*Ecco
qua il nuovo capitolo. Alan ha scoperto che Eric è gay e l'ha visto al
bar di Laura, che riscontro avrà nell'adulto la scoperta fatta? Aprirà
una breccia socchiusa da anni? Del resto anche essendo qualcosa, non è
sempre facile ammetterlo, soprattutto dopo una vita che passi ad
ignorare quell'aspetto di te.Ma a volte, forse, servono le persone
giuste. In questo caso Eric è abilissimo ad ottenere ciò che non sa
bene di volere, ma intanto ci arriva, poi ci pensa. Buona lettura. Baci
akane*
5. INEVITABILE
“È gay.”
Se lo stava ripetendo come un mantra e si chiese se avrebbe dovuto presentarlo a Paolo, magari si potevano piacere.
“Oddio la differenza d’età c’è... non credo che Eric potrebbe essere interessato...”
Alan si stava facendo dei piani senza includersi di proposito.
Eric non poteva essere
interessato A PAOLO perché c’era una certa differenza d’età, ma lui E
PAOLO potevano piacersi comunque. Magari doveva organizzare qualcosa
PER LORO.
Una minima parte di sé se ne stava rendendo conto, ma sapeva ignorarla.
Non era Paolo, ma sé
stesso, però per lo stesso motivo per cui non aveva mai voluto provare
con Paolo quando si era proposto anni fa, ora non intendeva immaginarsi
con quel ragazzo solo perché gay e attraente e brillante.
“Quanti gay esistono a
questo mondo? Sono anche molto piacevoli il più delle volte. Ed io ne
ho incontrati molti, specie grazie a Paolo. Per cui cosa mi deve
importare se Eric lo è? Ok starò a contatto con lui ogni giorno per
oltre un anno, ma cosa significa? Sono pur il migliore amico di un gay.
Non mi è mai cambiato nulla, ora improvvisamente sto qua a pensare ad
Eric che è gay come se fosse chissà cosa. Non è nulla, assolutamente
nulla.”
Ma non era vero, non era per niente vero.
Quella sera rientrò a
casa con il solo Shin ad accoglierlo uggiolante e felice, Paolo non era
venuto quasi a sentire a distanza che era capitato qualcosa di diverso
dalla sua solita routine.
“Sono sciocchezze, non è capitato niente. Ho bevuto qualcosa col mio tirocinante che è gay. Quante volte me lo ripeterò?”
Si disse seccato aprendo il frigo per vedere di mangiare qualcosa.
Tirò fuori dell’insalata ed una fettina di manzo iniziando a cucinare.
La verità era che l’argomento gay era tabù per lui nonostante il migliore amico lo fosse.
La questione
omosessualità per lui era molto delicata e c’entrava col fatto che
nonostante i suoi quaranta anni, non si era mai sposato e non aveva mai
sentito il desiderio di farlo. Forse si era innamorato o forse si era
illuso di esserlo, ma al momento di fare qualche fatidico passo, non si
era mai sentito pronto. Pensava che dovesse esserci qualcosa di più di
quel che aveva vissuto.
Qualcosa di simile a
quel che aveva provato quella notte quando aveva rifiutato il bacio di
Paolo, quando l’atmosfera era stata perfetta ed entrambi eccitati
avevano voluto farlo davvero.
Nemmeno quella volta si era sentito pronto, ma forse là aveva giocato più la paura che altro.
Un sacro terrore. Il terrore di sconvolgere troppo la propria tranquilla e semplice vita sicura.
Perché? Paura di cosa?
Perché quello che aveva provato in quel momento era stato molto forte e
shoccante, incontrollabile e lui non sapeva se fosse il caso di perdere
tanto il controllo.
Se essere sé stessi
fino in fondo significava provare quelle cose così potenti, era meglio
aspettare. Aspettare di essere più forti, di saper controllare meglio
le cose, sé stessi, le persone.
Aspettare di essere pronti, di non aver paura di quel passo nel buio.
Negli anni ci aveva pensato diverse volte.
Steso sul divano con Shin appallottolato vicino, un film scorreva senza che lui lo vedesse.
Vedeva sé stesso in procinto di fare quel passo con Paolo molte altre volte.
Forse era ora, si
diceva ogni tanto. Era capitato di sentirsi più pronto, di voler
tentare, ma poi non aveva mai avuto il coraggio di quel passo finale,
di quell’ultimo movimento.
“Forse se capiterà sarà
senza che ci penso settimane prima. Forse se succederà, sarà naturale e
senza alcun dubbio. Perciò finchè sto qua a pensarci, non è ora. O non
è la cosa mia.”
