*La buonanotte di Neymar e Rafa continua nell'unico modo possibile, il mattino invece dà il buongiorno a Riky e Cris. Finalmente. Purtroppo non è così dolce il risveglio per Sergio e Leo, più una doccia gelata in effetti il loro. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 14:
QUALCOSA DI POSITIVO
“ti sento
il tuo cuore canta
ti sento
e la gioia che dà
dove il paradiso aspetta
quelle porte dorate
e torna ancora
tu mi porti
e mi colleghi all'oblio
questo è l'inizio del nostro amore
è solo l'alba del nostro amore”
/Depeche Mode - I feel you/
Non fu un bacio leggero e sensuale, tanto meno di quelli lenti dove avevi tempo di capire cosa facevi e se ti piaceva.
Fu un bacio irruente e pieno di passione, com’era sempre stato il loro rapporto.
Rafa prese immediatamente il sopravvento unendo le loro bocche, fece pressione fino ad ottenere tutto l’accesso che gli serviva; trovò subito la sua lingua, la fece sua in un vortice che tolse il respiro ed ogni capacità di ragionamento.
Neymar si spense totalmente, non che gli ci volesse molto per staccare la spina e agire d’istinto lasciandosi trasportare da ciò che capitava.
Scivolò con le mani dal petto alla schiena, premendo le dita sulla sua pelle. Lo sentiva muoversi, ma totalmente abbandonato al bacio non aveva la minima consapevolezza di cosa faceva. Solo quando ebbe la sua mano sotto i boxer, lo realizzò e spalancò di scatto gli occhi ritirando la lingua. Voleva dirgli se non stesse correndo troppo, ma poi si distrasse perché il suo viso era dannatamente bello, cosa che aveva pensato dal primo istante che l’aveva visto senza trovare strano o inappropriato quel pensiero.
Ora lo tornava a pensare perché lì dopo averlo baciato, carico di voglia e passione, era ancor più bello.
Così non discusse su niente. Aprì meglio le gambe per dargli tutto l’accesso che voleva e gli il viso fra le mani attirandolo di nuovo a sé, riprendendo quel bacio di cui non era ancora sazio.
Rafa fu piacevolmente colpito dalla sua intraprendenza e dalla sua capacità d’accettazione. Voleva sperare che fosse così solo perché era con lui, ma non volle rovinarsi il momento con inutili e fastidiosi pensieri.
“Chissà se Cristiano ci avesse provato se lui ci sarebbe stato? Ha sempre detto che lo trovava bello e bravo, dopotutto... “ Rafa dopo questo pensiero incontrollato si insultò e scivolò fuori dalla sua bocca, continuando a divorarlo sul resto del corpo. La sua pelle era calda e liscia, avevano anche lo stesso colore e mentre scendeva baciandolo, leccandolo, succhiandolo e carezzandolo, pensò che erano da sempre perfetti uno per l’altro.
Arrivato al suo inguine, gli abbassò completamente i boxer, Nymar l’aiutò a liberarsene alzando il bacino e quando furono volati sul pavimento, lo sentì rilassarsi alla sua bocca sulla sua erezione.
Lo leccò e lo succhiò fino a che l’ebbe duro ed eretto davanti a sé, sentiva il proprio che batteva e premeva per essere liberato e soddisfatto, così Rafa si staccò prima di farlo venire, si tolse i boxer in fretta e furia e se lo rigirò fra le mani cambiandogli posizione. Gli sembrava di avere un giocattolo fra le mani, era snodato, leggero e agile. Presto si ritrovò a gestirlo in totale piacimento, consapevole di poterselo anche mettere in posizioni strane.
Ma non ne adottò.
Immerso nella sua apertura che leccò e preparò prendendosi tutto il tempo che gli serviva, con la mano libera si stimolava da solo masturbandosi. Neymar era troppo immerso nel piacere che gli stava dando per prendere iniziative, ma gli andava bene così. Era solo la loro prima volta e non voleva traumatizzarlo e farlo scappare le volte successive. Voleva che gli piacesse, perciò oltre alla stimolazione anale, lo masturbò anche davanti e in questa doppia combinazione fra le due parti, Neymar raggiunse il suo orgasmo in un’esplosione di totale godimento.
