*Il capitolo è dal POV di Max ed è maxiel, perché siamo nel periodo in cui c'era Daniel nella vita di Max e per me è doveroso parlarne e dargli il ruolo che ritengo abbia avuto, un ruolo molto importante. So che la fic è lestappen, ma avevo detto che ci sarebbero state parti maxiel e piarles. Il viaggio è lungo e siamo ancora agli inizi. Buona lettura. Baci Akane*

4. SECONDA VITA


maxiel

* 20 Giugno 2017 * 
/Max/

“La musica rock rimbomba a tutto volume fra le pareti di casa mia.
Casa mia, è sempre bello dirlo, anche se questa musica non mi piace particolarmente, ma nemmeno il contrario. Diciamo che anche se ci fosse silenzio per me sarebbe uguale, ma è stato Daniel ad insistere a metterla e fra l’altro è lui che l’ha scelta.
Dice che così possiamo fare tutto il casino che vogliamo e con casino si intendono i gemiti e i rumori che facciamo quando sbattiamo il letto o qualsiasi altro mobile di casa. Il tavolo in questo caso.
Quando andiamo da lui è uguale, la musica che rimbomba a tutto volume dalle casse è sempre di questo tipo, forte, ritmata, rabbiosa e a me sta bene. 
Quasi rispecchia il mio animo di un anno fa, forse gli piace e la mette perché gli ricordava me agli inizi, appena approdato in Red Bull come suo compagno di squadra. 
In realtà non lo so, ricordo solo che ha subito iniziato a farmi ascoltare musica dicendomi che era assurdo che io non ne ascoltavo e che era impossibile non mi piacesse. Che non esiste che a qualcuno non piaccia la musica, ma semplicemente non sapevo cosa mi piacesse e per scoprirlo dovevo solo ascoltare.
Peccato che mi abbia fatto sentire sempre e solo rock, che è quella che piace a lui, ma non mi dispiace. Non è male, anche se da solo non è che la metto su perché non sento nulla in generale. 
Daniel aumenta la velocità e la forza dei colpi che mi dà mentre mi prende da dietro ed io urlo di piacere chiedendogli di non fermarsi, che ci siamo.
Sento il suo cazzo che mi colpisce da dietro facendomi partire i brividi esattamente dall’interno. Le sue dita mi stringono i fianchi con forza e quando aumenta le spinte il mio piacere si espande sempre più, striscia sotto la pelle e va ovunque. Mi inarco sul tavolo che finalmente smette di fare rumore sul pavimento e chiudo gli occhi liberandomi in un orgasmo spettacolare che mi sconnette il cervello.
Di nuovo quella splendida sensazione di cui ormai sono dipendente. 
Il piacere è una droga ed io non posso più smettere, non c’è niente che mi faccia lo stesso effetto, tranne forse correre in macchina. Anche quello è potente e visto che prima quando stavo fuori dalla pista avevo la sensazione di impazzire, devo dire che è stato semplicemente magico. 
Da quando scopo con Daniel questa follia è scemata anche giù dalla macchina.
Non posso dire che ora sia  tutto a posto, penso che non sarò mai a posto, ma sicuramente sto meglio di quando sono arrivato in F1. 
In particolare da quando mi sono liberato di mio padre perché ormai in F1 e coi miei stramaledetti 18 anni, è stato estirpato dalla mia vita. 
Sono potuto andare a vivere da solo perché semplicemente potevo e la squadra mi ha fornito il loro ingegnere ed il loro trainer, perciò finalmente mio padre poteva essere solo un padre e con un brusco ‘adesso tocca a te, il mio compito è finito’, mi ha semplicemente dato il colpo di grazia. 
Non c’era niente che io avessi voluto più di quello, peccato che una volta che l’avevo ottenuto la paura mi ha ottenebrato e schiacciato. 
La paura che senza quei modi di merda che lui ha sempre usato per tenermi in riga e farmi andare bene nelle corse, io non ce l’avrei realmente fatta. Che alla fine avesse ragione lui a fare così. Ero allucinato quando sono diventato compagno di squadra di Daniel e solo lui mi ha lentamente rimesso al mondo. 
Crollo sul tavolo senza forze sentendo che anche lui, dopo il suo orgasmo esploso dentro di me, mi si appoggia addosso, sulla mia schiena. 
