*La notte porta confessioni, confidenze e verità sospese, ma anche desideri e voglie che è ora di soddisfare, per lo meno per Rafa e Neymar. Cris e Riky si prenderanno ancora un po' di tempo per digerire certe realizzazioni non facili da accettare. Culliamoci con loro mentre calano lentamente la maschera. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 13: 
TRGUA

criska neyfinha

"Molto presto, dovrai fare i conti Con la verità dietro al modo in cui ti senti e Preferirei non saperlo mai

Farei qualsiasi cosa per Non portare chi sono ad incontrarmiQuesta inutile sofferenza
La parte brutta di me mi sta fregando Mentre mi nutre

Ma è quello che è Non sai come vivere con quello che è Ma è quello che è
Potrebbe sembrare impossibile Ma abbraccerò chi sono veramente
Se è un figlio di puttana o un bambino terrorizzato Allora ecco quello che è

Molto presto, ti toccherà affrontarlo Sei un virus chiamato razza umana e Non lo saprò mai, mai

Ho fatto di tutto, tutto Non per provare quello che sto provando
Questo diavolo in cantina sta facendo il culo Al mio angelo sul tetto

Non spingermi, non uccidermi Ciò che è, perché è quello che è
Non fare giochi, non scherzare con Ciò che è, perché è quello che è
Non chiedermelo, non dirmelo Ciò che è, perché è quello che è
Non spingermi, non uccidermi Ciò che è, perché è quello che è
Non scappare da dove vieni Perché è quello che è
Ed io"

/Jonahtan David - What it is/

La mente completamente vuota e lui alla disperata ricerca di una bugia credibile. Poi nulla, solo la sua voce che rispondeva contro il suo volere di stare zitto o mentire. 
- Non ce la facevo più a fingere. - sentì le sue stesse parole fluire sottili dalle sue labbra. Cristiano lo guardò sorpreso, smarrito. Incredulo. 
- Fingere? - chiese adagio. 
Riky annuì mordendosi il labbro inferiore, spaventato. Cristiano lo sentiva tremare sotto di sé e smise di carezzarlo con la mano, risalì fino al viso con dolcezza. 
- Non l’amavo più. Sapevo di doverla amare e stare con lei, ma non ce la facevo più e lei se ne era accorta. Alla fine mi sono arreso. Ci ho provato perché sapevo che era giusto. Ero sposato con lei davanti a Dio, lo dovevo per la mia fede, per la mia famiglia, i nostri figli. Ma non ce la facevo. Ci ho provato ma ho fallito. 

Ora erano le sue lacrime ad uscire dai suoi occhi e Cristiano, per un momento, mentre lo abbracciava infilando le dita sulla sua nuca attirando a sé il suo viso fino a nasconderlo contro la sua guancia, premendosi col suo corpo possente, sopra di lui, pensò:
“Adesso tocca a me sostenerlo.” 
Per un momento capì quanto erano essenziali uno per l’altro, come si erano sempre aiutati in tutti i momenti difficili da quando si erano incontrati a Madrid e come continuavano a farlo ancora. 
“Mi ama anche lui, è impossibile che non sia così.”
Sapeva di avere un ego mostruoso e questo lo frenava perché aveva paura, dentro di sé, di vedere cose che non c’erano solo perché aveva un’enorme considerazione di sé. 
- Va tutto bene. Mi dispiace che ci stai così male, ma se non l’amavi hai fatto la cosa giusta. Ci hai provato e so che l’avrai fatto più di quanto chiunque altro avrà mai fatto, ma a volte una cosa non può proprio andare. - si sentiva estremamente saggio con lui, Riky lo rendeva una persona migliore. 
Lo sentiva abbandonato sotto di sé, le mani sulla sua schiena nuda a cercare più contatto possibile, il viso contro il suo, le labbra sulla sua guancia, gli occhi stretti inondati di lacrime che non capiva a fondo, ma che faceva sue. E lì, mentre lo sentiva respirare un po’ meglio, sentì nettamente che sollevava il bacino premendolo fino a cercare il suo. 
Cristiano aprì la bocca sorpreso, spostò il viso a trovare il suo sguardo, per una risposta a quell’assurda impressione, perché se così sarebbe stato l’avrebbe baciato immediatamente. 
Ma Riky glielo impedì spostandogli le mani dalla schiena alla testa, obbligandolo a rimanere così, impedendogli di guardarlo. 
A quel punto Cristiano capì che era tutto vero, ma che gli serviva ancora un po’ di tempo. Non poteva che essere così. 
“E va bene, gli lascerò ancora un po’. Stanotte. Poi domani si agisce.”
Cristiano gli baciò la tempia e poi si sciolse lasciandolo andare, si riposizionò al proprio posto, sempre sul fianco verso di lui. Lasciò che anche Riky si mettesse allo stesso modo, rivolto verso di lui, ma a debita distanza. Lo guardò mentre tremava ancora dalla paura di quello che stava per succedere. Lo voleva, ne era certo ormai, ma ne era anche terrorizzato e lui non capiva bene il motivo, ma lo rispettava. 
Aveva aspettato tanto, poteva lasciargli ancora qualche ora. 

