NOTE: sono 3 fic dal pov di Steph per il pairing che mi ha preso dalle olimpiadi di Parigi, Lebron e Steph insieme mi hanno proprio conquistata anche se so che entrambi probabilmente sono più shippati con altri. Però già quest’estate presa dall’entusiasmo avevo scritto un po’ di fic, fra qui queste. ‘Spontaneo’ è la prima e descrive l’inizio della loro relazione. Quando l’ho fatta non sapevo che ci sarebbero stati dei seguiti, ma ora sapete che si saranno molto presto. La prima parte è più introspettiva, poi arriva la parte erotica. Io sti due li trovo bellissimi insieme. Certe cose non so come si svolgono esattamente perciò ho usato un po’ la mia immaginazione. Spero il tutto sia decente. Buona lettura. Baci Akane
- Ehi bello, cerca di starmi dietro e non intralciarmi!
- E tu cerca di non annoiarmi!
Passiamo dall’odiarci e ignorarci al ricoprirci di insulti e provocazioni cattive senza rendercene conto e soprattutto senza paura né di esagerare né delle conseguenze.
Più che altro ad un certo punto delle nostre carriere viene fuori spontanea la necessità di trovare un modo per comunicare, diciamo. O quanto meno di interagire.
Non ci abbiamo di certo pensato, è venuto spontaneo, come tutto fra noi.
Tuttavia ad un certo punto passiamo da una modalità semplicemente cattiva, che forse da fuori può sembrare uno di quei giochi fra atleti, ad un’altra. Una con un certo sfondo specifico.
- Cerca di non fartela addosso, piccolo!
- Hai paura che il ‘piccolo’ ti faccia il culo, eh?
- Perché, pensi di arrivarci?
- Al tuo culo?
- Sì, bello! Non credi di essere troppo ambizioso?
- Nah, mi pare piuttosto che sei tu che vuoi arrivare al mio, di culo!
Lo sfondo è sempre più chiaramente sessuale. La prima volta che la rivolgo in questo senso lo faccio senza pensarci e lui mi fissa teatralmente shoccato, insicuro se capire esattamente quello che sembrava avessi inteso.
Non avevo mai avuto certe idee su di lui, semplicemente la mia bocca ha iniziato a muoversi al di fuori della connessione col mio cervello e diceva cose che non avrebbe dovuto o che quanto meno non erano normali, non rivolte a lui. Tuttavia ormai erano uscite e una volta che ho cominciato non mi sono più fermato, facendo sì che cogliesse senza fingere indifferenza.
Per me è importante avere l’ultima parola nei battibecchi e spesso sparo senza sapere cosa, pur di averla. Ma con lui è diverso e più faccio sparate allusive, più mi è chiaro.
Per un po’ Bron non mi dà corda quando piego un battibecco in quel senso, anche se non è più sorpreso come le prime volte, ma ad un certo punto inizia a ridere finché ci sta eccome a questo tipo di scambi. Scambi che mutano spontaneamente le cose fra noi, di nuovo. Non c’è più quella cattiveria e quel fastidio negli scontri troppo accesi e prepotenti fra noi. Prima tutto quel che volevo era fargli vedere che non avevo paura di lui, per questo dovevo scendere al suo livello e rispondere a tono, adesso è stupirlo ciò che mi interessa. Colpirlo, farmi notare da lui, sorprenderlo.
Forse non ce ne accorgiamo coscientemente subito, ci vuole un po’, ma l’occasione ad un certo punto arriva.
- Ehi, questa volta il culo glielo dobbiamo fare insieme!
- Già, sarà strano...
- Sarà strano non farti fottere da me?
- Sogni ancora di fottermi, sì?
- Sogni? Ricordo perfettamente di esserci riuscito diverse volte!
- Di avermi fottuto? Me lo ricorderei bene, amico!
- Di averti fatto il culo! Hai sempre quello in testa, eh?
- Come se tu invece non avessi sempre il mio in testa!
- Bisognerebbe capire chi ha in testa cosa!
Ce ne accorgiamo finalmente nel primo All Star Game a cui partecipiamo nella stessa squadra. È di fatto la seconda volta che succede di finirci insieme, la prima è stato l’anno scorso ma era la scoperta. Convinti di non poter collaborare e che sarebbe stato un disastro, nessuno dei due era convinto dell’esperienza, ma alla fine è andata bene. Facevamo a gara a chi faceva cose più fighe e non abbiamo praticamente mai collaborato, però non ci siamo andati contro come due idioti, non abbiamo litigato e non è successo niente. Abbiamo scoperto che in realtà questa cosa di noi insieme in squadra è fattibile.