Ansimo sudato e l’odore del sesso e del sudore che ci ricopre mi innesca di nuovo, ma non ho le forze di ricominciare e dubito che ce l’avrebbe anche lui che mi sta sopra quasi privo di vita. Se non fosse per i battiti del suo cuore contro la mia schiena ed il suo respiro ansimante, penserei davvero che sia morto. 
Sorrido malizioso cercando di girare la testa per guardarlo, ma ovviamente non è possibile perché ha la faccia appoggiata fra le mie scapole e non mi si stacca né scrolla. 
La musica rock continua a tuonare prepotente, ma la sento ormai come un contorno. L’odore mi piace, per qualcuno è puzza insopportabile, ma a me l’odore specifico del sesso, è un innesco assurdo. Solitamente quando lo annuso e lo lecco dopo gli orgasmi, mi dice che sono malato e scappa sempre a lavarsi senza quasi nemmeno concedermi il calore umano da post scopata, quello di cui tutti hanno bisogno. 
Perciò l’odore mi rimette in vita dopo questa scopata spettacolare, ma a lui ci vuole sempre di più. Del resto è quello che fa più movimento fisico e per fortuna è uno fissato con la palestra. Anche questa cosa me la sta trasmettendo, così come la capacità di sorridere che di tanto in tanto mi dimentico.
Non ho mai avuto il sorriso facile, un po’ perché non mi piaccio quando rido, un po’ perché non mi è mai venuto da farlo mentre avevo a che fare con mio padre e la sua scarsa dolcezza. 
Daniel mi ha proprio rimesso al mondo, a volte mi sembra mi abbia preso per i capelli mentre annegavo. Lui non lo sa, nessuno lo sa e non voglio che qualcuno venga a saperlo, sono cose mie private. Mie paranoie. Miei fottuti drammi del cazzo. 
Però se devo dire che qualcuno mi ha salvato, questo è sicuramente Daniel.
Lascio che si riprenda, ci mette sempre un po’, così aspetto paziente lasciando che la mente vaghi nei ricordi di un anno prima, quando mi ha accolto come nuovo compagno in Red Bull a stagione iniziata per sostituire Kvjat. 
Ricordo il suo enorme sorriso radioso, la sua stretta di mano poderosa ed una battuta spontanea che mi ha fatto ridere, poi ho subito chiuso la mia bocca e lui mi ha guardato stranito. 
Da lì in poi non so cosa gli sia scattato nella testa, forse ha pensato che ero troppo imbronciato e che ne avessi bisogno, ma è come se si fosse impegnato per farmi ridere. 
Comunque credo che più della sua solarità, a salvarmi sia stato il farmi venire ad abitare nel suo palazzo a Monte Carlo. 
Quando ho detto che volevo andare a vivere da solo ma non sapevo dove andare, lui ha preso in mano la situazione dicendo che c’era un appartamento libero da lui all’ultimo piano e che era una zona bellissima, vicino al mare e quant’altro. Il quant’altro non lo ricordo perché ha aggiunto una serie infinita di parole per convincermi a venire, ma è stato il suo ‘Vedrai che ci divertiremo insieme’. 
Il resto è stato un vortice abbastanza veloce che mi ha risucchiato senza che nemmeno me ne accorgessi o mi facessi domande; mentre mi toglieva brutte abitudini portate dal rapporto complicato con mio padre e dal vissuto con lui, mi metteva cose nuove positive facendomi scoprire la vita da ragazzo libero.
Il sesso con lui è stata una di queste, ma è stata una normale conseguenza. Dopo qualche mese che passavo praticamente sempre e solo con lui come vivessimo insieme invece che solo nello stesso palazzo, pendevo totalmente da lui. Qualunque cosa mi dicesse o facesse, a me andava bene e quando ho realizzato che ridevo e che ero felice, mi sono buttato su di lui senza esitare.
Non avevo mai avuto alcun istinto prima di lui, non mi erano nemmeno mai piaciute le ragazze od i ragazzi, mai avuto nessuno, nessuna esperienza personale di nessun tipo, ho sempre e solo pensato alle corse, ma appena ho passato del tempo con lui e con la sua solarità contagiosa, mentre cercava di convertirmi al suo adorato rock, io ho solo desiderato di baciarlo ed una volta l’ho fatto.
Scoprire di avere tendenze gay non è mai stato un dramma, volevo baciarlo e l’ho fatto. Poco dopo trombavamo sul divano come dannati. Quando è successo è stato semplicemente illuminate, come la prima volta che sono solito su una macchina dei kart. Sapevo che era il mio ambiente, la mia cosa, insomma, e l’ho accettata come tutto il resto che mi è sempre capitato nella mia vita, tanto i successi con le corse, quanto i fallimenti o i calci di mio padre. Semplicemente era la vita, no?
