1. PESI
- 5 ottobre 2014 -
/Charles/
“Mentre io correvo, lui moriva.
Che gara di merda, oggi è l’ultima tappa del campionato e hanno messo le due gare lo stesso giorno anche se di solito si fanno in giorni diversi. Nemmeno mi interessa il motivo, però appena scendo dalla macchina sento una strana atmosfera, qualcuno della squadra mi viene incontro come di consueto ma è stranamente taciturno e non mi guarda negli occhi. È un po’ strano, ma non ci faccio troppo caso.
Mi dirigo nel mio box pensando che punterò sulla seconda gara sperando almeno di migliorarmi anche se non ho molte speranze. Le giornate storte ormai le riconosco e questa è una di quelle. È mattino ed è ancora presto per dirlo, ma io ormai lo capisco. Oggi farà tutto schifo dall’inizio alla fine.
Quando raggiungo il garage realizzo che c’è fermento, lo noto subito. Non si accorgono subito che sono arrivato. Ho un’espressione scura e seccata per la settima posizione nella Gara 1 di oggi e penso infastidito a tutto quello che ho sbagliato e a come avrei dovuto farlo, ma quando si accorgono che sono arrivato fanno tutti delle facce strane. Sono in allarme, si accendono e si preoccupano nello stesso momento, si sgomitano e sento che dicono: - È arrivato...
Immediatamente il cuore inizia ad accelerare. L’adrenalina per la gara appena corsa torna ad avere un picco notevole. Non saprei dire cosa e perché, forse è il fatto che dopo una gara non mi hanno mai accolto con quelle facce tese e preoccupate dirette precisamente a me.
È successo qualcosa. Lo penso subito.
Poi vedo mio padre venirmi incontro con un’espressione strana. Lorenzo sparisce subito per parlare al cellulare ed anche la sua faccia non è serena, non di quelle normali da post gara. Avrei potuto fare anche il risultato peggiore di sempre che non gliene sarebbe importato.
È esattamente qua che il cuore sale in gola e martella perché lo sento, lo sento veramente che quello che è successo è brutto.
Mio padre è sempre stato cristallino ed ora mi riesce così facile capire che è shoccato.
Prima che mi dica cosa è successo so per certo che potrò campare altri cinquanta o settant’anni, non importa, ma io ricorderò sempre la sua espressione, i suoi occhi e come mi sentivo io ora.
Ogni senso si acuisce e si concentra sulla sua voce in mezzo al caos che regna sovrano. Voci, rumori e suoni fanno da contorno, in particolare uno schermo da qualche angolo del garage rimanda delle notizie su una qualche gara che si sta svolgendo o che si è appena svolta, non registro bene perché è veramente un gran caos, ma anche questo è strano perché mentre si corre non si guarda mai altre cose.
Lui grida qualcosa dietro di sé, mi pare dica di abbassare, ma non lo ascoltano e capisco che deve essere da lì che viene la notizia che mi sta per dare. Perché so che c’è una notizia da ricevere, ormai è evidente.
- Che è successo? - chiedo col casco, il sostegno e la protezione in mano appoggiati lungo il mio fianco. Mio padre mi prende per le braccia con grande forza, il modo in cui le sue mani mi afferrano mi fanno impressione perché mi sembra come che cerchi di sostenermi, ma io sto su da solo, non serve che mi regga.
Mi accorgo che non respiro.
- Charlie. - fa lui col solito modo con cui mi chiama. La voce è tesa e non sa come dirmelo, me ne rendo conto.
Non ricordo. Non ricordo un’altra volta in cui ha avuto quest’espressione.
I suoi occhi da vicino sono ancora più shoccati.
È shock, è proprio shock ciò che leggo.
- Si tratta di Jules.
Appena lo dice la mia mente mi trasmette alla velocità della luce tutte le informazioni utili.
Jules sta correndo in Giappone, in F 1. Siccome sono dall’altra parte del mondo correvamo nello stesso nostro momento. Ricordo ieri pomeriggio che ci siamo scritti e ci siamo fatti gli auguri a vicenda. Mi ha incoraggiato a dare tutto nelle ultime due gare della mia stagione in Formula Renault che si sarebbero tenute nella stessa giornata, io gli ho detto di pensare alla sua che avevano messo brutto tempo a Suzuka per oggi.
