*Sergio è a casa di Leo coi suoi figli, raggiunto dalla sua compagna e da Benji. Sebbene lui inizialmente si sia precipitato da Leo senza riflettere, Karina (inizialmente avevo scritto la fic con sua moglie Giannina, poi ho realizzato che nel 2015 si erano lasciati e lui stava con Karina) l'ha fatto al suo posto, pensando a ciò che sarebbe stato utile per Antonella. Così ora si trovano a casa Messi coi loro figli. Non è facile per lui aspettare il risveglio di Leo, è una situazione terribile e a volte ciò che devi fare è semplicemente impossibile. Quando sei in bilico su un precipizio buio e non sai quanto è profondo, ma sai che prima o poi ci devi saltare dentro, spesso si ritarda il momento per radunare le forze. Su Neymar so che è una reazione odiosa ed infantile, ma è l'idea che mi dà (che mi dava soprattutto all'inizio), perciò ho pensato alla reazione di un bambino. Adesso arrivano delle parti in forte contrasto con la tragicità di quel che sta capitando a Leo, ma l'ho voluto fare perché avevo quest'immagine in testa: un gruppo che non avesse niente a che fare uno con l'altro, che nell'attesa più brutta di tutti desse vita a scene totalmente fuori dalle righe. Le parti incentrate su Leo arriveranno, ma c'è da aspettare così come loro stanno aspettando il suo risveglio. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 5: 
FUGA DALLA REALTÀ

kunessi

‘Selvaggio e in corsa
L’impavidità sta bruciando luminosa
Non sapevamo niente,
Perché ciò che è fuori dalla vista è lontano dalla mente
Prima che conoscessimo la paura di essere audaci
Prima che avessimo paura dell’ignoto
Quando le luci si spengono
Non credo di averti detto
Che mi sento fuori posto
Tirami sottoterra
Non so se te ne accorgi
A volte chiudo gli occhi
E sogno di essere in un altro luogo
Ovunque lontano da qui’
/Rag n Bone Man - Anywhere away from here/


Non gli era molto chiaro quanto Benji e Thiago capissero della situazione. Nonostante i 3 anni di differenza erano stati contenti di vedersi, Benji era in quell’età in cui giocava volentieri coi bambini più piccoli di lui e Thiago iniziava ad interagire più attivamente con gli altri. Oltretutto si compensavano visto che tanto uno era calmo, tanto l’altro era vivace.
Per loro stare insieme non era strano, del resto si vedevano tutte le volte che potevano.
Sergio li guardò appannato, avevano posto distrattamente la domanda su dove fossero Leo ed Antonella, quando gli avevano detto che erano impegnati non se ne erano più preoccupati molto, potendo giocare insieme.
Sergio fece scivolare lo sguardo in basso, sul piccolo Mateo fra le sue braccia, nato da poco più di un mese. Le voci dei bambini più grandi gli giungevano lontane, mentre lui era sveglio, ma tranquillo.
Era ancora così piccolo, Leo non se l’era nemmeno goduto. E forse non l’avrebbe mai fatto.
Come sarebbe tornato a casa?
“Sempre che torni...”
Pensò negativamente fissando torvo il telefono dove il display rimaneva nero senza mostrargli alcun nuovo messaggio.
Dall’ospedale tutto taceva.
- Dovrà tornare fra qualche ora, non gli dà latte in polvere e non ce n’è più del suo... - constatò Karina tornando in salone dov’era seduto sul divano. Aveva sistemato le loro cose nella stanza degli ospiti dopo aver fatto andare via la domestica.
Sergio alzò lo sguardo su di lei, cupo.
- Potresti darle il cambio fra un po’... - aggiunse la ragazza.
A quell’eventualità la guardò come se avesse bestemmiato.
- E cosa gli dirò quando si sveglierà?
Non voleva essere lui a dargli la notizia più terribile che un uomo, un atleta, potesse sentirsi dire. Non poteva essere lui.
Karina sorrise morbida e con tutto l’amore di cui fu capace, si sedette nel divano accanto a lui cingendolo col braccio.
- Ma sai che si sveglierà e questo è già il primo passo.
Lui si rese conto di essere stato positivo senza rendersene conto, com’era la sua indole, in fondo. Così si strinse nelle spalle tornando a fissare Mateo, così bello, così ignaro di tutto.
