2. MY MAN
Ha questo modo di abbracciarmi, da quando lo fa è quasi sempre così.
Infila un braccio sotto il mio, mi agguanta per la vita e mi tira prepotentemente a sé contro il suo corpo possente, poi mi tiene con la mano sulla schiena schiacciandomi come se fossi suo prigioniero. Dopo ci stringiamo entrambi con vigore senza paura di aderire troppo, non è una toccata e fuga. Io chiudo sempre gli occhi e appoggio la testa nella sua spalla larga e comoda.
La sua spalla è la mia posizione preferita, come presumo la mia vita sia per il suo braccio.
È un modo possessivo di fare, per questo mi piace come mi prende e mi tira a sé.
Ci manca solo il ‘vieni qua!’
Se lo dicesse davvero mi ecciterei in campo, anche se poco ci manca.
Mi dà alla testa, non ho mai trovato nessuno che mi prendesse così.
Mi sono sempre piaciuti i contatti fisici, mi abbandono agli abbracci, appoggio sempre la testa sugli altri quando mi stringono e chiudo gli occhi. I contatti fisici mi danno vita, non ne ho paura.
Ma con lui è qualcosa di intossicante.
Ho passato una vita ad evitarli per paura chissà di cosa e poi è venuto fuori che abbracciarlo, o meglio farsi abbracciare da lui perché è così nel suo caso, è la cosa più bella del mondo.
Non vorrei essere in altri posti che questo.
Le sue braccia. Le sue spalle, il suo collo, il suo torace, il suo corpo.
Non abbiamo più paura.
E poi parliamo.
Parliamo un sacco, di tutto, sempre.
Prima ci limitavamo a dire stronzate e ridere insieme, l’evoluzione dei nostri dialoghi l’ho sempre sottolineata molto, ma adesso siamo ad un ulteriore passo in avanti.
Parliamo così tanto della vita, di qualunque cosa, sia con allegria e ridendo che seriamente e facendo discorsi profondi, che penso di poter dire senza ombra di dubbio che anche questo fa parte di quei momenti di cui parlava.
Quei momenti che non vogliamo perderci uno dell’altro per avere un rapporto che se non vissuto al massimo, andrebbe perduto e sarebbe un peccato.
Come ha detto lui il basket non dura per sempre e certi rapporti li puoi vivere solo mentre giochi ed è un peccato, in certi casi, privartene.
Per anni non avevamo mai capito questa cosa, ma è vero. Ha ragione. Ci sono cose che finché non le vivi non sai che erano belle, ma se non le avessi mai vissute ti sarebbero mancate e tu non l’avresti mai saputo.
Sono contento che in qualche modo sia scattato questo fra noi.
Se dovessi dire cosa è stato di preciso non saprei, forse giocare insieme nella stessa squadra per l’All Star Game, chi lo sa.
- Cosa credi sia stato a farci cambiare così uno verso l’altro? - glielo chiedo perché sembra sempre avere le idee chiare anche se non sempre le condivide. O meglio, se sono questioni di basket lo fa anche troppo, altrimenti non si spreca.
Si limita ad agire direttamente, ma forse sono io il pensatore fra noi due.
Bron mi guarda mentre si sfila la maglietta prendendosi il colletto dal mento, si sofferma prima di toglierla dal capo e mi guarda perplesso per capire se io sia serio.
Così piego le labbra ed alzo le spalle.
- Non ci hai mai pensato? Abbiamo passato una vita ad odiarci e provocarci anche spesso con cattiveria in campo, e poi questo?
So che non voleva parlarne, ma non è che io sia costretto a sottostare ai suoi desideri. Se voglio parlarne lo faccio.
Bron non risponde subito, prende tempo sfilando la maglietta che ripone sulla sedia, poi si toglie anche i pantaloncini mentre io faccio altrettanto, in attesa di una risposta che conoscendolo potrebbe non arrivare mai.
Ma lui non risponde e fa per andare al bagno ignorandomi, così sbuffo e scuoto la testa infastidito.
Si può parlare di tutto tranne che di questo? Cos’è, tabù adesso?
