* Il gruppo ha recuperato Sergio in profonda crisi, arriva il momento più duro e sa che non può mollare, ma non ha proprio le capacità per uscirne da solo, così i ragazzi dopo aver parlato di esperienze personali, si rendono conto di doversi esporre in prima fila anche se questo significherebbe farsi massacrare. Sicuramente quel che sta passando Leo è la cosa più difficile in assoluto e nessuno ne uscirebbe illeso. Le brutte reazioni sono il minimo. Ho immaginato così Leo, devastato e devastante. Oscuro. L'esperienza di Riky sul suo calvario di salute che gli ha stroncato presto la carriera è tutto reale, così come il modo in cui è uscito dalla depressione in cui era finito in quel periodo, ovvero grazie, fra gli altri, anche a Cris che non l'ha mai lasciato un istante, né in campo, né fuori. La foto che ho scelto deriva specificamente dal periodo di cui parlano. Riky non riusciva più a prendere un passaggio, ma Cris non ha mai smesso di passargli la palla, in certi momenti era l'unico. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 18: 
VUOTO

criska

“oh, questa è la vita
che sta sgocciolando giù dai muri
di un sogno che non può respirare
in questa dura realtà”

/Paolo Nutini - Iron Sky/

Prima di parlare Riky lo spedì sotto la doccia, Sergio eseguì senza battere ciglio. Non sapeva di averne bisogno finché non si era trovato lì sotto l’acqua calda. Ci rimase più a lungo del necessario, poi uscito si rivestì usando gli abiti lasciati da Neymar. Indossandoli si chiese come girasse visto che erano larghi a lui che non era scheletrico come il proprietario. 
Ma non sorrise. Una volta, fino a pochi giorni fa, l’avrebbe preso in giro e si sarebbe divertito. Adesso non era decisamente in grado di farlo. 
In cucina Riky gli fece trovare una colazione un po’ tardiva, o meglio uno spuntino considerando l’ora. Solo una volta con del cibo solido nello stomaco si rese conto di quanto bisogno e fame avesse. Non se ne era accorto, non aveva minimamente dato retta al proprio corpo, così come non si era accorto di aver bisogno di una doccia finché non l’aveva fatta. 
Mangiò e bevve anche se non con voracità, mentre gli altri, lì seduti intorno al tavolo come la sera precedente, solo con spettatori in parte diversi, si limitarono ad un caffè a testa. 
Quella casa stava diventando una confort zone, pensò distrattamente trovandosi a suo agio lì con loro nonostante non li conoscesse realmente e fosse entrato in quella casa solo due volte.
“Dovrei sentirmi più a mio agio a casa di Leo dove sono stato mille volte. Con la mia compagna, mio figlio. Invece l’idea di andarci mi angoscia. Non ci riesco proprio, non adesso.” 
Karina e Benji erano arrivati quel mattino presto, l’avevano riempito di chiamate, ma non aveva risposto se non sotto esorto di Riky che notando l’intasamento del suo cellulare, aveva immaginato che qualcuno su fosse preoccupato per lui. Attualmente la sua compagna, arrivata tempestivamente con suo figlio, era a casa di Leo a dare il cambio coi figli del loro amico mentre Antonella era in ospedale al suo posto. e lui in giro per Barcellona, sotto shock. Non se l’era sentita di vederli e ancora non ce la faceva a raggiungerli. Non era sicuro di poterlo fare. 
Una volta concluso con il sottofondo di qualche chiacchiera fra loro del più e del meno, cose non relative al calcio però, come se il calcio fosse diventato improvvisamente tabù, Sergio li interruppe sentendosi pronto per parlare. Parlare sul serio. 
Lo fece guardando Riky quasi accusatorio. 
- Come lo sai? - fece quindi improvvisamente. Gli altri si zittirono guardandolo senza capire e lui caparbio ripeté la domanda. 
- Come lo sai cosa succederà ora? Perché sai che ci serve solo tempo? Ci sei passato? 
Tutti conoscevano Ricardo Kakà, ma non tutti sapevano dettagliatamente il suo calvario. 