Sorpresa: se dovessi definire l’esperienza dell’anno scorso, direi sorpresa. Ma questa è diversa e non so bene perché. Forse perché sappiamo che possiamo stare bene insieme e che l’odio reciproco così come tutte le provocazioni varie che ci siamo sempre lanciati, erano limitate alle partite che facevamo, agli scontro in campo. Era qualcosa di agonistico, insomma. Però nel momento in cui bisogna collaborare e stare insieme, quell’odio, quella necessità di provocarsi, colpirsi, affondarsi e forse anche farsi male, non c’è.
Forse c’era del rimpianto. L’anno scorso non abbiamo realmente collaborato e sfruttato la nostra unione in campo, ma si sa come funziona a livello teorico. Quando due grandi del basket giocano insieme, se ne possono vedere delle belle. Se separati sono forti, insieme dovrebbero essere imbattibili e la sensazione che ne deriva dovrebbe essere pazzesca. Il rimpianto è questo, credo. Di non aver sfruttato al massimo una situazione potenzialmente leggendaria, che di sicuro nel resto delle nostre carriere non potremo sperimentare mai.
Poter giocare insieme ad un altro del nostro calibro e creare magia trasformandoci entrambi in Dei, credo che sia una di quelle cose indimenticabili e che tutti vorrebbero provare. Io di sicuro sì, ma penso anche lui.
All’inizio delle nostre carriere ci ignoravamo e la vivevamo male, poi abbiamo iniziato a provocarci in modo cattivo, quasi bisognosi di interagire in qualche modo fra noi, fino a che lentamente si è trasformato in qualcosa che ci piaceva fare. Ci piaceva provocarci, scontrarci, insultarci e superarci a vicenda di continuo. Ci è piaciuto al punto che poi ad un certo punto la modalità di provocazione è cambiata ed è diventata un gioco. Di quelli che non si capisce se siano mezzi per mascherare la realtà che invece è esattamente quella.
Quello che c’era sotto quel nostro modo di aggredirci prima e scherzare poi, nessuno dei due l’ha mai capito veramente prima di ora.
Ma adesso da un po’ facciamo battute di merda e ridiamo un sacco insieme, ci divertivamo; è come se qualcuno avesse pigiato un interruttore, fra noi è scattato qualcosa, ora. Il fuoco ed il bisogno. Il bisogno di contatto fisico.
È esattamente questo che è.
Da lì parte il resto ed è spontaneo.
È come lasciarci andare a qualcosa a cui ci opponevamo come matti senza sapere perché, paura forse. Paura che ci potesse piacere troppo fino a perdere il controllo. Come poi in effetti è.
Abbracciarci è così. È togliere quel tappo che ci impediva di capire quanto bello fosse, quanto in realtà fosse tutto ciò che avevamo sempre voluto e farlo dopo tutte queste battute a doppio senso, ci riempie di elettricità.
Davvero non aspettavamo altro che questo.
Una scusa per collaborare, per stringerci, toccarci, stare insieme. Fare qualcosa insieme, qualsiasi cosa, non importa cosa. Avevamo bisogno di fare qualcosa insieme ed è sconvolgente.
Lo è per come mi stringe a sé mettendomi una mano sulla testa e tenendomi forte con passione, come se potessi scappargli dalle braccia possenti.
Il suo corpo è così forte che anche immaginando com’era essere stretto in questa maniera, con un tale trasporto e non per un saluto veloce a fine partita, è elettrizzante ed eccitante e non vorrei mi lasciasse più. Vorrei che mi inglobasse in sé e mi ci sento, per questo instante breve ma molto intenso e sicuramente spontaneo.
Lo è per me, ma anche per lui, perché so cosa sento. Lo distinguo benissimo.
Mi vuole almeno quanto lo voglio io.
È un pensiero da suicida.
Fino ad ora scherzavo in questo modo allusivo con lui senza pensarci. In generale non ho mai pensato negli approcci con lui, erano sempre spontanei, ma ora c’è questa consapevolezza dopo questa partita insieme, molto diversa da quella dell’anno scorso. Siamo scappati da questa nostra alleanza cestista senza sapere perché, credendo di non essere compatibili, di non poterlo essere o chissà cosa, ma la verità era che siamo maledettamente perfetti insieme in campo.
Oltretutto lui non è solo uno stronzo pieno di sé, ma è anche dannatamente divertente ed anche lui deve aver capito qualcosa di me che non aveva ben realizzato, giudicandomi male senza conoscermi. L’anno scorso eravamo più tesi e pieni di pregiudizi uno sull’altro, ma quest’anno c’è stata la frenesia perché sapevamo già come siamo in realtà.
