*Ecco un altro capitolo. Eric con la scusa di indagare su cosa nasconde Desirée, trascina Alan in un locale alternativo per avere con lui un appuntamento non appuntamento, perchè semplicente inizia a piacergli e vuole capire se c'è terreno fertile, ma in ambino professionale non è facile, così trova questo espediente geniale. Che ha una sola falla. Se poi trovano Desirée sul serio, come andrà a finire? Buona lettura. Baci Akane*

6. PRIMA DEL DISASTRO TOTALE




Il locale era in uno dei vialoni che portavano in periferia, era un locale a tema rock ed affini dove spesso si esibivano gruppi dal vivo, più nel weekend ovviamente. Per il resto era impostato come un pub irlandese, non era molto grande, ma sufficientemente per poter contenere un sacco di gente e passare inosservati.
Ovviamente se i due si fossero presentati come due avvocati, sarebbero stati notati immediatamente, ma per fortuna la conoscenza di Eric era stata  profetica e vestendosi da persone normali, sembravano lì perché lì ci volevano stare e non per cercare chissà chi per chissà quale motivo.
Quando si incontrarono l’ora di cena era finita ed Alan aveva dovuto tirare fuori dei vestiti che non metteva tipo da mezzo secolo.
Si era sentito uno sciocco mentre si preparava e si guardava allo specchio cercando di capire se sembrava normale e giovanile o solo un idiota.
Più che altro aveva sperato di piacergli e di essere all’altezza. Alla sua altezza.
Si era dato dell’idiota di nuovo.
Eric invece era perfetto, stranissimo da vedere in borghese, ma aveva il dono di stare bene in ogni situazione.
Era un dono raro in effetti, Alan era sicuro di stare di merda.
- Wow sembri un’altro! - Disse Eric ammirato mentre lo squadrava nel suo abbigliamento super comune.
- Ah è solo il potere dei jeans. Siccome non li metto mai sembra chissà cosa... - Eric rise nel sentire come si sminuiva salendo nella sua macchina elettrica super costosa che finalmente poteva usare per uscire un po’ dalla città.
- Ed io? - Chiese poi Eric in cerca di complimenti o solo di stuzzicarlo.
Alan lo guardò mentre salivano in auto e si replicò in lui la sensazione iniziale di eccitazione.
Come dirlo senza dirlo?
- Stai molto bene, sicuramente è più il tuo ambiente del mio... sinceramente temo di fare una figuraccia, di essere fuori posto... - E così da abile avvocato, seppe deviare l’argomento.
La risata di Eric proruppe divertita facendo sentire incredibilmente bene Alan che avviava il motore.
- Il rock non ha età, ti stupirai di vedere ragazzini di sedici anni e uomini di cinquanta nello stesso posto. - Sentendolo, Alan tornò alle domande che si era fatto quando Eric aveva riconosciuto il timbro di un posto e non solo quello, ma aveva pure saputo di che locale si trattava.
- Ti piace quell’ambiente? Lo conosci bene, mi pare... - Fare domande era il suo mestiere, ma era anche vero che era la prima volta che voleva davvero sapere le risposte.
Ad Alan stava lentamente interessando tutto di quel ragazzo, era una cosa assurda e frenarla era già impossibile.
“Del resto avrei dovuto evitare di uscirci insieme...”
- No non è proprio il mio ambiente ma ho avuto il periodo rock ed ho frequentato quel posto per un po’... ora diciamo che preferisco altri posti... -
- Quali per esempio? - Alan lo stava facendo fuori dal proprio controllo ed Eric non trovò niente di male nel rispondergli e fargli sapere quali fossero i suoi gusti.
Eric gli disse il nome dei posti che preferiva frequentare, poi chiese ad Alan dove andasse lui di solito.
- Oh noi siamo più tipi da divano e film. Paolo cucina benissimo così mi fa spesso un sacco di cose buone e poi guardiamo qualche film tutto lì. Ma dopo una certa età funziona così. - Sentendo quel ‘noi’ e poi quel nome, Eric avvampò dentro di sé mentre non sapeva come dovesse sentirsi di preciso. Strano di sicuro.
- Paolo? - “È il suo fidanzato? È gay anche lui e non me l’ha detto quella volta? Ma soprattutto possibile che lo sia e non me ne sia accorto? Possibile che...”
