NOTE: ebbene mi sono fatta attendere, ma adesso ce l’ho fatta. Dopo aver trovato l’ispirazione e la forza di scriverla, dopo averla fatta fermentare un po’ e corretta, eccola qua. La fic dove Seb annuncia la fine della sua carriera. Io ho le mie idee, idee ben precise, e le esprimo tutte qua. Per me è andata così. 
Seb decide di lasciare la F1 e lo fa aprendo un profilo su Instagram di cui Lewis è il primo follower, poi ci mette un video dove spiega la sua scelta e lancia questo hashtag: There Is Still A Race To Win, in qualche modo così simile a quello di Lewis, Still I Rise. Ma la vera domanda non è perché lascia, bensì perché lo fa solo ora, per chi ha resistito, dopo la Ferrari, quando sembrava chiaro a tutti che era giunta la sua ora? 
Qua la mia risposta. 
Per l’occasione ho scelto una colonna sonora che si sposa con l’atmosfera della fic (ma il titolo non c’entra in realtà, è solo la melodia).
Per sapere cosa scrivo e quando pubblico, ma soprattutto dove, seguite la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst 
Buona lettura
Baci Akane

L’ORA È GIUNTA

sebsewis

- Remorse - Harmonix College -


/Seb/

“La verità è che avrei dovuto farlo già da tempo, ma ho tirato avanti non per me o per vigliaccheria. L’ho fatto per loro due. 
Perché sapevo che gli ci sarebbe voluto un po’ di tempo ed avevo ancora delle cose fa fare. Ma credo, anzi, sono sicuro di averle fatte.
Prima sarebbe stata una decisione sofferta e non del tutto convinta, adesso non è sofferta, è una liberazione, un sollievo. 
Adesso non ho dubbi.
È proprio ora e lo sanno anche loro due. 
Penso a come reagiranno Mick e Lewis appena glielo dirò, sicuramente Lewis lo sa dall’istante in cui ho concepito le prime volte di lasciare la F1, perché lui è intuitivo e sa tutto ciò che alberga in me. Forse lo sapeva prima che lo pensassi io stesso. 
Credo che mi sorprenderà, come ha sempre fatto del resto. 
Mentre Mick... beh, lui è pronto, ora. Come lo ero io quando suo padre ha lasciato definitivamente, dopo aver fatto quello che doveva in pista. Per sé stesso, ma anche per me. 
Prima di dirlo ad anima viva, penso a come reagiranno tutti quanti. Credo che a qualcuno non importerà, qualcuno ne rimarrà shoccato, qualcun altro, invece, lo stava già immaginando da un po’. 
Chissà Charles. Per un istante penso anche a lui. Credo di avergli dato qualcosa più a lui che a tutti gli altri, escludendo ovviamente Lewis e Mick. 
Non perché l’ho voluto, ma semplicemente è successo. Ho corso con lui due anni, all’inizio ero convinto di dovergli lasciare in qualche modo una parte di me, ma poi è venuto fuori il suo vero carattere e ne sono rimasto sconvolto. Poi, semplicemente, mi sono adattato ed ho imparato ad apprezzarlo.
Dopotutto, forse, è quello che ci vuole per la Ferrari e per la F1 moderna. Un talento immenso e puro dalle idee chiare, che non si fa mettere i piedi in testa da niente e nessuno e che dice le cose come stanno sempre e comunque. Ho avuto una visione del futuro, quando ho lasciato la Ferrari a lui ed ho capito che sarebbe riuscito a fare quel che io non ho mai avuto il coraggio di fare. 
Mick sarà un grande campione, è il suo destino, il suo DNA, ma ha un’anima mite e gentile, è troppo buono per i motori. Ho fatto quello che potevo per aiutarlo a gestire questa giungla e gli sarò sempre vicino in tutti i modi, ma so che lui rimarrà sempre sé stesso, ad ogni costo. 
Sarà più come me, quello sempre politicamente corretto che anche se vorrebbe uccidere la propria scuderia per incompetenza, alla fine la difenderà sempre lo stesso. 
Beh, non sono sempre stato accomodante e politicamente corretto, ho avuto anche io i miei bei momenti di follia. Sono uno che tiene perché da bravo tedesco mi insegnano questo. A pressare tutto per benino dentro. Poi però esplodo.
