PARTE 2: PARIGI

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Per qualche miracolo a Las Vegas è andato circa bene, insomma sono riuscito a stare buono. Del resto se non c’è una certa atmosfera non è che mi salta su il matto - e con matto intendo LETTERALMENTE matto - di provarci con lui, per cui beh, alla fine è andata bene la nostra permanenza là. 
Il problema sorge a Parigi, non perché è la città romantica o stronzate simili, ma perché sono le ultime 2 settimane nelle quali può succedere qualcosa ed anche se mi ripeto di nuovo che ‘EHI È LEBRON, COS’È CHE VORRESTI FARE CON LUI?’, una parte di me che non tengo a freno mi rende noto che comunque è l’unica occasione della mia vita. So che non succederà mai niente, ma resta il fatto insindacabile che sarà l’unica volta. O qua ed ora o mai più, ma so razionalmente che non sarà mai. 
Questo diventa un problema che si traduce nel mio modo di giocare, da fuori forse sembra che sono io a non avere voglia di stare qua, che non la sto vivendo con desiderio e fame di vittoria perché sto giocando come una merda rispetto ai miei elevati standard, ma la verità è che la voglia ce l’ho.
DI LEBRON!
Giocare ufficialmente insieme è devastante, l’abbiamo già fatto all’All Star Game, ma quello è per definizione un gioco, ci siamo sempre e solo divertiti, ogni tanto eravamo avversari, ogni tanto insieme, è sempre stato divertente, ma di fatto era un gioco, niente di serio. Di mondiali insieme non siamo mai riusciti a farne, perciò questa Olimpiade è letteralmente l’unica occasione anche per giocare insieme sul serio, per ottenere qualcosa di importante che vogliamo molto entrambi. 
Però si innesca qualcosa nella mia testa, qualcosa che mi blocca e che mi rende le gambe pesantissime e mi impedisce di fare i miei soliti tiri.
Le partite scorrono e vinciamo sempre grazie a tutti gli altri che giocano benissimo e si scatenano, per fortuna anche se faccio pochissimi canestri vinciamo sempre con oltre 100 punti, perciò il mio giocare di merda non viene calcolato molto. Non ha peso, però quando arriviamo alla vigilia della semifinale contro la Serbia di Jokic, lì sì che il peso c’è.
Tutti lo sanno, tutti lo pensano.
Se c’è una squadra in queste Olimpiadi che ci può battere o almeno dare serio filo da torcere, quella è la Serbia. Li abbiamo già affrontati, ma non era mai una partita così importante da dover dare tutto come questa, si sa come funzionano certe cose. 
Lo sappiamo tutti, io per primo. Se non torno in me, se non mi metto a giocare alla mia maniera, questa volta i ragazzi non basteranno.
Non è arroganza, questa. LeBron è l’arrogante. Io sono realista. È così. 
Lo sappiamo, lo sappiamo benissimo che la partita di domani sarà diversa e così come tutti lo pensano ma non osano dire niente, ovviamente LeBron lo fa. Mi colpisce che ha la delicatezza per farlo in privato e non davanti a tutti. 
È strano perché per tutto il torneo ha urlato senza ritegno contro chiunque davanti a tutti, non ha problemi a sgridare a destra e a sinistra. Sa di avere l’autorità per farlo e anche se non l’avesse se la prenderebbe comunque. Nessuno si offende, lo ascoltano sempre tutti e subiscono senza farne un dramma. 
Per lo più ha ragione quando dice le cose, non cala mai l’intensità in nessuna partita, per lui tutte sono essenziali ed ha ragione. Basta perderne una ed il sogno finisce. Se non ci fosse lui a prendere tutto seriamente penso che faremmo una delle nostre figure di merda. 
Però con lui non è possibile. 
Solo che contro di me non ha mai detto nulla, anche se non ho mai giocato ai miei livelli. Mi sono sempre chiesto cosa avesse pensato, ma stasera lo scopro.
Quando qualcuno tuona contro la porta non mi serve chiedere chi è per sapere che è lui, è l’unico che busserebbe come un tamburo di guerra. 
Il cuore mi va in gola, KD non è ancora in camera perché era giù con gli altri ed io sono appena arrivato. Mi ha seguito? 
Spalanco gli occhi fissando la porta, ma alla seconda batteria di pugni, apro pregando Dio di avere abbastanza contegno da non apparire troppo eccitato. 
Perché sto pensando ‘ultime sere, ultime sere per cui se può succedere qualcosa, sarà solo ora e qua!’ E questo mantra mi distrugge, mi devasta, ed ora lui mi capita qua adesso che sono solo, ovviamente di proposito. 
Perché so cosa mi deve dire, altro che occasione per far succedere qualcosa. 
Se non mando a puttane il nostro rapporto faticosamente costruito è un miracolo. 
La sua faccia è come sempre espressiva, il bianco degli occhi si vede a stento da quanto sono corrugati. La barba è sempre più lunga e lo rende minaccioso, come se avesse bisogno di quella per apparirlo. Non se la taglia da quando siamo arrivati, a momenti ci può fare le treccine. I ragazzi ci scherzavano in questi giorni, ma in questo momento tutto ciò che attira la mia attenzione sono i suoi occhi furibondi. 
Non vorrei minimamente farlo entrare, ma lui lo fa come se io mi fossi messo in parte. 
Ovviamente per poco non cado ma ho buona prontezza per fare un passo di lato. 
LeBron entra e chiudo la porta senza pensarci molto, senza realizzare quanto questo crei atmosfera. Ora siamo soli. Completamente soli.
Conoscendolo può anche aver ordinato a KD di non venire finché non glielo diceva lui. Per essere sicuro di non essere interrotto. 
