* Mentre Leo è in ospedale sotto i ferri, in seguito ad un incidente che potrebbe costargli caro, e Sergio sta correndo da lui a Barcellona, la notizia si espande a macchia d'olio e raggiunge anche Cristiano. I protagonisti in questo capitolo sono lui e Riky (Kakà). In questa fic loro non si sono mai messi insieme nonostante il rapporto molto speciale, adesso Riky è andato via da Madrid per avviare la fine della sua carriera, al contrario Cris è al Real nel meglio della sua forma. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 2:
EFFIMERO COME LA VITA
“La vita è più grande
è più grande di te
e tu non sei me
le lunghezze che percorrerò
la distanza dai tuoi occhi
oh no, ho detto fin troppo
l'ho voluto io
Sono io quello nell'angolo
Sono io quello alla ribalta
che perdo la mia pazienza
cercando di sostenermi con te
e non so se posso farlo”
/Bellsaint - Losing my religion (cover)/
Cristiano stava tornando a casa dalle ore extra degli allenamenti al centro di Valdebebas, per fortuna non c’era più nessun tifoso appostato fuori, solitamente si accontentavano di salutare la maggior parte dei calciatori che uscivano dopo la sessione regolare, consapevoli che lui, quello più atteso, si fermava sempre almeno un’ora in più.
Quella giornata stancante era terminata e non vedeva l’ora di rientrare in casa e distrarsi, pensava di farsi un giro in macchina visto cha amava correre con i suoi gioielli sportivi.
A volte gli sembrava di essere solo un calciatore, che nella sua vita non ci fosse spazio per niente altro. Non riusciva ad essere altro che uno dei calciatori più forti del pianeta. Aveva lavorato tanto per questo e continuava anche se giocava in uno dei club più prestigiosi ed aveva ottenuto un sacco di trofei individuali e di squadra. Aveva assaggiato troppo presto la povertà e non avrebbe mai mollato niente di ciò che si era faticosamente conquistato, nessuno tranne lui sapeva quanto duro era stato costruirsi e diventare così forte.
La sua vita non era stata facile, ma aveva imparato a fare mille sacrifici pur di arrivare ad ottenere ciò che voleva e non si accontentava mai, perché sapeva che si poteva avere sempre di più e lui lo voleva assolutamente.
Del resto era fortunato perché dalla sua aveva la salute.
Il talento se l’era costruito: ovviamente lo devi avere, ma se non lo coltivi non ti serve.
Lui era nato discretamente dotato, ma aveva passato giornate intere a lavorare per migliorarsi ed imparare le tecniche. Si era fatto istruire dai migliori maestri ed atleti per imparare a fare ciò che ora gli veniva così bene. Cose come correre veloce e saltare in alto, oppure la potenza e le tecniche di tiro dalla distanza, non le avevi di natura e lui le aveva imparate.
La sola cosa che non avrebbe potuto imparare era la salute, per quello era grato a Dio e lo riconosceva senza problemi. Pensò a Riky con malinconia. Riky era uno dei più grandi calciatori, ma era come di vetro ed aveva passato più tempo fuori dai campi che dentro. Sapeva quanto talentuoso fosse, tutto il mondo lo adorava seppure non avesse ottenuto quanto lui o Leo.
Per questo sapeva di essere fortunato. Non per la bravura, ma per la salute. Quella non te la conquistavi, non la costruivi. O l’avevi o no.
Sentì il tipico magone pensando a lui, gli mancava molto anche se dopo che se ne era andato da Madrid erano riusciti a vincere la Champions League che non avevano avuto da molti anni. Aveva vinto ed era felice, ma gli era dispiaciuto per Riky. Si era perso qualcosa che si sarebbe di sicuro meritato.