E l’ho fatto, in questi anni in F1, eccome se l’ho fatto.
Rido ripensandoci.
Ma è venuto il momento. 
Ho dei figli a cui tengo con tutto me stesso, ma anche senza di loro lo farei ora. Non provo più quello che provavo un tempo correndo. 
Ammiro Kimi, Fernando, ovviamente Lewis... loro sono andati avanti e vanno avanti un sacco, chi per vincere, chi perché semplicemente gli piace farlo e perché tira fuori il meglio da sé nonostante tutto.
Io però sono diverso. 
Io non corro più per vincere e non so se con una macchina ed un team competitivi sarebbe cambiato qualcosa. 
La Ferrari mi ha spento, ma non voglio dare la colpa a nessuno. Io sono semplicemente diverso. 
Ho amato profondamente correre e non rimpiango nulla di ciò che ho fatto, però da quando corro senza sapere perché lo faccio realmente, ho capito che era ora di smettere. Solo che dovevo fare due cose. 
Preparare Mick per la F1 e assicurarmi che capisse come fare per esprimere il suo incredibile talento senza rovinarsi.
Ed infine preparare Lewis. 
‘Promettimi che smetteremo di correre insieme in F1. Promettimi che non smetterai da solo prima di me.’
Ricordo le sue parole di diversi anni fa, quando ho iniziato le mie crisi in Ferrari e lui se ne è accorto prima di me, molto prima di me. 
E ricordo la mia risposta. 
‘Prometto’. 
Ricordo come era terrorizzato e preoccupato mentre me lo diceva e come io in quel momento volevo solo tranquillizzarlo e farlo stare meglio, perché l’idea di angosciarlo mi faceva impazzire. 
L’ho promesso e da quel momento ho corso solo per lui, poi è arrivato Mick in F1 ed ho corso anche per lui, che considero un figlio, oltre che l’erede di Michael. 
Ma adesso è come se non sentissi più nemmeno questa vocazione, è come se sapessi che sono pronto, in realtà, e devo lasciar andare. 
Devo lasciare. 
Lasciare. 
Mick capirà, ma anche Lewis, perché il progetto era di smettere insieme quando avrebbe vinto l’ottavo mondiale, doveva essere l’anno scorso, eravamo pronti e decisi. 
Ricordo una volta che facendo l’amore, quando era sempre più possibile la sua vittoria finale e macinava record su record, ce lo siamo detti. 
‘Lasceremo insieme dopo il tuo ottavo?’
E lui ha detto di sì. Ci siamo guardati negli occhi, mentre eravamo uno dentro l’altro ed abbiamo capito tutti e due che sarebbe stato alla fine dell’anno, dopo quel mondiale, il mondiale dell’anno scorso che ha perso in quel modo atroce. 
Quando ha perso così, ho capito che era quello il momento per lasciare. Per entrambi, perché anche Lewis in realtà era arrivato e pronto, ma non ce l’ha fatta. 
Ci ha pensato molto, nella pausa alla fine del mondiale, perché sapeva che il momento per finire per entrambi era arrivato e non perché l’avevamo deciso insieme mesi prima, bensì perché lo sapevamo, lo sentivamo. Era ora. 
Lo era in quel momento. 
Poi alla fine l’idea di smettere lì, a gennaio 2022, lo ha fatto star male. 
‘Vorrei lasciare, sono pronto. Però so che avrei questo rimpianto per tutta la vita. Mi sembrerebbe di aver lasciato l’opera della mia vita incompiuta. Non sono davvero pronto per lasciare, Seb.’ 
Ricordo i suoi occhi quando me l’ha detto, come si scusava senza dirlo a parole, come comunicava profondamente ciò che aveva nel cuore. 
Mi chiedeva scusa per venire a meno ai nostri patti. Non ha mai osato chiedermi se io avrei comunque mantenuto la nostra promessa di lasciare insieme e avrei tenuto ancora duro, ma sapevo che lo pensava, che lo sperava. 