O, forse, la persona.
Forse era gay ma non con tutti, non con Paolo.
Forse gli piacevano le
persone, non le donne o gli uomini e per ora non c’era stata una
persona che gli era piaciuta fino al punto da darsi, da rischiare di
perdersi.
Forse finchè esagerava coi pensieri ed era così difettoso di azioni, la sua vita non poteva comunque cambiare.
“È una bella vita, sono felice, faccio quello che ho sempre voluto. Cosa c’è che non va?”
Forse quel senso di mancanza che ignorava sempre, ma che comunque c’era.
Qualcosa gli mancava e
lo sapeva da una vita, ma quando guardava Paolo per capire se poteva
essere lui a colmare quel vuoto, non se la sentiva.
Ma la vera domanda era come mai ci pensava di nuovo ora dopo quell’episodio con Eric?
Che l’avvocatura
facesse per Eric era stata una certezza quasi lampante, ma Alan ne ebbe
ulteriori conferme vedendolo in tribunale.
Sembrava nato per
quello, per indossare abiti eleganti e per camminare sicuro di sé fra
le aule, davanti a giudici, avvocati e clienti.
Alan rimase
profondamente colpito in più modi nel vedere quanto bene stesse in
quell’ambiente. Non esitava, non aveva paura e non aveva bisogno di
consigli.
Lui l’accompagnava ma
non doveva dirgli nulla, ben presto si rese conto che avrebbe
tranquillamente potuto mandarlo da solo, consapevole che non sembrava
minimamente un tirocinante.
“È bravo ad apparire ciò che vuole, ma resta uno di ventisei anni appena laureato.”
Ogni tanto cercava di ricordarselo, visto che si sentiva sempre più spontaneamente attratto da lui.
Il primo vero problema
arrivò proprio nel vederlo in aula di tribunale a fare la propria
richiesta al giudice. Aveva parlato in modo sicuro e spigliato, non
aveva esitato ed era stato perfetto.
Vederlo lì, comportarsi così e poi sorridere radioso alla cliente con cui aveva avuto successo, fu per Alan problematico.
Problematico fu il
termine giusto, visto che per un momento si vide a fare sesso selvaggio
con lui proprio sulla scrivania del giudice.
Non gli era mai
capitato di trovare sexy qualcuno, ma con lui stava capitando e sapeva
perfettamente che si stava ficcando in un guaio, ma ovviamente non ci
poteva fare molto.
Non intendeva dare
retta a certe fantasie, ripetute tutte le volte che l’aveva visto in
quel contesto con quell’atteggiamento sicuro di sé.
“Per fortuna che non ha solo casi in tribunale...” Si limitò a liquidare così la cosa.
A Paolo diceva poco, tesseva le sue lodi e quando gli aveva detto che era gay, gli aveva chiesto come l’aveva scoperto.
Alan aveva omesso il
particolare che erano andati a bere qualcosa insieme, ma era successo
solo quella volta. Chissà perché non era ricapitato.
Si chiese se forse Eric si aspettasse che lo invitasse lui, magari non voleva essere troppo sfacciato.
- Era scontato che lo
fosse, comunque. Gay dico. - Alan trasaliva ogni volta che veniva
nominata quella parola in correlazione con Eric, Paolo forse se ne era
accorto ma non voleva vederci nulla. Sicuramente per lui era dolorosa
l’idea che Alan potesse essere pronto a buttarsi in quella barricata
per un altro che non fosse lui, perciò cercava di non notare quel
disagio scaturito sempre nel parlare di Eric.
Un’altra cosa in cui Eric eccelleva, a parte lo stare in tribunale, era gestire i clienti.
Ben presto prese mano
anche in quello e notando quanto bene riusciva a rigirarsi chiunque
avesse davanti, anche le persone più scomode e rompiscatole, Alan era
lieto di lasciargli svolgere quel compito.
A volte accoglievano e
facevano i colloqui insieme, altre lasciava tutto nelle sue mani, ma
lasciava l’interfono aperto per assicurarsi che andasse tutto bene.
In realtà non era per quello, sapeva che poteva farcela da solo.
Era che gli piaceva sentire la sua voce sicura e scherzosa parlare, gli faceva uno strano effetto.
C’erano volte poi che
quando la situazione era delicata, anche lui diventava delicato e lì la
sua voce assumeva un tono molto particolare, molto amabile e dolce.
Sfumava in qualcosa di caldo.
Lì lui stava ad ascoltarlo perso dimenticandosi di controllare se si comportava bene o meno.
- È bravo. - Quando la voce di Desirée lo raggiunse ad Alan prese un colpo.