Bron nota il mio gesto stizzito e si ferma dalla sua progressione al bagno, mi guarda meravigliato e mi chiede: - Che hai ora?
Io alzo gli occhi al cielo esasperato sentendomi preso per il culo e scuoto la testa dandogli le spalle, rimango in piedi rivolto alla finestra che si affaccia sulla città che non dorme mai, bella, caotica e piene di luci peccaminose.
Las Vegas.
Preferisco usare il suo metodo ad una risposta ovvia.
Che cazzo mi chiedi che ho?
Aspettandomi di sentire la porta che si chiude con lui che si infila in bagno, vengo colto di sorpresa quando lo sento invece che mi afferra per il gomito girandomi e con la sua voce bassa e profonda mi chiede di nuovo: - Allora? Cos’è che ti scoccia?
Io però sfilo il braccio e mi allontano sgusciando di lato, raggiungo la sedia per rimettermi qualcosa e andarmene da qui per calmarmi.
Mi sembra di essere improvvisamente sul punto di esplodere, non so cos’è che mi ha stizzito tanto, ma Bron si muove di nuovo veloce più di come ci si aspetterebbe da uno così grande e grosso. Prima che io possa prendere i pantaloncini che mi ero appena tolto, mi è davanti e mi infila il braccio sotto il mio, mi prende per la vita e mi tira prepotentemente a sé. Ma questo gesto non prelude ad uno dei nostri abbracci dove appoggio sempre la testa sulla sua confortevole spalla larga.
Lo guardo stizzito rimanendo con le braccia lungo i fianchi.
- Che c’è?
- Ti ho fatto io una domanda, perché non rispondi? - dico seccato. Non abbiamo mai realmente litigato io e lui. I battibecchi avuti erano acide provocazioni in passato che poi si sono trasformate in giochi divertenti.
I suoi occhi neri e profondi mi penetrano come due pugni allo stomaco, ma non mi muovo, non lo tocco e non faccio nulla. Rimango premuto contro di lui con la sua mano sulla mia schiena.
- Perché non lo so! - risponde sulla difensiva ma comunque senza mollare e tenendomi ancorato a sé. Non posso andarmene, non posso voltargli le spalle se lui non vuole. Tipico prepotente.
- E allora dillo, no? E poi che paura hai di parlare di noi? Hai paura di dirmi che per te sono solo scopate e divertimenti e che io mi possa invece prendere? Ma tranquillo, non sono un bambino! So gestirmi! Tu preoccupati per te!
Non so come mi esce tutto questo fiume, non volevo, non dovevo. A momenti questo ritiro pre olimpico finisce e si partirà per Parigi e forse è stato tutto troppo bello, fra noi.
Intossicante. Splendido. Quel sogno che non vorrei finisse mai.
Non sono mai stato così bene con qualcuno ed ora ho paura che quando finirà non riuscirò più a sentirmi così e starò male.
Ma mi danno fastidio cose che non pensavo, cose che la mia bocca non si tiene per sé.
- Io non ho paura! - è la prima cosa che dice. Cosa poteva essere? Di tutto ciò che gli ho detto si è focalizzato su quella più insulsa per me, ma per lui ehi, non osare insinuare che io ho paura. Io non ho paura di niente! Sono LeBron James!
A questo alzo le braccia e spingo con le mani contro il petto per sgusciare via, ma lui mi prende anche con l’altra mano. La mette sulla guancia.
Quella sulla schiena aumenta la stretta tenendomi più forte contro di sé.
Cazzo, piantala!
Lo sai che questo mi dà alla testa.
Mi piace troppo, non farlo più. Piantala!
- E mi preoccupo per te quanto voglio!
Questo mi taglia le gambe e mi toglie le forze, smetto di spingere contro il suo petto scolpito realizzando che non me ne voglio realmente andare da qua. Che come sempre ci sto bene nella sua prepotenza e nella sua forza eccessiva.
- Ti sembra io abbia paura? - dice poi basso e penetrante, il viso sempre più vicino al mio, gli occhi incatenati ai miei confusi ed in sofferenza. Aumenta la stretta del braccio intorno a me col quale mi preme contro di sé, la mano tutta aperta anche sulla mia guancia mi prende metà testa come fa con la palla da basket.