- Ha avuto un incidente. - prosegue mio padre. Spalanco gli occhi e riempio i polmoni di aria continuando a trattenerla ancora. È brevissimo in realtà questo istante, non è lungo come lo percepisco, ma mi sembra infinito.
Sento addirittura i battiti che risuonano nelle orecchie.
- È molto grave. Adesso è in ospedale e non sappiamo come sta.
Lo dice tutto e subito, sa come dare le notizie. Le informazioni importanti e necessarie subito, prima che il cervello si spenga per il dolore, l’agitazione e il mondo che crolla.
Perché succede, il mondo mi crolla su queste mie esili spalle di diciassettenne.
Non è l’incidente in sé, purtroppo correndo in F 1 ed in generale nel settore dei motori sono cose che succedono e metti in conto, ma solo quando ci sbatti contro con un’esperienza più o meno diretta e quando quell’esperienza è grave, capisci realmente cosa significa giocare con la vita e la morte.
A fare la differenza, però, è mio padre e la sua espressione, il modo in cui me l’ha detto come prima cosa appena sceso dalla macchina. Nemmeno mezza parola sulla mia gara e non ricordo nemmeno com’è stata, non so fare i calcoli per capire a che punto sono in questo momento con la classifica finale, riuscirò ad essere secondo in quella generale? Mi separavano pochi punti da Matevos. A che posizione è arrivato lui in questa gara? Vincerò il campionato junior?
Niente di tutto questo adesso alberga più nella mia testa. È tutto cancellato.
C’è solo mio padre che mi guarda per capire se io abbia afferrato realmente cosa sta succedendo al mio migliore amico, al mio padrino, a quello che per me è come un fratello maggiore.
Al primo ragazzo che mi sia mai piaciuto in una maniera così sbagliata da tenere i miei sentimenti ben celati nel mio cuore, giù in profondità in modo che mai nessuno possa scoprirlo.
- Charlie? - mi chiama perché mi vede assente, estraniato. Le sue mani ancora sulle mie braccia stringono e capisco che mi stanno ancora sorreggendo. Improvvisamente i miei occhi tornano a vedere e a mettere a fuoco, il volto sorridente, delicato e così bello di Jules sbiadisce e si sovrappone quello preoccupato di mio padre e mi riscuoto.
- Grave quanto? - chiedo subito per capire meglio. Grave non significa nulla, grave può essere più vivo o più morto, ma c’è una bella differenza fra i due stati.
Per un momento esita, non sa se sia il caso di scendere nei dettagli e sta per farlo quando decide di darmi ancora un po’ di tempo.
- Non si sa molto, le informazioni arrivano frammentarie e incongruenti. Quando avremo chiara l’esatta dinamica dell’incidente e come sta, saprò qualcosa. Io e Lorenzo siamo in contatto con Phil, ma anche lui non sa ancora niente. È in sala operatoria.
Il cuore martella. Martella come un matto. Non è ancora chiaro. Voglio che sia più chiaro. Ho bisogno di chiarezza. Necessito di chiarezza.
- Ma... ma può morire? - non so con che forza la mia voce supera la gola serrata in una morsa di ferro, ma riesco a chiederlo e punto i miei occhi corrucciati su quelli di mio padre. Non ammetterò una risposta generica ed incerta. Devo sapere.
Non ho mai vissuto niente del genere, ho avuto una vita fortunata circondato da persone che mi amano e non ho mai subito cose brutte, è la prima volta e si dice che finché non ti ci trovi dentro, non sai come reagiresti e che tipo di persona sei.
Adesso lo so.
Pragmatico. Chiaro. Esatto. Razionale.
Io devo sapere tutto quel che c’è da sapere, solo dopo posso stare male o perdere la testa, ma prima di sapere che la perdo a fare?
- Potrebbe morire, ma non lo sappiamo, Charlie. È inutile pensarci adesso. Aspettiamo notizie. Forse è meglio andare per oggi e ritirarci. Non so come puoi fare la gara 2.
Appena lo dice, e questa cosa è così da lui che non mi stupisce, mi stacco a forza dalle sue mani e faccio un passo indietro. Agisco totalmente d’impulso, nemmeno lo realizzo io stesso, non so cosa sto dico e faccio, ma rimango in piedi dritto e contraggo la fronte fissandolo penetrante e male. Penso di non essere più un diciassettenne. Penso di essere improvvisamente diventato un adulto, per quanto possa sembrare assurdo, e di aver saltato tutte le tappe della mia adolescenza e giovinezza.
