*In contrapposizione al momento estremamente tragico che stanno vivendo, il gruppetto più malassortito del mondo tira fuori un'oretta di svago per un Sergio opaco, che sta lì anche se non li conosce e non è dell'umore, solo perché appena uscirà sarà molto peggio. Sembra assurdo, ma è proprio nel momento più impensabile che escono le situazioni più idiote. L'attesa del risveglio di Leo me la immaginavo così. Fra comicità inaspettata e gli spari nel buio, quelli che ti tolgono il fiato perché ti riportano all'orribile realtà. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 7:
MANI STRETTE
“Sii forte e stringi la mia mano.
[...] non lasciare che prendano la luce dietro i tuoi occhi.
fallirò e perderò questa battaglia,
non sbiadire mai nell'oscurità
ricorda solamente che brucerai brillando per sempre
la luce dietro i tuoi occhi...
la luce dietro
a volte dobbiamo crescere più forti
e non puoi essere forte quando me ne andrò.
quando sono qui, non per molto,
devi essere ancora più forte e
se avessi potuto essere qui con te stanotte,
Avrei cantato per farti addormentare
/My Chemical Romance - The light behind your eyes/
Erano rimasti seduti appiccicati sul tavolo da biliardo, le palline alcune sparse, altre nelle buche.
La stecca buttata a terra, dimenticata.
Nessuno dei due pareva intenzionato ad alzarsi e raggiungere gli altri, non prima di fare una cosa. Qualcosa che nessuno dei due sapeva come fare.
Rimasero a fissare il pavimento, spalla contro spalla, i brividi per quel piccolo contatto semplice. Le mani strette fra le cosce, l’aria pensierosa, le labbra mordicchiate, l’ansia per quel momento, quell’intenzione, quell’istante.
Poi, finalmente, prendendo respiro insieme, parlarono contemporaneamente dicendo: - Senti...
Si interruppero, si guardarono e scoppiarono a ridere imbarazzati, lasciando così che la tensione calasse da sola.
Sospirarono mentre le risa scemarono, sciolsero le posizioni, tirarono fuori le mani, Neymar posò la propria fra loro due, Rafa la mise sulla sua. Lo fece di proposito. Lì gliela strinse e mentre il calore partiva come un’onda, si guardarono da vicino, respirandosi.
Sorrisero con dolcezza, spontanei.
- Mi dispiace per prima, non volevo essere duro, ma non voglio che tu eviti di affrontare la realtà...
Neymar provò a rispondergli, ma lui gli parlò sopra proseguendo: - Se stai male lo devi dimostrare, se vuoi piangere, gridare, arrabbiarti... non voglio che scappi e ti trattieni. Puoi fidarti di me, ti sosterrò.
Non ci aveva pensato molto, non aveva voluto fare un discorso troppo sdolcinato, ma alla fine era uscito così e Neymar, colpito dalle sue parole, decise di non dire più niente e con gli occhi lucidi sorrise appoggiando la testa sulla sua spalla. Allargò le dita lasciando entrare le sue in una specie di intreccio. Rafa appoggiò la testa sulla sua e rimasero così pochi istanti, in silenzio. Non era facile, ma ci avrebbero provato insieme.
- Che fai? - chiese bruscamente Cristiano guardando Neymar che prendeva il telefono per chiamare qualcuno. Questi nemmeno sollevò lo sguardo. Alzò le spalle e disse con aria ovvia:
- Chiamo la cuoca...
Era così scontato, come poteva lui saper fare anche solo una minuscola cosa in casa?
Cristiano con la sua tipica prepotenza gli prese il telefono e lo buttò sul mobile facendosi fissare torvo dal proprietario, ma lui mani ai fianchi e mento alto lo fissò sfidandolo a replicare.
- Siamo in 6 adulti, sapremo prepararci da soli qualcosa da mangiare!
Sembrava molto convinto mentre lo diceva e tutti lo guardarono ammirati, sorpresi che uno come lui sapesse cucinare e lo facesse da solo.