Calore bruciante.
Non voglio stare così bene con lui.
- Non mi sembra. - ammetto. Uno che stringe così tanto qualcun altro non può averne paura. - Ed allora perché non parli mai di noi? - sussurro poi arrendevole mettendo in piazza con maggior chiarezza dei sentimenti che non volevo mostrare per primo.
Sentimenti?
È questo che provo?
Quando è successo?
- Perché le parole non possono esprimere ciò che provo. Non sono bravo a parole, sono meglio coi fatti e le azioni.
Dio, è così tanto da lui questa risposta.
È sconvolgente quanto io potessi aspettarmelo.
Sospiro e scuoto la testa chiudendo gli occhi, mi rilasso di schianto e mi arrendo a lui, alla sua presa, alla sua forza, al suo volere ed al mio sentimento.
E, forse, anche al suo.
Appoggio la fronte alla sua bocca cercandola di proposito. La sua morbidezza mi rilassa e mi conforta.
- Io invece sono bravo e so di cosa si tratta. E non ho paura di dirlo.
Solo non vorrei essere rifiutato.
Come se capisse il non detto, Bron scivola con entrambe le mani e le braccia intorno a me avvolgendomi meglio, come per impedirmi di scappare o dissolvermi. Quasi mi soffoca.
Di nuovo le sue azioni parlano meglio della sua vociona profonda da brividi e sorrido capendo che anche per lui è lo stesso e che non devo dubitarne.
- Puoi dire tutto ciò che vuoi e che ti va. Solo non so se sarò mai in grado di farlo anche io. - poi stacca la bocca dalla mia fronte e mi costringe a guardarlo. I nostri occhi tornano a trovarsi e sento il consueto pugno allo stomaco, adesso le mie braccia sono scivolate alte sulle sue spalle ed intorno al suo collo, lo stringo forte come fa anche lui, arrendevole, sereno e rilassato.
Sollevato.
- Spero tu senta da solo ciò che provo.
Così lo faccio per lui visto che è così stupido da non aver imparato a scuola come si parla con gli altri.
- Non sono mai stato così bene con qualcun altro.
I nostri corpi divisi solo dai fastidiosi boxer ci trasmettono calore. Muscolo contro muscolo, linea contro linea, pelle contro pelle.
Le labbra separate da pochi centimetri, i nostri occhi fissi uno sull’altro.
- Sono felice qua con te e spero che tutto questo non finisca mai. Ma anche quando quest’avventura sarà finita e torneremo a casa, spero che riusciremo a trovare ancora questo stato d’animo. Questa gioia. Questa perfezione.
Mi mordo il labbro esitando, non credevo di provare tutto questo, ma mi ha appena fatto dire qualcosa che non sapevo di pensare, perciò adesso è qua ed aspetta il resto perché sa, come sempre lui sa tutto di me a quanto pare, anche che lo volevo la prima volta. E sa che c’è altro e sa cos’è. Lo sa perché lo prova anche lui, proprio come quel giorno.
Perciò ok, te lo dirò e ti dimostrerò come si fa, come si parla agli altri, come ci si apre.
- Non pensavo di provare qualcosa per te, ma a quanto pare è così. Non so cosa sia, che genere di sentimento sia, ma sicuramente è lo stesso anche per te.
A questo lui si apre in un lieve sorriso malizioso ed ironico.
- Ma come sei presuntuoso. Che ne sai che è lo stesso?
A questo finisco per allargarmi in una risata spontanea, getto la testa all’indietro rimanendo abbracciato a lui nel posto più comodo e sicuro del mondo. Quando mi raddrizzo e torno a guardarlo, lui è in estasi a guardarmi.
Sembra felice per questa mia espressione e reazione e forse è totalmente assorbito dal mio viso preda di questa risata. Credo che gli piaccio sul serio.
Mentre lo penso ed ho ancora il sorriso sulle labbra, lui mi bacia la fronte per poi scendere in mezzo agli occhi e successivamente, con una dolcezza insospettabile, mi bacia la punta del naso scivolando sulle labbra che gli consegno con leggerezza.
