*Si discute più o meno animatamente su come sia meglio affrontare Leo e dopo che Neymar torna a evadere nel suo mondo infantile e Luis che esce di scena, restano Cris e Gerard a confrontarsi per un'ultima volta e, forse, per la prima volta davvero. Ho sempre pensato che al Manchester United quei due avessero un rapporto particolare ed ho voluto approfittarne per accennarlo. Per quanto poi si sono pizzicati e scontrati, alla fin fine si sono anche sempre ammirati e rispettati e, spesso, difesi. Comunque si chiude la parentesi degli 'ospiti'. Proseguiamo con quelli che sono, di fatto, i protagonisti della fic. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 8: 
SEPPELLIRE

cris geri cris geri

‘E cosa ottengo
in cambio del mio dolore?
Desideri traditi,
e una parte del gioco
Anche se lo so,
suppongo che mostrerò
Tutta la mia tranquillità e la mia freddezza,
come un vecchio mestiere
Malgrado tutta la mia rabbia sono ancora un semplice topo in gabbia
e poi qualcuno un giorno dirà che ciò che è perso non può essere salvato
[...] Dimmi che sono il prescelto,
dimmi che non c'è nessun altro
Gesù era figlio unico
[...]E continuo a credere che non posso essere salvato’
/Sam Tinnesz - Tommee Profitt - Bullet with Butterfly Wings (cover Smashing Pumpkins)/

- Non lo invidio... - disse Luis interrompendo il lungo silenzio che si era creato dopo l’uscita di Sergio. 
- Tu non pensi di doverlo mai affrontare? - fece Gerard leggendo fra le righe. - Leo intendo. 
Luis lo guardò come se stesse bestemmiando. 
- Quando starà meglio e sarà pronto agli altri! - rispose subito, avendo le idee perfettamente chiare sul fatto che non era così masochista. 
- Pensi che sarà più facile se lui starà meglio? - chiese a quel punto ancora una volta Gerard. 
- Più che altro pensi che lui starà davvero mai meglio? - si inserì Rafa. Luis si strinse nelle spalle senza sapere bene cosa dire, non per questo stette zitto. 
- Lo spero per lui. 
- E se non dovesse mai stare meglio? - continuò Rafa stizzito, iniziando ad irritarsi da quei suoi modi così semplicisti. Sembrava non considerare mai il lato serio delle cose, come se non lo toccassero realmente. Iniziava ad infastidirsi. Non aveva mai realmente legato con lui e non capiva come poteva Neymar essere diventato così tanto suo amico. Ma lui legava facilmente con tutti, anche con lui era successo. Era il suo dono, dopotutto. Prendersi da chiunque avesse vicino. 
- Cosa vuoi che ne sappia? Non ci sono mai passato per fortuna e prego di non passarlo mai! - replicò Luis iniziando ad innervosirsi e quando gli succedeva sapevano tutti che non andava mai per il sottile. 
Cristiano e Neymar continuavano a stare zitti, lì seduti al tavolo della cucina. La pizza quasi finita ormai abbandonata, per l’occasione si erano concessi anche delle birre consapevoli che sicuramente anche per l’indomani tutti avrebbero avuto un congedo vista la situazione. 
- Ho capito ma ci devi pensare ora! Io non credo che Leo si riprenderà mai, non facilmente e velocemente. Tu non lo incontrerai? Non sei suo amico che insistevi tanto per fare festa insieme fuori dal campo? 
Rafa una volta che partiva non riusciva a frenarsi e tendeva ad essere piuttosto brusco, iniziava a scaldarsi e forse perché era sempre stato escluso da quel bel gruppetto soprannominato MSN. Neymar ne faceva parte, lui no. 
Per fortuna lui faceva comunque parte del mondo di Neymar. 
Non voleva sembrare geloso, forse lo era normalmente o anche magari invidioso, non del fatto di non essere parte di quel terzetto, bensì di essere escluso da qualcosa che riguardava Neymar. 
In quel caso non c’entrava tutto quello. In quel caso era irritato da Luis, come per la maggior parte dei casi. Quello agiva sempre come gli pareva senza preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni, che spesso gravavano su tutti e non solo su lui. 
Oltre a questo era egoista. Per lui lo era. Egoista ed immaturo. Anche Neymar era immaturo, ma non era egoista. Aveva un cuore enorme ed era quello che gli piaceva tanto di lui. 
- Certo che sono suo amico e mi dispiace per lui, ma onestamente non ho alcun potere su quello che gli è capitato. Nessuno di noi può aiutarlo e farlo stare meglio. 