- Mi dispiace, non riesco ancora a parlarne. Mi sento un fallimento come uomo e come cristiano, capisci? - sentiva il bisogno di spiegargli come si sentiva, per fargli capire perché era stato tanto difficile per lui arrendersi con Carol. Ma non voleva dire tutto, non pensava fosse una buona idea.
Erano tutti e due in subbuglio per quello che stava accadendo a Leo, che in qualche modo li aveva colpiti nel profondo, e non sapeva nemmeno cosa sarebbe successo dopo. 
Aveva bisogno di tempo. Non aveva mai ventilato l’idea di confessargli i propri sentimenti, dopo che se ne era reso conto. Aveva sempre pensato che sarebbero stati amici per sempre, ma ora ritrovarsi lì davanti alla concreta possibilità di denudarsi, e magari in ogni senso, lo paralizzava.
Ne era spaventato a morte. Probabilmente sarebbe andato tutto bene. Probabilmente. 
Tuttavia non era per quello che aveva paura, dopotutto forse Cristiano non lo amava, ma come minimo era attratto da lui e voleva andarci a letto. Alla più brutta avrebbero solo fatto sesso per poi tornare amici come prima. 
Era terrorizzato dai propri sentimenti per lui, non aveva mai provato niente di simile per nessuno e dopotutto li provava da sempre. Lo sapeva.
Ricostruirsi, rivedersi completamente, ecco cosa avrebbe fatto se si fosse messo con lui ora. Avrebbero parlato, avrebbero rivisto tutto quanto. Come rianalizzare tutti i vecchi casi di un detective sotto indagine. Ogni cosa sarebbe stata messa in discussione e non era sicuro di farcela, non era sicuro di uscirne intero. 
Da quanto lo amava in realtà? Ogni cosa che aveva fatto dal momento in cui si era incontrato doveva essere stata influenzata da lui, dai sentimenti nati... beh, quando? Quando si era innamorato? Quando era cominciata? 
Riky iniziò a sentire mal di testa, come se gli suonassero i tamburi di guerra, e decise di darsi un po’ di tregua smettendo semplicemente di pensarci. Almeno per qualche ora. 
- Non sei un fallimento, Riky. Sei semplicemente umano, non provi e non vivi né più né meno di quello che provano e vivono altri miliardi di persone. Devi avere pietà con te almeno la metà di quella che hai per gli altri. - sentendo quelle parole, il mal di testa iniziò a scemare. Gli sorrise quasi con timidezza e gratitudine, poi sospirando si riavvicinò a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla che Cristiano espose verso di lui, girandosi a tre quarti per permettergli di stare comodo. Ci fu solo quel leggero contatto, tenero e spontaneo che bastò ad entrambi per stare meglio. 
Cristiano spense la luce piccola e rimasero in silenzio per un po’, al buio, in attesa di addormentarsi, cosa che non successe. 
- Cristiano, perché sei qua? - chiese poi dopo un tempo indefinito. Nel silenzio e nel buio gli tornò la domanda iniziale a cui in realtà Cris non aveva risposto. 
- Te l’ho detto... - fece lui che non dormiva a sua volta. 
- Hai detto che riesci ad immaginare come si sente, capisco che è così perché sei il più forte come lui, avete un vissuto abbastanza simile ed il calcio significa tanto per entrambi. Ma in realtà tu hai saputo dopo che sei venuto che sarebbe rimasto paraplegico. - ragionò sempre rimanendo in quella posizione dove non si guardavano.