- No, non se ne parla. È l’ultima gara del campionato e non sono ancora sicuro di finire almeno secondo né di vincere il campionato junior. È importante che vinca almeno quello e che arrivi secondo in quello generale. Jules e Nicolas sono stati chiari su quello che devo ottenere in quest’ultima tappa!
La mia mente ripete le parole che il mio mentore ed il mio manager mi hanno spiegato bene e mentre succede mi rendo conto che mi sta capitando qualcosa, ma non lo metto bene a fuoco.
- Charlie, sei su una monoposto, non sei più nei kart. Devi essere lucido e presente quando corri. Jules sta lottando con la vita per un incidente in una macchina in pista!
Per la prima volta è duro e diretto, è sul punto di imporsi con la forza, ma io respiro forsennato e scuoto la testa contraendo mascella e muscoli, sento le mie unghie ficcarsi nella carne dei palmi e qua capisco quello che non afferravo due secondi fa.
Mi sto trasformando in un vero pilota.
- Devo correre. Jules vorrebbe questo. Crede tanto in me, mi ha presentato Nicolas e senza di lui non sarei qua. Mi aspetta in F 1, se io non corro la seconda gara quello mi supera e non sarò nessuno. È essenziale il piazzamento di oggi per il proseguo della mia carriera e tutti credono troppo in me, ma soprattutto io ci credo! Le corse sono il lascito di Jules per me, non posso deluderlo. Io qua faccio sul serio!
Non so cosa sto dicendo, non credo di saperlo davvero. Piuttosto sto andando in pilota automatico, ma ho sempre più la sensazione di essere già un professionista, nella mia testa e nel mio istinto.
Cosa succede nei momenti critici? Viene fuori il vero carattere e questo è il mio primo momento critico e questo è il mio vero carattere. Non si molla per un cazzo.
Papà è sul punto di gridarmi contro, si guarda intorno non sapendo che pesci prendere, per la prima volta non sa come gestirmi ed in suo aiuto arriva Lorenzo. Gli restituisce il telefono e sospira con aria veramente terribile, per un momento il cuore si ferma e penso stia per dire quello che temo, ma lui capendo al volo il mio sguardo scuote il capo.
- Ancora nessuna notizia. È rimasto incastrato nella gru che era a bordo pista per togliere un’altra macchina incidentata e non riuscivano ad estrarlo. La lunghezza del salvataggio è stata determinante, potrebbe averlo ucciso. Se... - ma lo sguardo severo e shoccato che gli lancia papà gli fa capire che forse è stato troppo esplicito con me. Lorenzo si riscuote e si rende conto che forse doveva avere più tatto, cercano di proteggermi in tutti i modi, come se fossi fatto di vetro, come se fossi io quello più importante da tenere coi guanti.
- Io sto bene e sono forte. Voglio correre la gara 2, se non lo facessi e poi... - per la prima volta la voce mi trema e realizzo che sto per piangere, così mi fermo, inghiotto e prendo respiro distogliendo lo sguardo dal loro.
I due si guardano mentre cerco di riprendere i nervi e alzo la mano dimostrando che è ferma, ma lo faccio impulsivamente e non so quanto lo sia veramente. Per un momento temo che lo stato interiore rispecchi davvero quello esteriore, ma con sorpresa più mia che loro la mano sta ferma.
Bene, posso controllarmi.
- Correre mi permetterà di concentrarmi su qualcos’altro che non sia lui. Potremmo stare ad aspettare notizie per tutto il giorno. Magari per quando salgo di nuovo su sapremo che invece sta bene e che si salverà.
Fin qua sono sempre stato ottimista perché la vita è stata generosa con me e non mi ha mai dato motivo per dubitare, anche se ho la sensazione che questo mio modo di essere sta per cambiare. Ma per il momento sì, posso credere che andrà tutto bene.
Lorenzo annuisce subito e non prova nemmeno a contrastarmi.
- Sono d'accordo, deve correre. È l'ultima gara ed è importante che ottenga il massimo punteggio possibile, ne va della sua carriera. Se vuole fare questo come lavoro deve imparare a gestire i nervi e la pressione.
Papà lo guarda per capire se sia serio e poi capendo che è così, alza gli occhi al cielo scuotendo la testa sconcertato.
- Siete proprio fratelli! Se succede qualcosa anche a te, Charlie... - ma non finisce.