- Non è questo che ho detto! Non lo incontrerai finché non starà meglio? E se non si riprenderà mai? 
Gli parlò sopra Rafa, ora chiaramente surriscaldato dal discorso. Si vedeva che ce l’aveva con lui e Luis ovviamente non ci stava ad essere mira di qualcuno. 

Cristiano si aspettava il lancio di qualche bottiglia di birra come minimo, conoscendo il tipo, ma non voleva intervenire. Non era il babysitter di nessuno, aveva chiamato loro per alleggerire la situazione con Neymar, ma era anche peggio a quanto pareva. 
Guardò il giovane brasiliano fermo lì con loro, totalmente estraneo ai discorsi, mentre Gerard decise di tornare nella conversazione sentendosi un po’ il fratello maggiore della situazione. Era sempre stato così, anche al Manchester United. Non si sentiva il fratello maggiore, all’epoca, ma si impicciava sempre. 
Sempre. 
- La smetti di essere così negativo? Si riprenderà un giorno, sarà difficile ma non potrà stare in crisi per sempre! - poi si rivolse a Cristiano come una molla, come se lui avesse fatto qualcosa: - E tu! Ti sembrava davvero il caso di dire quello a Sergio? Che secondo te tenterà di uccidersi? Non sei un po’ melodrammatico? 
Cristiano lo fissò con dei fucili al posto degli occhi. 
Eccolo lì il vecchio solito Gerard. L’impiccione! 
Il nervoso iniziò a montargli solo sentendo la sua voce, il proprio nome nella sua bocca. Mentre dei flash, dei vecchi flash, di loro due che litigavano in Inghilterra si sovrapponevano. 
- Sono realista! Mi ha chiesto un’opinione ed ho risposto sinceramente. Era di questo che aveva bisogno Sergio! Onestà! 
I toni in un attimo si alzarono e mentre Rafa e Luis tornavano a litigare fra di loro concitati, entrambi più simili a due caterpillar che ragazzi, anche Cristiano e Gerard finivano per discutere animatamente.
La vena di Cristiano pulsava, sentiva di volerlo spingere violentemente, insultarlo e dirgli ben altro che quello. 
Non poteva, sapeva di doversi fermare, sapeva di doversi assolutamente frenare, ma era come se fosse impossibile. 
Anche quella volta Gerard aveva esagerato come ora osandogli dire che era innamorato e che se non lo ammetteva, se ne andava. E poi l’aveva fatto realmente, visto che non l’aveva mai ammesso. 
‘Allora vattene, sei proprio un bambino!’
Ricordava le parole che gli aveva detto nel 2008 prima di sapere che se ne era realmente andato a Barcellona. 
Successivamente tutte le volte che si erano visti in campo era sempre stato tutto teso fra loro, perché di fatto non avevano risolto la questione. Una questione che per Cristiano non esisteva visto che semplicemente non l’aveva mai amato. Erano solo andati a letto insieme, tutto lì. 
Sul culmine dei due litigi e delle urla, Neymar ancora estraneo a tutto prese e si alzò dalla sedia andandosene in salone, come niente fosse, come se non ci fosse la terza guerra mondiale in corso. 
Prese il telecomando ed accese la televisione e a quel punto tutti e quattro si zittirono contemporaneamente, si guardarono shoccati e poi guardarono la porta da cui si sentiva il volume alto della tv. Stava cambiando canale alla ricerca di qualcosa. 
- Che diavolo... - fece Cristiano sentendosi vicino al proprio limite di sopportazione. Come osava fare il bambino, ancora? 
E loro? Tutti loro che diavolo volevano?
Lui era lì solo per incontrare Leo e l’avrebbe fatto il prima possibile, in qualunque situazione lui fosse stato. Volente o dolente. 
E l’avrebbe fatto non perché lo volesse, ma perché sapeva di doverlo fare. E Dio solo sapeva se avrebbe in realtà voluto evitarlo. Perché aveva una fottuta paura di incontrarlo, ma doveva, lo sapeva e l’avrebbe fatto in ogni caso.
E quella massa di bambini uno più infantile dell’altro cosa perdevano tempo a decidere come e quando vederlo?
Forse si salvava solo Rafa. 
- Ancora?! - esclamò Rafa alzandosi, fu fermato da Luis che fece altrettanto, esasperato e stufo. 
- Oh beh, non sono qua per rincorrere nessuno! Se vuole isolarsi che faccia! Io me ne vado! - detto questo, sotto lo sguardo esterrefatto degli altri, se ne andò. Rafa si mangiò un ‘vaffanculo’ solo perché in effetti avrebbe dovuto rivederlo in squadra. Perché in fondo era maturo, dopotutto. Più di lui di sicuro. 
