NOTE: la seconda fic di 3 nella mini serie su Bron e Steph. È più corta e veloce dell’altra, più ‘d’azione’ e diretta. Avevo solo questa scena in testa sul loro incontro dopo la loro unione speciale all’All Star Game e vedendo le foto della partita fra le loro due squadre, mi sono detta OK, SCRIVI! Niente di pretenzioso. Ci sarà la terza fic. Baci Akane
È stato come smettere di combattere contro i Mulini a Vento.
Una guerra lunga ed estenuante senza esclusione di colpi che alla fine non era tale. Non era una guerra. O meglio, lo è stato.
È stata eccome una guerra, da parte di entrambi. Ma era priva di senso ed inutile.
Appena abbiamo smesso per godere della nostra compagnia, in tanti sensi, tutto ha assunto una prospettiva e visuale diversa, ma non solo questo.
È stato fottutamente bello e rilassante. Un tale sollievo.
Quanto inutile ed idiota è stato combattere così tanto? Quanto tempo perso e buttato nel cesso?
Forse è stato divertente, in un certo senso. Verso la fine, quando abbiamo capito che ci piaceva e che era stupido farlo sul serio, scontrarci ed insultarci per davvero; perché all’inizio lo facevamo seriamente, poi è cambiato qualcosa ed è diventato divertente. Erano sempre insulti e provocazioni in partita, ma ridevamo e ci piaceva.
Quando abbiamo fatto l’ultimo click agli All Star di quest’anno è stato catartico. Abbiamo riposto definitivamente le armi realizzando che la guerra combattuta fino a questo momento era stata proprio la cosa più idiota ed inutile del mondo.
Che idioti.
Ci piacevamo, ci trovavamo bene insieme, potevamo ridere e parlare un sacco e dire tantissime stronzate anche se ci affrontavamo senza esclusione di colpi.
Quanto cazzo di tempo abbiamo perso?
Potevamo essere amici affiatati da tempo, avere un rapporto pieno di ammirazione, rispetto e affetto. L’ho capito per quel po’ di tempo in cui abbiamo interagito senza astio né freni o preconcetti. È fottutamente elettrizzante stare con lui senza riserve e modalità negative o tese.
Rilassati, allegri, felici e noi stessi. Quanto siamo stati stupidi a non lasciarci andare, a non costruire qualcosa di bello. Poteva essere il Firmamento!
Me ne rendo conto adesso, quando qualche settimana dopo l’All Star Game c’è un’altra partita fra i Warriors ed i Lakers. Dopo quella famosa prima volta fra noi a letto, ci ritroviamo senza bisogno di metterci d’accordo né dirci niente di particolare.
Non ne abbiamo più parlato, non c’è stato un solo chiarimento né avvertimento, specie da parte sua.
Nessun ‘se lo dici a qualcuno ti uccido’, che forse era scontato.
Non c’è stato bisogno e appena ci siamo rivisti è scattato tutto come niente.
Quell’elettricità fra noi era sempre lì intatta e forse più potente di prima e non potevamo fare a meno di toccarci brutalmente in partita, ad ogni occasione che c’era mentre ci scontravamo.
Uno aveva la palla in un’azione in attacco e l’altro correva a marcarlo così stretto da essere asfissiante, ma non solo quello.
C’era bisogno del tocco, il contatto. La mia mano a cercare il suo fianco mentre l’avevo appiccicato dietro di me ed io a cercare pure di palleggiare e mantenere la palla.
- Paura che scappassi, eh? - gli ho detto dopo appena l’azione era finita. Ridevamo entrambi e lui ha subito colto la palla al balzo ed ha risposto come sempre per le rime. Delle rime che di teso e provocatorio non avevano più niente.
- Io? Mi sembrava fossi più tu quello che aveva paura che scappassi!
Ho riso e la volta dopo in un’azione simile ma contraria dove ero io abbarbicato alla montagna, aggrappato al suo braccio contro il suo fianco, bisognoso di nuovo di toccarlo, preda di quell’elettricità devastante ed eccitante, non si è fatto sfuggire l’occasione.
- Lo vedi che sei tu? Sembra stai scalando una montagna!