In Eric in un attimo un turbinio infinito di possibilità, subito soddisfatte dal collega che si affrettò a spiegare.
- Un amico. Il solo in effetti. Prima eravamo un gruppetto. Scarno in realtà. Poi siamo rimasti solo io e lui per varie ragioni. Di famiglia più che altro. Si sono tutti sposati e fatto figli e lentamente questo ha tolto tempo alla loro vita sociale. E poi io facendo questo lavoro non è che esco molto... - Alan si era affrettato a spiegare tutto bene come se servisse specificare che non era sposato e che Paolo era solo un amico e che usciva poco perché lavorava tanto. Dopo averlo fatto si sentì ancora più idiota.
“Non dovevo venire, è assurdo quel che sto facendo e non so nemmeno perché gli ho dato corda. Non so perché lui vuole farlo, in effetti, però io dovevo rifiutare. Sono adulto e lui ha un sacco di anni meno di me.”
Per Eric fu una sorta di capriola avvitata quella che si sentì di star facendo ed il motivo gli era totalmente oscuro.
“Non è sposato, ha un amico e non è sposato. È una notizia che non dovrebbe essere così bella come mi pare che sia.”
Ad un certo punto fu difficile non rendersi conto da parte di entrambi che stava succedendo qualcosa. Qualcosa difficile da gestire, probabilmente.
Arrivati al locale, i due parlavano tranquillamente uno dei gusti e delle usanze dell’altro tanto che non sapevano più cosa erano andati lì a fare.
Messo piede all’interno di quello che aveva le fattezze di un pub irlandese pieno di gente e con musica rock live assordante, vennero trasportati in un mondo dove non c’era effettivamente uno fuori posto od uno più ‘in casa’ dell’altro.
Lì dentro, in casa, c’erano tutti.
Alan si ritrovò spaesato e meravigliato nel rendersi conto che su un tavolino c’era un gruppo di persone adulte ed in un altro dei ragazzini e che tutti apprezzavano la stessa cosa.
Le persone erano diverse per tanti motivi, era vero, spesso per l’età, i gusti, gli stili di vita. Ma si poteva comunque trovare qualcosa che li accomunasse, che li facesse incontrare.
Alan ed Eric si chiesero se potesse essere così anche per loro.
Erano quattordici anni di differenza e ad uno piaceva l’eleganza, la moda e la perfezione mentre all’altro la semplicità e le cose retrò. Uno si poteva permettere solo l’apparenza di persona ricca e benestante, l’altro lo era davvero e non lo ostentava, ok, però lo era in ogni caso.
Mondi opposti, ma forse un ponte poteva esserci anche fra loro.
A nessuno dei due piaceva quella musica, anche se ad Alan ricordava la propria gioventù così come ad Eric che ricordava quando alcuni anni prima frequentava quel posto.
In realtà a nessuno dei due piaceva la stessa musica proprio.
Uno era per il blues e l’altro per i cantautori italiani, quelli vecchi naturalmente. Non quelli recenti. Manco da dire.
- Dì un po’... - Fece poi Alan con fare di sfida, la prima volta che gli vedeva quell’espressione addosso. Eric si raddrizzò appoggiato ad un tavolino alto senza sgabelli dove erano a sorseggiare una Guinnes. A quanto pareva in quel posto se non prendevi una Guinnes eri uno sfigato e visto che già si sentivano un po’ dei pesci fuor d’acqua, era meglio mimetizzarsi almeno in quello. - Ma perché siamo qua stasera alla fine? - Chiese divertito.
Eric scoppiò a ridere, era quasi come scoprire le carte. Desirée era una scusa, la verità era che voleva uscire con lui senza mettere sul tavolo un vero appuntamento. Sperava di esserci riuscito, ma alla fine era esattamente quello. Un appuntamento.
“Mi piace bruciare le tappe. Anzi di solito ho solo una tappa, il fatto che sia il mio capo mi impedisce di portarmelo a letto, è il solo motivo per cui non l’ho già fatto. Perché uno così io me lo farei.”
Complice una birra e quell’atmosfera piacevolmente caotica e facile, alla fine se l’era detto.
Più difficile era il discorso per Alan. Nemmeno una vita gli era bastata per ammettere che era gay e comunque nel suo caso non era forse essere gay quanto piuttosto avere certi gusti che comprendevano i ragazzi. La cosa era molto differente. Non aveva mai guardato un uomo e pensato ‘me lo farei, mi piace.’