Ce la siamo fottutamente goduta, eravamo rilassati, anzi, felici. Sapevamo che sarebbe stato grandioso e l’adrenalina ci ha fatto brillare. Sia singolarmente - penso che 50 punti siano sufficienti per provarlo - che insieme.
Giocare insieme non solo è maledettamente bello e facile, ma è dannatamente esaltante e splendido. Però non è tutto lì.
C’è rimasta la voglia, non solo di rifarlo un sacco di altre volte, ma anche di non far finire tutto uscendo dal campo.
C’è il desiderio di continuare, di sentire ancora quello che avevamo sentito prima e mi chiedo come potremmo fare, perché entrambi ne abbiamo bisogno ma non so bene di cosa.
Cos’è che vorrei tanto non far finire? Cos’è che vorrei proseguire? Non si tratta più solo di basket, non sono un idiota, so che non è tutto lì.
Di cosa si tratta realmente?
Perché devo toccarlo ancora, innescare di nuovo quel fuoco, quella frenesia, quella miccia?
Di che diavolo si tratta?
Lui non ci pensa molto.
Lui, anzi, non ci pensa per niente.
Dopo la partita non c’è occasione, ci si lava tutti insieme e ci si prepara come sempre per il consueto party di chiusura dell’evento dove ci sono tutti quelli che hanno partecipato ai tre giorni più ospiti speciali invitati. Come sempre in America le cose si fanno solo in grande, altrimenti non ci si spreca nemmeno.
L’occasione lui non l’aspetta, lui se la crea. Deve avere avuto le idee più chiare di me perché decisamente sapeva già cos’è che entrambi volevamo ed aspettavamo.
Bastano pochi drink per scioglierci, come se ne avessimo avuto bisogno. L’esaltazione e l’adrenalina, così come quella voglia, era ancora in noi potente come poche volte l’avevamo sentita, perciò appena la situazione si anima a sufficienza da permetterci di sparire, Bron mi prende per il gomito con la sua forza distintiva. Mi stringe il gomito ed io mi ricopro di brividi dalla testa ai piedi prima ancora di sapere chi è, poi la sua voce profonda arriva da dietro, le sue labbra carnose sfiorano il mio orecchio; mi tendo tutto e spalanco gli occhi senza girarmi, rigido come una statua.
- Camera. Ora.
Il party è organizzato nello stesso hotel che ospita i giocatori, di conseguenza è servita su un piatto d’argento.
Un piatto che lui afferra facilmente.
L’idea di cosa sta per succedere mi investe in un istante, fino ad ora ero confuso, sapevo solo di voler ritrovare quell’eccitazione di prima in campo, ma non sapevo bene come trovarla e come fare. Lui ovviamente lo sapeva e appena me lo rende noto, lava pura mi scorre nelle vene al posto del sangue che diventa bollente.
Ogni particella di me va a fuoco.
È chiaro cosa intende ed è chiaro cosa succederà se andiamo in camera e nonostante in casi normali la considererei un’assurdità impossibile, adesso la vivo come la cosa più giusta e normale del mondo. Spontanea, naturale.
Ecco cos’era che volevo. Era proprio questo, senza dubbio.
Il fatto che anche lui lo voglia e ci pensi non mi sconvolge nemmeno.
Era semplicemente così.
Non me lo faccio ripetere, non commento e non faccio domande. Annuisco e basta. Lui mi lascia e mi precede. Rimango ancora qui, mi scolo un altro bicchiere per poi dileguarmi sulla sua scia verso l’uscita della sala ricevimenti in cui siamo. Una sala gremita di gente che beve e mangia in piedi ridendo e divertendosi, chiacchierando senza fare caso a due che spariscono alla chetichella. Anche se non siamo proprio due qualunque, ma per un momento lo siamo. Per un momento non siamo nessuno e ci dissolviamo fra la folla.
Mentre vado in ascensore so cosa succederà, è un limite che non ho mai passato anche se adesso come per magia non ho problemi a farlo.
Mentre salgo mi scrive il numero di camera ed io lo raggiungo senza rispondergli.
Ho il cuore in gola, sono chiaramente emozionato ma non mi passa per l’anticamera del cervello che io stia facendo un’assurdità e che non dovrei. Non ci penso proprio a scappare.
Le mie nocche bussano sulla sua porta allo stesso ritmo folle del mio cuore in gola, lui apre subito come fosse stato lì davanti ad aspettare. Mi afferra per il braccio con la sua tipica prepotenza, mi appoggia di lato alla porta che chiude frettoloso, poi senza dire niente né darmi tempo di ripensarci, le sue mani giganti mi prendono il viso e la sua bocca arriva subito sulla mia.