Sapevo anche che se gli avessi detto che non ce la facevo, lui avrebbe capito. Ma non sono riuscito, perché non ho mai visto Lewis in quelle condizione in vita mia, nemmeno quando ha perso nel 2016 ed ha avuto tutti quei problemi con Nico. È stato sicuramente male, ma era più motivato che mai a fargliela vedere, quanto lui era forte e quanto valesse. Quanto avesse sbagliato a scegliere il mondiale al loro amore. 
Lewis alla fine dello scorso mondiale era l’ombra di sé, non è mai stato così male e sapevo precisamente che se avessi detto che lasciavo comunque, gli avrei dato un altro colpo troppo duro, non me l’avrebbe mai detto, ma io che lo conosco l’avrei visto. L’avrei capito. Non potevo assolutamente permettere che soffrisse in quel modo per me. 
Amo i miei figli, ma amo troppo anche lui.
Non potevo lasciare in quel preciso momento. Adesso vedo che si è ripreso, che sta bene, che è tornato ad essere quel Lewis forte che va avanti per la sua strada a qualunque costo. 
Per me è giunta l’ora. 
Toglierò il volante e non lo rimetterò più, appoggerò il casco e non lo indosserò più, non per correre un’altra gara di F1.
La vita non sai mai come va, magari farò come Michael e tornerò quando avrò staccato proprio perché un anno sabbatico è quello che mi ci voleva. 
E non escludo che forse se fossi andato in Mercedes o Red Bull mi sarei divertito di più e sarei riuscito a rimanere, ma non posso ignorare la fatica emotiva e mentale che ho fatto dal momento in cui ho capito che non avrei mai realizzato il mio sogno più grande in assoluto, vincere un mondiale in Ferrari. Quando l’ho capito, per me è finita. L’ho vissuta male, all’inizio, ma grazie a Lewis ne sono uscito e l’ho accettato.
Ora sto meglio.
Adesso l’ora è giunta. 
Lo dirò a Lewis, lo dirò a Mick, poi a tutti gli altri. Magari lo scriverò anche a Charles, poi pubblicherò il video con il mio annuncio. 
Ma sì. 
È proprio l’ora.”

/Lew/

“Oggi lo sento. 
Oggi sento qualcosa di diverso.
È nell’aria, come una sensazione, un presentimento.
Una di quelle ansie immotivate, inspiegabili. Ogni tanto mi succede, senza apparente motivo mi alzo così, come se avessi il piede storto. Sono una persona abbastanza lunatica, perciò non ci do sempre peso, anche se mi dà fastidio, ovviamente. 
Oppure così, dal nulla, quando so che devo vedere una persona, fare qualcosa di particolare, mi sale l’ansia. Un’ansia senza motivo perché non ho problemi con quella persona o a fare quella cosa, ma ho quest’ansia alla bocca dello stomaco, come se fosse serrato in una morsa. Inizio ad essere frenetico, a non riuscire a stare fermo. Comincio a tamburellare il piede o la mano. 
Poi puntualmente succede qualcosa con quella persona o facendo quella cosa. È come se avessi dei presentimenti. 
Ora ho la stessa identica cosa, solo che sono perplesso perché la persona che devo incontrare è Seb. Non ho mai avuto ansie prima di incontrare Seb, se non quando poi abbiamo magari litigato. 
Oggi me la sento.
C’è qualcosa nell’aria. 

Appena incontro i suoi occhi è chiaro che avevo ragione.
Mi basta guardarlo in viso per un istante, ed è vero che lo cerco, appena varca la soglia ed è alla vista. Evita il mio sguardo, all’inizio. È evasivo. 
Il mio cuore si sospende subito, appena noto che non mi guarda. Rimango immobile, in attesa, seduto nel letto.
Siamo passati dalla Francia all’Ungheria da un weekend all’altro, di solito approfittiamo per stare insieme anche i primi giorni della settimana, perché senza lo stacco di una settimana nessuno torna a casa, a meno che il GP non sia vicino a dove si vive normalmente ed allora si approfitta. Come quando vado a Silverstone, per esempio, che vado a casa dai miei i primi giorni. 
Avendo corso in Francia domenica, mi aspettavo che fossimo rimasti insieme da soli i primi giorni, andando poi in Ungheria insieme. Ma lui ha detto che doveva passare da casa almeno un giorno, che era una tappa importante, così è andato ed io ho deciso di anticiparlo a Budapest. In qualche modo è sempre stata la nostra città. 