E così Daniel.
Daniel ed il sesso con lui è semplicemente la vita. La mia vita. 
Ora non potrei essere più sereno di così, rispetto ad una volta quanto meno. Non sta a me dire se sono veramente migliorato, non sono mai stato obiettivo con me stesso. Ho sempre e solo fatto qualcosa, tendenzialmente quel che mi ordinava mio padre. Nessun pensiero, zero considerazioni o emozioni. Solo correre bene, il meglio possibile, principalmente vincere. 
No pensieri, sono sempre stato così, non so quanto bene faccia esserlo. Ci sono quelli che pensano e analizzano tutto sempre, ma io agisco e basta e se una cosa mi piace, continuo altrimenti smetto, molto facile. 
Scopare con Daniel mi piace, così come correre con le macchine. Perciò lo faccio.
- Dani sei vivo? - chiedo con voce roca muovendo le spalle per sollevarlo. Mi sta totalmente appoggiato addosso da qualche minuto, non so quanto posso rimanere così piegato a novanta, la schiena e la faccia iniziano farmi male. 
- Mm... - risponde lui pigramente più di là che di qua. Sorrido. 
- Il tavolo non è comodo, sai? - gli ricordo divertito. 
- Tu si però! - la sua risposta è pronta e divertente come al solito ed io tanto per cambiare rido. 
Se questa è la mia seconda vita, la prima che ho vissuto assume una prospettiva diversa, diventa più accettabile. Quasi come se alla fin fine avesse senso, anche se non so bene quale sia e nemmeno mi interessa. Finché posso avere lui che mi scopa in questo modo e mi fa avere tutti gli orgasmi che voglio, non mi interessa proprio un cazzo. 
- Oh, a che ora partiamo domani? 
Quando glielo chiedo Daniel rimane un po’ sopra di me mugolando, mi comunica l’ora dopo averla riesumata dal suo cervello preda degli ormoni del piacere e quando gli dico l’ora attuale lo sento sospirare. Probabilmente fa mente locale su tutto quel che c’è da fare prima di partire.
Io e lui ormai vivendo praticamente insieme e correndo con lo stesso team ci muoviamo anche con lo stesso aereo privato, il suo. 
Siamo praticamente una coppia, ma non parliamo mai di queste cose né di eventuali sentimenti. Se lo dovessimo fare sarebbe un casino perché non so realmente che pensare, che gli risponderei? 
Scopiamo e stiamo bene, questo è qualcosa? 
Per fortuna penso che per lui sia lo stesso e non ne parliamo mai. È da qualche mese che facciamo così, per me possiamo andare avanti per sempre. 
Alla fine Daniel sbuffando si alza e mentre mi libera, mi dà uno schiaffo sulla natica lasciandomi le cinque dita. Quelle di mio padre erano sempre rigorosamente sulla testa, perciò non mi crea problemi ricevere le sue. Ridacchio e lo guardo che va al bagno per la sua benamata doccia. Io mi raddrizzo staccandomi dal tavolo con mille smorfie, cominciavo ad avere davvero male e la pelle resta sulla superficie dopo averci sudato sopra facendo effetto ventosa. Il dolore per lo strappo mi fa imprecare e per dispetto prendo il telecomando dello stereo che mi ha regalato Daniel e chiudo quella roba. Lo sento sgridarmi dal bagno ma tant’è che in risposta accendo la televisione e metto su Sky Sport. 
Le notizie sportive fanno le consuete carrellate mentre una in particolare attira la mia attenzione; vado al frigorifero a bere qualcosa di fresco e reidratarmi dopo i liquidi persi. Liquidi di vario genere. Con un sorrisino divertito guardo la macchia del mio schizzo che è finito per terra. 
In questo preciso istante, la voce del notiziario sportivo riempie l’appartamento.
- Si spegne oggi a 54 anni Hervé Leclerc, padre di Charles Leclerc, dopo una malattia che l’aveva tenuto in ospedale negli ultimi tempi. Il pilota monegasco in forze con la Prema Racing, in Formula 2, questo weekend dovrebbe correre una gara in Azerbaigian.
Per poco non soffoco nel sentire la notizia, vado al lavandino e sputo tossendo. Una volta che torno in me vado davanti alla televisione mentre uno strano senso di shock mi colpisce. 