Bron preme senza bisogno di un briciolo di spiegazione. Del resto se sono qua non serve.
Apro subito la bocca e la sua lingua si intrufola a trovare la mia immediatamente. Ci intrecciamo e ci fondiamo in un bacio che sa di quel che bevevamo prima.
L’esaltazione si alza insieme a quella sensazione che avevamo in campo.
Era esattamente questo che cercavamo di catturare. Proprio questo.
Lo prendo per i fianchi in un ulteriore consenso che non serve io gli dia perché se lo prenderebbe comunque.
Devo dire che avere a che fare con lui è comodo. Probabilmente fosse dipeso da me sarei rimasto a bocca asciutta a cercare di capire cos’è che volevo tanto e che mi sfuggiva.
Ma lui non ha avuto un solo dubbio e soprattutto nemmeno un briciolo di esitazione. Non si è mai chiesto se io volessi lo stesso, credo in qualche modo lo sapesse.
La sua bocca carnosa mi divora con necessità per poi scendere sul viso e dopo sul collo con la medesima frenesia, le sue mani mi lasciano la testa consapevole che ora non scapperò, scende direttamente alla cinta dei pantaloni eleganti e me li apre senza perdere tempo.
Per il party dovevamo essere tutti rigorosamente ben vestiti, come a tutti i party di questo genere.
Non mi apre la camicia, la salta di pari passo, va subito al sodo e da lui non mi potevo aspettare niente di diverso.
Non devo nemmeno pensare o trovare il coraggio per fare io qualcosa. Mi lascio totalmente trasportare.
Bron mi apre i pantaloni e mi tira fuori il cazzo afferrandolo senza timori. Mi masturba leccandomi l’orecchio e succhiandomi il collo, mi ricopre di brividi dalla testa ai piedi e quando le mie dita arrivano febbrili alla sua cintura e gliela apro, lui mi afferra i polsi e con la sua solita prepotenza va indietro tirandomi con sé. Si siede sul letto ed una volta lì mi sistema per bene fra le sue gambe aperte tuffandosi sul mio inguine con la bocca.
Per un momento rimango sorpreso da quanto sia disposto ad andare oltre, mi immaginavo una scopata veloce in piedi di quelle dove l’unico suo contatto con me sarebbe stato col suo cazzo dentro il mio buco, ma a quanto pare vuole fare l’esperienza completa e non mi lamento di certo.
La sorpresa è un istante, poi c’è il piacere bollente ed incandescente.
È di nuovo lava pura, la sua bocca grande mi avvolge del tutto il cazzo e lo fa suo in poco, mi diventa duro mentre succhia senza timori e le mie mani si posano sulla sua testa dove i capelli sono nel suo solito taglio cortissimo che solletica i miei palmi.
Lo carezzo tenendolo a me mentre si muove senza paura. Come sempre è uno che sorprende e non poco, sembra quasi non sia la prima volta con un uomo. A questo punto non mi sorprenderei di niente, Bron è molto oltre ciò che chiunque può pensare di lui.
Quando capisce che sto per venire, si interrompe e mi guarda dal basso come a darmi il permesso di fare qualcosa. Me lo sarei preso io da solo, ma ha bisogno di credere che faccia tutto lui. Con un sorrisino malizioso scivolo con le mani dalla nuca al suo viso, glielo prendo con dolcezza e senza esitare gli salgo sopra a cavalcioni. Una volta sopra, gli lascio il viso per trafficare coi pantaloni, finisco di aprirglieli, gli tiro fuori il cazzo e sentendo che è già duro e grande, più di quel che avrei pensato, sorrido malizioso leccandogli le labbra, poi facendo leva sulle ginocchia inizio a strofinarmi con l’inguine sul suo. Le nostre erezioni a contatto giocano insieme e si stimolano, i brividi crescono a dismisura insieme alla voglia di non smettere.
Non credo che potremmo comunque farlo.
È come se gli danzassi sopra, lui accompagna i movimenti dei miei fianchi con le mani indirizzandomi come gli piace di più ed io torno a prendere possesso della sua bocca e del suo viso. Lo tengo fermo e lo bacio immergendomi di nuovo fra le sue labbra che succhio avido e poi alla sua lingua che si intreccia alla perfezione con me.
Quando entrambi siamo sul punto di esplodere, con l’eccitazione alle stelle, gli sussurro sulle labbra la prima cosa da quando ci siamo lasciati giù in sala.