È mercoledì mattina, gli ho dato l’hotel e la camera, ho lasciato detto in reception che sarebbe arrivato un amico e di dargli pure la seconda chiave. Ho pagato per la discrezione, ma tendiamo ad usare gli stessi alberghi, io e lui, così possiamo creare un giro di persone fidate con cui azzardarci a fare certe cose.
Così lui entra nella camera con la nostra chiave, io sapevo che sarebbe arrivato presto perché mi aveva scritto quando partiva ed era tipo l’alba, perciò mi sono preparato per riceverlo e passare finalmente la giornata con lui, ma mentre lo facevo, sentivo quest’ansia salire. Non era quella da luna storta. Era l’ansia da ‘succederà qualcosa’. 
Sto fermo, quindi, e aspetto che si giri verso di me e lasci il trolley e mi guardi. Di solito la prima cosa che fa è guardarmi e sorridermi, lo fa sempre. Fa qualche battuta, ma mi guarda sempre.
Ora è serio, zitto e soprattutto non mi guarda subito. 
Appena si decide a farlo, io sono ancora immobile, seduto, fermo, come se aspettassi qualcosa. Una notizia, forse. 
La mia mente è totalmente vuota, ho solo il cuore in gola.
Appena i suoi occhi si posano sui miei, lo capisco. Non è davanti, la camera è grande, abbiamo almeno due metri a separarci, se non più, ma i suoi occhi blu profondi e splendidi sono cristallini, oggi. Non mi nasconde che ha davvero qualcosa. Qualcosa che mi farà piangere. 
È così che capisco e mi metto la mano alla bocca scuotendo la testa. 
Un’ondata mi investe potente, immediata. Come quando ti rompi un osso, vieni in un istante investito da un’onda di fuoco che brucia tutte le tue particelle, poi il dolore è inizialmente generalizzato, lo senti ovunque e non capisci nulla per un lunghissimo istante. Infine comincia a concentrarsi nel punto rotto. E da lì in poi starai anche peggio. 
Ora è la stessa cosa.
Vengo investito da un’ondata potente di fuoco che mi brucia ogni particella e mi ritrovo con le lacrime agli occhi. Da che bruciavano a che piango è un attimo e non me ne rendo nemmeno conto. 
Quando si avvicina, sono nel panico, perché so di cosa si tratta.
Lo so perché in realtà l’aspettavo da gennaio. Ogni giorno di questo 2022 l’ho passato aspettando il momento in cui mi avrebbe detto questo e pensavo sarebbe successo molto prima. Invece siamo a fine luglio. 
Mi ha regalato sette mesi in più. 
O forse sono io che glieli ho strappati, perché lui doveva farlo molto prima di quest’anno. È sempre rimasto per me, per Mick, per qualcuno o qualcosa. 
Ma adesso non c’è altro.
Adesso è ora, no?
Lo sapevo, per questo l’ho capito subito. Ogni volta che lo vedevo, quest’anno, ho aspettato l’istante in cui i suoi occhi avrebbero avuto questa inclinazione. Questa notizia. 
Seb si avvicina ed io alzo le mani come per respingerlo, se non mi abbraccia e non mi consola, non mi darà conferma che è vero. Non lo voglio, ma lui insiste e usa un po’ di forza per obbligarmi ad accettare il suo abbraccio, supera le mie mani e le mie braccia, me le preme contro il suo petto, le piega e poi mi stringe forte rimanendo in piedi davanti a me che sono ancora seduto sul letto. 
Ecco, adesso il dolore è localizzato all’organo che si è spezzato.
Il petto sembra trapassato da delle spade affilate, respiro male e a singhiozzi, sono quelli che faccio mentre piango aggrappato al suo petto, alla sua maglietta. 
Mi sembra di essere sott’acqua ed è lui la mia unica fonte di ossigeno. 
Sapevo che sarebbe successo, ma non sono comunque pronto, a quanto pare. Forse non lo sarei mai stato. 
- Perché hai aspettato tanto? Perché non potevi aspettare ancora un po’? Cosa ti cambiava un altro anno? 
Perché sono convinto che mi sarebbe bastato, un anno in più? E per cosa? 