Il cuore batte ancor più forte ogni secondo che passa, lo sento nelle orecchie, è assordante e mi sembra che le gambe siano di piombo. Sono così rigide che se provassi a saltare non riuscirei a fare nemmeno mezzo movimento. 
LeBron si volta verso di me e sempre con l’aria più furibonda del mondo, come se avessimo già perso, si mette le mani ai fianchi e mi parla con la sua tipica arroganza, quella dei primi tempi, quando se doveva parlarmi era solo perché doveva e faticava a non insultarmi. 
- Lo sai che io ho già vinto due ori olimpici, si?
L’esordio mi lascia senza parole. Pensavo in qualche insulto, ma appena realizzo di cosa si tratta, forse sto peggio. 
- Lo so... - faccio con voce più sottile di quello che avrei voluto. 
Già colpito, già ferito. Affondato? No, non ha ancora finito, il Signor Dio del Basket!
- No, perché sei tu quello che non ne ha mai vinti ma giochi come se ne avessi già e fossi soddisfatto così! 
Un altro colpo, un’altra ferita. So bene dove vuole andare a parare. Mi mordo la bocca, mi manca il mio fottuto paradenti che sgranocchio quando gioco, lo uso come anti-stress il più delle volte.
Non fare il bambino Steph. Non far vedere che ti fa male, non far vedere che ci stai rimanendo di merda perché è proprio quello che vuole. È qua per ferirti, per tirare fuori il mio orgoglio e farmi reagire. Beh, penso che come sempre otterrà ciò che vuole, perché quando si mette in testa qualcosa in un modo o nell’altro la ottiene, è raro che questo stronzo sbagli.
Nessuno avrebbe avuto le palle di venire qua a dirmi una cosa simile, lui ovviamente sì. Quello che mi sconvolge è che ha avuto la delicatezza di farlo in privato, senza farsi sentire da nessun altro. È questo il modo in cui mi rispetta. Mi aggrappo a questo.
Sarebbe stato umiliante essere ripreso davanti a tutti, ma adesso lo posso sopportare perché siamo soli, anche se continuare a fissare i suoi occhi è la cosa più difficile del mondo. Vorrei solo sbatterlo fuori ed insultarlo, ma rimango in piedi, fermo, rigido e zitto. 
- Sei soddisfatto così, Steph? - provoca ancora con arroganza. Lo so che vuoi tirarmi fuori la rabbia, ma al momento vorrei fare ben altro perché sto provando troppe cose. Cose che non posso farti sapere perché ora più che mai mi respingeresti ed io sarei finito per sempre. Non mi rialzerei mai. 
- Non lo sono, lo sai che non lo sono, cosa cazzo vuoi da me? 
Non so come ci sono riuscito, ma per fortuna mi è uscito un po’ di irritazione. 
LeBron inarca le sopracciglia scettico. 
- Ah non sei soddisfatto? Da come giochi di merda sembrava lo fossi! Allora forse se non sei soddisfatto potresti ricordarti che sei uno dei giocatori più forti di basket di tutti i tempi, perché se non torni ad esserlo domani io non basterò! Lo sai che KD non è in forma, gli altri sono in gamba, ma non sono te. Sei tu Steph Curry! Io quello che potevo l’ho fatto fin qua e lo farò anche domani, ma lo sai, Steph, che domani la Serbia di Nikola giocherà come non ha mai giocato e sarà dura, molto più dura di così. Fra noi e l’Oro c’è lui e poi forse una finale. 
Questo sarebbe più che sufficiente, ha mosso dentro di me un uragano forza 10, lo sapevo che ce l’avrebbe fatta a scuotermi, ma essere ora nel centro dell’Occhio del Ciclone è tutt’altra cosa. 
Però no, LeBron non è ancora soddisfatto. Ha ancora un ultimo colpo con cui affondarmi. 
- Io ho bisogno di te qua ed ora, Steph. Se domani non torni in te fidati che te ne pentirai. Io so cosa significa subire l’umiliazione di vincere un bronzo. Siamo gli USA, Steph. Siamo il Dream Team. Torna in te o non dimenticherai più l’umiliazione che subirai qua a Parigi. Fidati che io lo so! 
Finalmente si zittisce e aspetta che io dica o faccia qualcosa, ma sono occupato a stare fermo e a non gettarmi fra le sue braccia e cercare di divorargli quella dannata bocca carnosa che parla come sempre troppo e come sempre senza riguardo. 
Mentre ci guardiamo in attesa, io di riuscire a dire qualcosa mentre mi stringo i fianchi dove le mie mani sono piantate, lui in attesa che io reagisca, scatta per la prima volta un momento fra noi.
Ne abbiamo avuto alcuni nel corso della nostra conoscenza, ma non così come questo. Non con una carica erotica netta ed evidente. Perché gli ho guardato la bocca invece degli occhi ed ho pensato di baciarlo e mentre pensavo di baciarlo nonostante quel che mi aveva detto, cercavo di non farlo. 
Credo che l’abbia notato. Anzi, sicuramente l’ha notato. Forse si è zittito per questo. 
È quel momento. Se ora tentassi di baciarlo sarebbe fottutamente appropriato, ma è fottutamente sempre lui. È LeBron James. Sono così pazzo da provarci anche se non vorrei altro che questo? 
Ma poi un pensiero mi passa per la testa con la potenza di uno di quei lampi che illuminano il cielo notturno. 
L’Oro, Steph. 
Vincigli quell’oro e regalaglielo. 
Una volta che l’avrai vinto grazie alle tue prestazioni che ha lodato in modo tanto shoccante e diretto come non aveva mai fatto davanti a me, potrai provarci con lui se vorrai, e vedere che succede. 
Vinci l’Oro, prima. Vincilo per lui, oltre che per te stesso. Vincilo per un bacio che avrà la portata di una vita intera. 