Il solo di cui gli fosse davvero importato, forse. Cristiano decise di scacciare l’amarezza legata ad uno dei suoi sinceri e rari amici legati al calcio aumentando la velocità, sentiva il rombo del motore che sicuramente assordava tutti fuori. Non vedeva niente e nessuno, ogni cosa sfumò come il mondo circostante. Anche Riky ed il suo sorriso triste che gli era rimasto impresso quando gli aveva comunicato che aveva deciso di andarsene, che il Real era troppo per lui. Che aveva bisogno di qualcosa di meno intenso.
Il contachilometri superava di gran lunga il limite consentito quando, come evocato dai suoi pensieri, il nome di Riky lampeggiò nel display della radio, interrompendo la musica che andava a tutto volume.
Cristiano rallentò improvvisamente mentre si corrucciava e lasciava un sonoro rumore di freni dietro di sé.
Non lo chiamava quasi mai, era difficile per lui rimanere connesso alla vita a cui aveva rinunciato, l’aveva sempre vista come una specie di resa e sapeva che gli faceva male parlare con lui e ricordarsi che quella promessa che si erano fatti, arrivando insieme al Real Madrid, lui non l’aveva mai mantenuta.
Cristiano sentì un vuoto allo stomaco sentendo la sua vocina mentre rispondeva gentile e mite. Non lo sentiva da troppo, forse. Ogni volta gli tornavano in mente i giorni felici insieme a Madrid, quando approdati entrambi per cifre spropositate avevano giurato di conquistare il mondo insieme. Quel mondo l’aveva conquistato da solo, Cristiano. Eppure se c’era qualcuno che poteva chiamare fratello era lui, nonostante non lo vedesse e non lo sentisse quasi più.
Sentì subito una stonatura. Cristiano non seppe dire come mai, ma era sicuro che la stonatura ci fosse.
- Stai guidando? - chiese, conoscendo ogni sua abitudine visto che per quattro anni avevano praticamente vissuto in simbiosi.
No, si disse Cristiano, qualcosa non andava. Un battito di troppo, una sensazione sgradita, una stonatura che lo fece fermare in una piazzola d’emergenza a bordo strada.
- Adesso sono fermo. - disse subito col cuore in gola, consapevole che gli stava per dare una brutta notizia e che per qualche ragione ne sarebbe stato sicuramente cambiato per sempre.
- Che succede, Riky?
Non lo salutò perché nemmeno lui l’aveva fatto e non era normale.
Riky sapeva che Cristiano stava più degli altri ad allenarsi e che per tutto il tempo era scollegato dal mondo, sapeva che poi si metteva al volante e si faceva un bel giro in macchina ascoltando musica a tutto volume. Sapeva che non aveva sentito ancora nulla e sapeva anche che era meglio che glielo dicesse lui.
- Cristiano, non hai visto i telegiornali, oggi?
Il cuore saltò ancora sul petto mentre si toccava il collo cercando di fermarselo:
- No, lo sai che mi alleno un sacco... che cosa dovevo sentire di tanto importante da chiamarmi?
Avrebbe voluto fare qualche battuta delle sue per sdrammatizzare e sgridarlo che si faceva vivo così poco, facendo passare ciò che una volta gli era sembrato un legame sacro, qualcosa di poco conto. Non gli venne fuori nulla.
Riky non avrebbe voluto farlo senza vederlo in faccia, ma non aveva scelta in quel momento.
- Si tratta di Leo.
Senza giri di parole, laconico. Una pausa.
- Messi? Che gli è successo?
Cristiano si aggrottò. Lo chiamava per dargli una notizia su Leo Messi, il suo più grande rivale?
Ormai non ce la faceva più e la sensazione di disagio e agitazione cresceva nell’attaccante seduto al volante.
- Leo è stato investito da un furgone e sembra grave. Lo stanno operando alla schiena...
- Aspetta aspetta… che diavolo… che diavolo stai dicendo? Vuoi essere più chiaro? Cosa significa ‘lo stanno operando alla schiena?’
