2. SOPRAVVIVENZA 

max jules jos

- 18 Luglio 2015 -
/Max/

“La notizia della morte di Jules Bianchi mi arriva come un fulmine a ciel sereno, in questa giornata di metà luglio non troppo calda solo perché sono le sette del mattino. 
Mi rigiro di scatto nel letto raddrizzandomi mentre stringo il telefono e scorro col dito sullo schermo. Su twitter ne parlano ovunque, i genitori dell’ex pilota ne hanno dato avviso stanotte con data del decesso ieri sera. Si è spento nel coma che durava ormai da nove mesi. 
Seppure appena sveglio, il mio cervello si attiva con una scarica di shock che mi rimette al mondo peggio di una doccia fredda. 
Non pensavo a lui da mesi, esattamente da quell’ottobre dell’anno scorso, quando ho vissuto dal vivo il suo terribile incidente. 
Mi aveva colpito molto perché era da molti anni che non si vedeva un incidente simile in F1, dai tempi di Senna, han detto, ed il fatto che io fossi lì nel circuito quel weekend per fare le mie prime prove libere con la Toro Rosso ed in F1, mi ha permesso di viverlo per bene. È stata un’assurda coincidenza.

 

**

Ma quanto cazzo piove? Fra l’altro credo sia la gara più lunga di sempre, con tutte queste safety car continue che allungano il tempo in pista. È assurdo che continuino a far correre lo stesso, piove davvero troppo. Ovviamente so che si corre anche se piove, ma quando è così forte che tutto ciò che vedi è un muro d’acqua, come si fa? 
Mai vista tanta roba dal cielo scendere tutta insieme. 
Il box Toro Rosso mi circonda come un contorno che via via sbiadisce sempre più, mentre la gara si svolge davanti ai miei occhi. Ammiro i piloti di F1, sono davvero di un livello lontano anni luce dal mio. 
Come uno dei fulmini che cadono qua intorno che superano lo scroscio assordante della pioggia, mi vengono in mente le parole di Charles Leclerc dell’anno scorso, quando mi disse che il suo manager era a favore dell’accumulare esperienza prima di approdare in F1 perché quella era davvero dura e molto diversa dalle categorie inferiori.
Aveva ragione, ma solo oggi che sono qua ad osservare l’ambiente nel quale mi inserirò il prossimo anno, me ne rendo conto. 
Sono qua a Suzuka da venerdì che ho fatto le prove libere e non avendo gare siamo rimasti qua ad osservare come da accordi, visto che il prossimo anno sarò un pilota proprio di questo team. Alla fine mio padre l’ha spuntata e mi ha fatto finire alla velocità della luce nella massima categoria, ma non avevo dubbi sarebbe andata così.
Il problema è che mentre guardo la gara dal box sotto questo diluvio allucinante, mi rendo conto che se dovessi farlo io, ora come ora, non ne sarei in grado e probabilmente avrei un incidente. 
Non lo so per la verità, ma credo andrebbe così o forse tirerei fuori del talento incommensurabile naturale e riuscirei a guidare comunque, ma qua è impossibile non pensare che qualcosa andrà storto, qualcuno avrà degli incidenti sicuramente e di quelli brutti. 
Non mi stupisco di quanto si allunghi la gara dietro alla safety car per i vari incidenti di pista, ma si sta trascinando davvero troppo, lo dicono anche altri intorno a me. Non si vede più niente, non vediamo noi da qua, figurati i piloti dalla pista con l’acqua che scende come se dovesse cancellare il mondo. 
Sto qua impressionato a guardare e sentire, assorbo come una spugna mentre mi immagino al posto loro come farei. La visibilità è sempre più scarsa e la pista è totalmente allagata, in molti qua credono che la gara sarebbe da sospendere perché è pericoloso. I piloti dalle radio si lamentano che non si vede un cazzo e che è suicidio correre ancora, ma qua lo spettacolo va avanti e proprio mentre penso che non so proprio come farò io il prossimo anno in situazioni simili, si sente l’ennesima uscita di pista; la macchina Sauber di Adrian Sutil ha un incidente ed esce di pista, ma non viene fuori la safety e non succede nulla, i piloti continuano a correre. Qua intorno a me sono tutti shoccati dal fatto che dovrebbero almeno far uscire la safety, mentre altri ritengono che se la fanno uscire ancora si arriverà alla notte e già ora non si vede nulla. Altri ancora dicono che ormai la gara è da interrompere, ognuno ha un’opinione e proprio mentre tutti la esprimono, io penso che assistere oggi sia davvero istruttivo. Devo capire come si gestiscono situazioni simili perché non avrò tempo di provarle prima. 