Rafa non rispose nulla, scosse la testa e si precipitò in salone da Neymar.
Rimasti soli Gerard e Cristiano si guardarono calmandosi. Sospirarono e lo spagnolo difensore del Barcellona prese un’altra birra aprendola e la porse a Cristiano in segno di pace, questi scosse il capo. 
- Eddai, non fare il muso! 
Cris alzò gli occhi al cielo sospirando. 
- Non faccio il muso! Ho sgarrato troppo, non posso bere ancora. Lo sai che lo faccio il meno possibile... 
Era vero, lo ricordava. 
Dopo la morte di suo padre, Cristiano tendeva ad evitare l’alcool, si concedeva qualcosa ogni tanto, tendenzialmente leggero o pregiato, ma non andava mai oltre qualche bicchiere. 
Ricordandoselo, come si ricordò lo stato in cui era quando suo padre era morto e come lui l’aveva aiutato a tirarsi su, si ammorbidì pentendosi di averlo punzecchiato tutto il tempo. 
Bevve così da solo e si spostò di sedia mettendosi in una vicino a lui. 
- Mi dispiace se ho esagerato... quando si tratta di te non riesco mai a darmi un freno... 
Cristiano rimase colpito dalla sua ammissione di colpa. 
- Lo so che Leo rischia molto adesso e non bisogna lasciarlo solo. Sicuramente Sergio ha apprezzato la tua onestà, anche se spietata e sconvolgente. 
Cristiano si calmò prendendo la bottiglia d’acqua e versandosene un bicchiere, rimase fermo e zitto sulla sedia, sentendosi soffocare nello stare lì da solo con Gerard. Improvvisamente i ricordi iniziavano ad essere troppi. Un conto era incontrarlo in campo ogni tanto e scontrarsi brutalmente, un altro era averci a che fare fuori contesto, così tanto.
“Perché Ney ha chiamato proprio lui?” 
Improvvisamente si ricordava che non avevano mai risolto quella questione. Gerard era sempre rimasto dell’idea che Cristiano lo amasse e che non avesse voluto ammetterlo per paura chissà di cosa, forse perché solo troppo immaturo e pieno di sé. Così se ne era andato a Barcellona. Un anno dopo lui era andato a Madrid. Un puro caso trovarsi nello stesso campionato, ma da rivali. Un caso che li aveva portati sistematicamente a litigare ogni santa volta che si incontravano, con Gerard che lo tormentava in tutti i modi e lui cercava di resistere alle provocazioni. 
Però no, di fatto non avevano mai risolto. Entrambi erano rimasti della rispettiva idea sull’altro.
Ora erano lì, soli, e Cristiano era di nuovo ad affrontare una cosa che non voleva. Come non voleva essere lì, non voleva vedere Leo, non voleva stare con un Neymar strano, non voleva di certo affrontare Gerard ora dopo tutto quel tempo. 
Dopo come l’aveva fatto sentire. 
Perché andarsene? Se pensava che l’amasse significava che anche lui l’amava. Perché quindi lasciarlo? C’era stato tanto male, troppo, non aveva potuto sopportarlo ed era stato più facile odiarlo. 
Adesso non voleva parlarne, ma probabilmente come per tutto avrebbe dovuto farlo lo stesso. 
La pressione tornò ad alzarsi, la sentiva come dei tamburi nelle orecchie, ma doveva calmarsi o avrebbe di nuovo attaccato. L’aveva detto. Con lui Gerard non riusciva proprio a frenarsi. Ora non poteva sopportarlo. 
- Va bene, non è facile per nessuno. - disse solamente quasi con freddezza. Voleva liquidarlo, andarsene in camera ad aspettare Riky. Una volta arrivato lui sarebbe andato tutto a posto, lo sentiva. 
- È colpa di come ci siamo lasciati... non sopporto le questioni irrisolte e se sono convinto di avere ragione... 
Cristiano scattò sbattendo il bicchiere sul tavolo, Gerard si zittì fermandosi a guardarlo meravigliato. 
- Non tirerai fuori ora quella storia? 
La vena pulsava ancora. E sarebbe aumentata. 
- Potremmo parlarne ora una volta per tutte, magari la smetteremo di ucciderci ogni volta che ci incontriamo! - provò Gerard allargando le braccia, la birra in mano, ma rimaneva seduto sapendo bene cosa fare con lui. 