Aveva sempre sentito una spinta verso uno per qualche motivo, ma poi si era sempre frenato. Era una cosa più confusa e particolare per lui.
La risata di Eric era radiosa e arrivò puntuale ad illuminargli il bel viso. Ad Alan piaceva stare in pubblico con lui.
“Mi fa sentire giovane. A quarant’anni non sono proprio vecchio, ma nemmeno giovane e comunque non ho nulla a parte uno studio ed una bella casa. Ed il cane più dolce del mondo.”
E Paolo. Paolo ci sarebbe sempre stato, ma probabilmente se un giorno si fosse messo con qualcuno, Paolo si sarebbe deciso a vedere di sé stesso seriamente.
A volte si sentiva in colpa, sapeva che gli stava vicino nella speranza che un giorno si decidesse a fare quel passo, ma Alan sentiva di non poterlo mai fare.
O forse non poteva con lui.
Ricordandosi del motivo di copertura, iniziò a girarsi intorno alla ricerca di Desirée.
- Desidrée. Aveva questo timbro ma non mi sembra tipa da questo posto... -
Alan non cercò nemmeno, si avvicinò a lui con fare cospiratore.
- Ma toglimi una curiosità. Perché indaghi su di lei? Cosa pensi di scoprire? Che è un’aliena? - Ad Alan dava fastidio che lui fosse tanto preso da lei e non da lui. Ma per quel che ne sapeva magari indagava anche su di lui solo che era bravo a nasconderlo.
Eric alzò le spalle.
- Mi diverte. Cioè è la persona più strana che io abbia mai incontrato e... penso che nasconda chissà cosa dietro quella sua corazza di persona super seria. -
Alan alzò le spalle sempre più vicino a lui, nella stessa posa coi gomiti appoggiati, i menti sui palmi a guardarsi.
- E cosa c’è di male se nasconde chissà cosa? Tutti nascondiamo qualcosa, non trovi? -
- Tu sei più per ‘ognuno i propri segreti’... - Alan alzò le spalle annuendo semplice, trovando difficile non perdersi troppo sui particolari bellissimi del suo viso. Anzi, trovando qualcuno finalmente davvero bello punto e basta.
- Sì beh, io sì... se uno non vuole mostrare una cosa ha le sue motivazioni ed è giusto che viva come crede. Chi sono per dire ‘togliti la maschera?’ -
- Ma forse non ti interessa molto, per questo non gliela fai togliere. -
- E a te interessa così tanto? - Poi Alan si corresse. - Voglio dire. Ti interessano sempre tutti quelli che incontri tanto da ficcanasare sotto la loro maschera? - Cercò di metterla giù con ironia per far capire che scherzava, ma era anche serio nel cercare di capire l’origine di quel suo interesse.
Se avesse scoperto che aveva indagato così tanto anche su di lui magari gli sarebbe piaciuto. O forse gli avrebbe dato fastidio. Alan ancora non sapeva, voleva solo capire tutto di lui.
Mentre ci pensavano entrambi, Lenny Kravitz partì con una ballata delle più belle. Le sue ballate erano un misto di rock e blues ed era molto bravo oltre che molto sexy ed uno degli artisti preferiti di Eric, il quale sentendolo girò subito la testa verso il palco in fondo al locale dove il gruppo faceva delle cover.
- Beh Lenny la può fare solo Lenny. Sai, è evocativo. Ti aspetti di vedere quel pezzo di essere umano e poi ti ritrovi... - E concludendo la frase tornò a girarsi verso Alan che era rimasto dove era, solo più proteso verso di lui. Per poco i visi si sfiorarono e istintivamente si ritirarono mentre ogni parte dei loro corpi andava a fuoco.
Stillness of heart aveva fatto il suo dovere e continuava mentre l’atmosfera era magica e sensuale. Forse grazie all’immagine di Lenny che avevano tutti mentre sentivano la canzone seducente.
Improvvisamente si fece silenzio fra loro, improvvisamente Alan si rese conto che forse era più attratto da lui che da come si sentiva in sua compagnia. Ovvero di nuovo giovane a fare cose che, da giovane, forse non aveva mai fatto.
Forse era Eric il punto, Eric che era attratto da lui più che mai e che nella testa aveva solo la sua bocca con quelle curve così sensuali che aspettavano di essere baciate.