Cosa dovrei fare al posto dei piloti in situazioni come queste? La mia mente lavora pragmatica e velocemente da pilota quale sono e mio padre mi sta dicendo qualcosa che non registro, probabilmente sul cercare di capire come fare se mi dovessi ritrovare al loro posto. Qualcun altro mi dà consigli in merito, io ascolto e cerco di capire, ma proprio mentre tutto questo si consuma qua intorno a me, le voci degli altri meccanici si fanno più concitate e capisco che è successo qualcosa. Qualcos’altro. Qualcosa di ancora più brutto. 
- È uscito un altro pilota! - esclama qualcuno. Tutti corrono allo schermo per capire di chi si tratta, le immagini riportano solo dei brevissimi fotogrammi di una macchina che si schianta proprio lì dove prima c’era l’altra. 
- Ma è finito sulla gru che stava spostando la macchina di Sutil! - fa qualcun altro. 
- Ma chi è? 
- Jules Bianchi, sembra sia Jules Bianchi! 
Ma poi le immagini si interrompono, nessuna videocamera riprende più dopo l’impatto che è così veloce da essere invisibile, quasi. 
I meccanici dicono che doveva essere ad una velocità impossibile e che gli è capitata la stessa cosa appena successa a Sutil. 
Io sono qua con loro che cerco di capire, perché è come se fosse chiaro, in qualche modo, che questo è più grave. 
L’incidente è come quello dell’altro che sta bene, ma in questo caso è diverso e ben presto è chiaro il motivo. 
- È incastrato! - gridano intorno a me. Mi agghiaccio. 
- Come è incastrato? - chiedono altri. 
- Il muso della macchina è incastrata sotto la gru e non riescono a tirarla fuori! 
- E lui è lì sotto? 
Altre grida si sovrappongono, le mani sui caschi di tutti i meccanici qua presenti, mio padre si tocca la faccia impallidendo, capendo meglio di me cosa significa quando un pilota è incastrato nella macchina sotto una gru, ma non mi serve che me lo spieghino. 
Il gelo mi invade e mentre le voci degli altri sono un contorno sbiadito come questo garage ed improvvisamente il circuito intero, realizzo e capto quel che è necessario per me per capire che questa è grave, questa è veramente grave. 
Così grave che non la dimenticherò perché non finirà bene. 
Non so perché lo sentiamo tutti, tutti dicono la stessa cosa, è come se mi leggessero nel pensiero. Io non ho esperienza e non so niente di questo genere di situazioni in pista, è la prima volta che ne vedo una in prima fila, diciamo, ma so, sento che è così, oggi. Forse lo vivo tragicamente perché è il mio primo incidente in F1 a cui assisto da così vicino, ma sento che questo è brutto.
Faccio mente locale su Jules Bianchi, un pilota Marussia e test della Ferrari, il primo ad entrare nel loro programma della Driver Academy nel quale per poco non sono entrato anche io. 
Si vocifera che sarà il prossimo pilota Ferrari, ma nella mente risuona qualcosa, mentre finalmente si decidono ad alzare bandiera rossa e fermare la gara. 
Risuona qualcosa che avevo sentito su Bianchi qualche tempo fa e che mi era rimasto impresso perché... perché? Perché mi era rimasto impresso qualcosa su un altro pilota che al momento non aveva ancora fatto niente di speciale se non essere comunque promettente? 
Con lo stesso allarme che risuona nella mia testa, così uguale a quello che stanno vivendo tutti intorno a me, mi viene in mente di cosa si tratta.
Charles Leclerc!
È un grande amico di Charles. 
Ne avevano parlato qualche tempo fa dicendo che era una sorta di mentore per lui e che Bianchi credeva tanto in Charles presentandolo come la futura stella splendente della F1. L’avevo notato non perché conosco bene Charles Leclerc, il soggetto della discussione, ma perché ero d’accordo con lui con le cose che aveva detto, solo che a lui mi ci ero aggiunto anche io ridendo. 