- Domani sera ci sarò. - dico solamente con fermezza. Ma non mi muoverò, non ti aprirò la porta, se faccio un passo crollo come un idiota. Perciò fattelo bastare che devo togliermi le lenti e strofinarmi gli occhi che mi bruciano da matti, e la mia malattia non c’entra un cazzo. Mi bruciano perché sai proprio come colpire, dannato LeBron. 
I suoi occhi si ammorbidiscono per la prima volta, quasi notasse che voglio piangere e che mi ha ferito. Era qua per questo e non si rimangerà nulla, l’ha fatto apposta, ma c’è questo momento prima di girarsi ed andarsene. 
Sembra dica ‘è un compito di merda ma qualcuno lo deve pur fare’. 
Lo so, come lo sappiamo tutti, per questo nessuno se la prende quando gli dice di tutto o dà ordini in partita su cosa fare o se qualcuno osa calare l’intensità lo disumana.
È un compito di merda, ma solo lui lo sa fare così. 
Io non ho la stessa faccia tosta da dire agli altri come dovrebbero giocare, faccio prima a farlo io e a risolvere le cose da solo. Semplicemente. 
Ma lui no. Lui fa quello che deve e costringe gli altri a farlo a loro volta. 
Per questo è lui quello che si distingue sempre su tutti, in un modo o nell’altro. Non importa quanto bravi sono intorno a lui. Lui ha sempre quel qualcosa che lo distingue. Spesso l’arroganza di dare ordini, ma quelli giusti, quelli che alla fine, effettivamente, aiutano. 
- Sarà meglio! - brontola per poi voltarsi e aprire la porta. Appena sono solo è come se riprendessi a respirare dopo non so quanta apnea. Rilasso le spalle che erano rigide ed in tensione.
Essere ripreso da LeBron. Vergognati, Steph. Non sei come gli altri, non dovresti esserlo.
Beh, non lo sono. Se lo fossi stato mi avrebbe sgridato davanti agli altri e non l’ha fatto.
Ho lottato tanto per essere considerato al suo pari, in un attimo ho gettato tutto nel cesso. 
Ma ho ancora due partite per dimostrare che invece sono diverso, che io sono davvero come lui. Che merito il suo cazzo di rispetto. 
Riprenditi, Steph!

Essere ripreso da LeBron James non è una di quelle cose che voglio ripetere nella mia vita e nemmeno ciò che voglio ricordare di queste Olimpiadi che invece voglio ricordare per il mio primo Oro olimpico. 
Specie perché aveva fottutamente ragione a dire quello che ha detto e farò in modo che non sarà l’ultima cosa che mi ha detto. O penultima, perché se oggi perdiamo davvero l’ultima parola sarebbe un ironico e cattivo ‘bravo, proprio ben fatto, Steph!’ O qualcosa di simile. 

Per mia fortuna ritrovo l’orgoglio e il talento e faccio una delle partite migliori della mia vita, con 36 punti coi quali battiamo all’ultimo minuto del cazzo la Serbia che porca puttana, quello stronzo che mi eccita da matti l’aveva detto, ci stava per cavare le palle e usarle per giocare a basket. 
Ma per una volta ero io quello in partita, per la gran parte sono stato l’unico a giocare fottutamente bene e me ne vanto dannatamente.
Gli altri hanno faticato, ma all’ultimo quarto si sono messi a giocare anche loro e per fortuna abbiamo ribaltato il risultato che ci vedeva in svantaggio per tutti i cazzo di tempi. 
Abbiamo rischiato grosso, ma quello stronzo l’aveva previsto. La Serbia era in trance agonistica, ma fortunatamente ci sono stato anche io.
Non so quante triple ho messo, ma quel che conta è che alla fine vinciamo grazie a me e quando fischiano la fine della partita, c’è uno scoppio potentissimo di gioia dove tutti vanno fuori di testa ed io per primo non so che sto facendo. Vengo afferrato ed abbracciato da tutti e per un momento non capisco davvero un cazzo fino a che riconosco in questo caos la sua presa. Il suo braccio infilato intorno alla vita, la sua mano sulla mia schiena possessivo più che mai, mi tiene a sé, metto a fuoco il suo viso davanti al mio che mi grida: - CE L’ABBIAMO FATTA! - ed io so che rispondo alla stessa maniera, pazzo di gioia, con la stessa potenza: - SÌ CE L’ABBIAMO FATTA!
Ed il mio corpo sta per andare contro il suo mentre mi tiene ancora col suo braccio, ma all’ultimo mi lascia la vita per afferrarmi la testa con entrambe le mani ed è tutto veloce, un lampo. Il suo viso si avvicina paurosamente, i nostri occhi perfettamente agganciati, la gioia, le grida, l’esaltazione.
Cazzo, mi sta per baciare!
Per un momento lo credo sul serio, l’eccitazione mi colpisce come uno Tsunami e lui invece della bocca sulla mia, appoggia la fronte. 
I nostri occhi sono a distanza millimetrica, non li distolgo, non ne ho paura. Se ora succedesse quello a cui pensavo da giorni, non ne avrei paura. 
Sembrava lo volesse quanto me, ma purtroppo il momento finisce e qualcun altro mi prende. Quando vedo che è KD mi rifugio subito fra le sue braccia ben felice che sia lui. Ma in questo momento abbraccerei chiunque. Ho bisogno di farlo. Ho bisogno di abbracciare. 
Perché vorrei averlo fatto con lui, invece sono rimasto con le braccia lungo i fianchi a gridargli esaltato che ce l’avevamo fatta e a lasciarmi prendere e stringere come se fossi solo suo.