- Scopami, Bron.
È come un nuovo innesco. Intrufola la mano fra i nostri visi ancora attaccati e mi mette prepotentemente due dita in bocca che succhio avido senza distogliere i nostri occhi che rimangono incatenati, ipnotizzati, poi corre fra le mie natiche, me le apre e senza farsi pregare le infila dentro.
Mi inarco tutto accogliendole una dietro l’altra e getto la testa all’indietro aggrappandomi alle sue spalle larghe e possenti. È la cosa migliore che potessero farmi.
Avere le sue dita dentro mentre io stesso mi muovo sinuoso, con la voglia di averne di più, è quell’anticamera di Paradiso che ora voglio. Voglio assolutamente.
Continua a farmi suo con le dita fino a che gli succhio il labbro e mi alzo meglio per permettergli di prendersi il suo cazzo alto e duro e indirizzarmelo lì al posto delle sue dita.
Prima di farmi adagiare, mi guarda cercando i miei occhi, quando li trova annuisco sospirando, non resistendo più. Devo sentirlo dentro, devo averlo. È la sola cosa che riesco a pensare.
Quando finalmente mi lascia sedere su di lui indirizzandomi alla perfezione sul suo cazzo in tiro, i brividi partono forti e prepotenti, si espandono immediati come se un fulmine mi attraversasse. Mi sconnetto cerebralmente e restano solo tutte le sensazioni fisiche esplose insieme.
Lacerazione. Ci mette un po’ ad entrare tutto e poi a muovermi, prima che me ne renda conto sta facendo tutto lui con le sue mani forti suoi miei fianchi. Mi alza e mi adagia e lo fa e lo rifà fino a che non riesco a cavalcarlo da solo ed allora la sincronia parte.
Torno qua con lui, su di lui, mi muovo addosso ed il mondo sparisce, siamo solo io e lui ed una fusione così assurda da essere maledettamente giusta.
Gemiamo insieme, le nostre bocche aperte adagiate una sull’altra a respirarci a vicenda, io mi alzo e mi abbasso su di lui mentre mi scopa aumentando la velocità ed il ritmo che crescono vertiginosamente. Tutto diventa elettrico e bollente e vicini al massimo, andiamo entrambi al massimo fino a che l’esplosione finalmente arriva con una scarica che attraversa entrambi tendendoci fino allo spasmo.
Le nostre bocche ansimanti si premono soffocandoci a vicenda, respirandoci ancora ma questa volta per calmarci e ritrovarci. Gli circondo la testa con le braccia che stringo aderendo a lui, abbandonandomi senza forze, consapevole che era questo, veramente questo ciò che volevo sul serio.
Apro gli occhi febbrile e i suoi neri come la notte più profonda mi fissano meravigliosi, carichi di un desiderio e di una realizzazione innegabile.
Ci sorridiamo e lasciamo che le bocche si trovino per un ultimo bacio sfinito che indica che non ce ne stiamo pentendo.
Non ne parliamo. Rimaniamo così per un po’.
Esce da me ed io mi siedo comodo sulle sue gambe, sempre così a cavalcioni, mi circonda possessivo la vita con le braccia, io nascondo il volto contro il suo collo caldo e forte. Stiamo così per un po’ fino a che i nostri telefoni iniziano a vibrare e ci fanno saltare di sorpresa.
Li ignoriamo, continuiamo a rimanere seduti abbracciati in silenzio, ma poi i messaggi diventano chiamate e alzando gli occhi al cielo sospiriamo spazientiti. Saremmo entrambi rimasti molto più volentieri così ancora a lungo, magari tutta la notte, ma temo che siamo gli ospiti di punta, più o meno.
Così alla fine mi decido e scivolo giù da lui.
Mi sistemo i vestiti come fa anche lui mettendosi in piedi. Non parliamo.
Non diciamo mezza parola.
Il tutto si è svolto nel più silenzio completo a parte il mio ‘scopami’.
Resta la sola parola che si è udita fra noi ed è straordinariamente eccitante, in un certo modo.
Non abbiamo bisogno di chiarire niente, non serve. Era così ovvio, alla fin fine.
Così spontaneo.
E forse chiarire non sarebbe facile, spiegare ciò che sentiamo sarebbe ben più complicato perché a volte le parole non sono perfette come le azioni e non esprimerebbero bene le emozioni. Perciò è meglio così, senza dire assolutamente niente.
In questo semplice e perfetto silenzio, una volta che siamo pronti e rivestiti, usciamo insieme tornando giù al party, riprendendo da dove ci eravamo interrotti come niente fosse successo.