Cris provò l’impulso di dare uno schiaffo sulla nuca a Sergio, ma si fermò. Riky gli rispose senza il minimo problema, ovviamente non si era offeso. Figurarsi, lui era un santo! 
- Cammino, come puoi vedere, perciò non è esattamente la stessa cosa. Ma per quello che riguarda il calcio so cosa significa dover rinunciare al tuo grande sogno, mollare il posto che ti sei conquistato con unghie e con denti. Abbandonare quello che hai voluto come non mai. 
- Riky è stato operato al ginocchio fino a non poter più essere il campione che era. Era il più grande, quando giocava al Milan. In quel momento lo era più di me, di Leo, di chiunque altro. - aveva provato a starsene zitto, ma non ci era riuscito. Così si era messo in mezzo con la sua tipica arroganza. Sergio lo guardò colpito dal suo tono e corresse il tiro. 
- Non volevo essere stronzo. Solo che al momento ho problemi a controllare i miei modi... - si scusò. Cristiano si calmò, ma fu più per la mano di Riky sul suo ginocchio. 
- Lui esagera, però dall’apice della mia carriera, un apice che non aveva nulla da invidiare a quello di Cris e Leo, io ho dovuto mollare, rinunciare. Gioco ancora a calcio, ma non è decisamente quello che volevo, non è quello che facevo al Milan e che speravo di fare al Real. Il fisico non me lo ha più permesso, mi ha mollato completamente. Ed ora sono qua pieno di rimpianti. - Cristiano guardò Sergio che pareva capire e bere le sue parole, assetato della sua esperienza che aveva capito essere utile, così si rilassò e lasciò che raccontasse a tutti. 
Lui ascoltò attento e capì che in qualcosa lo poteva capire, sebbene fosse decisamente stato più facile per lui potendo comunque camminare e continuare la sua vita normale. 
- Rinunciare ai tuoi sogni dopo che hai fatto tanto per realizzarli non è facile. Per lui sarà anche più difficile perché rinuncerà ad una vita normale al di là del calcio. - disse onesto Riky, concludendo. - Ma col tempo ci riuscirà. - e pareva davvero sicuro. Sergio sospirò chinando il capo.
- Spero tu abbia ragione. - 
Cristiano era consapevole che Riky tendeva ad essere estremamente positivo ed ottimista quando stava bene, al contrario era un buco nero quando stava male, negativo, pessimista e depresso oltre ogni limite che ti trascinava a fondo con lui. 
Ripensando a quel periodo non si capacitò di come lui non fosse affondato con Riky ed invece l’avesse tirato fuori.
All’epoca aveva pensato fosse stato merito di Isabel nata proprio in quel periodo, fra l’altro concepita nel disperato tentativo di Carol di distrarre Riky da quello che aveva ben previsto sarebbe stato un duro colpo per lui. Quando era successo, infatti, Riky era stato appena operato per l’ultima volta al ginocchio, in seguito alle infiltrazioni che aveva dovuto fare ai mondiali. 
Ora vedeva le cose con più chiarezza. Specie alla luce del fatto che Carol gli ultimi mesi di gravidanza ed i primi di maternità li aveva passati in Brasile dalla sua famiglia, lontano da Riky che poi li aveva raggiunti appena concluso il campionato. 
“Le cose non sono mai come sembrano!” Pensò poi tenendoselo per sé. 