Le prende fra le sue e le tiene a sé per un po’ fino a che non mormora sempre lì dove si stava prendendo cura di me: - Non lo so esprimere, ma so dimostrarlo. - una mano sulla mia nuca - Lo senti?
Io annuisco chiudendo gli occhi in totale abbandono pieno di brividi di piacere e calore.
Sicuramente provo qualcosa, difficile non perdere la testa per lui in più sensi e non solo quello fisico. Ha dei modi che ti fanno proprio partire.
È assoluto e diverso dagli altri, non è che è stitico di sentimenti, ha solo difficoltà ad esprimerli, ma li sa trasmettere e sicuramente non ne ha paura. Non so come mai, avrei detto che ne era terrorizzato, invece no.
Apro la bocca e cerco la sua con la lingua, mi accoglie succhiandomela per poi intrecciarsi a me in un bacio che diventa passione bruciante in un attimo.
Le sue mani scendono sulla schiena e arrivano al mio culo, si infila sotto i boxer e dopo averlo agguantato per bene, mi solleva con forza facendomi tirare su le gambe ed avvolgerle intorno ai suoi fianchi.
- Oggi ti voglio scopare io! - sussurro sforzandomi di rimanere serio sulle sue labbra, socchiudo gli occhi per vedere il suo viso, ma Bron non apre nemmeno i suoi e senza scomporsi risponde portandomi al letto.
- Non dire stronzate.
A questo finisco per ridere e lui per mordermi il labbro, ma non mi fa male, come sempre mi innesca e quando mi butta sul letto, mi rimane incollato piombandomi addosso che se non avessi avuto il materasso sotto, mi avrebbe ucciso col suo dolce peso.
Rimango avvinghiato a lui come un koala sul suo albero di eucalipto e sono dannatamente felice.
Ogni nube viene subito spazzata via, mentre lui torna a bruciarmi e a farmi suo con tutto il suo corpo e senza negarmi nulla.
Mi brucia con la sua bocca, mi fa suo con la sua lingua, mi possiede col suo corpo e quando mi penetra, lo fa guardando il mio viso in un bisogno impellente.
I suoi occhi non si staccano mai dalla visione che gli offro e così nemmeno io chiudo mai i miei, mi abbandono a lui ed al piacere che si rispecchia in ogni anfratto del mio viso.
Amore? Potrebbe essere amore?
Quando mi entra dentro mi passa per la testa questo pensiero. Sicuramente è fuoco. Un fuoco meraviglioso.
Mi entra dentro con la sua forza incredibile, una forza fisica, mentale ed emotiva di cui non ho mai abbastanza.
Mi schiaccia sotto di sé e ad ogni spinta affonda sempre di più, usa una tale potenza che potrebbe farmi male, ma in realtà mi dà solo più alla testa.
Mi vuole così tanto che non sa più come fare per esprimerlo, non ne ha mai abbastanza nemmeno lui. È la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Lui lo è.
Noi lo siamo.
Dopo questo orgasmo mi crolla addosso senza forze e mi farebbe male se non mi piacesse da matti sentire tutto il suo peso su di me, mi fa sentire più suo. Non mi dà fastidio, mi piace più che targli sopra, stranamente.
Anche se lotto sempre per la posizione, questa volta lo terrò qua con me così, sfinito e senza fiato, sconvolto per quel che abbiamo entrambi provato.
- Lo so... - mormoro poi contro il suo orecchio, baciandoglielo dolcemente. Un po’ per fargli vedere come si fa a dimostrare affetto normale, un po’ perché lo provo davvero.
Lui si lascia coccolare come un enorme orso tenero bisognoso di cure e affetto.
Lo carezzo sulla nuca e sulla schiena.
- Anche per me è lo stesso... - e proprio mentre sembra io stia dicendo qualcosa di romantico e dolcissimo, concludo senza cambiare tono: - non abbiamo più l’età per certe cose, forse sarà meglio calare un po’ la frequenza o saremo uno straccio per l’inizio delle Olimpiadi, invece di essere pronti!
Con questo, capendo che in realtà gli sto dando del vecchio, lui mi morde il collo dandomi mille brividi di piacere che mi riattivano e mentre scoppio a ridere, lui si issa sulle braccia che si gonfiano e mi guarda shoccato che io abbia osato tanto.