- Il resto verrà da sé, quando sarà ora. Saprai cosa dirgli, se sarai tu lì.
Non lo sapeva, ma volva sperarlo. 
Stava soppesando l’idea di scrivere ad Antonella per dirle che fra un po’ sarebbe andato a darle il cambio, quando un messaggio lo distrasse, così consegnò Mateo alla compagna e prese il proprio telefono con un’ansia che avrebbe provato sempre nel prenderlo in mano.
Non aveva ricevuto la notizia di Leo per telefono in quanto tecnicamente gliel’avevano data di persona al club, a Manchester, ma comunque l’ansia di riceverne altre brutte lo pervase come una piccola massa destinata ad andare in metastasi.
Tremando un po’ lesse il messaggio di un numero sconosciuto che non aveva in rubrica e quando lo aprì vide che si trattava di Cristiano.
‘Sono Cristiano, Ney ha chiesto il tuo numero a Javier. Volevo lasciarti il mio in caso tu avessi notizie su Leo. Starò da Ney per un po’, spero di poterlo salutare. Se vuoi compagnia ti mando la posizione, vieni quando vuoi. So che in questi casi stare soli è peggio.’
Sergio rimase sorpreso del suo messaggio, ma lo trovò carino e per un momento si chiese se fosse il caso di passare veramente da loro.
Guardò la sua fidanzata ed i bambini, anche lei ora parlava al telefono e dallo spagnolo deduceva che fosse con qualche parente.
Sergio si grattò la nuca e guardò la posizione inviata da Cristiano. Sapeva che stava a casa di Neymar, ma ovviamente non aveva idea di dove fosse. Google Maps gli indicò che in realtà le loro ville non erano poi così distanti, solo qualche metro, era lo stesso quartiere.
“Una semplice camminata non mi farebbe nemmeno male. Mi sento soffocare...”
I bambini avrebbero giocato per conto loro e meno l’avrebbero visto con quell’aria tragica in faccia, meglio sarebbe stato. Tanto più che una volta che Antonella sarebbe tornata sarebbe stato impossibile poi nascondere loro la verità.
Sentì Karina mettere giù la conversazione ed aprirne subito un’altra. Sergio intuì facilmente che anche lei sarebbe stata occupata. Tutti quelli che volevano notizie di Leo, per non passare da Antonella e Sergio, andavano da lei.
Fu così che avvicinandolesi le sussurrò:
- Mentre tu fai il centralino io faccio due passi, poi vado a dare il cambio ad Antonella.
Lei annuì distrattamente tornando alla conversazione, sempre in spagnolo.
Aveva fatto mezza battuta, ma non era nemmeno arrivata al tono, tanto meno al volto. Era stato grottesco, ma Karina non aveva avuto tempo di rendersene conto. Mateo sulla spalla si era riaddormentato, lui gli fece una carezza, gli diede un bacio sulla guancia, poi uscì guardando il telefono sulla direzione da prendere.
Ovviamente si perse, prima di arrivare a destinazione ed i 500 metri divennero 800, ma non si lamentò.
Nel tragitto, perso più a guardare il paesaggio che il navigatore in mano che ricalcolava di continuo il percorso, la sua mente vagò all’ultima volta che aveva visto Leo.
Era stato per la nazionale, avevano giocato insieme due partite con l’Argentina, come sempre erano stati in camera insieme tutto il tempo e durante gli allenamenti, avevano fantasticato sul giocare nello stesso club, un giorno.
Ma non sarebbe mai successo, in realtà.
- Sì dice sempre ‘un giorno faremo...’, peccato che spesso quel giorno non arriva mai...
Disse fra sé e sé a fior di labbra.
‘Fra un’ora avrei bisogno del cambio perché Mateo dovrà mangiare. Potresti venire tu? Non si è ancora svegliato, ma i medici dicono che è normale. Di avere pazienza.’
Il messaggio di Antonella lo riscosse dai suoi pensieri e l’ansia lo assalì ancora una volta, condizione che ormai cominciava ad essere la normalità. Quasi da conviverci, insomma.
Non c’era un episodio particolare di quell’ultima volta insieme, solo qualche settimana fa. Era più la conversazione avuta.
‘Quando ti stufi del Barcellona vieni al City!’ gli aveva detto scherzando.