Lo sentiva tremare tutto sotto le mani e capendo che non era nemmeno più in sé, consapevole per esperienza auto-prodotta da solo quanto era piacevole quella doppia stimolazione, decise che era il momento ideale per entrare.
Così lo lasciò, se lo rimise meglio in posizione a carponi, si preparò velocemente con la saliva, tornò ad usarne altra sulla sua apertura ampiamente stimolata ed entrò con un colpo deciso ma non violento.
Una volta dentro si fermò, Neymar aveva consumato completamente il suo orgasmo ed era tornato bruscamente alla realtà. Forse una piccola bastardata da parte sua, ma l’aveva fatto per non fargli troppo male, nell’estasi in cui era non aveva avuto piena consapevolezza del suo corpo e la parte più difficile era la prima penetrazione.
Rafa gli si appoggiò sopra, da dietro, una mano gli teneva il fianco ed il gluteo, l’altro braccio avvolse la sua vita; gli baciò la spalla, il collo e poi l’orecchio e lì gli parlò sussurrando:
- Ney, cerca di rilassarti... devi stringere di meno, tesoro...
Non fu la richiesta, ma il soprannome a convincerlo e con un sorriso beato eseguì, sia pure con fatica.
Lentamente rilassò i muscoli e così poté muoversi. Si aiutò con altra saliva per lubrificare meglio fino a che i movimenti non divennero fluidi e più facili e fu allora che Neymar tornò a sentire del piacere in quel caos apocalittico che stava provando là sotto. Un bel caos che mescolò piacere e dolore, lentamente, ad ogni sua spinta, i brividi divennero sempre più indefiniti, non erano più brividi di dolore o piacere, ma bensì brividi e basta. Brividi così forti che si sentì totalmente stordito e mentre Rafa aumentava l’andatura e l’intensità, mentre capiva che stava per venire, febbrile si prese l’erezione che era tornata a reagire a quel che provava e si stimolò da solo.
L’idea che il suo Rafa stava per venirgli dentro lo caricò ulteriormente, aiutato anche dalla forza che ora ci metteva affondando e forse da qualcosa là dentro che stava toccando con la punta del suo membro duro.
Qualcosa che ad ogni colpo veniva toccato fino a fargli perdere sempre più la testa.
Neymar sapeva cos’era, i suoi amici gli avevano fatto un’accurata cultura del sesso gay dicendogli che per gli uomini l’anale era dannatamente piacevole. Non ricordava bene i dettagli, ma adesso iniziava a capirlo.
Rafa venne dentro di lui e la sensazione fu così incredibile che poco dopo lo fece anche lui, di nuovo.
Di sicuro quello non l’avrebbe dimenticato.
Il mattino seguente ognuno di loro si svegliò con la domanda ‘Ed ora cosa dovrei fare?’. Tutti o quasi.
Rafa non credeva di dover fare qualcosa, insomma, aveva già fatto e conoscendo Neymar sarebbe scappato a gambe levate da quella strana cosa complicata. Si sarebbe infilato nella sua sala giochi personale ed avrebbe giocato per evadere da una realtà strana. Perciò in fin dei conti non ne avrebbero parlato e avrebbero finito per far finta di nulla. Non sapeva se gli stava bene così, però per il momento non gli dispiaceva. Aveva voluto fare sesso con lui e l’aveva fatto. Sapeva che dietro doveva esserci altro, ne era abbastanza sicuro, ma non aveva minimamente voglia di affrontare un calvario simile, perché tale sarebbe stato con Neymar in fuga dalle cose serie. Perciò per il momento voleva solo godersi il suo orgasmo e basta.
Perciò non fu tanto Rafa a svegliarsi con quella domanda, quanto Neymar.