Cristiano lo disse stringendo indice e pollice come se volesse essere preciso, lo sguardo sottile puntato sul parabrezza.
Gli pareva di sentire un suono nei timpani che gli impediva di capire le parole che gli diceva, forse erano i battiti del suo cuore che improvvisamente erano aumentati, erano veloci e sempre più forti, quasi lo facevano impazzire e lui invece voleva sentire perfettamente la voce dolce e gentile del suo ex compagno di squadra.
- Significa che gli arti inferiori sono la parte più lesa, che rischia di non poterli più adoperare come prima…
Mentre Riky cercava parole sempre più chiare e semplici e al tempo stesso di tatto, con molta difficoltà perché più lui era stanco, agitato e fuori di sé, più gli veniva da parlare a sproposito, Cristiano tentava con tutte le sue forze di non crederci. A Wayne non avrebbe creduto, a Pepe, quel pagliaccio, non ci avrebbe creduto, e nemmeno ad altri colleghi… però se c’era uno a cui avrebbe creduto qualunque cosa gli avesse detto, quello era proprio Riky e conscio di ciò cominciò a sudare, mentre una vampata di rabbia immediata l’accendeva com’era nel suo stile, fino a fargli gridare mentre stringeva forsennato il volante:
- LEO MESSI FORSE NON CAMMINERÀ PIÙ? MI STAI DICENDO QUESTO? MA SEI FUORI?! TU NON TI FAI PIÙ VIVO E DECIDI DI FARLO ORA CON QUESTA NOTIZIA? LEO POTREBBE NON CAMMINARE PIÙ? SII CHIARO! DILLO E BASTA!
Per la prima volta anche il leggendario campione di vetro, tale era il suo soprannome nel mondo del calcio, sempre calmo e gentile che non perdeva mai le staffe, perse il controllo e alzò la voce a sua volta:
- SÌ, FORSE NON CAMMINERÀ PIÙ! MAI PIÙ! TI È CHIARO IL CONCETTO DEL NON CAMMINARE PIÙ? TI DEVO FARE UN ILLUSTRAZIONE? CI ARRIVI? LO CAPISCI? NESSUNO SU QUESTO PIANETA HA POTERE PIÙ DI QUEI MEDICI CHE LO STANNO OPERANDO E NON SANNO COSA SARÀ DI LUI! SEI CONTENTO DI SENTIRTELO DIRE COSÌ? VA BENE?
- NO CHE NON VA BENE! MERDA! NON VA BENE! NO! NON PUÒ ESSERE COSÌ, NON DEVE! LUI È LEO MESSI, DANNAZIONE!
Rispose a sua volta sempre più iroso e fuori di sé, senza capire che stava dando pugni violenti al volante fino a farsi male alle mani e a suonare il clacson ripetutamente. Si rese conto che aveva urlato contro Riky, cosa mai fatta, lui che aveva osato rifarsi vivo dopo secoli per dargli una delle più orribili notizie del secolo.
Invece di gridargli contro avrebbe voluto poterlo abbracciare, sentire le sue braccia come i porti sicuri che erano sempre state per quei quattro anni insieme. I porti che ora gli mancavano da matti.
Riky fermò la rabbia sconvolgente di Cristiano con le lacrime di sfogo, dolore ed impotenza che non fu più in grado di trattenere.
Aveva sempre visto Cristiano e Leo come i realizzatori dei suoi sogni, perché lui aveva preso dal calcio quel che il suo fisico fragile gli aveva permesso, poi ad un certo punto aveva dovuto arrendersi alla dura realtà. L’aveva fatto guardando a loro e alla loro fortuna e a come quei due stavano dando vita alla più grande rivalità di uno degli sport più seguiti al mondo. In qualche modo vederli vivere il suo sogno come avrebbe voluto fare lui, gli era stato di conforto anche se era scappato da Cristiano e da quello che aveva abbandonato con dolore. Lasciare il Real Madrid era stata dura per lui, era stata come una resa.