‘Saremo insieme il futuro della F1, mica ci sarà solo lui!’
Charles... chissà come starà ora sentendo di questo suo incidente. Se sapesse che io oggi sono qua... 
Per un attimo questo strano pensiero mi attraversa la mente, ma non ci faccio più caso, lo perdo immediatamente quando poi le notizie si susseguono. Finalmente hanno tirato fuori Jules e lo portano d’urgenza in ospedale, ma è molto grave e da qui in poi le notizie non arriveranno più buone. 

**

Ieri, 17 Luglio 2015, Jules si è spento in ospedale dopo nove mesi di coma. Decede a Nizza, in ospedale, dov’era stato trasportato un mese dopo dal Giappone per fargli proseguire le cure. 
Le notizie su di lui proseguono e si susseguono ricordando dell’incidente grave a Suzuka e di tutto quello che era capitato quel giorno e poi i mesi successivi. 
I brividi mi percorrono. Nove mesi di coma e poi la morte dopo un incidente in F1.
Dopo nove mesi di attesa di solito si nasce, non si dovrebbe morire.
Questo fa inevitabilmente riflettere se sei un pilota di F1 ed hai appena iniziato la tua carriera.
Se corri qua puoi morire, non sempre gli incidenti che farai saranno di poco conto. Un giorno potrebbero arrivare anche quelli gravi. Mi sta bene rischiare di morire?
Beh, il rischio non è un problema, faccio tante cose rischiose, anche rispondere male a mio padre è rischioso, anche se non per la mia vita, al massimo per la mia testa ma quella ormai è dura. 
No, non è il rischiare la vita salendo nella mia monoposto il problema. La vera domanda è se sono disposto a dare la vita per questo. Potrebbe succedere. 
Mi mordo la bocca e scuoto la testa senza trovare risposta, al momento penso di avere altre priorità visto che non ha senso avere una vita come ce l’ho io per colpa di quello stronzo che sta di là. Prima di avere paura di perderla correndo, forse, devo renderla degna di essere persa. Perché ora come ora, anche se la mia finisse in uno schianto come quello di Bianchi, non ne farei un dramma.
Le polemiche sulla sua situazione non si sono mai sprecate e normalmente non le ascolto, mi estraneo dai vari casini che ci sono intorno alle competizioni e alla F1, sono qua da nemmeno un anno con la Toro Rosso, ma nel caso di tutto quello che riguardava Jules Bianchi sono sempre stato attento ed ogni volta che viene citato, la mia mente mi restituisce inevitabilmente il viso di Charles. 
È un’associazione ovvia, erano amici e parlano di lui come di un prescelto proprio perché grazie al suo grande amico pilota sta avendo una carriera che non delude gli esperti che lo seguono. Ne parlano come di uno dei grandi attesi. Quest’anno corre in F3 Europea, la categoria dove ero io l’anno scorso e per di più con la mia stessa vecchia squadra, la Van Amersfoort Racing. 
Non lo seguo come fanno gli altri, ma è impossibile non sentire notizie su di lui perché lo definiscono ‘Il prodigio’ ed ‘Il prescelto’. Da adesso lo sarà ancora di più e non lo invidio a correre con questo peso sulle spalle per via della scomparsa di un pilota che ha garantito per lui così tanto. 
Non mi interessa realmente sapere che, come immaginavo, senza di me a rubargli le vittorie ha avuto delle ottime stagioni nelle sue categorie. Non mi stupisce e come avevo già predetto quel giorno di ormai un anno e mezzo fa, l’aspetto qua in F1. So che ci arriverà, ha solo scelto una strada più sicura e prudente, ma ha ragione. Fa bene.
Anche io ora col senno di poi avrei voluto almeno un altro anno prima di buttarmi in questo calderone, mi sento spaesato e circondato da giganti e so cosa devo fare, ma non so se o quando ci riuscirò.
Certo nelle prime due gare sono andato bene sorprendendo tutti, ma poi non sono più riuscito a fare decentemente e so che non è proprio sempre colpa mia e che ci sono anche stati problemi alla macchina, ma non è una giustificazione. Né per me né per mio padre. Più per mio padre, che per me, ma ormai vivo le cose come le vive lui anche se dovrei cercare di avere una mia indipendenza mentale. 
