NOTE: non potevo non scrivere nulla, ci sono stata male a lungo per quello che è successo a Lewis e mille pensieri si sono susseguiti, alla fine ho voluto scrivere qualcosa per lui, perché lo meritava. Non solo un campione dentro e fuori dalla pista, ma una persona di classe pura. Un vero uomo. C’è solo da imparare da lui. La cosa che mi ha scaldato il cuore, ovviamente, è stato Seb che è corso a consolarlo. Per noi sei tu il vero campione, Lewis. PS: è vero che Lewis ci ha messo 2 minuti prima di uscire dalla macchina, una volta parcheggiato. Buona lettura. Baci Akane

CLASSE PURA

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Due minuti. 
Mi servono due per trovare la forza di uscire da questa macchina.
E Dio solo sa se ho dato tutto me stesso e anche molto di più.
Non ne avevo, ma ho dato comunque. 
Ero pronto a perdere, oggi, perché arrivare all’ultima giornata di mondiale a pari punti di un altro pilota che è stato incredibile tutto l’anno, è ovvio che ti fa capire che puoi anche non farcela, questa volta.
Perciò non è la sconfitta in sé, ero pronto davvero, sapevo che c’era la concreta possibilità succedesse.
Quello che mi impedisce di alzarmi da questa monoposto è il modo in cui hanno vinto. Non è la sconfitta, è il modo in cui me l’hanno tolta. 
È questo che non riesce ad andarmi giù.
Se avessero giocato in modo pulito non me l’avrebbero tolta la vittoria, non avrebbero vinto correndo in modo pulito, non oggi, non per come erano andate le cose. Non esiste diversamente. 
Mi ripeto che Max ha fatto un anno incredibile, che questa stagione abbiamo sbagliato troppo e siamo stati anche penalizzati troppo ingiustamente e al contrario a volte non lo sono stati loro, quando avrebbero invece meritato.
È stato un anno assurdo, imprevedibile. 
Dopo aver vinto sette mondiali non è una questione di non riuscire a perderne uno. Nel 2016 non riuscivo ad accettarlo, ma adesso è diverso. Non è che non riesco a perdere.
È che così no.
Non così. 
L’ha fatta sporca, non è stata una vittoria pulita. 
Io lo so, lo so che se oggi avessero gareggiato in modo totalmente pulito, ognuno al massimo delle proprie possibilità, non avrebbe vinto. 
È dura, è troppo dura dopo essere stato in testa per tutta la gara e non aver sbagliato niente. 
Ma Lewis sei un uomo, ormai. Non sei più troppo giovane per accettare la dura realtà.
E di dure realtà ne hai dovute accettare molte, ben peggio di queste.
Perciò anche se Max ti ha sempre irritato perché non è capace di correre in modo onesto ed è troppo pericoloso sulla pista e spinge l’avversario in uno scontro diretto a cedere per non essere buttato fuori pista o peggio fatto saltare per aria, anche se detesti Horner e i suoi modi sempre sporchi e pessimi, anche se hanno giocato male fino all’ultimo e ti hanno derubato del tuo legittimo ottavo titolo, tu ora esci da qui, vai da lui e ti congratuli.
Lo farai perché sai perfettamente che è giusto così. 
Lo fai perché devi.
Perché sei un nero che ha sempre dovuto lottare il triplo degli altri per non essere messo in croce. 
I bianchi possono avere pessime reazioni a tutto, possono anche non essere sportivi, non succede niente.
Max quest’anno mi è passato con le gomme sopra la testa, letteralmente. Non si è fermato a vedere se ero vivo o se mi aveva ucciso. E poi quando ha potuto constatare meglio cosa mi aveva realmente fatto, dove erano finite le sue maledette gomme, non ha fatto mezza menzione, non un messaggio, niente. 
E non gli è stato detto niente, è andata bene così, fa parte del suo carattere.
Vedi però se lo facevo io. 
Se io oggi non vado e non mi congratulo sarò massacrato da tutti. Perché io sono nero. È la sola differenza.
Non importa che io mi sono guadagnato il diritto di non essere messo in croce visto tutto quello che ho fatto in carriera e quanto ho dimostrato. Sarò sempre un ragazzo nero, se io ora non vado là da lui e non gli stringo la mano sono finito e non potrò essere lasciato in pace nemmeno nel mio dolore, nella mia rabbia, nel mio giorno di merda.
Perciò sì, mi ci vogliono due minuti per trovare la forza ed uscire da qua dentro.
Due. 
Quando lo faccio non so con che muscoli mi muovo da qua, con che coraggio, con che forza. 
Come mi muovo, come me ne vado. 
Non so come sto camminando, dove sono, da chi cazzo devo andare e cosa devo fare.
Faccio le cose di rito, faccio ciò che devo fare appena esco, ciò he si fa sempre. 
Poi non so, non credo di riuscire ad andare da Max, Dio non credo di farcela.
So che ho detto che se uscivo ci andavo, ma non mi è bastato. Non sono bastati due minuti, mi dispiace. 
Io non posso andare da lui adesso.
Mi tolgo il casco e vedo le mie gambe muoversi dalla parte opposta di dove sta Max in procinto di essere intervistato. 
Non ce la faccio, so che devo, so che se non lo faccio sarò praticamente ucciso. 
Però non ho ancora questa forza, mi ci vogliono più di due minuti. Forse un mese, un anno, una vita. 
Non posso andare da lui, un ragazzo che disapprovo, che mi irrita, che riassume tutto ciò che io non ho mai voluto essere. Non posso farlo e dirgli ‘bravo, mi hai rubato il titolo giocando sporco, ma sei stato bravo e te lo meriti’. No, non se lo merita ed è questa la verità che sanno tutti.
La mano di qualcuno si posa sulla mia schiena e mi fa girare, ho solo il sottocasco addosso.
Non mi raggelo, perché riconoscerei il suo tocco dolce e premuroso fra mille.
È come se il calore tornasse a ridarmi forza.
Quando mi giro e vedo i suoi occhi blu così preoccupati e dispiaciuti, il suo viso in un’espressione così delicata, la sua mano mi stringe la spalla in un piccolo mezzo abbraccio al volo, tutto ciò che può concedermi, ma è come se io ritrovassi la forza mancante. 
- Ci vediamo dopo? - mi fa solamente Seb, davanti a noi c’è solo Angela, ma di lei mi fido, lei sa di noi. Io annuisco sentendo un enorme bisogno che quel ‘dopo’ sia ‘ora’. - Ok. - aggiunge solo, poi passa la mano dalla spalla opposta a quella più vicino, stringe un’ultima volta, mi infonde la sua forza, mi prende ancora il braccio mentre mi tolgo il sottocasco, sembra non volermi lasciare andare ed ha una dolcezza ed un amore infiniti.
Quante volte ha dovuto accettare cose oscene di questo sport? Quante ingiustizie sono state fatte?
Mi vengono in mente il Canada del 2019 e l’Ungheria di quest’anno, ma sono solo due dei tanti esempi. Sorrido fra me e me pensando, mentre sfila via non potendo fermarsi, mentre abbraccio Mick subito dietro di lui, che Seb al mio posto sarebbe andato a prendere a pugni Max o gli stewards facendo fuoco e fiamme.
No, decisamente non gli stringerebbe la mano. Ma io sono io, ho combattuto con ingiustizie tutta la vita, ne ho ingoiate tante e forse sono solo un po’ meno abituato perché è da un po’ che il nome del numero uno che sono diventato mi aiuta a subirne meno di una volta. Ho perso il callo?
La forza di Seb e di quello che lui avrebbe fatto al mio posto, mi aiuta ad andare là da Max dove sta parlando ai microfoni. No, io non lo farò, non parlerò ai microfoni. La sola cosa che mi concedo è di non farlo, non per il momento. 
Per ora penso solo a quel ‘dopo’ che mi ha promesso Seb. 
Fino ad allora tengo duro e tiro avanti.
Così riesco a stringere la mano a Max, lo abbraccio e mi complimento con lui per la vittoria. 
Non ho altro da dire a nessuno, non ho altro da fare. Non posso parlare ora perché mi conosco, tremo di rabbia e delusione e non so cosa potrei fare e non posso pentirmene ora. Non posso. 
Ho solo bisogno di pace, vi prego lasciatemi in pace. 
Datemi la mia pace. 