Da qui in poi ho flash continui di me e lui che invece in quella situazione ci baciamo, io che gli getto le braccia al collo, che mi alzo sulle punte e mi appoggio a lui mentre mi stringe ancora possessivo. Lui che mi fa suo. Lui che mi sbatte ovunque scopandomi come non mai. 
Calma, Steph. Calma. 

Nemmeno la doccia fredda mi aiuta, sono troppo eccitato sia per la vittoria importante che per lui. Ho fatto una grande partita e lui era contento di me, dopo quello che mi aveva detto ieri. 
Lo sapeva che sarebbe servito, lo sapeva come sbloccarmi. 
Forse gli devo qualcosa, no? O forse lui, mi deve qualcosa. Delle scuse. Del ‘lo sapevo che eri ancora lì’. Qualcosa, no? 
Dopotutto ieri ha fatto proprio lo stronzo ed io gli ho dimostrato chi sono. Che merito ancora il suo rispetto. 
Non lo so. In realtà non so perché lo faccio. So solo che all’idea di andare in camera e dormire come niente, non posso. Sono ancora troppo eccitato e penso a mille cose che nemmeno afferro. Ma so che non posso andarmene in camera mia come niente e far finire tutto questo. 
Dopo che siamo stati insieme tutta la serata ancora tutti su di giri a festeggiare, sempre nei limiti del fatto che fra due giorni abbiamo la finale e che non possiamo fare il bordello che vorremmo, quando lo vedo scherzare dicendo che il vecchio va a dormire, è davvero piuttosto tardi e qualcuno lo imita, per fortuna non Anthony. Mentre guardo LeBron avviarsi verso le scale che lo porteranno alla camera di ‘Casa USA’, mi mordo il labbro e muovo nervoso la gamba. La frenesia mi coglie e sale prepotente, incontenibile. È come essere carichi di elettricità, la devo scaricare in qualche modo. 
Sto fermo con gli altri a fissare le scale dove è sparito LeBron ancora qualche istante, il cervello in tilt sull’unica domanda. 
Vado o non vado? 
Ma poi Anthony fa per alzarsi dicendo che quasi quasi va a dormire anche lui, però a questo punto scatto io per primo e afferrandogli il braccio mi alzo come una molla e chinandomi su di lui gli dico piano all’orecchio: - Dammi un po’ di tempo, gli devo parlare. 
Anthony mi guarda stupito per capire se io sia ubriaco, ma stasera se avessimo bevuto saremmo stati tutti fuori squadra, perciò no. Sono sobrio.
Magari sono ebbro di felicità, ma sono fondamentalmente non ubriaco. 
Per fortuna non mi chiede niente e così scatto verso le scale.
Credo che ieri seria sia successo esattamente l’opposto. Io mi sono alzato per primo e lui mi ha seguito poco dopo, forse dicendo la stessa cosa a KD. ‘Dammi qualche minuto, gli devo parlare.’.
Anche se lui avrebbe pure potuto dire ‘devo fargli il culo’. 
Eh, magari. Prego, accomodati!
A questo pensiero incontrollato spalanco gli occhi, per fortuna la telepatia non esiste, nessuno sa cosa penso, altrimenti sarebbe un casino. 
Una volta che raggiungo la sua camera l’eccitazione è ancora più alta. Eccitazione di ogni tipo, nemmeno la distinguo più.
C’è la gioia per la bella vittoria e la mia personale bella partita, l’orgoglio per aver fatto proprio quello che ieri LeBron aveva tanto acclamato e poi questo qualcosa con lui. 
Quello che è successo prima in campo, a fine partita, mi sta incollato nel cervello. 
La sua fronte sulla mia, le sue mani sulla mia testa. E prima ancora quel modo di prendermi per la vita, sotto il braccio. 
Sono pazzo, completamente suonato. Cosa sto per fare? Cosa voglio ottenere? Cosa sono venuto a fare, a conti fatti? Cosa gli dirò? 
Ma io busso comunque, il mio corpo non riesco più a tenerlo, sono troppo elettrico. 
LeBron apre la porta poco dopo brontolando: - Ehi, hai di nuovo dimenticato la chiave? - ma quando vede che non sono Anthony, si blocca sorpreso. 
- Oh, sei tu. 
Gli ci vuole un momento e così faccio come ha fatto lui ieri, mi infilo nella sua camera senza aspettare un invito, non lo tocco, non lo spingo, c’è sufficiente spazio per infilarmi e lo faccio. 
- Sono venuto a reclamare le tue scuse! 
Pretese che tutto sommato ci stanno fra gente del nostro livello che hanno una discussione tesa, se quella di ieri la puoi definire così. 
- Ah, sei venuto a reclamare quello? - risponde lui chiudendo la porta. Si riprende subito dallo shock ed ora i suoi occhi a non molta distanza dai miei mi fissano carichi di malizia. 
Invece di indispettirmi, mi eccito ancora di più. Adesso si inizia a percepire per bene. 
Il mio cazzo si sta indurendo. 
Ma lui? Cosa pensa di questo? 
Poi, col secondo treno, capisco cosa significa questa malizia. È sempre dannatamente espressivo e fa capire bene cosa pensa. 
- Certo, cos’altro altrimenti? 
La mia bocca si muove da sola, del resto non sapevo perché gli sono venuto dietro, cosa credevo di fare o di dire, perciò sto totalmente improvvisando dal momento in cui ho chiesto ad Anthony del tempo. 
LeBron è in maglietta come me, rimane fermo vicino alla porta appena chiusa mentre sto più o meno in mezzo alla camera, in attesa, le braccia lungo i fianchi, gli occhi dritti sui suoi in attesa di lui. 
Mi sento sempre più elettrico. 