Il quale in effetti ebbe l’istinto di rifugiarsi di sotto a giocare a qualcosa per non pensarci, ma la consapevolezza che A: c’era il fratellone e B: Cris e Rafa dopo una giornata intera così l’avrebbero ucciso se avesse continuato, lo frenò.
E poi c’era anche un C: dopotutto fra le braccia calde e forti di Rafa si stava così bene! Perché alzarsi e scappare?
Così rimase lì fingendo di dormire, inconsapevole del fatto che Rafa si era accorto che era sveglio e contava i secondi che ci avrebbe messo a fuggire. Ma lui non si mosse di lì e pensò.
“Ed ora che diavolo dovrei fare?”
Perché per la prima volta da quando conosceva Rafa aveva realizzato di esserne attratto o diversamente non avrebbe fatto sesso con lui.
E dannazione, gli era piaciuto un sacco.
Anche Riky e Cris si svegliarono con quel pensiero, in tempi diversi. Il primo a svegliarsi fu Riky il quale si era perso mezza giornata per il fuso orario ed aveva dormito più di quanto normalmente faceva.
Rimase lì appoggiato al petto di Cris, dove si era sistemato meglio dormendo. Sentiva il suo cuore battere regolare, il suo respiro calmo, la sua pelle calda, il suo corpo forte e soffice insieme, la sua mano sulla sua schiena.
Da quanto erano in quella posizione? Magari a Cris faceva male il braccio. Sospirando scontento si sollevò delicatamente e si girò a pancia in giù spostandosi di lato, per non pesargli più addosso. Lo vide muovere il braccio nel sonno, sapeva che dormiva perché ormai conosceva bene il suo sonno ed il suo finto sonno.
A quel punto si perse ad osservarlo. Era splendido anche il suo viso, non si stancava mai di guardarlo.
“Che dovrei fare, ora?” Pensò sconsolato. “Praticamente lo amo oltre ad essere attratto da lui. Quando ho lasciato Carol quando sono tornato dalla vacanza con lui pensavo di essere gay perché attratto da lui, in realtà forse non è che sono gay, ma sono semplicemente perso per lui. Semplicemente. E credo che anche lui lo sia per me, sicuramente è attratto, ma è chiaro che non ha fatto mai niente per non rovinare la nostra amicizia a cui tiene. Perciò che dovrei fare, in realtà? Parlarne e vedere che ne pensa? Fare finta di nulla e vedere se succede qualcosa? Dio che casino!”
Cristiano si svegliò un po’ dopo, la giornata precedente l’aveva stressato e stancato molto ed alla fine era crollato in un sonno profondo dove non si era nemmeno goduto molto la presenza di Riky.
La prima cosa che vide furono i suoi occhi, nel vederlo svegliarsi gli sorrise dolcemente.
Poi nella confusione del risveglio, ancora immerso in un sogno dove loro due quella notte avevano invece fatto sesso e non si erano fermati sul nascere, gli fece scivolare una mano dietro la nuca, l’attirò a sé e lo baciò.
Nemmeno Cris in effetti si fermò molto a chiedersi ‘Cosa dovrei fare ora?’
Lo fece e basta, senza rendersi conto di essere passato da zero a cento in un attimo.
Dopo avergli posato delicatamente le labbra sulle sue, le schiuse e gliele succhiò. Fu un bacio strano, frenato dal sapore del risveglio, ma allo stesso tempo bello perché... e fu lì che se ne rese conto.
Era il primo!
Cristiano smise bruscamente di baciarlo e si separò da lui fissandolo sconvolto.
- Scusa Riky... stavo sognando... ero confuso... - borbottò mettendosi una mano sulla bocca, ansioso nel cercare di capire come l’avesse presa. E se se ne fosse andato?
Il panico iniziò ad invaderlo e Riky passò così dal chiedersi cosa fare, al farlo e basta.
Non disse nulla, ammorbidì la sua espressione e prendendogli la mano gliela tolse dalla bocca, poi si allungò su di lui e riprese da dove si erano interrotti.