Hervé Leclerc affiora nella mia mente nella sua versione di qualche anno fa, quando nell’ultima gara corsa insieme mia e di Charles se ne andava via abbracciando suo figlio, baciandolo affettuoso e facendogli i complimenti per il suo secondo posto nel campionato. Ricordo il broncio scontento di Charles e poi il sorriso che si era rassegnato a restituirgli accettando l’abbraccio. 
Ricordo quanto li avevo invidiati pensando che fossero una bella coppia padre-figlio. Ricordo che quando sono andato dal mio, non mi ha toccato nemmeno per sbaglio e nemmeno io ho fatto il cenno di avvicinarmi. Quella volta eravamo contenti perché avevo vinto il campionato di karting, l’ultimo corso prima di passare alle monoposto, ma lui non mi faceva mai complimenti, mi sminuiva in ogni caso dicendo che avrei comunque fatto l’autista di camion. Guai a montarmi la testa e a non puntare al meglio.
Gli occhi mi bruciano improvvisamente sentendo e realizzando che quell’uomo così in gamba e gentile è morto e la mia mente mi restituisce velocemente anche l’altra notizia riguardante Charles di qualche anno fa. All’ora era morto Jules Bianchi, un suo grandissimo amico, e tutti parlavano anche di lui considerato il suo erede, una naturale connessione con il pilota di F1 scomparso a causa di un orribile incidente in pista. 
Come se avesse senso penso al suo viso, quel giorno con suo padre era bello e gioioso anche se era arrabbiato per non aver vinto il campionato, ma quando l’ho rivisto l’anno scorso, quando ha fatto le prime prove libere in F1, il suo viso aveva un’ombra, era solo il vago ricordo di un sorriso. Lì per lì ho pensato fosse colpa mia, che non era felice di rivedermi, anche se io invece lo ero. Mi ero ricordato di quanto mi fosse piaciuto correre con lui da piccoli e da ragazzi, quanto mi divertissi a stuzzicarlo e quanto fosse bello avere uno che mi teneva testa con la mia stessa identica fame di vittoria. 
Simili ed uguali in tante cose ed in altrettante così opposti. 
Come i nostri padri ed i loro approcci. Il mio uno stronzo maniaco delle corse che mi picchiava se sbagliavo, il suo così positivo e tranquillo che lo sosteneva specie se non vinceva o faceva male. 
Il mio vivo, da cui sono scappato, la cui ombra non mi lascia in pace nemmeno adesso che mi sono liberato.
Il suo morto nonostante la bontà che si vedeva aveva, che non potrà stare accanto a suo figlio come vorrebbero tanto entrambi. 
Cazzo, che ingiusta la vita. Che merda. 
Daniel esce in questo momento dalla doccia, è avvolto in un asciugamano alla vita ed è ancora caldo, umido e gocciolante. Mi raggiunge per dirmi che posso andare io a lavarmi, ma appena mi vede fermo come un palo in mazzo alla stanza, ancora nudo e crudo, capisce che sono diverso da prima. Sono buio. 
- Che è successo? - chiede mettendomi le mani ai fianchi con la sua tipica dolcezza e senza la paura di toccarmi, la paura che in molti hanno sempre. 
Aggrottato e senza guardarlo negli occhi, glielo dico senza giri di parole, brusco e secco: - È morto il padre di Leclerc. Correvamo insieme nei karting, lo conoscevo. 
Non bene, ma lo conoscevo. Ma è più per suo figlio che adesso sto così. Così come? Spero non me lo chieda, spero che si veda, spero di non doverne parlare, perché non ne ho voglia. Non voglio parlare delle cose brutte perché mi affossano e non mi rialzo più se lo faccio, per questo non parlo mai di mio padre. Perché me ne voglio liberare e se ne parlo non ci riesco. 
Perciò non voglio parlare nemmeno del perché mi sento così e mi colpisce tanto sentire questa notizia sul padre di Charles. 
Le braccia di Daniel però mi avvolgono nude, forti e calde e con un silenzio che non avrei mai immaginato, si limita a baciarmi le labbra e stringermi a sé anche se lui è pulito ed io sono ancora col sesso addosso. 
Quando lo fa, mi sciolgo e mi rilasso quasi di schianto, non me ne rendo conto subito, ma è solo quando ricambio l’abbraccio e chiudo gli occhi, solo quando nascondo il viso contro il suo collo profumato e tonico, che me ne accorgo e credo di stare un po’ meglio. 