- Vuoi dire che tu ti cucini da solo? - gli chiese infatti Neymar sorpreso. Cristiano non si scompose.
- Certo che no! Ho un cuoco!
Gerard chiuse gli occhi scuotendo la testa.
- E allora perché noi dovremmo saperlo fare se non lo sai fare nemmeno tu?
Neymar aveva quei modi da bambino dove si impuntava e sembrava quasi che pestasse i piedi per terra, ma Cristiano non cedette di un millimetro.
- Che ci vuole per cucinare? Ce la caveremo da soli!
Lo pensava davvero, mentre lo diceva. Tanto che Gerard, che conosceva il suo pollo anche se non erano più nella stessa squadra da qualche anno, decise di dargli corda per divertirsi a buttargli giù la maschera di uomo sicuro e tutto d’un pezzo, il gran capitano, come si sentiva lui.
- Ok, andiamo allora!
Andò per primo nella cucina spaziosa di Neymar ed iniziò ad aprire il frigo facendo spazio a Cristiano, quando lo raggiunse si mise in parte con le braccia conserte.
- Avanti, cosa cucinerai?
Cristiano voleva chiedere perché diavolo pensava dovesse farlo lui, ma avrebbe fatto capire che in realtà non aveva la minima idea di come si prendeva in mano una pentola.
Aveva sempre cucinato sua madre e poi il cuoco, insomma, non aveva mai fatto niente da solo. Però ormai non poteva tirarsi indietro.
Si affiancò a Gerard che nella propria testa chiamava ‘stronzo’, poi fissò accanto a lui l’interno del frigo come se avesse per la testa mille ricette diverse.
Il frigo di per sé era anche sufficientemente pieno per alcuni piatti, ma lui non ne conosceva nemmeno uno.
Si rese conto di essere poi in poco circondato da tutti gli altri, curiosi di cosa avrebbe tirato fuori. La pressione salì in poco tempo.
Sentiva appoggiato sulla sua spalla Neymar, come un furetto in cerca di coccole. Dietro di lui, avvinghiato, doveva esserci Rafa, sentiva il suo profumo (ebbene sì lui li distingueva tutti per il profumo), mentre fra lui e Gerard c’era Luis che se la rideva senza freni, il quale aveva ben capito cosa stava cercando di fare il suo compagno di squadra.
Sergio era l’unico un po’ più in disparte, ma anche lui in attesa di vedere cosa avrebbe fatto. Forse non perché avesse veramente fame, ma solo per occupare quell’ora in un modo che gli impedisse di pensare a Leo, ai figli o a cose che lo riempivano di tensione.
“E adesso che diavolo cucino? Non so un cazzo di fornelli! Ci sono le uova! Posso fare le uova strapazzate, non credo ci voglia chissà cosa, ma non posso presentargli la colazione! Chi li sente poi?”
Prese così una confezione di cosce di pollo e le contemplò come se sapesse esattamente come si cucinavano, gli altri trattennero il respiro, pronti a stupirsi e a rimangiarsi le proprie idee.
Ma poi Cristiano rimise giù la confezione, chiuse il frigo, riprese il telefono di Neymar, glielo riconsegnò e gli ordinò con un’enorme faccia tosta:
- Ordina due pizze giganti!
A questo una grassa risata generale si sollevò e con stupore vide che anche Sergio rideva un po’, niente di particolare, ma si vedeva l’ombra di un sorriso.
Cristiano cancellò tutti gli altri stronzi intorno che ridevano di lui, anche se se l’era cercata non gli piaceva essere preso in giro in alcun caso, ma almeno aveva fatto una buona azione per l’unico che lì dentro aveva realmente bisogno d’aiuto.
Poi sgomitò Neymar e Gerard, investì Luis e andò a cercare dei bicchieri e qualcosa da bere. Sempre come se fosse a casa sua.