Cristiano iniziò a muoversi nervoso. Era sempre più difficile trattenersi e controllarsi. Non l’aveva mia fatto prima di arrivare al Real, poi Riky gli aveva inculcato quel modo di essere. Controllarsi, evitare piazzate e scandali, fingere che all’esterno ed in pubblico andasse tutto bene, fare ciò che tutti si aspettavano e così ti lasciavano in pace. Non potevi farlo se avevi a che fare con uno che ti conosceva e sapeva come tirare fuori tutto da te. 
Aveva bisogno di Riky, solo lui l’avrebbe calmato, come sempre. 
- Non voglio parlarne, voglio che te ne vai! - sbottò invece. Gerard però si alzò. 
- Mi avete chiamato voi! 
- Ti ha chiamato lui! Se sapevo che ‘i suoi amici’ eri tu e quel cannibale di Luis col cazzo che l’avrei permesso! Per lui è sufficiente Rafa, si capisce che è l’unico in grado di fare qualcosa per lui perché è il solo che ci tiene! 
Ma non parlava più di Rafa e Neymar. 
Gerard gli si piazzò davanti bloccandogli la strada, Cristiano si fermò obbligato, si morse il labbro e contrasse la mascella. Il fuoco ed i fulmini negli occhi, le stesse scintille che avevano fatto a letto insieme, un sacco di anni prima ormai. Le stesse che continuavano a fare quando si incontravano e litigavano come ora. 
- Non puoi scappare per sempre! 
- Non si tratta di scappare! Per me è finita quando te ne sei andato! 
- Per me è finita perché tu non hai mai voluto ammettere che mi amavi! 
Cristiano si mise le mani sul viso chiudendo gli occhi, esasperato, fuori di sé. Voleva gridare. 
- Si può sapere ora che diavolo importa? È finita ormai! Il motivo non conta! 
Ma Gerard non ci stava, ovviamente. 
Gli mise una mano sulla spalla obbligandolo a guardarlo. Lo faceva sempre tutte le volte. Sempre. 
- Ehi! 
Cristiano gliela tolse irritato da quei suoi modi, come sempre prevaricava tutti. 
- No, ehi tu! 
Gerard alzò le mani in segno di scuse per il contatto, ma non mollò cercando di risultare un po’ più conciliante. Di poco in realtà.
- Per me conta, invece. Io ti amavo! 
Cristiano chiuse gli occhi senza coprirsi il viso, voleva piangere, piangere per un insieme di cose, ma scosse il capo e riaprì gli occhi senza farlo. 
- Anche io ti amavo. Però ero piccolo, immaturo e stronzo. E avevo paura di quello che provavo. Ma mi sarebbe bastato tu rimanessi con me e prima o poi te l’avrei detto. Poi te ne sei andato ed è finita. ora non provo più niente, ora amo un altro. 
Era vero. Così dolorosamente vero, che amava un altro. E proprio come era finita con Gerard, anche con quest’altro amore non era andata bene. No, visto che anche lui l’aveva lasciato come aveva fatto Gerard, proprio quando le cose erano diventate serie. 
Anche questa volta non era riuscito a dirglielo e di nuovo se ne era amaramente pentito. Perciò non voleva più amare, ma non era così facile. 

Gerard, colpito dalla sua ammissione, rimase di sasso, incredulo di sentire quelle parole. Quelle che aveva voluto sentire da anni. 
Venne così investito da un’ondata di dolore e rimpianto così intensi che non riuscì a trattenersi dal prendere il viso inespressivo di Cristiano per baciarlo, ma venne fermato da lui con le mani sul petto. Deciso e duro. 
- Sono serio. Geri. Amo un altro ora. 
Gerard cercò di forzarlo avvicinando le labbra alle sue.
- E allora? Anche io amo un altro ora... 
Era vero, ma lì ora era tutto un gran casino, nessuno capiva più niente. Lui no di sicuro. Non capiva come facesse Cristiano a rimanere così fermo, così distante. Come poteva? 
Non mollò, non lo lasciò arrivare alle labbra, così smise di provarci e lasciò che gli occhi lucidi rivelassero il proprio subbuglio. 
- Cosa ci siamo persi, Cris? 
Cristiano si strinse nelle spalle rimanendo serio, senza ancora un’apparente emozione addosso.
- Non lo sapremo mai. Non possiamo rimuginarci sopra. Dobbiamo andare oltre, Geri. 
Forse era vero, aveva ragione. Era ora di crescere un po’ per tutti. Seppellire il ‘mai più’. 
Rimase a guardarlo davanti a lui, le mani sul suo viso ma senza alcuna forzatura. Infine, tristemente, lo salutò.
- Ciao, Cris. Ci vediamo in campo. 
Perché lì non sarebbe tornato finché ci sarebbe stato lui. 
- Ciao Geri. Alla prossima.  
Gerard così se ne andò.