- Io... - iniziò Cristiano senza sapere bene cosa dire. Non ne aveva realmente idea, era quella la verità. Si era arrabbiato contro tutti quelli che gli avevano fatto quella domanda, ma con Riky non poteva.  
Provò a pensarci realmente per rispondere, ci rifletté e ancora senza una vera risposta, disse sinceramente:
- Io in realtà non lo so, ho solo pensato che glielo dovevo. Che fosse giusto così. Non lo so, Riky. Ha senso secondo te? - Riky a quella risposta parve soddisfatto e sorridendo, annuì. 
- Un sacco! - e sì, quello era orgoglio. Ne era certo. Nel percepirlo, Cristiano si sentì leggero. Ora stava meglio. 


Non aveva mai lucidamente pensato di volersi fare Neymar, quella in realtà era la prima volta, ma non sembravano esserci grossi problemi per Rafa. 
In realtà aveva iniziato a nutrire qualche dubbio sulla propria sessualità da qualche anno, ma niente di intenso e serio da fargli passare ai fatti. Aveva iniziato ad ammirare alcuni compagni di squadra ritenendoli interessanti, su alcuni si era addirittura spesso incantato tanto da farsi scoprire e nel prenderlo in giro, gli avevano detto proprio se fosse ‘frocio’, scherzandoci su. Lui era stato al gioco senza prendersela, aveva finto di esserlo trasformandosi in una checca da telefilm, aveva palpeggiato un paio di fondoschiena per gioco e nel farlo gli era piaciuto, specie quelli nudi. Non era poi successo niente, qualche scherzo di quel genere di tanto in tanto, ma aveva anche imparato a controllarsi e a non fissare più nessuno. 
Aveva intuito che forse gli piacevano un po’ gli uomini, ma avendo avuto anche delle ragazze non ci aveva mai dato molto peso, pensando di essere al massimo bisessuale e che non fosse un problema. 
La verità era che non aveva mai avuto una seria attrazione verso un uomo tanto da spingerlo a provarci e da volerlo con tutto sé stesso. Con Neymar era la prima volta che accadeva. 
Era cominciata con un rapporto immediato di amicizia dove entrambi giocavano come bambini dalla mattina alla sera a stuzzicarsi e farsi ogni tipo di dispetto. Neymar gli aveva dato il soprannome ‘Princesa’ perché stava tantissimo a prepararsi ogni volta e ci teneva ad essere perfetto, ogni pelo, ogni capello era accuratamente sistemato e si riempiva di creme e arrivava prima il profumo di lui. Ci teneva anche alla moda, ovviamente, ai vestiti e quant’altro. Così aveva iniziato a chiamarlo dapprima principessa, poi aveva aggiunto il ‘mia’ davanti. Lui aveva risposto chiamandolo altrettanto, dicendo che era lui una principessa, ma la verità era che Neymar aveva capito subito la sua indole, meglio di quanto l’avesse capita lui stesso. Probabilmente, però, non ne era mai stato consapevole. 
Il loro rapporto era velocemente diventato forte e simbiotico fino a quel momento in cui Neymar aveva espresso chiaramente la necessità di averlo lì. Insieme ad un branco di altri stronzi. Era solo uno dei tanti, non l’unico che gli serviva. Quando quella mattina l’aveva faticosamente tenuto in piedi aveva sentito limpida e cristallina la certezza che anche lui provava le stesse cose; per il resto della giornata, la più strana mai vissuta visto che ad un certo punto si era ritrovato con addirittura Cristiano Ronaldo a guardare un film, aveva capito che forse quello che lui provava per Neymar, oltre a superare certi limiti consentiti dall’amicizia, non era ricambiato allo stesso modo.
O altrimenti perché riprendersi tanto solo alla vista di Kakà? 
Tutti adoravano Kakà, specie i brasiliani, a maggior ragione se avevano giocato con lui in nazionale. Anche lui ovviamente lo adorava, ma non al punto da riprendersi e tornare vivo solo grazie alla sua presenza. 
Se fino a quel momento era stato nervoso perché Neymar aveva chiamato oltre lui anche quel cannibale di Luis e quell’egocentrico di Gerard, in quel momento si era sentito propriamente geloso e ferito insieme. Per Neymar al primo posto c’era Riky, il fratellone. 
Fratellone, si ripeteva. Non doveva farne un dramma. Ma perché aveva più bisogno di un fratello che di un fidanzato? 
A quel punto, stizzito dal suo comportamento che non era come voleva che fosse, aveva deciso di vendicarsi. 
E aveva anche capito che in realtà era attratto da Neymar e voleva farselo. 
Tutto lì. 
Dal ‘me lo farei’ al ‘me lo faccio’ era stato un attimo, due consapevolezze arrivate tutte in una volta, in un secondo. E altrettanto velocemente le aveva accettate. 