La ragazza era arrivata con dei documenti da fargli firmare e l’aveva visto spiare Eric al lavoro.
- Lui sa che lo
ascolto, voglio solo controllare come va... ma hai ragione, penso che
ormai non serva più. - Disse chiudendo l’audio in modo da non sentirlo
più. Ovviamente era imbarazzato e si rese conto del complimento che la
segretaria aveva fatto in un secondo momento e guardando lei piuttosto
che le carte che gli stava presentando, tornò su quel che aveva detto:
- Gli hai fatto un complimento? - Lei piegò appena le labbra.
- Dire che qualcuno è
bravo è un complimento, di solito. - Cercava di sminuire la cosa ma
Alan non se la fece scappare e puntandola con la penna costosa che
usava per firmare, personalizzata col proprio nome sopra, disse
divertito:
- Si ma è la prima
volta che te ne sento fare... ti ha conquistata, eh? - Desirée alzò gli
occhi al cielo scoprendo un po’ di sé e della propria idiosincrasia per
certe situazioni.
- Ha conquistato anche
te, pare. - I due non avevano molta confidenza, ma andavano
sufficientemente d’accordo per conoscersi tanto bene da sapere quando
uno piaceva o meno.
- Ma quindi ti piace? - Chiese Alan continuando a sottolineare proprio ciò che lei odiava, la propria umanità!
- Ho detto che è bravo,
non che mi piace. Lo trovo irritante perché cerca di capire se sono
nevrotica. A proposito, visto che parlate tanto, digli che un giorno lo
ucciderò. - Alan rise di gusto a quella situazione, non l’aveva mai
vista così normale e scoperta su qualcosa, solitamente aveva quel muro
fra lei ed il mondo e lui aveva sempre voluto rispettarlo.
- Potresti dirglielo tu... -
- Poi pensa di aver vinto chissà cosa. Non voglio dargli soddisfazioni. - Alan scosse la testa e firmò le carte.
- Voi giovani giocate
sempre in modo che non capirò mai. Vi state entrambi divertendo in
questa guerra che non capisco... lui cerca di scoprire chissà quale
segreto di te... -
- E mi sposta sempre le
cose di proposito senza nessun bisogno. - Puntualizzò lei con la vena
sulla tempia. Lui ridacchiò continuando:
- E tu lo ignori di proposito anche se lo ritieni bravo. -
- Perché è irritante. - Ripeté come se quello fosse molto più importante del resto.
Alan le consegnò le carte firmate e la guardò stupito della loro conversazione.
- Magari se uscite
insieme trovate un modo per appianare le vostre divergenze... - Sapeva
che Eric era gay, ma voleva solo capire se a Desirée lui le piacesse.
Non sapeva perché era tanto importante assicurarsi su chi aveva un
debole per lui, non era di certo il suo ragazzo.
Quando lei fece una smorfia di sufficienza prima di allontanarsi, disse:
- Mi piacciono uomini,
virili e grezzi. Lui non è il mio genere. - Non disse ‘e poi è gay’.
Forse non si notava, lui non l’aveva capito anche se Paolo sì solo
guardando le sue foto.
Però non era il genere di Desirée, tanto meglio.
Lei non disse più nulla
e tornò nel suo ufficio, rimasto solo Alan sorrise soddisfatto e tornò
ad ascoltare la conversazione di Eric e del cliente.
Preferiva che nessuno puntasse a lui, ma ovviamente non se ne poteva rendere conto coscientemente.
La mano sbatté sulla
scrivania dopo che la porta si era aperta e chiusa di scatto, Alan
saltò sorpreso riemergendo dalle sue letture per poi guardarlo
meravigliato. Si tolse gli occhiali da lettura e lo fissò col
sopracciglio alzato in attesa.
Eric sembrava eccitato per qualcosa che lo stava alimentando molto.
- Dobbiamo andare in un posto stasera! - Alan lo guardò come se fosse impazzito.
- Se ti va di uscire
con me potresti chiedermelo in modo meno prepotente... - L’altra volta
era stato più abile ad invitarlo. Eric scosse il capo e avvicinandosi
cospiratore, disse a bassa voce:
- Ho intravisto il
timbro in controluce sul polso di Desy! - Alan alzò gli occhi al cielo
tornando a rimettersi gli occhiali per leggere ancora.
- Per cortesia, tienimi fuori dai vostri giochi! -
Sapeva che non si
piacevano, oltretutto lui era gay, ma ora cominciava ad essere
infastidito da questa sorta di rapporto indiretto che i due avevano,
sicuramente molto più interessante di quello cordiale che aveva lui.