Per vincere il mio ottavo mondiale? Io l’ho vinto, il mio ottavo mondiale. Ma me l’hanno rubato. 
Cosa spero di fare, di vincerne uno reale? In queste condizioni? 
Lui mi stringe, mi bacia la testa con le treccine legate in una coda bassa, poi si china piegandosi sulle ginocchia, mi si mette davanti a portata di sguardo e prendendomi il viso fra le mani, mi guarda da vicino. 
- Cosa cambia a te un anno in più? Ciò che puoi fare con me, lo puoi fare senza di me. e poi non me ne vado, solo che non correrò più con te. Lo sai che sarebbe arrivato questo momento e sai che doveva essere a gennaio. 
Doveva essere molto prima, lo so. Dopo la Ferrari lui voleva mollare. Poi c’era quella promessa che gli ho ricordato ci siamo fatti quando ci siamo messi insieme nel 2017. Quando abbiamo consolidato seriamente il nostro legame. Gli ho ricordato di quella promessa, allora è rimasto. È rimasto per me. Gli ho detto che c’era anche Mick che aveva bisogno di lui. Insieme l’abbiamo convinto a restare. Ma adesso cosa ho?
- E la promessa? 
Seb mi bacia la guancia, le lacrime che scendono, asciugandomele con le labbra. Le mani stringono il mio volto, pochi centimetri a separarci. 
- Ho fatto del mio meglio per mantenerla, ma avevo programmato che avremmo lasciato alla fine del 2021, col tuo ottavo mondiale. Sapevo che avresti voluto vincerlo e che dopo di quello, avresti lasciato. 
- Sei stato tu a dirmi di non mollare, a Gennaio. Ti ricordo che volevo farlo e tu mi hai convinto a non farlo, perché me ne sarei pentito tutta la vita! Ora tu devi mantenere la tua promessa! Dobbiamo lasciare insieme! 
Insisto mentre so dentro di me che è sbagliato, ma non posso farne a meno. Lui con una pazienza infinita, mi lascia dire, mi lascia fare, mentre mi aggrappo alla sua maglietta. 
L’ho presa molto peggio di quel che avevo immaginato. 
- Perché ti conosco e so che te ne saresti pentito. Tu meriti di goderti la fine della tua carriera, la tua chiusura. Per me è una liberazione, ormai, ma per te deve essere la ciliegina sulla torta, non un gettare la spugna, non il gesto impulsivo di un momento negativo. Devi guardare con distacco la tua carriera, meriti di più di un lasciare perché stai passando un momento difficile e negativo. 
Lo so che ha ragione, ma ogni particella del mio essere grida che non vuole che se ne vada. 
Più mi asciuga le lacrime, più scendono. Così smette di tirarmele via e mi bacia dolcemente. Io mi premo a lui con disperazione, come se avessi bisogno della sua bocca per respirare. 
- Non sono pronto a non vederti più in pista con me.
- Ormai ho chiuso da tempo, e lo sai. Sto solo trascinando per preparare te e Mick ad andare avanti senza di me. 
- Ma la nostra promessa... - insisto tirando la maglietta, sto ancora piangendo e come ogni cosa che vivo con emotività, anche adesso esagero e me ne rendo conto, ma non riesco a frenarmi. Sono fatto così. 
- Non posso mantenerla. Mi dispiace. Lo abbiamo capito entrambi alla fine del mondiale dell’anno scorso, solo che non ce lo siamo detti. Ho voluto continuare un altro anno solo per te, perché ero pronto a dicembre a posare il casco. Ma ti ho visto devastato e sapevo che avresti avuto bisogno di me. 
- Allora lascio anche io! - sparo impulsivo, gridandogli in faccia. Lui sorride paziente e con un pizzico di qualcosa che non decifro bene. 
- No, tu continuerai ancora un altro anno almeno. E vincerai il tuo ottavo mondiale. Io ci sarò con te, in camera, tutte le volte che potrò. Verrò anche in pista, magari ad intervistarti. Farò le mie ispezioni alle macchine, come ho sempre fatto. 