Così anche lui passò dalla teoria ai fatti senza andare per gradi. Ma forse i gradi li avevano già vissuti in tutti quegli anni di conoscenza e di rapporto simbiotico, totalmente dipendente uno dall’altro.
Dopotutto era semplicemente ora.
Sarebbe stato facile andare oltre, per entrambi. Ma Riky all’idea si sentì di correre troppo nonostante avesse appena pensato che in realtà ci giravano intorno da almeno sei anni.
Tuttavia dopo un bacio infinitamente lungo e dolce, Riky si fermò e guardandolo con una dolcezza unica, lo carezzò:
- Cosa succede, ora? - chiese sperando che Cristiano avesse le idee più chiare. Cristiano alzò le spalle e lo guardò con l’aria di chi sembrava farla facile.
- Non ne ho idea. So solo che volevo baciarti da una vita, ma pensavo non avresti mai accettato e non volevo rovinare niente.
Riky sorrise. Lui come sempre sapeva cosa fare, anche se non perché ci pensava, bensì perché agiva d’impulso. Come il suo precipitarsi lì. Non era stato ponderato, ma aveva saputo che andava fatto, punto.
Riky mosse le dita dalla guancia ai lineamenti del suo viso, così perfetti e regolari, un po’ di barba che cresceva leggera sotto i polpastrelli.
- Era difficile da ammettere. Ma credo che non ne potevo più nemmeno io... - ammise. Cristiano annuì e lo baciò di nuovo.
- Allora adesso vediamo che succede. Non serve deciderlo o correre. Vediamo come va, ok?
Cristiano lo conosceva davvero bene, pensò Riky sereno e rilassandosi sul suo corpo.
Sapeva che se gli avesse messo pressione e fretta, lui si sarebbe spaventato, ma prenderla così in modo sciolto, assecondando le cose che sarebbero venute da sole, gli andava bene. Era perfetto.
“Se dovevo innamorarmi di un uomo non poteva che essere lui. Certo non ci ho messo poco... e la situazione è un po’ tragica... ma almeno tireremo fuori qualcosa di positivo da questo disastro.”
Anche Sergio quando si ridestò dalla sua scomodissima posizione rannicchiata nella sedia accanto al letto di Leo, si chiese immediatamente, mentre scricchiolava pieno di dolori, cosa avrebbe dovuto fare ora.
E non trovò risposta.
Tornarono le paure, i dubbi e l’ansia della notte passata, quando sfinito si era addormentato tenendo la mano di Leo, dopo che si erano occupati di lui togliendogli la maschera dell’ossigeno.
Adesso aveva degli occhialini nasali e gli avevano detto che i litri erano diminuiti, in giornata probabilmente gli avrebbero tolto tutto. Da un punto di vista medico stava andando bene, ora rimaneva la parte più difficile.
“La mente quando starà bene?” Si chiese guardandolo preda del terrore.
Leo era sveglio, ma non aveva sfilato la mano dalla sua. Fissava il soffitto ed il suo sguardo era completamente vuoto, come se non fosse nemmeno lì.
- Leo? - lo chiamò titubante e spaventato. Leo si riscosse e spostò lo sguardo sul suo. Lo aveva sentito, era presente. - Come va? - chiese sapendo che era una domanda stupida. Voleva solo sentire la sua voce, ne aveva bisogno. La sua voce avrebbe reso tutto reale. Lui vivo, ancora vivo per fortuna, lì con lui.
Ma lui non disse nulla, allora Sergio si mise in punta sulla sedia, ancora spaventato.
- Leo ti prego, dimmi qualcosa...
L’ansia nella sua voce era palpabile, così come la sua espressione, così Leo l’accontentò.
- Perché diavolo non sono morto? - e forse era la prima cosa che diceva da prima dell’incidente. Sergio venne attraversato dai brividi e sconvolto si ricordò delle parole traumatiche e crudeli di Cristiano. Parole che ora sapeva erano veritiere, realiste. Forse le più utili sentite fino a quel momento.
“Sta attento che non si uccida!” si disse da solo, citando Cristiano. “Come se fosse facile.”
No, non lo sarebbe stato.