Mentre mi abbandono a lui che mi fa bene una volta di più, il viso sorridente del Charles sedicenne affiora gioioso e luminoso mentre va via con suo padre, abbracciato a lui.
Quel sorriso tornerà mai così com’era?
Ogni tanto mi capita di pensare a lui, quando leggo o sento qualcosa che lo riguarda, ma non era questo il modo in cui volevo farlo ora. Non era decisamente questo. 

Daniel non mi ha chiesto niente, mi ha fatto da mangiare insistendo che dovessi per forza mettere qualcosa nello stomaco, poi ci siamo messi a guardare una serie che mi sta facendo seguire a forza. È un’altra delle cose che mi sta facendo fare lui poiché io da solo non ho mai fatto. 
Con le serie tv ha più successo che con la musica, perché mi impegna il cervello mentre guardo dal momento che devo seguire la storia, ma normalmente preferisco giocare coi SIM perché è un po’ come correre con le macchine vere. È il motivo per cui l’ho sempre preferito a qualunque altra cosa ed ho sopportato quel pezzo di merda di mio padre. 
L’ho sopportato al punto da giustificarlo e accettare le spiegazioni che dava a mia madre. Perché ero troppo testa dura e se non avesse fatto così non avrei raggiunto mai il livello necessario per avere successo nelle corse. Perché correre per divertirsi non è veramente divertente quando devi smettere poiché sei una schifezza e non ottieni i risultati necessari. 
È divertente solo se vinci ed hai successo e per arrivare a quel punto tu devi fare sacrifici e lavorare in un certo modo e solo lui che ci era già passato, poteva capire. Solo lui che non aveva avuto il successo che voleva, sapeva di che cosa parlava. 
Arrivare in F1 era difficile ma non impossibile, tuttavia se ci arrivavi ma facevi cagare poi ti scaricavano. Avere un contratto in un team della F1 non era raro, lo era rimanerci e reggere i ritmi delle gare. Fino a 40 anni era ragionevole pensare di poter correre, se eri fortunato, ma dovevi essere bravo e supportato dai team giusti e per raggiungere quei livelli dovevi lavorare sin da piccolo. 
Per quello lui faceva quel che faceva. 
Le immagini della serie tv che mi ha imposto di vedere e che di solito mi piace, scorrono davanti ai miei occhi, ma non seguo realmente.
La morte di Hervé Leclerc mi ha gettato in un tunnel che mi ha riportato indietro nel tempo. 
Charles coi metodi dolci e comprensivi di suo padre è ancora in F2 e non è detto che riuscirà a venire in F1 e anche se ce la farà non si sa se poi ci resterà. Tanti che ci arrivano poi spariscono perché scaricati dalle loro compagnie, perché non abbastanza beavi o pronti. Ma so che se sono io qua, non c’è ragione perché anche lui non ce la faccia. Era forte come me, avevamo solo stili di guida diversi e metodi opposti di concepire le corse, anche se entrambi ossessionati dalla vittoria, dal primo posto. Solo il primo posto. 
Competitivi era riduttivo. 
Tuttavia era diverso l’ambiente intorno a noi, i nostri genitori. 
Alla fine il mio ha avuto sicuramente ragione a fare così e non sappiamo se quello di Charles l’aveva a sua volta, lo scopriremo presumo il prossimo anno o poco più in là. Ma non è quello il punto. Il vero punto è un’altro. 
Io non so perché pensare a suo padre mi fa capire che nella mia vita c’è stato qualcosa che non andava e non voglio, non posso pensarci. 
Ormai è andata, pensarci a cosa serve?
Non ho mai riflettuto sulle cose che mi capitavano e nemmeno su quello che faceva perché se l’avessi fatto forse non avrei agito. Perciò pensare non fa per me, ma oggi qua piantato nel divano abbracciato a Daniel come se fossi il suo cucciolo, ho freddo anche se è metà Giugno. 
Rabbrividisco senza farci caso e lo faccio mentre rifletto a che vita avrei avuto con un padre come quello di Charles. Perché la verità è che gliel’ho sempre invidiato. Ecco perché ci penso tanto. 
Sono sicuro che Charles arriverà in F1 come me e l’avrà fatto con dei metodi meno traumatici dei miei. 
Ma se avessi avuto un padre come il suo e poi fosse morto sul momento più importante della mia vita, l’inizio della parte più difficile della mia carriera, cosa sarebbe stato di me?