Non si sentiva parte di quei 5, come probabilmente anche Cristiano nonostante sembrava essersi adattato velocemente alla situazione, ma più il tempo passava, più guardava l’orologio ed il telefono nervoso, consapevole che quando Antonella l’avrebbe chiamato, lui sarebbe dovuto andare ed allora sì che sarebbe stata dura. Altro che stare con quei 5 suonati.
Era vero che ognuno di loro aveva una sua stranezza ed era anche vero che per quanto toccati dalla situazione di Leo, nessuno lo era a fondo come lui.
Nessuno si sentiva in bilico su un baratro. Neymar cercava di scappare dalla realtà facendo come se nulla fosse successo, Rafa ci litigava obbligandolo a rimanere presente come se fosse una questione personale, Gerard e Luis sembravano più divertiti dallo stuzzicare Cristiano che altro. Sapeva che erano tutti amici di Leo, oltre che compagni di squadra, ma non erano come dei fratelli per lui.
E forse qualcosa di più.
Poteva dire di essere solo un fratello realmente?
- Non hai fame? - chiese Cristiano indicando il cartone di pizza sul tavolo, la pizza gigante si era ridotta di metà. Lui ne aveva mangiucchiata una senza riuscire nemmeno a finirla, seriamente provato. Lo stomaco gli si era subito chiuso come se volesse rigettare qualunque cosa osasse porci dentro.
Sergio guardò Cristiano scuotendo la testa con aria di scuse.
- Non riesco ad infilarci niente dentro. - si mise la mano sullo stomaco. - Ma ti ringrazio per averci provato!
Cristiano si strinse nelle spalle.
- Non sono di certo problemi, mi dispiace che non riesci a mangiare, ma capisco.
Sergio rimase in silenzio senza saper cosa dire, non avendo nulla da condividere con loro. Ma si chiese quale fosse il ruolo di Cristiano, gli altri erano compagni di squadra di Leo, suoi amici comunque, ma lui era solo un suo rivale, per quel che ne sapeva. Nonostante questo sembrava tenerci molto, per di più era quello con più controllo lì dentro. Magari il fatto che riuscisse ad essere così ‘normale’ significava che in effetti era lì solo perché si sentiva in dovere di starci, non perché volesse o provasse chissà cosa.
Sergio trovò facile fare viaggi pindarici negli affari degli altri, sia pure di persone che non conosceva per nulla, piuttosto che pensare a come avrebbe eventualmente detto a Leo della sua condizione.
Pensandoci brevemente, gli vennero i brividi e Cristiano notandolo gli chiese se avesse freddo.
- No. Stavo pensando che forse toccherà a me dire a Leo che non camminerà più. E non so come dirglielo. - lo disse senza rifletterci, solo perché glielo aveva chiesto.
Cristiano si raggelò, voleva di nuovo non essere lì, ma inghiottì a vuoto mentre i brividi gli correvano lungo la schiena e d’improvviso il silenzio intorno divenne totale. Tutti lì ad ascoltare quella frase, quella terribile e pesantissima frase. E pure quel silenzio, ora, era pesante.
- Mi dispiace, non volevo rovinare tutto. - aggiunse Sergio notando tutto.
Cristiano, suo malgrado, non si perse d’animo e tornò a fare ciò che sapeva andava fatto.
Gli sorrise incoraggiante mettendogli una mano sul ginocchio, seduti vicini intorno al tavolone della cucina di Neymar.
- A me dispiace che non possiamo esserti d’aiuto. Io onestamente non so...
Il sorriso si spense, guardò in basso, le proprie mani ora pulite dopo aver mangiato due fette di pizza. Aveva fatto uno strappo alla propria dieta severa e rigida, ma aveva pensato che in una situazione simile sarebbe stato meglio così.
- Non so come potresti dire una cosa simile. Non oso immaginare come ti senti, come farai. Vorrei darti qualche consiglio, ma la verità e che non ne ho nemmeno mezzo.
Con questo tornò a guardare Sergio con aria di scuse.