E lì la mia bocca come sempre si è mossa subito sempre fissandolo dritto negli occhi, bisognoso di fare anche quello. Forse per dimostrargli che non avevo paura, potevo stargli attaccato e fissare i suoi occhi da vicino perché non ero da meno di lui, non lo temevo.
E poi, magari, c’era la frenesia. Tutte le volte che lo guardavo la sentivo. Prepotentemente. Sconvolgente.
- Dopo ti scalo ben, non ti preoccupare!
Lui ha di nuovo riso divertito ed incredulo. Non dello sfondo sconcio che ormai fra noi è la regola. Ma del fatto che io avrei osato scalare lui, come a dire che prendevo l’iniziativa su di lui. IO su di LUI!
Impensabile!
Eppure ora ci sono io sopra di lui, seduto dritto come se lui fosse il mio comodo e morbido sedile, i pantaloni e gli slip abbassati quel che basta, le sue mani che mi tengono per i fianchi e accompagnano i miei movimenti su e giù mentre lo cavalco con la schiena inarcata contro il suo petto.
La sua bocca aperta ansima sul mio orecchio e sul mio collo leccandomi e mordicchiando, i miei occhi chiusi ed il capo all’indietro in totale abbandono, il suo cazzo grande e teso dentro di me che mi scopa in questa posizione, nascosti in una stanza nell’Arena di L.A. appena usciti dal campo. Non ci siamo nemmeno cambiati, appena abbiamo potuto levare le tende da lì ci siamo precipitati nel corridoio dopo un abbraccio in mezzo a tutti che ha avuto dell’incredibile, da un certo punto di vista.
Quel suo modo di stringermi, proprio come ha fatto all’All Star il mese scorso.
Forte, prepotente, asfissiante. Ed io ben aderente a lui ed al suo corpo senza più paura. Paura di lui, del nostro rapporto, di chissà cosa, forse la nostra idiozia.
Niente più paura, è tutto quel che contava alla fine.
Dopo di questo, diretti insieme nei corridoi verso gli spogliatoi, Bron mi ha poi afferrato il braccio da dietro in quella sua tipica maniera arrogante e senza nemmeno chiedere, mi ha tirato in questo stanzino che penso sia quello degli attrezzi, un magazzino pieno di cianfrusaglie, ceste di rete con palloni, attrezzature per le pulizie ed una serie di cose che non abbiamo registrato.
La sua bocca mi ha assalito premendomi contro la porta, di nuovo le sue mani sulla mia faccia, di nuovo senza dirmi nulla, di nuovo come se fosse ovvio e spontaneo.
Ma a questo punto ero io ad avere fretta e gli ho infilato le mani negli shorts e sono andato dritto alla fonte scivolando via dalla sua bocca che risucchiava la mia ipnotico.
Mi sono inginocchiato e gliel’ho succhiato subito senza esitare.
Il sudore per la partita né nessun altro odore mi hanno fermato, sognavo di farlo, pentito d’essermelo perso l’altra volta.
Glielo volevo assaggiare, sentirlo contro il palato, sulla lingua. Averlo contro la gola mentre cresceva e pulsava e poi quando ho sentito ogni vena in rilievo pulsare, mi sono staccato, mi sono rialzato e con Bron che mi fissava stralunato chiedendomi come avessi osato interrompermi, mi stava per girare intenzionato a fottermi, ma io l’ho spinto con una forza che non ha niente da invidiare alla sua. Quando voglio ce l’ho.
Mi ha guardato shoccato, di nuovo incredulo che osassi tanto, ma io gli ho riso in faccia, gli ho preso il suo bel labbrone fra i denti, l’ho tirato e poi mi sono girato abbassandomi i pantaloni e gli slip per poi sedermi su di lui, sul suo cazzo alto e duro e lubrificato dalla mia saliva.
Lui ha solo potuto assecondarmi infilando le dita nel mio buco per allargarmi un istante prima del suo cazzo, poi solo i brividi ed il paradiso.
Un primo momento di lacerazione, un po’ di dolore e poi dopo qualche respiro mi sono iniziato a muovere su di lui cavalcandolo e tutto è stato più bello, sempre più bello.