È una pace che mi arriva a fatica, dopo un tempo quasi infinito dove ho dovuto subire e sopportare una serie di obblighi a cui non mi sono potuto sottrarre. Finalmente questa giornata allucinante arriva al termine e rientro in camera, dove sapevo lui mi aspettava.
Finalmente eccola lì la mia pace.
Lui in una comoda tuta nera si alza dal letto, si è fatto una doccia e profuma di bagnoschiuma da uomo e fresco. Mi sorride, lui ed i suoi occhi blu mi vengono incontro e senza dire niente mi avvolge subito le sue braccia intorno al corpo. Io non credo di essere mai stato così stanco, mi rifugio fra le sue braccia e non ne ho più, ora non ne ho davvero più. Non so come sono arrivato fino qua. 
Però finalmente ci sono ed è come se mi purificasse in qualche modo. 
Tante volte anche lui ha ingoiato il rospo ed ha mostrato quella che in tanti, oggi, hanno chiamato ‘classe pura’. 
Non so se l’ho avuta davvero. Ho solo fatto quello che dovevo, al contrario di ciò che volevo. Come molte volte nella mia vita.
Tuttavia adesso sono qua e mi sembra di rigenerarmi, mentre mi nascondo contro il suo petto, il viso contro il suo collo. 
Adesso posso fare ciò che mi sono costretto a non fare per tutto il tempo, mai davanti a nessuno. Perché non potevo, non dovevo. 
Piango come un bambino infantile che non ha ottenuto ciò che voleva tanto.
Mi odio per aver sperato ad un certo punto che vincessimo il ricorso. Sapevo che non l’avremmo vinto e in realtà nemmeno volevo. 
Razionalmente non volevo vincere l’ottavo titolo così. Col ricorso. Sebbene avremmo avuto ragione.
Eppure una piccola parte di me lo sperava e mi sono odiato per questo.
Adesso piango perché posso essere liberamente me stesso.
Libero. Ecco come mi sento con Seb.
Libero. 
Non ci diciamo niente, non serve, ma il processo di rinascita inizia così. 
Lui, il suo tocco, la sua esistenza, la mia benedizione.