Gli altri rimasero in silenzio, Sergio scosse il capo pentitosi di aver detto una cosa del genere. Era meglio continuare a non pensare proprio a quello, anche se ora che si avvicinava il momento riteneva che magari potesse essere più utile avere un’idea di come farlo.
Fra poco sarebbe andato da Leo, cosa gli avrebbe detto alla fine? La fuga dalla realtà era stata utile per sopravvivere un’ora in più, ma non aveva risolto nulla. Aveva solo rimandato un momento inevitabile.
- Apprezzo che non provi ad essere uno di quei fastidiosi che devono per forza dire frasi di circostanza. A volte è meglio non dire niente. Anche se io qualcosa lo dovrò dire e... e non so come lo farò!
Alzò gli occhi al cielo, gli bruciavano e di nuovo si sentì teso e sottile come un vetro di cristallo pronto ad andare in frantumi. Era ora di essere forte. Era ora di essere forte come lo era Cristiano.
- Io vorrei saperlo e basta. Senza giri di parole, senza avere uno che mi indora una pillola di merda. Resta comunque una pillola di merda! - rispose Rafa sorprendendo tutti. Fino a quel momento era sembrato lì solo per Neymar, cosa in effetti vera, ma si era limitato a rimbeccare il suo amico su tutto, irritandolo di continuo fino a litigarci ogni cinque minuti.
Ma lì dopotutto ne aveva detta una sana.
- Questo è vero... vorrei saperlo e basta. Senza uno che cerca di mostrarmi il lato positivo di qualcosa che non ne ha. - rincarò Gerard. Luis concordò. Neymar rimase zitto, ma Sergio guardò Cristiano accanto a sé. Improvvisamente contava solo la sua opinione e sapeva perfettamente perché.
- Tu che sei un campione del suo calibro, il suo più grande rivale. Che vivi per il calcio almeno quanto ci vive lui. Come lo vorresti sapere? - vide Cristiano impallidire, tirare tutti i muscoli del corpo che non erano pochi, fu un istante solo, un fulmine che subito sparì com’era arrivato. Tornò a rilassare il corpo, respirò a fondo e poi serio, mortalmente serio, gli rispose:
- Qualunque modo tu scelga non importa. Ma non lasciarlo mai solo, dopo che glielo avrai detto. Perché io se venissi a sapere una cosa simile, cercherei di uccidermi.
E non stava scherzando. Oh no di certo.
Sergio impallidì come gli altri, profondamente colpiti dalle sue parole, dalla sua schiettezza ma anche dal suo stato d’animo brevemente mostrato.
Cristiano non mostrava nemmeno la punta dell’iceberg. Quello che lui mostrava era probabilmente solo una liscia superficie di mare. Una superficie che celava sotto di sé un iceberg in grado di far colare a picco un transatlantico.
Nessuno fiatò, Neymar corse a cercare la mano di Rafa e trovata la strinse forsennato, livido, gli occhi sbarrati, terrorizzato più che mai.
Nessuno sapeva cosa dire, nemmeno Sergio stesso che capì solo in quel momento cosa lo aspettava. Lo capì con una precisione sconcertante.
E su quello il telefono vibrò.
Lui lo guardò spaventato, il messaggio di Antonella che gli chiedeva di venire.
- È ora. - fece funereo. - Devo andare.
Silenzio da parte di tutti. Quel silenzio che nessuno avrebbe osato interrompere.
- Grazie di quest’oretta, l’ho apprezzato veramente. Vi farò avere notizie quando ne avrò.
Cristiano annuì, non sorrideva, ma gli strinse la spalla salutandolo. Nessuno si mosse quando se ne andò, nessuno disse la tipica frase di circostanza, ‘salutalo’.
Era meglio di no, vero?
Sergio, uscendo, si chiese chi sarebbe riuscito ad interrompere quel silenzio tombale, ma appena superato l’uscio, tutto svanì rimanendo solo col pensiero di Leo e quelle parole amare che gli avrebbe dovuto dire.
Cristiano aveva ragione. Sarebbe comunque andata male.