Un crescendo di sensazioni fisiche dove il mio culo risucchia il suo cazzo che non ne ha abbastanza. Non ne ho io mentre l’eccitazione diventa follia e si espande in ogni centimetro di me, mentre gemo incontrollato. Quando la sua mano si mette sulla mia bocca per tapparmela prepotentemente, arriva il culmine del godimento e mi abbandono all’orgasmo come poco dopo fa anche lui mordendomi la spalla per non gridare a sua volta.
Follia, sì. Forse è proprio follia.
Lo volevo così tanto e so che lo voglio ancora e lo vorrò chissà per quanto.
Perché adesso so com’è abbandonarsi a lui, a questo piacere, questo suo corpo possente che mi stringe da dietro mentre mi appoggio a lui come se fosse la mia poltrona privata. Appoggio la nuca all’indietro sulla sua spalla giro la testa verso la sua, alla ricerca della sua bocca mentre mi cinge forte con le sue braccia. Le sue labbra finalmente mi trovano, ci intrecciamo e ci baciamo qualche istante mentre ansimiamo sudati ed accaldati.
Era così bello abbandonarsi a lui, così facile, invece che combatterlo per dimostrare chissà cosa. Di non avere paura di lui, forse, di non essergli inferiore. Chissà.
- Hai visto che alla fine ti ho scalato?
Mentre glielo dico sulla sua bocca, faccio un sorrisino malizioso che presto si riflette su di lui e con le dita mi afferra il capezzolo pizzicando.
- Sei fottutamente presuntuoso, te l’hanno mai detto?
A questa sparata scoppio a ridere illuminando il volto in una risata luminosa e serena.
- Senti chi parla!
- Fai di tutto per dimostrarmi di essere migliore di me in ogni campo! Non sei presuntuoso?
A questo mi alzo non perché sono seccato od offeso, bensì perché so che è ora di andare via in fretta. Mentre mi sollevo i pantaloni rispondo sempre ridendo.
- E si chiama presunzione?
Bron si alza a sua volta dalla rete che adesso è stampata sul suo culo che per fortuna essendo nero non dovrebbe notarsi.
- Beh, se preferisci narcisismo, senso di superiorità, saccente, perfezionista... scegli quella che preferisci, mi sembrava che presuntuoso le riassuma più o meno tutte!
A questa sua tipica sparata di pura cattiveria che ricorda tanto quelle di una volta, gli do una spinta amichevole ed esco per primo facendogli il cenno per indicargli che può uscire anche lui.
- Arrogante! - gli rispondo io camminandogli allegramente accanto, con una felicità che è impossibile da nascondere.
- Sì, anche quella! - dice lui come se avessi continuato ad elencare quelle che lui ritiene siano le mie doti.
- No, tu sei arrogante! E presuntuoso! E saccente e narcisista! Sono le tue qualità! Ma tu pensa, lo sarei io solo perché...
Stavo per dire ‘ho voluto starti sopra’, ma mi fermo e lo fisso allusivo e malizioso, i miei occhi parlano bene senza bisogno delle parole. Ci fermiamo nei pressi degli spogliatoi dove i nostri compagni saranno ormai già quasi pronti. Ma noi siamo le star, è giusto che ci aspettino tutti.
- Che c’entra, io sono LeBron James, è ovvio che io stia sopra tutti sempre e comunque.
La dice con furbizia, da fuori uno può credere che siano i nostri soliti discorsi idioti con deliri di onnipotenza, ma in realtà sappiamo a cosa ci riferiamo.
Così ridacchio sempre malizioso e ben acceso.
- Lo vedi? E poi sarei io!
- Tu lo sei perché fai di tutto per dimostrarmi che invece mi stai sopra!
Per lui è un discorso che ha senso, per me no, ma in ogni caso le porte si aprono facendo uscire qualcuno da entrambi gli spogliatoi che non sono molto lontani fra loro, così scuotendo la testa gli faccio il dito medio e lui risponde con uno identico per poi entrare entrambi e sparire alla nostra vista.
Di nuovo non ne abbiamo parlato, ma non credo lo faremo mai.
Forse la prima volta dopo la prima in assoluto poteva essere quella più difficile da approcciare, quella più incerta, ma mi sembra sia andato tutto molto bene.
Così bene che in questo momento potrei toccare il cielo.
Sono felice perché so che da qui inizia ufficialmente qualcosa di splendido.