7. VIVERE COL FRENO

sorriso

/Charles/

“Il sole squarcia l’oscurità del cielo oltre l’orizzonte. Il primo raggio rosa-d’oro splende fendendo il blu che ormai era via via sempre meno intenso. 
Ho visto altre albe, ma dall’aereo è la prima volta. 
Mentre il mezzo vola verso Melbourne, guardo fuori dall’oblò con occhi assonnati e sognanti insieme. L’emozione mi prende allo stomaco sostituendosi ben presto all’ansia per il decollo a cui non mi abituerò mai, nonostante non mi piaccia volare il sole che sorge rende spettacolare il paesaggio da quassù e non posso che rimanerne estasiato.
Inevitabilmente il pensiero vola a loro e i nervi un po’ tesi finiscono per rilassarsi. 
Ciao papà, ciao Jules. Siete qui con me, eh? È proprio un bel regalo, non me l’aspettavo. 
Non posso che pensare a voi mentre l’areo viaggia in un alba splendida, verso la mia nuova avventura, verso il sogno che ho tanto desiderato sin da bambino, quando sul balcone di casa mia guardavo le macchine di F1 sfrecciare sulla pista di Monaco. 
Ricordo la mia fedele macchinina rossa con cui giocavo ogni volta che guardavamo il GP insieme. Abbiamo iniziato a sognare insieme, papà. 
Il mio primo sogno è stato vedermi su quelle macchine grandi là sotto e vincere quella gara cittadina. Sognavo di farlo su una macchina rossa, quella che avevo in mano. Perché sapevo in qualche modo che le macchine rosse erano sempre le più forti. 
I ricordi prendono il sopravvento per un momento e con essi l’emozione mi coglie allo stomaco che si contrae, prima che questo possa risolversi in qualche bruciore d’occhi o peggio, prendo dei respiri profondi, mi concentro e mi controllo prima che i sentimenti prendano il sopravvento. Sarebbe fuori luogo. 
Non si piange più, non è concesso. È dal giorno della sua morte che non piango, avevo promesso che sarei stato forte per fare sempre tutto il necessario, soprattutto per ottenere i risultati per cui ti sei sempre dato tanto da fare. Per realizzare il nostro sogno. 
Adesso sono approdato nella massima categoria, ho finalmente messo entrambi i miei piedi in F1, ho un contratto con un team minore, ma farò tutto quel che devo per arrivare in quello che conta, quello che desideravamo entrambi. 
Te l’avevo anticipato quel giorno, quando sapevo che saresti morto. 
Ti avevo detto che avevo firmato per la Ferrari, per ora sono con la Sauber, la mia bugia è tale per metà, ma io so che era solo un’anticipazione, non una bugia. 
Lo sai anche tu.
Perciò non si piange, non ci si fa prendere dalle emozioni, quelle ti fanno sbagliare, non servono a fare bene. 
Da oggi sei ufficialmente grande, Charles, e non solo perché hai 21 anni, ma perché non ci sarà un’altra occasione per arrivare laddove hai promesso e sempre desiderato essere. Da qui se sbagli sei fuori e non ci tornerai più, perciò vedi di rimanerci. Non ci si ferma, hai capito? Non si può. 