Alan realizzò che Eric gli stava guardando la bocca e trovò impossibile la sensazione che gli stava trasmettendo.
Che lui volesse baciarlo era fuori discussione, come poteva un ragazzo così giovane e carino volerlo baciare?
- Cosa dicevi? - Chiese piano Alan. Eric, confuso, scosse il capo impercettibilmente senza perdere di vista la sua bocca.
- Non lo so più... - Rispose sincero. Alan sorrise e si leccò le labbra, Eric si avvicinò seguendo il suo impulso indomabile.
- È una bella canzone, comunque... - Continuò Alan perché trovava che parlarsi così da vicino fosse splendido.
Eric annuì.
- Davvero. - Ma poi proprio su quello una ragazza in canottiera e piena di tatuaggi pensò di passare in quel momento davanti al loro tavolo e proprio lì Eric si illuminò e gridando: - DESIRÉE! - Questo spezzò la magia erotica e attirò l’attenzione della suddetta che, sentendosi chiamare, si fermò, li vide e mollò una bestemmia bella chiara.
Eric cominciò a saltellare e l’abbracciò contento come un bambino che scopre un tesoro.
- Sapevo che nascondevi qualcosa! Eccoti qua! Sei uno splendore, perché nascondi i tuoi super poteri? - In un attimo aveva completamente deviato da quanto era quasi successo gettando tutta l’attenzione su di lei che, ovviamente, voleva solo sparare a quel ficcanaso.
Alan rimase fermo dispiaciuto per l’interruzione e al tempo stesso grato. Aveva totalmente perso sé stesso in soli cinque minuti.
Poi la mise a fuoco.
La sua segretaria ben vestita, seria e spesso funerea, aveva una canottiera nera aderente che metteva in risalto le sue curve generose, dei jeans pieni di strappi, bracciali borchiati, catena e ciondoli al collo, anelli in ferro ed un trucco molto pesante.
Oltre a quello tatuaggi. Molto tatuaggi. Su quasi ogni centimetro di corpo che di giorno poteva coprire. Praticamente testa, collo e scollo erano puliti, così come polsi e mani. Il resto era coperto.
- Sei... sei davvero tu? - Chiese Alan convinto che potesse essere la sua gemella, sempre che ne avesse una.
- No, sono una serial killer che vi ammazzerà. Ma perché diavolo... che diavolo ci fate qua? Non siete tipi da rock! - A quel punto a Desirée non restava che articolare qualcosa. Eric corse al banco a chiedere tre guinnes, una volta ottenute le portò al tavolino dove Alan e la ragazza stavano guardandosi, uno stordito e l’altra assassina.
Così consegnò le tre birre e proponendo un brindisi tutto allegro, disse:
- Alle maschere che buttiamo giù! -
- Alle maschere che ci costringono a buttare giù. -
- Ai ficcanaso che non vedranno più la luce del sole! -
Desirée sapeva che Eric aveva la fissa di indagare per scoprire se fosse reale o cosa, però non pensava che fosse così bravo.
Eric brindò ed iniziò a bere, Alan ci andò piano e lei, fissandolo come se cercasse di distruggerlo, prima di bere chiese:
- Adesso mi dici una cosa. - Fece decisa. Eric annuì facendosi attento. - Perché diavolo ti sei fissato tanto con me? Cosa vuoi da me? Uno non può essere chi diavolo vuole liberamente? - Alan la guardò comprensivo, sicuramente stava valutando ancora meglio il suo capo che in tanti anni non le aveva mai rotto le scatole su queste cose.
Ovviamente poi le brutte compagnie rovinavano tutto.
- Beh, non so... ho capito che nascondevi qualcosa e non potevi essere così e... -
- Ed io vengo forse a cercarti mentre limoni i ragazzi? - A questo Eric impallidì, come l’aveva capito? Alan la fissò con occhi sgranati e poi fissò Eric per vedere come se la sarebbe cavato torchiato da quel mastino.
- No io... non ti ho mai visto, ma se vuoi... - Desirée puntò il suo dito inanellato contro di lui, minacciosa, e lo ammonì:
- Rispondi! - Eric sospirò. Non poteva rispondere davanti ad Alan e cercò di guardarlo per farle capire che non poteva. Lei assottigliò lo sguardo.
- Non ci credo che è stato lui, non gli importa niente degli altri! - Alan la guardò ora corrucciato.