- Non succederà. Starò attento. Non piove, la pista è asciutta e farà così tutto il giorno. Qua non corriamo come andasse della nostra vita. Non si fanno incidenti seri.
Ma non lo so davvero, è solo quello che deve essere.
Papà se ne va e rimango da solo con Lorenzo, ho ancora il casco e tutto l’armamentario in mano. Guardo mio fratello per capire se mi nasconde qualcosa ma poi realizzo che è lui. Non lo farebbe mai.
- Cosa pensa Phil? - chiedo capendo che prima era al telefono con lui. Lorenzo si stringe nelle spalle e scuote la testa con aria persa.
- Prega e piange. Credo sia davvero brutto. Non ci sono immagini chiare dell’episodio, si sa solo che pioveva, c’è stato un incidente prima e la gru era ancora fuori per quella macchina. Jules ci è finito contro in pieno ed è rimasto incastrato lì sotto, però non riuscivano a tirarlo fuori ed è stato questo a... - non finisce la frase.
- Non è morto. Finché non sappiamo come sta, per noi lui è vivo e ce la farà.
C’era un famoso teorico fisico che diceva qualcosa a proposito di un gatto sia vivo che morto. A scuola ne hanno parlato. Finché non apri la scatola e non sai se il gatto è vivo o morto, è entrambi.
Jules in questo momento è in quella scatola ed è sia vivo che morto. Ma io devo pensare che sia più vivo che morto. Finché non ci diranno nulla, è così. Voglio ancora essere ottimista per qualche ora della mia esistenza, perché so che sto per cambiare.
Lorenzo si strofina la faccia con le mani in un momento di cedimento e lo abbraccio di slancio realizzando che Jules è sempre stato il suo migliore amico e per lui come un fratello. È grazie al loro legame se lo è diventato anche per me.
Jules non è solo un amico ed un fratello, per me è anche un idolo. Ha percorso la strada che ho sempre sognato ed ora non può fermarsi. Sta per firmare con la Ferrari, ci andrà di sicuro, è bravo, è dotato.
Jules ha ancora tanto da fare e da dimostrare, non può fermarsi ora sul più bello.
Non ci può lasciare.
La voce di Pierre mi raggiunge all’orecchio distante, ma mano a mano che parla torno sempre più in me.
Piange, ma non avevo dubbi che lo facesse.
Metto a fuoco i camion circostanti, mi sono appartato nel parcheggio dietro i garage come a nascondermi per isolarmi un attimo e ritrovare me stesso. Mi sento in bilico su un precipizio e se cadrò sarò finito come pilota. Perciò sto qua da solo, nascosto fra i camion nel disperato tentativo di rimanere su e trasformarmi nel pilota che voglio essere a tutti i costi. Per lui, perché Jules in me ha sempre visto questo. Un pilota, un futuro campione. Me l’ha sempre detto ed ha sempre fatto tutto ciò che poteva per portarmi lì con lui, un giorno. Non lo posso deludere. Non posso.
- Amico, non so come fai, io al tuo posto sarei troppo fuori per correre, sto piangendo un sacco e se dovessi correre sarebbe impossibile! Per fortuna che le mie gare sono domenica prossima! - appena Pierre ha visto l’incidente in televisione mi ha subito chiamato in lacrime senza considerare che stavo correndo anche io, è tipico suo. Mi sono ritrovato con venti chiamate da parte sua.
Sorrido ironico perché in realtà sono io che ammiro lui perché esprime così facilmente le sue emozioni. Vorrei riuscire a non correre, vorrei reagire in modo normale come lui rifiutandomi di salire sulla macchina, ma mi rendo conto che i miei piedi si muoverebbero da soli. C’è qualcosa che mi spinge a continuare, ma forse è così perché finché non ricevo notizie più certe, per me Jules è ancora tutto e niente.
- Anche se non corro non cambia nulla, non ho potere su quel che sta succedendo a Jules. A quel punto è meglio tenermi occupato, se corro non ci penso. Adesso non sto correndo e ci sto pensando come un matto, ma più lo faccio e peggio sto perché non posso fare nulla per lui e questo senso di inutilità è terribile.
Solo quando finisco di parlare realizzo cosa ho detto. Pierre è sempre il solo a cui dico certe cose, non penso mai d’aver bisogno di sfogarmi o di riuscire a farlo, ma alla fine è puntualmente a lui che dico tutto. Perché è il primo a sfogarsi, piangere, scoppiare ed esprimere emotività a tutto andare. Quando sei con qualcuno che lo fa tanto, sai che ti capirà se lo farai anche tu ogni tanto e non ti giudicherà.