Neymar totalmente ignaro delle sue intenzioni del tutto prive di filtro e soprattutto freno, era semplicemente contento che Rafa passasse la notte con lui. Non c’erano altre cose dietro. Non per il momento. 
Gli era sembrato di essere assopito in un sogno tutto il giorno, un incubo dove era perso nella nebbia. 
Gli era parso di riemergere solo in certi momenti con Rafa, poi la nebbia l’aveva definitivamente diradata Riky con la sua sola presenza. Non aveva fatto realmente nulla, ma la sua mente aveva sempre associato Riky all’uomo dei miracoli, quello che tutto poteva e tutto risolveva in qualche modo. Era cresciuto praticamente nel suo mito, mentre gli altri per lui erano stati dei veri e propri dèi, lui era una sorta di mito vivente, raggiungibile insomma. 
Una volta uscito dalla nebbia e tornato alla vita, aveva solo voluto Rafa accanto a sé. Perché? Non se l’era nemmeno chiesto, che gli importava delle motivazioni? Appena capiva di volere qualcosa se la prendeva, punto. 
Aveva pensato di voler passare la notte con Rafa e tanto aveva fatto fino a che ci era riuscito. 
E adesso era lì a prepararsi per la notte tutto gongolante, totalmente ignaro delle intenzioni di Rafa. Non certo la persona più mite e sensibile mai esistita, no di certo visto che per lo più i loro giochi consistevano nel prendersi a botte e rotolarsi per terra avvinghiati. 
- Ti serve qualcosa per dormire? - chiese poi ricordandosi che Rafa era venuto originariamente solo per passare qualche ora insieme e non per stabilirsi a casa sua. Rafa scosse la testa buttandosi sul letto con i soli boxer neri aderenti. 
- No, avrai trenta gradi qua dentro. Sto benissimo così grazie! - Neymar lo guardò sistemarsi sul fianco da un lato del letto, la testa appoggiata alla mano, il braccio piegato e l’aria maliziosa. Ed ora perché aveva quell’espressione? Prima era arrabbiato perché si era ingelosito, e la cosa gli era piaciuta, ma aveva immaginato di dover impiegare molto più tempo di così a fargli tornare il buon umore. 
Sembrava felice, ora. Non ci rimase molto su quel mistero, non gli piaceva pensare troppo, così semplicemente si tolse il pigiama che si era appena messo e con il semplice intento di imitarlo perché sì, chiuse la luce grande, accese quella piccola e si buttò sul letto aperto. 
I suoi boxer erano larghi e colorati con fantasie infantili. 