‘È più facile ti stufi tu del City e vieni al Barça!’ era stata la risposta di Leo.
Sergio scosse la testa sentendo le lacrime pungergli gli occhi. No, non era ora di piangere. Doveva imparare ad essere forte, per Leo. Ne avrebbe avuto bisogno.
Il ‘plin’ del telefono indicò che era arrivato e lo guardò meravigliato, senza ricordarsi per un momento dove diavolo aveva cercato di andare.
Lo sguardo sulla villa gigantesca davanti a sé, gli fece ricordare di aver accettato incoscientemente l’invito ad avere compagnia di Cristiano e Neymar.
“Ma poi che ci azzecco con loro? Chi li conosce, in realtà?”
Pensò prima di suonare al citofono davanti al cancello. Tamburellò nervoso con le dita sul telefono dallo schermo oscurato, si morse il labbro sospirando un paio di volte. Pensò di tornare a casa dai bambini e dalle loro urla allegre e spensierate, pensò che sarebbe finito per dir loro di Leo in qualche modo ed impallidendo all’idea, una fitta di dolore gli morse lo stomaco. A quel punto suonò il campanello.
Forse stava scappando. Ne era consapevole. Ma tanto la fuga sarebbe durata al massimo un’ora visto che poi sarebbe andato in ospedale da Leo. E allora lì sì che non c’era via di scampo. 


Cristiano dicendo a Neymar di chiamare ‘qualche amico’ aveva sperato che almeno uno di loro riuscisse a gestirlo, farlo reagire in modo più normale, insomma. Non avrebbe certo immaginato che sarebbe potuto passare così dalla padella alla brace.
Il primo ad arrivare era stato Rafinha, il quale era andato a casa dopo l’ospedale solo perché aveva dovuto fare delle cose urgenti, concluse le quali aveva già avuto in programma di tornare lì.
E vabbè, si era detto Cris. Non lo conosceva per niente, non c’erano problemi.
Poi era arrivato Luis Suarez, perché dopo la formazione di uno dei terzetti più forti di tutti i tempi, ovvero la MSN, a quanto pareva Luis, Neymar e Leo erano diventati sufficientemente amici da passare insieme anche il tempo libero. 
Aveva iniziato ad innervosirsi. 
“Proprio lui?” aveva pensato. Ma che poteva dire? Se Luis era uno dei suoi amici più stretti in quel momento, doveva accettarlo. 
Il vero problema era sopraggiunto con Gerard Pique. 
- Davvero, Ney? Proprio lui? - sbottò Cristiano vedendoselo arrivare poco dopo i messaggi spediti da Neymar. - Su tutti proprio lui? Ma sei serio? 
Neymar l’aveva guardato senza capire e Gerard, dopo essere entrato, aveva dato uno scappellotto a Cristiano che aveva parlato liberamente come niente fosse. 
- Sì, caro! Proprio io! Che c’è, non lo sai che sono suo amico? Se non ti sta bene puoi andartene da un’altra parte! - rispose polemizzando a muso duro Gerard. Cristiano alzò gli occhi al cielo ed esasperato scosse la testa. 
- Tutto bene? - chiese Neymar interdetto. Guardò Cristiano e Gerard fissarsi truci, fronteggiandosi con le mani ai fianchi, poi entrambi alzarono le spalle girandosi contemporaneamente. 
- Tutto bene! - grugnirono in tandem con un tono che sembrava tutto tranne che ‘bene’. 
Neymar guardò Luis e Rafa per avere spiegazioni, ma mentre il brasiliano alzava le spalle perché non ne sapeva davvero niente delle loro manovre, Luis rispose sferzante. 
- Beh, probabilmente non è abituato ad essere amico dei suoi compagni di squadra e quindi non capisce com’è... sai, lui si limita a giocarci in campo! - commentò riferendosi alle dichiarazioni della stagione passata dove dopo aver visto foto di Luis, Neymar e Leo a cena insieme gli era stato chiesto se anche lui e la BBC fossero amici fuori dai campo. 
Cristiano, che con Karim e Gareth andava d’accordo ma non poteva dire certamente di esserci follemente amico, aveva risposto che a loro bastava trovarsi bene a calcio. 