Pierre è la mia confort zone ed il fatto che sia un pilota come me significa molto. Ho amici al di fuori delle corse, ma certe cose non le può capire nessuno se non chi le vive a sua volta. Oltretutto mi vergogno a farmi vedere in determinate condizioni con gli altri, ma con lui non è così, perciò mi aggrappo sempre a Pierre e non ho imbarazzo a farlo.
- So quanto Jules è importante per te, è come un fratello oltre che un mentore. Ci sono legato anche io e spero che vada tutto bene. Sto attaccato a tv e telefono per vedere se ci sono notizie, ma ancora niente.
- Nemmeno suo padre sa ancora niente. È un’operazione lunghissima, sarà dentro da ore...
Come vorrei sapere qualcosa. Almeno il responso, qualunque esso sia. Stare qua e non sapere, essere sospeso nel vuoto, nel tutto e nel niente. È sia vivo che morto. È sia bene che male.
Quella scatola chiusa è una merda. Più il tempo scorre e più la vorrei aprire, nonostante farlo significherebbe magari brutte notizie, ma non è comunque in mio potere aprire quella scatola. L’attesa è atroce.
- Sei sicuro di correre davvero dopo? Capisco che è l’ultima gara, ma...
Io e Pierre abbiamo corso insieme all’inizio nei kart e lì siamo diventati amici, ma poi lui ha percorso strade leggermente diverse da me, parallele ma in categorie differenti. Io per esempio sono in Formula Renault 2.0, mentre lui è nella 3.5, però siamo rimasti in ottimi rapporti ed è da quando eravamo piccoli che andiamo anche in vacanza insieme o se uno è a gareggiare nel paese dell’altro ci si ospita a vicenda.
Se dovessi dire che ho un amico di pista è lui anche se non siamo mai stati realmente nella stessa categoria.
- Devo correre. Non è solo perché Jules lo vorrebbe, né perché ha creduto tanto in me da far tutto quello che era in suo potere per ottenere gli aiuti che mi servivano per proseguire nel mio sogno. È anche perché io mi conosco e so che mi pentirei di ritirarmi ora, manderei sicuramente a puttane questo campionato, finirei terzo, sarei nessuno e probabilmente anche la mia carriera finirebbe prima di iniziare. Nicolas ha sempre detto che mi avrebbe seguito a seconda dei miei risultati e se lui mi molla io poi chiudo. - lo dico a lui per ricordarlo a me stesso, per ordinare le mie idee e razionalizzare. È quello che mi aiuta di più in questo momento a gestire la terribile morsa allo stomaco che minaccia di farmi vomitare ogni volta che respiro.
- Beh, comunque non puoi vincere il campionato ormai... - mi fa notare con poco tatto. Normalmente mi indispettirei, ma è lui e va bene.
- Ma Nick è il terzo anno che corre questa categoria, grazie al cazzo che ha vinto tutto ed ha questo distacco dal secondo. Che vada in qualche altra categoria a fare lo splendido! Sarei io primo e sono un esordiente!
La mia competitività viene fuori molto facilmente e di anno in anno, più salgo di categoria, peggio sono.
- Credo che sia giusto, devi pensare anche alla tua carriera che adesso è ad un momento chiave. Ora siamo nelle monoposto, qualunque cosa è troppo importante se vogliamo arrivare in F 1.
- Max Verstappen ha già firmato con la Toro Rosso e la F1 per il prossimo anno ed ha la mia età, ha sempre corso con me in kart. Quello ha fatto solo un anno in Formula 3 europea ed il prossimo salta subito in 1. - il fatto che lo cito con il mio consueto fervore lo fa scoppiare a ridere.
- Competi ancora con lui anche se non siete più nello stesso campionato?
- Sta solo scappando dal confronto con me, ma ci arriverò anche io in 1 e lo rimetterò a posto! L’ultimo che abbiamo fatto insieme ha vinto lui ed io ero solo secondo! Gliene devo restituire una!
Come di consueto quando viene messo in mezzo la mia nemesi dei karting di cui non posso dimenticarmi mai, mi faccio prendere troppo ed il tempo passa. Per un momento mi dimentico di tutto l’incubo che si sta svolgendo intorno a me.