“Che bambino!” Pensò Rafa guardandoli, sapeva che gli piacevano le cose infantili, l’aveva sempre trovato divertente. “Adesso lo faccio diventare un uomo ben io!” E così dicendo gli si avvicinò lasciando il piumino da mezza stagione ai piedi come l’aveva messo lui prima. 
Neymar, che era sul fianco come lui, si lasciò cadere istintivamente sulla schiena preso alla sprovvista dalla sua irruenza, poi alzò i pugni pensando che avrebbero giocato alla lotta come facevano in campo. Beh in camera non l’avevano mai fatto, specie mezzi nudi, ma se voleva ci poteva provare, di sicuro non si sarebbe tirato indietro. 
Ma Rafa non tentò di fare la lotta con lui, gli salì sopra appoggiando le mani ai lati del suo corpo come se facesse le flessioni, poi lentamente iniziò ad adagiarsi su di lui, appoggiandosi completamente col suo corpo atletico e attentamente curato fin nell’ultimo pelo e muscolo. 

Neymar che non aveva la minima idea di che diavolo stesse facendo, visto che non l’aveva mai fatto, si ritrovò immobile sotto di lui ad aprire lentamente i pugni fino ad adagiare le mani sul suo petto scolpito. Nel farlo aprì la bocca e spalancò gli occhi perché Rafa aveva accuratamente appoggiato il suo bacino, coperto da una sottilissima stoffa in microfibra, sul suo. 
Dopo di quello iniziò molto lentamente a strofinarsi sopra la sua erezione che iniziò a reagire. 
Ovviamente Neymar non era scemo, sapeva che Rafa ci stava provando con lui, sapeva che quello era il preludio del sesso e non gli sembrava strano che lo facesse lui che era un uomo, ma gli sembrava strano che fossero passati così repentinamente dai giochi alle cose da adulti. Come se non fosse la prima volta, come se ne avesse accennato altre volte. 
Finora avevano sempre e solo giocato, in tutti i modi, ma mai agli amanti. 
Adesso così d’improvviso gli saliva sopra e gli strofinava il suo pene contro. Non che gli dispiacesse, la sorpresa presto lasciò il posto al piacere ed ai brividi che scaturirono da quel contatto. Sentì l’inguine prendere fuoco e per un momento pensò di essere già venuto, solo dopo capì che era la prima ondata di piacere che si espandeva ad ogni centimetro del suo corpo. 
Neymar sollevò gli occhi dal basso, dove i loro corpi si univano, al viso di Rafa davanti a sé, separato di poco. Riusciva di nuovo a sentire il suo fiato, com’era successo prima quando gli aveva baciato il collo e gli aveva parlato sulla pelle per convincerlo a rimanere.
E lì, proprio lì, Neymar finalmente fu illuminato. 
- Mio Dio, in quel momento stavo flirtando con te e tu l’hai capito e hai deciso che ci stavi?! - sbottò senza filtrare il genere di frase che sarebbe uscita dalla sua bocca. 

Rafa invece di offendersi perché il tonto aveva capito solo ora cosa stava succedendo e perché, rise di gusto, divertito da quel suo essere profondamente ingenuo. 
“Probabilmente non voglio solo farci sesso perché mi va, perché mi piace, per uno sfizio o per vendicarmi. Magari c’è dell’altro, visto che trovo adorabile questo suo modo di stare in un’altra galassia. Ma non me ne potrebbe fottere di meno visto che ora come ora è assolutamente essenziale farmelo e basta.”
E così, finalmente, gli chiuse la bocca con la propria.