Mentre parla ho la visione di quel che dice e so che sarà così, so che starò comunque bene, so che andrà esattamente come racconta. Poi piano piano Mick prenderà il suo legittimo posto nella F1 e saremo tutti felici, perché sapevamo che stavano tutti aspettando lui. Come abbiamo sempre detto. Come una sorta di predestinato.
Noi saremo orgogliosi di lui come se fossimo i suoi genitori. 
Perché so che Seb lo ama come se fosse suo padre e di conseguenza non posso non amarlo nemmeno io, allo stesso modo.
Ma scuoto la testa e scivolo col viso, sfinito, contro il suo collo caldo e forte. Mi sento così fragile e stanco, così piccolo, così infreddolito. 
Lui mi abbraccia dolcemente e mi culla. Si alza e si siede sul letto, sento le sue ginocchia scricchiolare per la posizione tenuta a lungo, penso stia facendo delle smorfie di dolore. 
Per lui è ora. 
Anche se è più giovane di me, ha iniziato praticamente con me, quasi. Ma non è una questione né di anni, né di tempo. È solo che ognuno lo sente.
- Mi sono divertito tantissimo, non ho fatto niente in tutta la mia vita che mi sia piaciuta di più. Non mi sono mai sentito così vivo come quando correvo in F1. Non rimpiango nulla. Anche perché grazie alle corse, ho trovato il vero me. Ho trovato te, mi sono innamorato e sarò sempre completo con te. Però da un po’ di anni con la Ferrari in poi ad ora, ho sentito che qualcosa cambiava e l’hai capito prima di me. Per questo mi sei stato tanto vicino. 
Sollevo il viso dal suo collo, il braccio mi circonda, l’altra mano intrecciata alla mia, ora seduto vicino a me. 
Lo guardo alla mia stessa altezza. 
- La Ferrari era il tuo grande sogno, ma ti ha distrutto. Ho sempre avuto paura che lasciassi nel 2019... 
Piega la testa di lato ed annuisce. 
- Avrei voluto lasciare tante di quelle volte che non immagini. Ma ci sei sempre stato tu a tenermi in qua. 
Stringo la sua mano più forte e mi aggrappo alla stoffa sulla schiena, mi spingo verso di lui fino a sfiorargli di nuovo la bocca, ma non per baciarlo. È quasi disperazione. 
- Cosa è andato storto? Cosa poteva andare diversamente per farti restare ancora?
Seb si stringe nelle spalle, ha uno sguardo completamente sereno, ora. Non è più preoccupato per me, sa che starò bene, che il peggio è passato. Quando mi rendo conto che è sereno, è come se mi staccasse una spina e lentamente inizio a sentirmi meglio. 
- Semplicemente doveva andare così. Lo capirai quando arriverai a questo punto. Al punto da dire è ora di smettere. Non te lo so spiegare, lo capisci solo se lo vivi. Capisci che semplicemente è giunta l’ora. Quando farai questa scelta serenamente e senza dubbi e lotte interiori, allora saprai che è il momento. 
Il peso inizia a sciogliersi, piano piano. Alla fine quello che conta davvero è che lui stia meglio e se smettendo di correre sarà così, è giusto che lasci. 
La mano dalla schiena la sollevo alla sua nuca, fra i suoi boccoli biondi ingarbugliati. Quando ha iniziato aveva i capelli lunghi così, mi ha fatto girare la testa dal primo istante, ma quella volta avevo Nico a rincoglionirmi. 
- Hai prolungato le tue pene per me... come posso ricambiare? 
Perché lo so che è così. Che avrebbe lasciato prima. So che c’è anche Mick, ma sono sicuro al cento percento che a Gennaio avrebbe lasciato, è rimasto perché ha visto che non ero pronto a lasciare e soprattutto a stare senza di lui, perché stavo troppo male. 
Lui sorride con la sua tipica dolcezza, è così tanto sereno che mi sento in colpa per questo scoppio. 
- Basta che rimani con me per sempre e sarò contento. 
Sono cose che si dicono, di solito, ma fra noi più il tempo passa e più il sentimento si consolida e diventa forte.
È una lunga storia, la nostra. Cominciata in modo strano, sporcata da Nico e da mille problemi, fra cui i nostri caratteracci. Poi siamo cresciuti, siamo cambiati e ci siamo innamorati sempre più. Adesso non riusciamo a stare uno senza l’altro e penso che in qualche modo riusciremo ad andare avanti insieme per sempre. Mi piace pensarlo. Ora ho bisogno di credere in questo. 