Per un momento sono di nuovo un ragazzo normale che parla col suo migliore amico, pilota anche lui, che sa praticamente tutto di me. Lo sa così tanto che è il solo a conoscere il genere di affetto che nutro per Jules ed anche questo gliel’ho potuto dire perché Pierre mi aveva già parlato di cose simili da parte sua.
- Sono sicuro che gliele restituirai tutte in F 1. Ci vedremo tutti là fra pochi anni e scorrazzeremo intorno a Jules che invece sarà già in rossa!
Lui sogna, sogna sempre ad occhi aperti ed in grande. È un sognatore romantico e sensibile. È la versione migliore di un qualsiasi ragazzo di 18 anni.
Non credo abbia ragione, cerco di essere realista perché l’ottimismo di poche ore fa è già scemato, però solitamente sogno anche io anche se non come Pierre, ma nessuno lo fa come lui.
Sospiro e il velo della realtà torna a ricordarmi dell’incertezza che ha la vita in questo momento.
- Spero tu abbia ragione, Pierre. Con tutto il cuore.
Pierre aspetta un po’, inghiotte le lacrime che stanno per tornare e tira su col naso; è tornato coi piedi per terra.
- Lo spero anche io.
Non aveva ragione. Non scorrazzeremo intorno a Jules in rossa. Non perché non gli offriranno un sedile in Ferrari, ma perché non tornerà a correre in pista così facilmente e forse non correrà proprio più per nulla.
Quando ho finito Gara 2 decretando la mia seconda posizione nel mio primo campionato con una monoposto, nonché il premio nel Junior, non ho sentito soddisfazione né felicità come avevo sperato.
Quando correvo ero concentrato come mi aspettavo. Ho messo il casco e tutto si è cancellato al punto che dopo mi sono sentito in colpa; quando ho rialzato la visiera e il mondo è tornato lì col suo incubo, mi sono reso conto di non aver pensato mai a lui.
L’ho fatto appena sono uscito dalla macchina.
‘Come starà Jules?’
Ho svolto le consuete incombenze da post gara e sono corso nel mio box alla ricerca ossessiva di notizie, quelle belle. Quelle che non arriveranno.
Come se ogni volta che io corro possa succedere qualcosa a Jules, gli occhi di mio padre e di Lorenzo sono particolarmente bui. Prima erano tesi, ma adesso sono proprio cupi.
- L’operazione è finita, è vivo ma attaccato alle macchine e al momento è in coma.
Penso che non dimenticherò mai questo 5 ottobre del 2014. Comunque vadano poi le cose.
Mi spiegano che per sperare in una sua ripresa dovrebbe svegliarsi in tempi brevi e dare segni positivi entro 24 ore circa, ma se non dovesse succedere bisogna prepararsi al peggio.
Mi dicono anche che se il coma dovesse protrarsi a lungo, non saprebbero dire quanto né se potrebbe poi svegliarsi.
In altre parole se domani non ci saranno miglioramenti di sorta, possiamo considerarlo morto.
Dall’esatto momento in cui mi spiegano questo è come se mi tagliassero i fili del tutto. Mi distacco completamente dal vecchio Charles sereno e ottimista e accolgo quello nuovo, che non so ancora come sarà, ma so che adesso, in questo preciso momento, io sono cambiato.
Se dovessi decretare un momento nella mia esistenza in cui sono cambiato, un momento chiave della mia vita, è sicuramente oggi, questa notizia di Jules. Perché ancora non sappiamo come sarà, ma una parte di me lo sa, quella che non sarà più né ottimista, né realista, ma solo pessimista. Andrà male, me lo sento. Ho perso Jules. Io oggi, domenica 5 ottobre 2014, ho perso il mio Jules.
Non ho più nessuna gara a cui pensare, lavoreremo per la prossima stagione che sarà in un’altra categoria, Nicolas mi aveva parlato dei nostri progetti, ma al momento non riesco a ricordare nulla.
La mia mente si svuota, non ho doveri, non ho gare, non ho corse e nemmeno speranze, se non il miglioramento di Jules che se non dovesse arrivare concretamente entro queste dannate 24 ore, io potrei pentirmi per tutta la vita di aver fatto questa gara 2.
Non per averla corsa, ma perché mentre la correvo non ho pensato a lui, proprio come un vero pilota professionista farebbe.
Ho cancellato ogni cosa, ogni essere vivente, ogni circostanza, ogni affetto. Ho cancellato tutto in quei giri, anche lui.
