare ad interpretare ed arrossendo la
spinse via.
- Ma che dici, certo... perché scusa? Dici che non stareste bene insieme? - Ma la sapeva la risposta.
- Per nulla, visto che
non aveva occhi e voce che per te... guarda che io non ho problemi ad
inserirmi e rubare la scena se la voglio, ma era chiaro che era
interessato solo a conoscerti meglio. E vedo che la cosa è del tutto
reciproca! - Le allusioni di Laura divennero belle chiare ed Eric
scrollando le spalle si alzò in piedi e la scacciò come se lo facesse
con una mosca:
- Non dire sciocchezze.
È solo il mio capo. Ed ora sa pure che sono gay, che fortuna che non ha
problemi con quelli come me... potevo essermi appena scavato la fossa
da solo. -
- Beh se scegli di
portare un superiore qua, non può di certo essere uno normale... -
Continuò ad alludere lei conoscendo Eric molto bene, meglio di quanto
evidentemente si conosceva lui stesso.
- Che... che dici, in che senso? - Chiese titubante lui incerto se voler sapere o se fosse meglio evitare.
- Nell’unico senso
possibile. Non hai mai portato qua un capo o qualcosa di simile. Solo
ragazzi con cui poi hai fatto porcherie in qualche sudicio letto. -
- Ehi, non scelgo mai posti sudici! - Si difese lui punto sul vivo, lei ridacchiò.
- No di certo. Comunque
se l’hai portato qua ti ha colpito e non perché volevi combinarlo per
me... - Il resto non lo disse. Al resto Eric ci arrivò da solo ed anche
se scuotendo la testa disse:
- Sei la solita
romanziera che vede storie ovunque... - una volta fuori dal bar, la sua
mente non poteva che rimandargli l’immagine di loro due insieme come
una coppia.
“Impossibile. Se non voglio giocarmi il praticantato, me lo devo togliere categoricamente dalla testa.”
Categoricamente.