LeBron rimane fermo a fissarmi malizioso, poi dopo qualche istante fa un passo verso di me e mi raggiunge, il suo corpo mi sfiora ed io mi eccito ancora di più. Non serve mi tocchi del tutto. Mi guarda da vicino sovrastandomi con la sua altezza, ma io non mi intimorisco, non faccio un passo indietro. Sono qua.
Toccami, prendimi per la vita come fai sempre. 
Adesso siamo soli, puoi farlo. 
È ora o mai più. 
Lo sento di nuovo il cuore in gola, sono bollente. 
- Non so, forse quello che per poco non è successo prima in campo. 
Diretto e sfacciato come solo lui potrebbe essere. Ma forse facevo affidamento su questo.
Perché è come un permesso, per me. 
Se non avesse voluto avrebbe fatto finta di niente o magari non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Ecco cosa significa la sua malizia ed ora la sua allusione. 
Ha percepito le mie stesse cose. Beh, sì, ma le prova anche lui?
- Non so di cosa parli. - non so perché diavolo lo dico, forse per metterlo alla prova. Da quello che farà ora dipenderà tutto. Sono ancora in tempo a non perdere la faccia. 
Sì perché se mi faccio avanti io e lui non vuole non è che mi scaricherebbe con un gentile ‘no hai capito male’, lo farebbe con un pugno e visto che non ho il mio paradenti, mi farebbe pure male. 
Ma lui infila finalmente la mano sulla mia vita, sotto il mio braccio che rimane abbandonato sul fianco, scivola dietro sulla schiena e mi tira a sé, questa volta mi ritrovo completamente appoggiato a lui perché non mi lascia scelta, non sono io a dover accettare questo contatto. È lui che se lo prende. 
Il suo viso si avvicina ulteriormente al mio, pochi centimetri a separarci, io non mi irrigidisco e non ho paura, gli guardo gli occhi da questa vicinanza, respiro tranquillo, rilassato contro di lui, ma sempre con le braccia lungo i fianchi. Mi piace da matti essere preso da lui. 
- Vediamo se ti rinfresco la memoria. - fa allora basso e sensuale. La sua voce è così profonda che gli basta sussurrare per esserlo. Ma la forma del suo corpo forte e muscoloso che ogni tanto sogno, è finalmente contro il mio e sento la gioia attraversarmi ovunque fino a raggiungere il mio inguine che si indurisce contro di lui. Non avendo la stessa altezza non arrivano a diretto contatto, però come quella volta a terra, prendiamo gli stampi ugualmente uno dell’altro. E sono stampi di tutto rispetto, specie il suo.
Mi lecco le labbra eccitato, apertamente malizioso anche io, questa volta. 
Provocatorio. 
Non avevo le visioni, no per niente. E se è un sogno, non voglio svegliarmi. 
A questo punto fanculo, vado fino in fondo. 
Così gli prendo il viso fra le mani, mi allungo sulle punte e finalmente il mio cazzo strofina sul suo coi vestiti che ci danno fastidio. Dopo averlo fatto appoggio la fronte alla sua. 
- Ti ricordi male, prima avevi fatto così. - sussurro piano. 
LeBron infila anche l’altra mano sulla mia vita e mi afferra il culo schiacciandomi ancora di più a sé. 
Divento ancor più bollente e duro contro di lui che fa mezzo sorriso sempre malizioso e, giusto per avere l’ultima parola come sempre, risponde con lo stesso tono: - Allora adesso voglio fare questo. 
Finalmente le sue labbra aderiscono alle mie come i nostri corpi hanno già fatto. 
Un’immediata scarica potente mi attraversa tutto il corpo che finisce per sentirsi di nuovo sul mio cazzo premuto contro il suo non in condizioni migliori.
Apro la bocca e gli vado incontro con la lingua, ci baciamo subito e senza paura, di nuovo presi dall’adrenalina. 
Prima è stato devastante, ma ora è anche peggio. Avevo fantasticato molto, ma non era mai così.
LeBron mi stringe a sé con una tale forza che se non ne avessi anche io mi farebbe male, ma è ubriacante. 
Spinge la bocca aperta sulla mia e si impossessa della mia lingua prendendola e succhiandola ed io che ora sento le sue labbra carnose che si intrecciano con le mie, non capisco più niente. 
Gli cingo la testa con entrambe le braccia mentre continuiamo a baciarci con sempre più trasporto; infila una mano sotto l’elastico dei miei shorts larghi e comodi e con l’altra sale sulla mia nuca, me l’afferra come ogni tanto fa, quando perde il controllo e trasforma l’abbraccio in una manifestazione di possesso. 
Cazzo, sono già tuo da tempo. Totalmente abbandonato a lui, mi piega la testa per potermi baciare meglio, fa tutto ciò che vuole senza nemmeno un briciolo di dolcezza, ma se volevo quella non andavo da lui. 
Sento gli shorts che cadono alle caviglie e mi tolgo distrattamente le scarpe infastidito dal fatto che ora sembro ancora più basso di lui che era già scalzo. 
A volte vorrei essere più alto. Per poter arrivare meglio alla sua faccia e divorarla.
Ma per lui non sembra sia un problema, perché mi separa dalla sua bocca per togliermi anche la maglietta, questo gesto è prepotenza pura e mi eccita da morire. Mi piace da matti. Ti prego, sbattimi, sbattimi senza gentilezza. 
La mano scivola direttamente sotto i boxer, si sposta per avanti arrivando al mio inguine. La biancheria va a fare compagnia ai pantaloni, mentre con una mano mi masturba e l’altra mi torna a prendere la nuca per costringermi a stare fermo come vuole. Adesso non mi bacia, ma mi guarda il viso da questa vicinanza ubriacante. 
Non so cosa pensi, non ne ho idea.