Del resto dopo l’anno della BBC vs MSN, per lui ritrovarsi nel covo dei grandi rivali non doveva essere la situazione ideale. 
Non gli mancò la risposta sferzante: 
- Non perdiamo di vista l’obiettivo principale di questo ritrovo improbabile... 
Tutti e quattro lo guardarono senza capire a cosa si riferissero e inarcando ovvio le sopracciglia, allargò le braccia: - Leo? Avete presente? Quello che ha avuto un incidente, che è stato investito e che non si è ancora svegliato in ospedale... 
Si guardò dal dire ‘quello che non camminerà più’. 
Non poteva pronunciare ancora quelle parole. Non aveva una forza tale. 
Ad ogni modo tutti si calmarono e la strana tensione che era salita, si quietò. 
- A proposito, come facciamo per avere sue notizie? Non credo sia il caso di rompere le palle a sua moglie... - chiese Rafa agganciandosi alla prima cosa sensata che aveva sentito. Per lui tutta quella scena era totalmente incomprensibile ed anche di poco interesse. 
Fu a quel punto che decisero di chiedere a Javier il numero di Sergio; sebbene nessuno di loro lo conoscesse, per Cristiano non fu un problema mediare e farsi avanti. Lo fece con la sua tipica prepotenza, attirando gli sguardi torvi di Luis e Gerard, sguardi che naturalmente ignorò facendo come sempre quello che voleva. 
Dopo averlo contattato non ricevettero risposte, così nell’attesa, in un silenzio che era subentrato poco dopo, Gerard chiese rendendosi conto di un piccolo dettaglio.
- Comunque che ci facciamo qua? 
Cristiano a quel punto si girò verso il punto in cui prima era stato Neymar, punto che ora era vuoto. 
- Cercavo man forte per capire come gestire il bambino... - rispose cercandolo con lo sguardo nell’ampio salone dove erano riuniti tutti. 
- Il bambino?! - chiese Luis senza capire. 
- Perché, che faceva Ney di strano? 
Rafa ovviamente era arrivato prima di tutti all’ovvia allusione poiché conosceva meglio degli altri il suo compagno di squadra e nazionale. 
- Il bambino è Ney? - ridacchiò Gerard. 
- Non mi sembra stesse facendo niente di strano... - replicò Luis solo per contraddire e scocciare Cristiano il quale, con la vena di nuovo pulsante, pensò seriamente di andarsene di lì. 
Per sua fortuna, come evocato dalle sue maledizioni, la musica tornò a rimbombare dal piano inferiore, dove c’era la taverna-sala giochi di Neymar. Il pavimento iniziò a tremare così come i vetri e tutti si guardarono perplessi, esterrefatti.
- Ma è lui...?! - domandarono increduli. Cristiano annuì con aria da esperto, allargò le braccia teatrale. 
- Sta là, gioca e ascolta musica fino a spappolarsi il cervello. - disse infine. 
- Ma gli hai chiesto perché fa così? 
Posto che fosse effettivamente una reazione strana, Luis non aveva un’alta considerazione dell’intelligenza di Cristiano, così chiese l’ovvio. 
Il portoghese lo fulminò con uno sguardo di fuoco, poi fece una smorfia e parlando come se fosse un ritardato, rispose:
- No guarda, non vedevo l’ora di stare con voi perciò non gli ho nemmeno parlato! 
Luis gli tirò il cuscino sfilandoselo dal proprio fondoschiena. Cris lo prese e glielo restituì rispondendogli seriamente. - Dice che non può pensare. Non vuole pensare. Ha paura di riflettere su quello che sta succedendo, di capirlo... 
- Scappa dalla realtà. Tipico suo. - disse Gerard con aria da professore. 
- Dio, è proprio un bambino! - esclamò a denti stretti Rafa, lo sguardo feroce ed affilato. 
- È quello che ho detto... 
Cristiano non finì la frase che Rafa si era già precipitato giù per le scale, verso il rifugio. Gli altri tre si guardarono un attimo perplessi, poi si affrettarono a rincorrerlo. Sicuramente i modi poco delicati di Rafa non erano la cosa migliore, in quel momento. Tuttavia si sarebbero sorpresi, alla fine, nello scoprire che invece proprio i suoi modi poco delicati erano la sola cosa ad avere presa su Neymar in versione infantile e capriccioso.