- Leo non è più lui, lo sapevamo sarebbe stata dura ma non capivamo quanto. Lui... si è totalmente chiuso, non parla, non si sfoga, nemmeno piange. Sta lì chiuso in camera, non vuole che si aprano le finestre, che si parli dei miglioramenti, di piani di battaglia, di progetti. Tratta male chiunque... - Sergio aveva letto i messaggi di Antonella che si era ritrovata in una situazione anche peggiore. 
L’argentino inghiottì il magone mentre si sfogava tirando fuori finalmente tutto, guardando Riky con disperazione. 
- Tu dici che serve tempo, ma quanto? Cosa dobbiamo fare nel frattempo? Stare lì a farci trattare male? Io non ce la faccio... io proprio ora che ho capito... - si mangiò il seguito della frase rendendosi conto che nella foga del momento stava per dire troppo. Dopotutto chi erano quelli lì? Poteva fidarsi? Che ne sapeva?
Nel trattenersi in pieno sfogo, si sentì come implodere ed un pugno allo stomaco lo fece correre al bagno a vomitare lo spuntino appena mangiato. 
Riky si precipitò dietro di lui preoccupato mentre Neymar e Rafa se ne stavano zitti senza osare dire e fare nulla, come se improvvisamente il positivismo portato da Riky fosse appena stato spazzato via. 
Cristiano strinse i pugni rimanendo fermo lì, rigido pensando al da farsi. Non così facile in realtà visto che improvvisamente voleva andare là e sparargli nonostante capisse perfettamente Leo. 
Sergio aveva compreso i suoi sentimenti per Leo, la reale natura. Era chiaro come il sole. Non poteva certo costringerlo a dirlo, ma Cris aveva capito che si trattava di quello. Era capitato anche a lui con Riky, quando era stato così male aveva capito con una certezza assoluta quanto lo amava e cosa era disposto per lui. 
Sapeva cosa stava passando Leo, ma anche Sergio. Improvvisamente capire tutti divenne una maledizione. 
- Potremmo provare ad andare noi a trovarlo. Tutti noi a turno. Se non si scuote vedendo una massa di stronzi di cui al momento non gli frega niente, non si scuoterà mai. - tentò Rafa consapevole che andare a trovarlo ora era un suicidio. Ma lo pensò alla luce dello stato in cui stava Sergio. Lui non se ne sarebbe andato, sarebbe rimasto fino a che non avrebbe visto miglioramenti in lui, perciò tanto valeva provare a fare da valvola di sfogo, se questo poteva sollevare un po’ quel povero ragazzo che si era appena fatto carico di una croce che forse non era in grado di portare. 
Cristiano soppesò l’idea e capì che poteva essere una buona cosa, tutto sommato. 
Probabilmente loro non avrebbero tirato fuori un ragno dal buco, ma Riky sicuramente avrebbe potuto aiutare Leo in qualche modo, lui aveva quel dono.
Il dono di aggiustare tutti.
E se non ci sarebbe riuscito nemmeno lui, Cristiano sapeva perfettamente che in qualche modo sarebbe toccato a lui. 
- Forse non è un’idea di merda. Anche perché non posso davvero fermarmi tutto questo tempo qua. Ed ormai che ci sono, tanto vale vederlo. Sia quel che sia. - decretò conscio che se Leo l’avesse visto probabilmente avrebbe sì reagito, ma non bene. 
“Comunque anche quello può servire. La terapia d’urto, intendo. Anche se sono convinto che Riky riuscirà a far qualcosa per lui.”

- Tu credi davvero che sia una buona idea farsi vedere ora? - fece Riky perplesso sull’idea. Sergio li guardò indeciso, ancora con lo stomaco in disordine, amaramente pentito di aver mangiato. 
Cristiano alzò le spalle fingendo di essere così poco coinvolto da non essere turbato dal sottinteso. 
- Ma sì, perché no dopotutto? Io non posso rimanere qua ancora e se me ne vado io, tu vieni con me. Ma penso che solo tu possa aiutarlo, perché hai... sai, quel dono divino... - lo disse sdrammatizzando, fingendo di star scherzando, ma lo pensava sul serio. 
Riky capiva cosa diceva e capiva anche che ne era convinto. Ma lui si sentiva come un intruso, pensava che quello fosse troppo. Non era venuto fin lì per vedere Leo ed infilarsi nella sua vita d’improvviso, bensì era venuto per sostenere Cris e Neymar, suoi due carissimi amici - e qualcosa di più. Comunque non per vedere Leo. 
Iniziò ad agitarsi all’idea, non sapendo minimamente cosa dirgli e cosa fare. 
- Non lo so, mi sembra di essere fuori luogo... insomma, che c’entriamo noi con lui? Io capisco che tu hai agito d’impulso sentendo di dover venire, ma non è proprio detto che tu lo debba anche vedere, capisci? Non ora. Io credo sia presto, ha bisogno solo di... - 
- E nel frattempo che fa, lui, sua moglie, i suoi figli? Davvero, che faranno intanto che il tempo passa e sistema tutto? Io credo che tu possa fare qualcosa, non te ne accorgi ma con te tutti stanno meglio! So che non mi credi e pensi che esagero o dico cazzate, ma ti devi fidare di me. 
Cristiano sembrava estremamente convinto di ciò che diceva ed anche se lui aveva uno di quei terrori improvvisi da farlo tremare, appena gli prese la mano ed intrecciò le dita, fu il suo turno di calmarsi. 
Non ci credeva veramente. Non credeva realmente di avere un dono di qualche tipo, ma credeva effettivamente in Cristiano. In realtà se c’era uno capace di rendere possibile l’impossibile, ai suoi occhi era proprio lui. 
Pensò che forse lui non avrebbe potuto fare niente per Leo, però Cristiano sì, invece. Sicuramente in qualche modo qualcosa l’avrebbe ottenuto per il semplice fatto che lui quando faceva qualcosa, la faceva per vincere e proprio per questo poi comunque un risultato l’otteneva. Al momento peggiore lui reagiva sempre. 
Riky guardò Sergio, ancora lì con loro ma silenzioso. 
- Che ne pensi? - Sergio sollevò le spalle confuso. 
- Non so che dire, normalmente direi di lasciarlo in pace ma io... all’idea di stare così per tanto tempo mi sento male e non lo abbandonerò mai, perciò se pensate di poterlo aiutare in qualche modo, farlo reagire insomma... boh, forse è il caso di tentare... - non sembrava sicuro, Riky capì che forse non era convinto, però aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa e loro sembravano un ottimo salvagente. 
Era presto, ne era graniticamente convinto.
Era presto per ogni cosa. 
Però se avessero fallito, avrebbero sempre potuto riprovare dopo qualche tempo, quando Leo sarebbe stato più pronto, un po’ più aperto agli altri. Quando, più che altro, avrebbe avuto bisogno di scuotersi. 
- E andiamo... - fece a quel punto, arrendendosi. Tanto sapeva che non sarebbe andata come pensavano. 