Viene fuori così che gli piacevo da tempo anche io? Che il mio viso era gradevole per lui?
Si perde ad osservarmi mentre mi abbandono al piacere grazie alla mano sul mio cazzo che si muove senza complimenti.
LeBron è esattamente come l’avevo sognato. Non perde tempo, non testa il terreno, non va per gradi. 
Non sa se sono gay, se ho già preso cazzi in bocca o in culo, non gli interessa proprio per un cazzo. 
Lui va e fa tutto quel che gli pare ma è esattamente ciò che speravo facesse. 
Gemo socchiudendo gli occhi per il calore che sale nella sua mano gigantesca, per fortuna sono abbastanza dotato anche io. Se fossi stato uno di quelli col cazzetto piccolo sarebbero bastate due dita sue, ma ci vuole tutta la mano ed è fottutamente più soddisfacente. 
È stupendo sentirla tutta su di me che strofina la mia lunghezza che cresce. 
Potrei venire prima di quel che vorrei, perciò mi costringo a concentrarmi su di lui per calare la salita della vetta. 
Infilo le mani sotto la sua maglietta ed esploro i suoi addominali ed il suo torace scolpito. Tutti i muscoli che conosco per aver approfittato di ogni abbraccio, adesso sono per la prima volta sotto le mia mani e li sento meglio, li delineo come se fossero un’opera d’arte e lui mi prende il labbro fra i denti, ma a questo punto scivolo via e faccio un’altra cosa che ho sempre sognato di fare con lui. Una delle tante, in effetti. 
Strofino la guancia contro la sua barba chiudendo gli occhi abbandonato.
È morbida esattamente come l’avevo sognata. 
Lunga, folta e morbida. 
Questi fili bianchi che adesso iniziano a colorarla non gli tolgono fascino e senza aprire gli occhi, scivolo giù lasciando che le mani precedano la bocca. Alzo la maglietta riuscendo ad arrivare alla sua pelle tatuata, succhio i suoi capezzoli che diventano duri, poi succhio i cuscinetti dei suoi addominali che guizzano tesi alla mia lingua e alle mie labbra. 
Sì, caro mio, non so se tu hai già trombato con un uomo, credo che se te lo chiedessi mi lanceresti fuori dalla finestra perché non credo, ma io sì. Io so cosa si prova e come si fa e non ho paura. Non ho paura di un cazzo fottutamente grande e nero come il tuo.
Appena sono inginocchiato davanti a lui, dopo che finalmente mi sono liberato dei suoi vestiti che sono finiti ai piedi, lo guardo per un momento. Anche se ci siamo trovati in spogliatoio insieme ormai molte volte, ho sempre cercato di evitare spiacevoli incidenti e non l’ho mai guardato, ma quella volta che avevo preso lo stampo del suo cazzo a riposo mi era piaciuto molto e sapevo che era grande. Ma ora che si sta eccitando, ovviamente, lo è molto di più. 
- Cazzo, sei proprio ben proporzionato, eh? 
Il commento ironico mi esce fuori dal mio controllo e lui che non si aspettava un commento simile da me, si fa sfuggire uno stupito: - eh? - che mi ricorda una delle tante risposte alle mie battute idiote e spesso a doppio senso. Sì, perché ho sempre adorato farle, ma visto che sono uno che ne fa in generale, non avrà mai pensato che erano rivolte a lui; mi faceva comodo lo pensasse. 
Alzo lo sguardo carico della stessa malizia che ci riempiva poco fa e lui è proprio stupito dalla mia uscita. 
- Stai davvero dicendo che ho il cazzo grosso? - traduce senza filtro. Io ridendo annuisco mentre glielo carezzo prima a piene mani e con un certo piacere evidente, poi con il viso.
Sì, gli carezzo il cazzo col mio viso, me lo strofino addosso. È caldo e liscio e pulsa mentre me lo passo sul viso e so quanto piace questa cosa. 
- È fantastico. - commento infine, perché conoscendolo questo aiuterà il suo ego a rilassarsi qualora dovesse averne bisogno. Anche se non credo. 
Dopo di questo torno ad ammirare il suo cazzo bello grande e nero, abbiamo un colore di pelle diversa perché io sono mulatto e lui è un bel colore cioccolata scura, mi piace da matti. Ogni parte di lui mi piace, ma sopra ogni cosa la sua virilità. 
Sono sicuro non abbia mai fatto niente con altri ragazzi proprio per non rovinare la sua mascolinità, ma adesso che hai ceduto a me significa che ti ho battuto in qualcosa. Certo, il primo passo l’hai tecnicamente fatto tu, ma ti ho spinto io a farlo. Più o meno consapevolmente. 
Chi potrebbe biasimarmi? Se mi sbagliavo mi uccideva!
Se vuoi scopare con LeBron James e sei un uomo l’unico approccio possibile è lasciare che sia lui a farsi avanti per primo. 
Sono stato fottutamente bravo, come oggi in partita. 
Finalmente dopo un po’ di carezze con varie parti di me, gli prendo il cazzo in bocca e ammetto che non glielo posso prendere tutto fino in fondo, ma so comunque come farlo godere e come avvolgerlo lo stesso in modo che ogni parte di questo spettacolo che ho fra le mani, goda. 
Sposto la bocca sulla lunghezza e l’avvolgo di lato usando la mano e la saliva per bagnarlo e lubrificarlo, poi giro dall’altro lato e faccio altrettanto, infine glielo prendo dalla punta e succhio usando le mani bagnate di saliva che proseguono dove le labbra e la lingua non arriva. 
LeBron geme e accompagna la mia nuca con le sue mani giganti. 
Voglio che mi faccia suo e mi carezzi con quelle mani enormi. Voglio tutto di lui. 