Avere un padre stronzo che ha forgiato un pilota e non cresciuto un figlio, mi permetterà di andare avanti alla grande anche senza di lui e non crollare mai e nemmeno di stare mai male. Lui mi ha reso forte, i suoi pugni in testa ed i suoi calci in culo. Le sue punizioni di merda ad ogni errore, tutte le volte lasciato a piedi dopo una gara dove uscivo di pista per colpa mia. Sono cose che mi hanno reso forte, perché adesso posso fare a meno di lui ed anche se ho avuto paura appena arrivato qua, appena liberato da lui, ho avuto paura che senza quei calci non ce l’avrei poi fatta, adesso piano piano sto capendo che mi ci vuole solo un po’ di tempo per ricostruirmi e capire come fare, trovare un equilibrio, insomma, ma ce la posso fare. Senza di lui starò sempre meglio.
Ma Charles? Io senza un padre come il suo non ce la farei più. 
Io, al posto di Charles, dopo aver perso prima il mio migliore amico e mentore e poi mio padre, non ce la farei. Io, per come sono fatto, per com’è il mio carattere.
So che dirlo è stupido perché adesso sono fatto così perché mi ha forgiato mio padre a suon di ceffoni ed il carattere che ho ora sarebbe diverso da quello che avrei se mi avesse cresciuto in modo comprensivo e dolce. 
Però io non ce la farei e mi chiedo se vedrò Charles un giorno in F1 come ho sempre pensato. Se non dovesse arrivare mi rattristerebbe. 
Ho pensato spesso a lui in questi anni e non so perché, visto che come al solito non mi fermo mai a farmi domande o riflettere. Ma non avrei voluto pensare a lui ora in questo modo. Come saranno i tuoi occhi se domani ti incrocerò a Baku? 
Non ci siamo mai beccati per la verità essendo in categorie diverse e facendo sempre tutto in orari differenti, ma se per caso dovessi vederti proprio domani io... poi mi rendo conto.
Che idiota. 
Ha appena perso suo padre. Ma figurati tu se viene a correre. Ovvio che si farà sostituire per questa gara. Tutti lo farebbero al suo posto, oltretutto correre in queste condizioni sarebbe pericoloso.
- Tutto ok? 
La voce di Daniel mi riscuote dalle mie elucubrazioni e solo quando vedo che l’episodio è finito ed io non ho detto niente, mi rendo conto che è ovvio che non sto bene. Sorrido e mi stringo nelle spalle. 
- Sì, solo un po’ pensieroso. 
- Vuoi che andiamo a letto? - chiede dolcemente. Questi suoi modi sono l’opposto di quello che ho sempre ricevuto. Pensando a mio padre ed al modo in cui mi ha cresciuto e ritrovandomi ora con un Daniel che passa dalla modalità comica a quella sessuale a quella tenera facendomi ubriacare, mi sembra di aver fatto jackpot. 
- Insieme? - chiedo visto che non sempre si ferma a dormire con me. Alzo la testa dalla comoda postazione rappresentata dal suo petto e lui mi sorride sempre dolcemente. 
- Se ti va... 
Dico subito di sì e stringo le braccia intorno a lui. Non voglio fare la parte del ragazzino patetico bisognoso d’affetto, non l’ho mai fatto e non voglio iniziare adesso, ma la sua vicinanza, la sua fisicità calda e solida, mi fa stare bene ora che dopo tanto mi sento di nuovo perso. E come la prima volta che mi ci sono sentito, lui arriva e mi salva. 
Si china sollevandomi il mento col dito e mi bacia, io mi lascio raggiungere dalle sue labbra cercandolo con la lingua. Ci intrecciamo e ci baciamo per un po’ fino a che senza chiedermi nulla ci spostiamo a letto e abbracciandoci ci mettiamo a dormire. 
Mi stai proprio rimettendo al mondo, Daniel Ricciardo. Grazie di essermi capitato e di avermi capito senza farmi mai fastidiose domande. Non so cosa tu abbia visto in me e perché mi hai accettato quel giorno quando ti ho baciato, ma sono contento che tu sia andato oltre come nessuno finora ha fatto.”


Note: non mentirò dicendo che sarà breve la parte maxiel/piarles, sarà quel che serve. Oltretutto non so se Max possa realmente essere stato colpito dalla morte del padre di Charles, né se ne abbiano parlato da qualche parte, potrebbe essere, all'epoca non ricordo come andarono le cose, ma ci tenevo a farlo riflettere su certe cose, fra cui i padri in generale e Charles in particolare. Alla prossima. Baci Akane