Niente aveva più importanza. 
Niente l’avrebbe mai avuta più, ormai. 
E preferiva il buio, piuttosto che guardare fuori dalla finestra. La luce del giorno gli ricordava che la vita andava avanti, ma non la sua. La sua si era appena fermata. 
I miglioramenti erano stati sorprendenti, in qualche ora gli avevano tolto del tutto l’ossigeno e avevano diminuito gli altri monitoraggi decidendo di spostarlo di reparto. 
A quel punto gli avevano dato il permesso di avere visite, non più di due per volta. Quando Antonella gli aveva detto se voleva vedere i bambini, che soprattutto Thiago chiedeva di lui, Leo gli aveva risposto che non era dell’umore giusto. 
- Ma ti farà bene vederli... 
- È a loro che non fa bene vedere me in queste condizioni! - rispose bruscamente. Antonella insistette ancora. 
- Devi reagire, reagire subito, prima di farti inghiottire dal buio o non ne uscirai facilmente. - ovviamente non capiva, ma non poteva biasimarla. Nessuno poteva capirla. 
- È tardi, ne sono già inghiottito! Reagire come? Non camminerò, non sarò nemmeno più un calciatore. Un sogno avevo. Uno. E lo stavo realizzando. Ero nell’apice della mia carriera ed ora non sarò più niente di ciò che ho faticosamente conquistato! Reagire? A che cazzo serve? - aveva parlato gelido e piatto, non aveva nemmeno urlato. Urlare sarebbe stato positivo in un certo senso. Era stato freddo e graffiante come il ghiaccio e l’aveva ferita. Se ne era reso conto, aveva visto le lacrime affiorare sui suoi occhi, ma non aveva corretto il tiro come avrebbe normalmente fatto. L’aveva lasciata uscire di corsa nascondendo un pianto che non gli fece né caldo né freddo.
Niente, non provava più niente. Vedere i figli ora sarebbe stato peggio, terribile. Non avrebbe provato nulla e loro sarebbero stati male come lui.
No, non poteva. 
Pensò a Sergio. Forse era meglio che tutti lo dimenticassero. Ormai non era più Leo Messi, il calciatore più forte del mondo. Non era più nessuno. 
Dovevano dimenticarlo, subito. Prima sarebbe successo, meglio sarebbe stato. 
La sua vita era finita, non c’era più niente che valesse la pena. Niente che lo spingesse a rialzare la testa. Non provava più niente. Ormai era gelido. 
Leo scosse la testa accentuando una smorfia di disgusto. 
“Perché sono sopravvissuto?”