- Ehi io non la metterei così... - Sembrava insensibile. Desy lo fissò male e lui si zittì subito. Forse lo era in effetti.
- No non è stato lui, è che... così, sai. Sono un ficcanaso, come hai detto tu. Ho trovato il lavoro giusto, no? -
- No, dovevi fare l’investigatore privato. Quello era il lavoro giusto per te! - Così dicendo, tenendosi la birra, se ne andò arrabbiata.
Alan sapeva che se li avesse visti sarebbe finita così, però ugualmente era andato dietro a quello scemo come un idiota.
“Un scemo ed un idiota. Accoppiata di perdenti!”
E per di più nessun bacio, alla fine.
Alan guardò Eric che guardò a sua volta Alan, il quale gli fece un cenno di andarle dietro.
- Non voglio guai nel mio paradiso. Fai subito pace. - E quello era un ordine.
Eric trovò molto hot Alan mentre gli dava ordini e senza pensarci un secondo corse dietro a Desirée, la prese per il braccio e notando che proprio lì c’era un bellissimo tatuaggio, riuscì finalmente a dirle il vero motivo. Sapeva che non era una bella idea, ma la sola per non rovinare la famosa bell’atmosfera nel paradiso di Alan.
- Senti, volevo una scusa per uscire con Alan, solo che non doveva sembrare un vero appuntamento così l’ho trascinato in questa stupida indagine che hai ragione, è una cretinata e una violazione della tua privacy e potresti denunciarmi ma... ma perché non sei diventata un’avvocato? Sei molto brava a quanto pare... - E così gli era scappato il suo lato dispersivo. Uno dei suoi grandi difetti. Desirée lo guardò senza capire cosa c’entrasse.
- Ma sai farti almeno una volta i cazzi tuoi? - Eric rise di gusto, poi allargò le braccia nella speranza di aver aggiustato tutto.
- È tutto a posto? Mi perdoni? Ti ho usato solo per arrivare a lui, ma... -
- Lui non è gay. - Disse lei secca tornando la segretaria Morticia che era solitamente.
- Ma non sta con nessuno. - Lei alzò le spalle.
- Non significa niente. - Lei era convinta, lui anche. Non sapeva di cosa, ma lo era.
- Ho una chance. All’inizio non l’ho notato, ma lentamente ho iniziato a sentire questo feeling... -
- Lui è bravo a far sentire i feeling. - A quel punto Eric la guardò come se avesse la rivelazione del secolo.
- Ti piace? Scusa io non volevo intromettermi, è che avevo percepito... - Ma Desirée afferrò il colletto della maglietta di Eric, lo strattonò verso di lei e minacciosa ed arrabbiata, ringhiò:
- Non mi piace, piantala di rovinarmi l’esistenza! Vuoi provarci con lui? Libero di farlo! Per me ti scavi la fossa! - Poi lo lasciò e si girò per andarsene.
- E... e perché scusa? - Eric la rincorse, lei alzò gli occhi al cielo ed esasperata tornò a voltarsi per rispondergli:
- Perché se lui non è gay e ti respinge, poi resta comunque il tuo capo che deve darti una valutazione. - Silenzio, lei sorrise acida - Non avevi pensato a questo, vero? - Eric mostrando tutta la precipitosità dei suoi ventisei anni, disse:
- È che... non ci ho pensato. Ho capito che mi piaceva e volevo stare con lui e... tu pensi che non è una buona idea? -
- Non hai un’amica saggia che ti può consigliare bene? -
- Amica sì. Saggia no... - Laura l’aveva spinto fra le sue braccia infilandogli in testa questa insana idea. Per cui no, saggia no.
Desirée sospirò spazientita e bevve ancora.
- Senti, spetta a te, ma sei giovane ed hai tante cose da fare professionalmente. E a dirla tutta sei dotato. Per cui la prossima volta che fai qualcosa di personale in ambito professionale, fermati e pensaci bene. E comunque credo sei in tempo, no? -
Forse lo era. Eric pensò al quasi bacio e a quanto bene ormai stavano insieme. Non ne era sicuro.
- Non saprei. - Desirée alzò la birra per ringraziarlo e per fargli capire che era tutto a posto anche se le aveva dato fastidio essere usata così, poi se ne andò lasciandolo lì a pensare da solo che forse aveva appena fatto uno dei suoi soliti casini.