Non nascondo che il salto dalla F3 alla F1 è stato traumatico e molto ma molto duro se non un abisso. 
La gente mi guarda ancora diciassettenne a guidare nella massima categoria come se fossi un animale raro e li sconvolgo ed incuriosisco allo stesso tempo. Non mi toccano questi sguardi, ma quel che mi irrita è che avendo io fatto un record in quando sono il più giovane esordiente ed il più giovane a segnare punti, adesso si aspettano che faccia come Lewis Hamilton e vada a competere per il titolo mondiale al mio campionato d’esordio. Ma questi paragoni fateli con qualcun altro, lui guidava una delle migliori macchine in circolazione in quel momento, non una Toro Rosso che mi viene il dubbio non sappiano come si fa qualcosa di decente.
Per qualche miracolo mi tengo tutto questo per me perché so che mi sotterrerei, ma mi dà fastidio perché mio padre e gli altri, ma mio padre sopra tutti gli altri, pretendono che io faccia quello che ha fatto Lewis da esordiente solo perché sono arrivato qua presto facendo la storia della F1 e non sono ancora maggiorenne. 
Lui era anche più grande, parecchio anzi. Aveva 22 anni, le situazioni erano diverse, ma ora se io non perseguo gli stessi risultati sono un patetico perdente, un fuoco di paglia, un sopravvalutato. 
Sebbene gli altri non lo dicano limitandosi a tenermi d’occhio curiosi, mio padre me lo dice chiaro e tondo.
‘Non è minimamente abbastanza. Scordatelo che così sia sufficiente. Pensi davvero che io ho fatto tutti quei sacrifici per questo? Per farti fare così schifo in F1? Lo scopo non era arrivare in F1, ma vincere e diventare i più bravi! Fai così cagare che è stato tutto tempo, soldi e fatica sprecata! Vergognati!’
Più o meno sono queste le cose che mi ripete accompagnando tali dolci parole a schiaffi sulla testa a cui ormai sono abituato.  
Ma lo vogliono capire che ho 17 anni e che guido una Toro Rosso che non è la McLaren di Lewis del 2007? 
‘Vai,’ mi ha detto quando è riuscito a farmi firmare con loro l’anno scorso. ‘Ci siamo riusciti alla fine, hai visto? Come ti avevo detto! La parola che ti avevo dato l’ho mantenuta, tu ora mantieni la tua e vinci, ripagami di tutti i miei sforzi, dimostrami che non ho perso tempo e denaro!’
Ma chi cazzo te l’ha chiesto?
Mi piaceva correre nel karting, ma grazie al cazzo, a quale bambino non piace? 
Da lì lui è partito con la mia vita decidendo che avrei fatto quel che lui non era riuscito. 
Vincere in F1, avere successo, diventare un campione. 
Ma chi cazzo l’ha mai chiesto? Chi cazzo l’ha mai veramente voluto?
Se non fosse stato per Charles Leclerc con cui mi divertivo a correre, avrei probabilmente fatto in modo di risultare un fallimento così la piantava di cagarmi il cazzo e mi spediva da mia madre con cui oggi sarei felicissimo e sicuramente con meno lividi e botte in testa!
È che mi ha fregato il fatto di essere effettivamente bravo a guidare e soprattutto che mi piaceva vincere mentre al contrario mi faceva cagare lo studio. Diventare un pilota professionista era la mia via di fuga, ma non solo per gli studi, anche da lui in realtà. Se davvero questa cosa decollerà come credono tutti, potrebbe andare come spero. 
È anche il fatto che sono troppo competitivo e troppo patito di vittorie e di adrenalina per mollare o fare in modo di essere mollato da quello psicopatico, ma cosa vuoi che ti dica? Alla fine sono qua e non mi posso tirare indietro, ma sono sincero. Mi sta bene così. 
Stare qua, correre e cercare di essere più bravo. Prima o poi vincerò una gara ed allora tutto andrà a posto. Tutto sarà perfetto. Farò pace con me stesso e forse mio padre mi lascerà stare.
Per la prima volta, proprio oggi, in questo giorno di lutto per il mondo delle corse, ho questo pensiero che non ho mai avuto. 