Lasciare Cristiano era stato come rinunciare ad un pezzo di felicità, perché con lui si era sempre sentito a casa, come se fosse appartenuto a qualcosa di grande, di storico. Eppure si era dovuto arrendere, era stato difficile ed aveva trovato più facile andarsene e dileguarsi, sentirlo e vederlo il meno possibile, perché gli aveva sempre fatto male, male in un modo che non aveva mai saputo spiegare ed ammettere. L’aveva fatto soffrire lasciare il suo posto prezioso in cui aveva tanto sperato, ma poi era stato di conforto vedere le meraviglie che quei due alieni avevano fatto. Vedere ciò a cui erano arrivati con la loro rivalità sul campo, qualcosa che tutti seguivano, anche chi non guardava una partita di calcio.
Ora, forse, i sogni si infrangevano anche per uno di quei due miti del calcio, perché alla fine la vita era dura per tutti, prima o poi, e nessuno ne usciva indenne.
Aveva visto Cristiano e Leo come i realizzatori dei sogni di chiunque, anche i propri.
Ormai non sarebbe più stato così. Nessuno ce la faceva, alla fine. Alla fine tutti cedevano e forse avrebbe in qualche modo ceduto anche Cristiano, visto che quella era la legge del mondo.
Nessuno ce la faceva. Nessuno. Come aveva mollato lui, avrebbero mollato tutti. Tutti perdono, tutti soffrono, tutti si arrendono, alla fine.
Cristiano si bloccò impietrito riflettendoci un attimo.
Leo forse non avrebbe più camminato, probabilmente doveva concludere la sua carriera, era uno shock per tutti e lo si poteva ammettere solo in casi estremi simili.
Però gli faceva anche più male sentire uno incrollabile e positivo come Riky, cadere così. Sentire il suo pianto lo scosse e respirando a fondo cercò di ritrovarsi e mettere tutto da parte. Lo shock per Leo, la rabbia per le sparizioni sempre più lunghe di Riky. Mise tutto da parte per lui, perché non poteva sopportare quando piangeva, non l’aveva mai sopportato, era sempre stato il suo punto debole.
- Scusa… mi dispiace averti gridato contro, non c’entri nulla. - mormorò con voce roca. Non poteva sentirlo così, non solo gli era crollata l’immagine perfetta di Leo, ma anche quella di Riky, due persone che aveva invidiato e apprezzato per diversi motivi.
Già superare la resa di Riky e la relativa fuga era stata dura, vedere ora che nemmeno Leo sopravviveva alla vita, era in qualche modo terribile e si sentiva scavare dentro. Si sentiva un sopravvissuto, un guerriero che lottava duramente per tenersi le proprie vittorie. Per ottenerle e tenersele strette. Quando Riky aveva mollato tutto si era sentito destabilizzato, oltre che privo dell’unica persona a cui si era realmente legato.
Ora Leo gli stava dicendo che nessuno ne usciva da lì. Che la vita dava e prendeva e che prima o poi si sarebbe ripreso ciò che gli aveva dato pure a lui, perché così faceva con tutti, sempre.
- È assurdo, Cris... - pianse Riky a ruota libera, singhiozzando.
- Lo so.
Non riuscì a dire null’altro mentre si premeva gli occhi con le dita.
Improvvisamente il calcio gli parve la cosa più inutile e stupida su cui basare un’intera esistenza e si interrogò sul proprio destino e volere: se tutto ciò che lo rendeva vincente era tanto effimero, era davvero al sicuro?
Riky desiderò in quel momento essere lì da Cristiano e farsi consolare con i suoi famosi forti abbracci, come aveva fatto spesso in quei quattro anni insieme. Cristiano forte, sano, in salute, potente, energetico, accattivante, incrollabile… era stanco di vite poste in campane di vetro.
Stanco.