L’ho cancellato mentre lui combatteva per sopravvivere.
Avevo delle ragioni ed anche valide, ma adesso non mi sembrano più tali davanti all’eventualità che lui possa morire.
Mi dicono che non lo sposteranno subito dal Giappone, ma appena sarà possibile lo manderanno a Nizza, a casa; tuttavia queste prime 24 ore fatali starà laggiù, lontano da tutti, anche da me.
Lo ricorderò col suo splendido sorriso nel viso più bello che per me un ragazzo possa mai avere avuto.
Lo ricorderò così per tutte queste 24 ore e per sempre.
Tutte le nostre azioni hanno un peso, anche le nostre non azioni ce l’hanno.
Il peggio è quando il peso non è sugli altri ma esclusivamente su di noi.
Non sarebbe cambiato nulla se io non avessi corso quel giorno, eppure i mesi passano e lui è in coma ed è sempre più lontano da me e quel che penso ogni ora è questo.
Non avrei dovuto correre. Non avrei fatto nulla, per lui, non sarebbe cambiata una virgola nel suo terribile destino, eppure non mi sentirei così orribile, perché è questo che ora, mese dopo mese di questo suo maledetto coma, io mi sento.
Orribile.
Com’è possibile che mentre lui moriva io correvo?
Le nostre azioni hanno un peso e ce l’hanno su di noi e questo peso grava sulla nostra coscienza ed un giorno diventerà un buco così grande che non sapremo come riempire.
Quel 5 ottobre Jules è morto ed ora sta solo agonizzando bloccato in quel corpo che non vuole lasciarlo libero.
Rimpiango ogni giorno di non essermi mostrato umano, mentre rifletto sul reale e profondo significato della vita, la vera vita, mentre lo guardo steso in questo letto d’ospedale a Nizza, mentre rifletto razionalmente su cosa sarebbe per lui svegliarsi dopo tutti questi mesi di coma, dopo la gravità di quel che ha subito.
Rimpiango di non essere stato umano quell’ora della mia esistenza e so che non ha senso, ma mi sento orribile e non capisco quanto questo peserà oltre nella mia vita da qui in poi.
La vita è ingiusta ed io l’ho scoperto a diciassette anni col mio migliore amico, ma il peggio è che io forse non sono realmente umano e se voglio superare questo scoglio, devo accettarmi così come sono e andare oltre.
Ci devo riuscire perché adesso ho un’enorme responsabilità in più di prima. Lui credeva in me come pilota, è questo che mi ha lasciato Jules, ed è questo che posso fare per lui, per testimoniare che è esistito e che ha avuto un impatto essenziale nella mia vita e per ringraziarlo sul serio.
Per questo devo scendere a patti con me stesso e andare oltre il peso di questa mia disumanità.
Da adesso tutto quel che farò sarà per non deluderlo.”
Note: non potevo esimermi dall’inserire questo fatto, ho pensato a lungo a come scriverlo ed ho cercato tutte le informazioni che potevo. Sicuramente Jules è una persona che ha significato molto per Charles e quel che gli è successo l’ha segnato molto. Spero di non aver turbato la sensibilità di nessuno con questo capitolo che era necessario per mostrare e approfondire Charles. Jules ha fatto tanto per convincere Nicolas Todt a diventare il manager di Charles e che senza Nicolas ovviamente Charles avrebbe dovuto mollare le corse, perciò diciamo che in un certo senso gli deve tanto. Poi è risaputo che Jules era suo padrino, mentore e che gli era legato come un fratello. Ho fatto una piccola aggiunta sui sentimenti di Charles per Jules, spero nessuno se la prenda, è una fanfic e per quanto mi riferisca in certi punti a cose reali, è comunque tutto inventato e romanzato. Ho anche iniziato ad inserire Pierre, in certe parti sarà molto importante per Charles ed i particolari su come si sono conosciuti e sul loro rapporto da giovani è vero. Ho letto di come Charles nonostante non abbia esitato a correre la gara nonostante le condizioni di Jules, poi nei mesi successivi si sia sentito in colpa per averlo fatto. I dettagli sul campionato di cui ho scritto sono veri (quanto meno se le info trovate sono giuste). Come avrete notato questo capitolo era tutto dal POV di Charles, il prossimo sarà di Max. Grazie chi mi segue. Alla prossima. Baci Akane