Se vincessi in F1 e diventassi veramente il campione da lui designato, mi lascerebbe finalmente in pace. 
Se voglio liberarmi di quel pezzo di merda e vivere libero, da solo, in santa dannatissima pace, vincere veramente e diventare fottutamente bravo tanto che non avrà più nulla da gridarmi contro, è il solo modo.
Appena posso me ne andrò a fanculo da casa sua, appena potrò vivere da solo andrà tutto meglio, la mia vita inizierà ad essere decente. 
Perché se mollassi e diventassi volutamente una piaga mi ucciderebbe e non è un modo di dire. 
Non mi libererei mai da lui e dai suoi insulti costanti, arriverebbe ad un livello che probabilmente scapperei o mi ucciderei da solo. 
Ma se vincessi e diventassi perfetto, non avrebbe niente da ridirmi ed è così che devo fare per liberarmi da lui.
Devo diventare così bravo e così vincente che terrà la sua dannata bocca chiusa. 
Ormai manca poco, appena avrò 18 anni potrò legalmente pretendere di vivere da solo, avere accesso ai miei conti e fare la patente sul serio. Quello sarà il primo passo concreto per la mia liberazione. Il resto lo farò vincendo. 
Per questo devo farcela. Per questo e perché mi piace correre e fanculo, non mi farò rovinare da lui quel che mi piace fare. 
Mi piace correre e vincere e voglio farlo a prescindere. 
Fanculo, papà. Fanculo davvero. 
Vedrai che mi prenderò la mia vita, finalmente. Sono vicino, non manca molto, devo solo andare avanti così. 
Sospiro rigirandomi ancora pigramente nel letto continuando a stare al cellulare, leggo l’ennesimo articolo da twitter che cita Charles Leclerc, l’erede di Bianchi che attendono impazienti in F1. 
Ma stai lì e non accelerare i tempi, ti prego, Charles, che alla fine avevi ragione. 
Eravamo felici e non lo sapevamo. Le categorie inferiori sono più belle di quel che crediamo mentre le corriamo. 
Che poi anche lui mica scherza con la pressione. Se già ora che è ancora in F3 parlano di lui come del prescelto e stronzate varie affibbiandogli il titolo di erede di Jules Bianchi, è nella merda. Ricordo bene come parlavano di lui prima dell’incidente.
Insomma non è come quando è morto Senna chiaramente, Bianchi non ha avuto tempo di dimostrare il suo talento in modo effettivo, ma tutti dicevano che ce l’aveva e che avrebbe potuto fare bene specie perché la Ferrari l’aveva scelto nella sua nuova Accademia e non era di certo una cosa da poco. 
Comunque è pur sempre un pilota morto in pista in una gara di F1, avere la sua eredità sulle spalle non sarà di sicuro una passeggiata, ma ricordo che suo padre era in gamba ed affettuoso. Ho un bel ricordo di lui, glielo invidiavo, sono sicuro che l’aiuterà in questo percorso e che starà bene. 
Mio padre mi grida dall’altra parte di casa dicendomi di alzarmi e di muovermi con la sua solita mancanza di dolcezza. 
Mi permetto a mio rischio e pericolo di ignorarlo ancora un po’ mentre afferro un ultimo pensiero su Charles proprio per colpa delle urla di mio padre, guardando questo articolo che lo affiancano a Bianchi, una foto di loro due vicini che sorridono. Hanno lo stesso tipo di bellezza delicata ed elegante, Charles sta crescendo bene, è da un po’ che non lo vedo ma alla nostra età si matura in fretta fisicamente. 
A parte il lutto che sta vivendo per il quale mi dispiace e la pressione per questo paragone, lo invidio perché sarà felice con suo padre accanto che lo protegge e lo sostiene nel modo in cui ho sempre sognato avrebbe potuto fare il mio. 
Lo invidio, sì, ma non penso sia una di quelle brutte. Piuttosto credo sia normale, no? 
Mio padre spalanca la porta come immaginavo, la fa sbattere ed un giorno si romperà e poi me la darà in testa.
- TI HO DETTO DI ALZARTI, CAZZO! 