- Te lo faccio vedere io chi non ha più l’età!
Così dicendo mi scivola giù buttandosi sempre stile orso sfinito accanto a me sul letto. Io continuo ridendo girandomi per salirgli sopra.
- Ma dai, mi sono messo anche io in mezzo! Non sono più un ragazzino nemmeno io!
Ma la sua manona gigante si mette sulla mia faccia e mi scaccia impedendomi di mettermi addosso.
- E allora dormi da solo! - brontola girandosi dall’altro lato e dandomi la schiena. Io mi rassegno a starmene dall’altro lato, per cinque secondi.
- Va bene, bastava dirlo che non riuscivi più a reggermi! - brontolo poi sempre divertito e fingendomi serio, ma a questo la sua mano ed il suo piede mi scaraventano giù dal letto e con un tonfo finisco a quattro zampe a terra ridendo come un idiota.
Il resto della notte la passiamo a ridere insieme e lottare per la supremazia del letto perché io voglio comunque dormirgli sopra e lui ovviamente non vuole saperne.
Dopo un paio di morsi e di calci, finisco sotto di lui, inchiodato al letto col suo poco dolce peso addosso. Una posizione che dopotutto non mi dispiace affatto e che mi tengo ben stretto.
Il mio ‘my man’ in relazione al ‘sono fiero di te’, è pura genialità perché mentre tutti pensano chiaramente che lo intendo come ‘amico mio’, io e lui sappiamo che lo intendo proprio in senso letterale.
Mio uomo.
Perché è questo. Il mio uomo. Ed io il suo. Ma ora davanti a tutti questi individui accorsi per la rivelazione dei portabandiera USA per le Olimpiadi a cui mi hanno dato il compito di rivelare al mio uomo che sarà lui quello americano, sembriamo solo molto amici, più di come chiunque avrebbe mai potuto pensare noi fossimo.
Sono davvero contento per lui, se lo meritava avendo partecipato con successo a tutte le altre olimpiadi, ha due ori ed un bronzo, è comunque un risultato grandioso perché ha sempre giocato da protagonista e la mia non è invidia cattiva ma positiva.
Per quanto io non mi ritenga inferiore a lui, sono consapevole della sua importanza per il basket. L’ho detto recentemente. Lui era già una stella prima ancora di arrivare all’università, ha cambiato significativamente il basket ed è inutile negarlo.
Quel che dà lui tutt’ora alla soglia dei 40 anni è comunque di vitale importanza nonostante non sia quello che era prima. Ma ti rifila ancora triple doppie e non è una cosa che nemmeno i giovani più in forma riescono a fare.
Io so di non essergli inferiore, ma quel che ha fatto lui per il basket e che continua a fare è comunque importante e si merita questo riconoscimento.
So che anche lui ci tiene, se ne sta là seduto fra gli altri a rispondere che è un onore rappresentare l’America in questo evento come se fosse tutto normale, ma so che è emozionato e felice ed io lo sono per lui.
E poi niente, dopo di questa splendida patetica sviolinata non posso che ammetterlo almeno a me stesso.
Lo amo, basta.
Ma va bene così, penso.
Erano i momenti che non voleva perdersi con me.
Io che gli dico che sarà portabandiera per l’America e che lo chiamo ‘my man’ davanti a tutti, lui che si tocca il cuore con la sua manona e gli occhioni luccicanti e poi noi che tromberemo. Anche quello con gioia.
Questi sono i momenti che volevo vivere, ma non finiranno qua. Ce ne sono altri che vivremo. A Parigi. Fra pochi giorni.
Note: Ho visto il video in cui Steph comunica davanti ai media e a LeBron che sarebbe stato lui il portabandiera per gli USA alle olimpiadi e lo chiama proprio 'my man' e LeBron è commosso in quel momento e lo ringrazia toccandosi il cuore (ovviamente era commosso per l'onore del portare la bandiera, ma il gesto a Steph è stato molto carino). Io adoro questo modo che hanno di abbracciarsi quei due, dovevo evidenziarlo in qualche modo, ne avevo bisogno. Baci Akane