Non pensavo che avrei mai realizzato questo sogno, puntavo solo all’Oro olimpico, ma visto che c’è l’occasione sarei un pazzo a non approfittarne.
Il suo cazzo se possibile cresce ancora di più e diventa enorme tanto che se dovesse venire ora potrei soffocare seriamente, così preferisco farmi inondare in altre parti, con il suo sicuramente abbondante sperma. 
Mi stacco sentendolo vicino al limite e mi alzo lasciandolo con aria furba e provocante. Adesso che so che siamo sulla stessa barca è diverso. Sono molto più sicuro di prima. 
Più sicuro che mai.
Nudo, raggiungo il letto e mi stendo senza staccargli gli occhi di dosso. Lui mi guarda sorpreso che mi sia interrotto senza il suo permesso, ma mi metto a succhiarmi un dito ammiccando e lui scuotendo la testa sibila un profondo: - Puttana. - che non mi offende per niente. 
In poche falcate mi raggiunge e nel tragitto fa volare la sola cosa che gli rimaneva addosso, la maglietta. Mi riempio gli occhi dello spettacolo che mi offre ed è fottutamente bello. 
Il suo corpo che prima avevo solo potuto toccare e che cerco di fissare il meno possibile in spogliatoio, ora è qua per me e mi sale sopra, mi si preme, si strofina e poi con la bocca mi divora. 
Scivola subito sul mio collo e poi sul mio torace, mi morde prepotentemente facendomi gemere di piacere finendo poi sul mio cazzo che prima aveva solo toccato.
Esita solo un istante prima di leccarlo. Da qui ho conferma che sono il suo primo e l’esaltazione mi invade. Sono l’unico sulla faccia della Terra ad aver spinto il grande LeBron James a farsi un uomo. 
Sono fottutamente il numero uno, cazzo!
L’appagamento mentale porta le mie mani sulla sua testa ad accompagnarla sul mio inguine e direi che addirittura lo indirizzo sul mio cazzo facendo sì che invece di guardarlo, passi al succhiarlo. 
Quando me lo prende in bocca, dopo un attimo di stordimento prende il via perché è sempre così, la prima volta. Specie se eri pieno di preconcetti sul sesso con gli uomini. 
Che non è per te, non potresti mai, che ti farebbe schifo. Poi succede qualcosa, uno ti fa perdere il controllo e viene fuori che riesci benissimo a succhiargli il cazzo e ti piace dannatamente. 
Così come ti piace poi quando lo senti crescere nella bocca e spingere, passare a quel bel buchino che sta sotto. 
LeBron non si fa attendere e dopo aver superato il primo scoglio prosegue come un treno in corsa, non ha più freni di nessun tipo, mi alza le gambe e si prende l’accesso al mio ingresso. Lo lecca e ci infila subito uno dei suoi diti giganti che fanno per due. Io mi tendo un attimo per la sorpresa, è la prima volta che un dito sembra un cazzo. 
Però poi torna a leccare e la volta dopo è meno traumatico, va meglio, sa come fare, sa come piace. Lo sa perché se l’è fatto da solo.
Agli uomini piace da matti, questa cosa. 
Farsi leccare il buco, avere un dito dentro. 
Cazzo, è bellissimo. 
Eccome se lo è.
Mi abbandono inarcando la schiena e spingendo la nuca sul cuscino, mi lascio andare e penso di gemere più di quello che dovrei, infatti LeBron ritira lingua e dita e me le infila in bocca facendomi sentire il mio stesso sapore. 
Questo è forse il colpo di grazia perché mi afferro le ginocchia contro il petto e dopo averglielo succhiato, lo guardo febbrile. 
- Se non mi scopi mi metto a gridare. E lo farò col tuo nome e cognome intero! 
Questa minaccia probabilmente non piacerebbe a LeBron in condizioni normali, ma penso che qua non ci sia niente di normale, così ridendo divertito mi si stende addosso col suo corpo enorme e possente, mi fa quasi male, ma in questo momento mi sembra solo bello. Tutto di lui lo è, anche se non è una bellezza classica come forse lo sono io. 
LeBron mi succhia un momento il labbro, poi me lo tira coi denti e quando sento la punta del suo cazzo che preme contro il mio buco, sussurra: - Sei pronto? 
Sicuramente no, ma se non lo fa esplodo, così annuisco e considerando che alla fine ci aveva messo due delle sue dita che potrebbero aver raggiunto circa la circonferenza del suo glorioso pene, con una spinta decisa ma non eccessiva, infila la punta. Rimane fermo qualche istante per poi uscire quasi del tutto e rientrare con più forza. Ogni volta che lo fa va sempre più a fondo e si prende tempo per lasciare che mi abitui e solo quando mi sente rilassare si muove. 
Dopo qualche istante ce ne rendiamo conto entrambi e guardandoci maliziosi e sorpresi, sussurriamo sulle nostre bocche che si sfiorano. 
- Allora l’hai già fatto con altri! - LeBron va sul sicuro, il mio non è un culo vergine e se lo dice significa che lo sa. 
- E la tua esperienza con l’anale è solo con le donne, scommetto. - lo dico quasi come fosse un’offesa e lui per un momento mi fissa stranito, ma io rido subito. È il nostro modo di comunicare, scherziamo acidamente uno a scapito dell’altro. È sempre stato così. Facciamo battute cattive uno sull’altro. Ma è il nostro modo di stare insieme. 
Quando rido sembra andare meglio.
- È un problema se sei il mio primo uomo? 
Con questo sollevo le braccia e gli circondo di nuovo la testa ed il collo come prima, corro con la bocca sul suo orecchio e vi sussurro piano: - No se sarò l’unico! 
LeBron finalmente ride e si rilassa riprendendo a muoversi. La sua risata è così sexy e calda. Calda come il suo corpo che mi schiaccia completamente e mi ricopre come un’enorme coperta. 