Così lo bacio con delicatezza, perché voglio assaporare tutto, di lui. Lentamente. Piano piano. 
Perché non è mai importato quanti ostacoli abbiamo dovuto superare, ce l’abbiamo sempre fatta. Siamo sempre tornati insieme, ci siamo sempre amati. Continueremo a farlo, sarà sempre la mia forza, così come io lo sarò per lui.”

/Seb/

“È come un bisogno impellente ma voglio assaporarlo e godermelo lentamente. 
Così come lentamente gli tolgo i vestiti e lui febbrile toglie i miei.
E, sempre lentamente, si stende in mezzo al letto ed io mi adagio sopra. 
Cerco le sue mani ai lati del viso e intreccio le dita, mentre mi perdo nella sua bocca, nella sua lingua, nel suo sapore. 
Ancora lentamente scendo sul suo collo e assaporo tutta la sua pelle scura, un colore che amo, un sapore che non dimenticherò mai. 
Conosco ogni tatuaggio, ogni linea, ogni muscolo. So quando ne mette su di nuovi o quando ne perde. So quando il suo corpo cambia, come e perché. 
Quanto amo il suo inguine, la sua erezione che cresce ogni volta nella mia bocca, mi soffocherebbe se non sapessi come gestirla. Non sono gay, non amo tutti gli uomini, non ho la fissa dei membri maschili. Ma il suo mi fa morire, mi ha sempre fatto impazzire. 
Perché amando lui, ho iniziato ad amare ogni parte di lui, caratteriale, psicologica e fisica. 
Non c’è niente di lui che non mi faccia impazzire e che non mi renda dipendente. 
Si gira, piega le gambe sotto di sé per darmi l’accesso da dietro, dove mi perdo col viso, con le dita. 
Lo faccio mio, lo sento che gode inarcandosi, mentre unisco il piacere che gli trasmetto stimolandolo sia da davanti che da dietro contemporaneamente. 
Lewis gode, geme e si tende tutto come un gatto, inarcandosi. Fino a che non ne possiamo più e mi chiede di entrare. 
Non resisto più nemmeno io e dopo essermi lubrificato, entro con una spinta decisa, prendendolo per i fianchi ed andando subito a fondo. 
Resto fermo un istante, permettendogli di abituarsi a me, quando si rilassa inizio a muovermi in lui, in ginocchio. I gemiti si uniscono più forti che mai, si preme col viso sul materasso, afferra le lenzuola e le tira preda del piacere e della passione. 
Lo guardo mentre sta per venire, poco prima di me. 
È la cosa più bella e sensuale che abbia mai visto.
La sua schiena col suo tatuaggio della croce, delle ali e Still I Rise.
Un po’ il nostro motto.
Still I Rise. 
Still We Rise. 
There Is Still A Race To Win.
Mentre vengo guardando la sua schiena che mi ha sempre mandato fuori di testa, mi viene in mente il motto che userò per annunciare la chiusura della mia carriera di pilota. 
Mi farò aiutare da lui ad aprire un profilo su Instagram, mi farò aiutare a fare un video dove spiegherò le mie ragioni e lo comunicherò a tutti, poi mi farò aiutare a pubblicarlo. 
Mi starà vicino passo per passo. 
Sarà sempre con me e poi ci sarò io, per lui. Sempre. In qualunque modo. 
Se dovessi dire la persona che in assoluto mi ha cambiato di più come persona, facendomi diventare un uomo, la persona che sono ora, direi senza dubbio Lewis.
Michael mi ha aiutato a crescere da ragazzo ad adulto nel mondo della F1. Mi ha trasformato in un pilota. 
Ma se devo dire chi mi ha cambiato come persona. 
Beh, è Lewis, non ci sono dubbi. Spero di averlo aiutato anche io, almeno un po’. Spero di avergli dato qualcosa. Spero che non mi dimenticherà. 
Da come si gira appena siamo venuti entrambi ed esco da lui, da come mi tira giù su di sé e mi abbraccia e mi bacia, direi che non devo avere dubbi. 
Non credo proprio mi dimenticherà.”