Lo guardo indifferente come se non fosse un pazzo urlante a cui prudono tanto per cambiare le mani. È più forte di me, so benissimo cosa evitare per non irritarlo e non peggiorare le cose, basterebbe scattare sempre ed essere obbediente in modo pignolo, ma è come se una parte di me molto forte si ribellasse tutte le volte. Potrei fare quel che vuole senza discutere, non mi romperebbe le palle e la testa, ma non ci riesco. Non ci riesco proprio, infatti sbuffo. 
- Sì, sì! - dico polemico alzandomi dal letto, ma appena lo dico lui mi prende per la manica del pigiama e mi strattona con forza facendomi uscire dalla camera gridandomi ancora dietro cose che non sento e non registro. 
Non reagisco anche se vorrei ricambiare lo strattone e spingerlo fuori e chiudermi a chiave, ma vado al bagno senza fare nulla né rispondere. 
Bastava scattare in piedi alle sette puntuale e prepararmi da solo oppure muovermi alla prima chiamata ed evitare quel polemico ‘sì sì’ sbuffante, ma ovviamente non potevo. Perché io non mi sono arreso, sto solo facendo in modo di sopravvivere, non sono morto dentro, la mia mente è ancora mia ed è viva, io sono ancora di me stesso. Non mi schiaccerà del tutto e prima o poi mi libererò. 
Non voglio ancora schiantarmi contro una barriera a bordo pista. Vero? 
- E poi mi stupisco che non vinci una cazzo di gara? È ovvio che con quell’atteggiamento non la vincerai mai! - tuona come sempre fuori dalla porta battendoci un pugno sopra come vorrebbe fare con la mia testa. Non accelero la mia preparazione e non lo calcolo, faccio come sempre, come se non esistesse. Mi estraneo con il mio gran talento. 
Fottiti, fottiti davvero. 
Io vincerò, vedrai che vincerò, e ti chiuderò quella stramaledetta bocca definitivamente. 
- Ma credi che se quest’anno non vinci un cazzo il prossimo ti prendono in Red Bull come ti ha detto Helmut Marko? - continua da fuori ancora col suo vocione potente. Io sempre zitto, sempre senza sbrigarmi mentre mi lavo. Sempre come se non mi svilisse come fa dalla mia nascita.
Certo che vincerò. E certo che mi prenderanno in Red Bull. Vedrai se non lo farò, stronzo. Vedrai.”


Note: mi sembrava giusto descrivere la questione di Jules anche dal punto di vista di Max perché è una cosa che segna molto Charles ed anche se all’epoca loro due non erano ancora nulla, credo comunque che possa esserne stato colpito. 
So che quel weekend lui era davvero là a Suzuka per fare le sue prime prove libere con la Toro Rosso e so che non aveva gare in quel weekend, oltretutto avevano recentemente ottenuto il permesso di rimanere ad osservare alcune gare da vicino per adattarsi all’ambiente del quale l’anno successivo Max avrebbe fatto parte. Perciò è presumibile che fosse effettivamente presente come osservatore speciale nel box, quella fatidica gara, ma non ho trovato mai niente a riguardo perciò è solo una mia aggiunta plausibile. Le dinamiche pratiche dell’evento sono vere, tutto il contorno è una mia invenzione. Le info su Jules e sulla Driver Academy e sulla Ferrari sono vere, così come che Max per poco non ci è entrato.
Il trattamento riservato da Jos a Max è in generale risaputo, sia la cattiveria fisica che verbale, su sua stessa ammissione ha detto che lo sviliva di continuo dicendo che non avrebbe mai vinto nulla e che faceva schifo per stimolarlo a fare sempre meglio. Decideva tutto per lui e gli stava un sacco addosso. Poi naturalmente io ho scritto la mia versione della situazione. 
Come sarà chiaro, volevo sottolineare le differenze di base abissali fra Max e Charles. Non solo i motivi per cui corrono ed il modo in cui lo fanno, ma anche i rapporti coi loro rispettivi padri, sebbene tutti e due hanno quasi da sempre avuto gli occhi del mondo addosso sin da giovanissimi. 
Il prossimo capitolo è di nuovo tutto dal pov di Charles, ma poi ad un certo punto i pov si alterneranno all’interno degli stessi capitoli. 
Alla prossima, come sempre fra 4/5 giorni circa. Grazie a chi legge la fic. Baci Akane