- Ma che presuntuoso! - commenta ridendo ancora. 
- Ma dai che lo so che è questo che ti piace di me! - rispondo mentre le sue spinte tornano ad aumentare sia di forza che di velocità. I nostri fiati si fanno più corti e questa è l’ultima cosa che dice con fatica, roco e sexy. 
- Di te mi piace il tuo aspetto dannatamente sexy... - fa poi gemendo e spingendo sempre di più. Io lo guardo a stento, ogni tanto perdo i contatti per via delle sue spinte, lui non mi guarda quasi più. - E sì, mi piace la tua presunzione di essere un mio pari! 
Vorrei ridere e rispondere che non è presunzione, io so di esserlo, ma la voce esce con sospiri e gemiti e allora mi mette la mano sulla bocca per impedirmi di fare troppo casino. Quando lo fa è anche peggio, mi eccito molto di più e tutto accelera. Lui, i suoi colpi, i miei brividi, le scariche che percorrono il mio corpo, le mie dita che affondano sulle sue spalle larghe e possenti che quel giorno mi ha offerto per piangerci addosso se avessi avuto bisogno. 
Il mondo sfuma e si perde, mi limito a sentirlo. Sentirlo come non mai, ogni sua parte su di me, ogni centimetro di pelle e muscoli tonici, tutta la sua forza, il suo odore, i suoi sospiri trattenuti e il suo cazzo tutto dentro di me. 
Per fortuna ho avuto altre esperienze solo per puri scopi didattici o sarei tipo morto sfondato. 
Tutto cresce e finalmente vengo sporcando i nostri corpi che si strofinano. Lui mi viene dentro, lo sento mentre mi riempie e tutto è una massa informe di piacere e caos. 
Non voglio che finisca così. Che questa semifinale sia l’unica e ultima motivazione di gioia e di orgasmo.
Ne voglio avere altre, di ragioni così. Voglio vincere l’oro e voglio farlo con un’altra mia grande prestazione, voglio mettergli l’oro al collo e voglio che mi prenda fra le braccia, mi sollevi con la sua forza infinita, mi sbatta al muro e mi trombi con forza! 
Fra due giorni. Fra due giorni lo farai. 
Lo so bene che lo farai. 

Penso che giocare stasera sia stato meno faticoso di questa trombata. 
Ma è fottutamente meraviglioso essere così stanco per questo. 
Steso sul suo corpo il doppio più grande del mio, adagiato addosso, la testa sul suo petto come fosse un cuscino e le sue mani enormi che mi carezzano protettivo e possessivo la schiena, il culo e poi la testa. Sono suo e spero di esserlo ancora. 
- Quindi ti piacevo, alla fine, eh? 
Non potevo trattenerlo! Con tutte le cattiverie che abbiamo giocato a lanciarci contro solo per avere una scusa per interagite, figurati se me la tenevo per me! 
LeBron ride perché sicuramente sapeva che l’avrei detto, ma non mi delude e come sempre sta al gioco e risponde a tono. 
- Se non te ne sei accorto sei un bel ritardato! 
- Sarò pure un ritardato, ma almeno sono bello! - è la prima risposta che viene, la seconda non si fa attendere ed è più permalosa, tanto per cambiare: - E comunque se pensi di essere stato facile da capire, ti devo deludere, caro! Ho capito di piacerti solo quando ho varcato la soglia della tua camera! Se era per te aspettavamo le prossime Olimpiadi a cui tu partecipavi come Supervisore Speciale visto che non giocherai a 44 anni! 
- Se non ti chiudi quella fogna te lo scordi che il mio cazzo torni ad entrare nel tuo buco ben allenato! - ovviamente si è offeso e non per gioco, ma gli ormoni del piacere gli fanno accettare di buon grado qualsiasi cosa e ne approfitto. 
- Ma la mia fogna ti piaceva prima mentre ci infilavi la lingua, eh? 
- E a te piaceva mentre ci infilavo il mio enorme cazzo proporzionato al mio enorme corpo! 
È qua che i nostri telefoni vibrano e gettando un’occhiata sul comodino, leggiamo il messaggio di Anthony che ci ha spedito uguale ad entrambi: ‘fate con comodo, dormo da KD.’
Lo smile è quello di una faccina maliziosa. 
- Domani lo minaccio, vedrai che non parlerà! 
LeBron e le sue maniere delicatissime come sempre. 
- O potresti spiegargli di cosa si tratta. - faccio io divertito. 
- E cosa dovrei spiegargli? Che abbiamo scopato e che se lo dice a qualcuno lo uccido? Alla fine comunque lo devo minacciare, tanto vale farlo subito!
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa fingendo superiorità. 
- Potresti dire che nonostante le apparenze io e te ci piacciamo e siamo passati alla fase successiva del nostro rapporto. - provo a fare il saputello solo perché è così che faccio con lui.
- E alla fine concluderei comunque con una minaccia, perciò il risultato non cambia! 
Andiamo avanti così per il resto della notte. 


Note: ecco qua, la fic si conclude così. In realtà questa estate ho visto questa partita, la semifinale USA-Serbia con LeBron che ha preso Steph così e da lì mi è partita la ship. Ho letto del problema di Steph agli occhi per cui mette delle lenti a contatto ed ho voluto accennarlo. Per il resto credo si capisce quanto mi avevano preso questi due insieme. Sono una ship potente. Li conosco poco, lo ammetto, perciò spero di non aver scritto cagate e che sia stata abbastanza piacevole. Ne ho scritte altre che in questi giorni metterò. Seguite la mia pagina su FB per sapere quando. Alla prossima e grazie a chi ha letto tutto. Baci Akane