- Ma quali giochi! Quel
locale è l’opposto di quello in cui la vedrei. - Alan a quello si perse
e tornò a guardarlo convinto di essere in un telefilm.
- Ma di che parli? -
- È il timbro di un
locale alternativo. Non è da lei. Che ci fa una così là? Io la vedo al
massimo frequentare locali noiosi... - Alan si strofinò la radice degli
occhi incredulo su cosa stesse cercando di fare.
- Non ti sembra che
questa cosa delle indagini su Desy ti stia sfuggendo di mano? -
All’inizio l’aveva trovato divertente, ora era geloso. O meglio
invidioso. Con lui non c’era nulla di particolare, forse solo un tipico
rapporto di capo e sottoposto.
Su di lui non indagava, non si ossessionava in alcun modo, non gli faceva dispetti.
- Vieni con me a vedere
che fa! - Alan si aggrottò perdendosi per un momento l’invito, ancor
più abile di quello dell’altra volta.
- E non pensi che io e te in un locale alternativo desteremmo molta più attenzione di lei? -
- Tu te la immagini là? - Chiese deciso Eric.
- Io non so nemmeno che posto sia... - Fece Alan allucinato.
- Beh capirai quando ci
vieni. Andiamo solo a dare un’occhiata. Mettiti un paio di jeans ed una
maglietta semplice, andrai benissimo. Non facciamo nulla, voglio solo
vedere coi miei occhi se ci va davvero, perché non riesco ad
immaginarla là e... -
- Ed una volta che la vedi? - Continuò Alan imperterrito capendo che uscire con lui in un locale strano non era l’ideale.
- Sarò contento! -
Concluse alzando le spalle semplice. Alan guardò così Eric perplesso.
Era stato ancora più abile dell’altra volta ad invitarlo ad uscire e
fare qualcosa di più particolare. Aveva giusto pensato che non l’aveva
più invitato ed eccolo lì.
E poi aveva usato un
metodo assurdo per convincerlo. Era quasi geniale. Se fosse stato un
poliziotto probabilmente avrebbe ottenuto qualunque cosa, ma come
avvocato avrebbe sicuramente avuto successo.
Così per premiare la sua intraprendenza ed il suo talento, decise di accettare.
Solo per quello, si disse. Non perché era felice di uscire con lui. Quello non c’entrava nulla. Proprio nulla.
- E allora andiamo a farti contento. - voleva solo premiarlo. Solo quello.
E poi comunque era bello che lo volesse con sé per quella stupida indagine.
L’espediente era stato
acuto, ma ci era riuscito ad uscire con lui. Non voleva portarlo da
Laura dopo l’allusione dell’altra volta, però aveva voluto uscire con
lui a tutti i costi.
Non gli importava
niente della presunta vita segreta di Desirée sebbene fosse una
scoperta incredibile quella che stava per fare.
Lo incuriosiva e lo
stimolava, quello sì, ma stalkerarla era una cosa a cui non teneva, ma
visto che trovare un sistema per uscire con Alan senza avere un
appuntamento non era facile, aveva trovato geniale quel metodo.
Sicuramente originale, si disse mentre si preparava per la serata.
Si guardò infine allo specchio dove la casa era silenziosa grazie all’assenza di Laura che lavorava.
- Per fortuna, o
direbbe perché lo fai se non vuoi credere che sareste una bella coppia?
- Perché le sue domande erano sempre strane.
- Beh, lo faccio perché sì, mi va. - Si disse da solo rispondendosi come avrebbe fatto all’amica.
“Lo faccio perché è
stato bellissimo stare con lui fuori dal nostro contesto e non sapevo
come riuscirci a ricreare quella cosa senza scoprirmi troppo e mettermi
in una condizione scomoda. Quella di un gay che sembra provarci col suo
capo. Non ci sto provando, so che non sarebbe una buona idea. Ho un
tirocinio da fare, mi darà un voto. mica posso rischiare di mandare
tutto a puttane perché cerco di farmi il mio capo.”
E allora? Allora perché rischiare di piacersi ed intraprendere un cammino da cui non si tornava indietro?
Eric si sistemò i capelli ed uscì evitando quella risposta. Non ne aveva idea del perché.
Voleva solo farlo, ci
aveva pensato con ossessione ad un sistema per uscire ancora con lui
senza sembrare sfacciato ed inappropriato. Quello era perfetto. Il
motivo per cui farlo, per cui rischiare, non aveva importanza. Non
stava uscendo davvero con lui, stava solo passandoci del tempo insieme
al di fuori dello studio. Tutto lì.