Appena metto piede giù dalla macchina, una volta arrivati all’albergo, vengo sopraffatto da un’ondata di calore parzialmente provocata dall’afa e dal caldo dell’Australia, ma non si tratta solo di questo o del jatlag che probabilmente subirò per tutto il giorno.
È il mio primo approdo in una settimana di gara di F1. 
Poseremo le valige e le nostre cose, ci sistemeremo nelle nostre camere e poi saremo liberi per il resto della giornata poiché domani si comincia con gli impegni vari. Non vedo l’ora di girare per Melbourne, è la mia prima volta e sono eccitatissimo. Siamo arrivati un po’ prima perché è una consuetudine, ma in questo caso sono iper felice anche se forse da fuori non si direbbe.
Lancio un’occhiata al mio migliore amico promosso ad assistente personale, Joris. Se non avessi lui penso che sarei veramente perso, ma per fortuna sono in più che buone mani e mi fido di lui. Oltretutto basta che esprimo un desiderio e lui me lo realizza. Gli avevo detto che volevo girare un po’ per la città ed ha già fatto un programmino ben pensato in modo da non stancarmi troppo. Ovviamente ci muoviamo sempre con Andrea, il mio personal trainer che è anche ormai la nostra terza parte. Se c’è Joris, c’è anche Andrea, sempre e senza eccezioni. 
Ci affianca con il resto delle valige e ci fa un cenno per farci sapere che è pronto, così io e Joris ci scambiamo un’occhiata carica d’eccitazione che si nota alla perfezione nonostante le nostre lenti scure. Ci sorridiamo, ci facciamo un cenno e con un enorme sospiro ci avviamo verso l’ingresso dell’albergo dove molte altre persone entrano con noi.
Appena mettiamo piede dentro, ci fermiamo spaesati notando la quantità abnorme di gente che è arrivata da poco come noi, molti in attesa di essere ricevuti, altri che si avviano. Diversi gruppetti si formano, qualcuno ha le maglie con gli sponsor del proprio team, altri sono in borghese al momento. 
Rimango spiazzato dal mio primo ingresso che è tanto simile a quello delle giornate dei test. Per fortuna ho avuto quelli altrimenti sarei ancor più disorientato. 
Mi ci vuole un po’ e sento Joris e Andrea prendere in mano la situazione, probabilmente capiscono che sono un attimo perso. 
Mi dicono di aspettare qua che vanno a prendere le camere, così io annuisco senza rendermene conto ed estraniato mi guardo intorno cercando di individuare quelli del mio team o qualche altro viso noto.
Il primo che mi viene in mente è Pierre, lo cerco ma non lo trovo. Anche lui inizia con la Toro Rosso in modo ufficiale. È bello iniziare in F1 insieme, non ci avevamo mai realmente sperato, ma entrambi sapevamo che ci saremmo riusciti. Ora il più sarà rimanerci e salire in alto. Lui non è ambizioso e fanatico come me, perciò è probabile che si divertirà molto più di me.
Pensando a lui, mi vien da sorridere e mi accorgo che mi sto rilassando. Probabilmente non è ancora arrivato, ma è così caotico qua che potrei non notarlo o magari è già in camera. Sto per scrivergli quando individuo alcuni dello staff della Sauber, perciò sto andando da loro, ma una voce fin troppo familiare mi raggiunge alle spalle.
È roca e graffiante e non particolarmente potente e squillante. 
Ormai la riconosco, non è come la prima volta che l’ho rivisto dopo la nostra adolescenza. 
Davvero? Su tutti gli hotel, dovevamo scegliere lo stesso? Quante possibilità c’erano? Per la verità non lo so bene, perché è il mio primo GP in F1, ma so che tendenzialmente gli hotel gettonati dai piloti e dai team sono sempre gli stessi, ma non ce n’è mai solo uno. Insomma, c’è la possibilità che qualcuno vada in hotel diversi. Noi no, ovviamente. Per fortuna so che Pierre sarà in questo. 
Oddio, è anche l’hotel più vicino al circuito perciò era abbastanza ovvio. Penso che troverò anche altri piloti o molti di loro.
Mi giro consapevole di chi è la faccia che mi ritroverò davanti e quando vedo che Max addirittura sorride, io rimango spiazzato. 
Sembra davvero contento di vedermi, non penso che sia uno bravo a fingere, ricordo che è sempre stato diretto e spontaneo. Forse non molto allegro e solare, ma in realtà non ho a che fare con lui da quando ci siamo separati a sedici anni. La F1 può averlo cambiato. 
- Ehi Charles! Sei arrivato! - mi parla come se fossimo amici di vecchia data e fossimo abituati a parlare, io però lo guardo perfettamente consapevole e con la memoria che funziona bene. Non siamo mai stati amici, che cazzo c’ha da parlarmi? Chi gli ha detto di prendersi tutta questa confidenza? 
- Ti avevo già visto ai test ma non avevo avuto modo di salutarti! Pensa che caso incontrarci ora! Allora, sei emozionato? 
Oddio ma quanto parla? Non lo facevo così chiacchierone. Ricordo qualche conversazione pseudo-piacevole con lui da adolescenti, ma niente di degno di nota. Insomma, avremo riso insieme forse l’ultima volta che ci siamo visti al go-kart; perché mi parla con tanta felicità, ora? 
Dunque è vero che la F1 ti cambia. Nel suo caso, quanto meno, è vero. 
A parte che è cresciuto nell’aspetto, i lineamenti si sono fatti un po’ più adulti rispetto all’ultima volta che l’ho incrociato, che non ricordo nemmeno quando è stato. Proprio mentre sto per rispondere qualcosa composto giusto per gentilezza e per zittirlo, mi viene in mente quando è stato. 
Quando era morto mio padre. Baku 2017, l’anno scorso. 
Il flash mi colpisce come un pugno allo stomaco. Serro i pugni che infilo in tasca per mantenere il sangue freddo. Non fare espressioni, non esprimere niente, Charles. Sii adulto. 
Faccio un cenno con le labbra che non arriva agli occhi, me ne rendo conto mentre lo faccio, ma ormai è il mio sorriso tipico. Non è niente di personale. Sì, non ho il miglior ricordo di te, anzi, so che ti chiamavo stronzo, fra me e me. Adesso possiamo sotterrare l’ascia di guerra, anche se dipende da come ti comporterai in pista e se hai imparato a guidare nel frattempo. Magari farti seguire da professionisti della Red Bull piuttosto che da tuo padre ti ha calmato. 
- Sto bene, grazie. Vedremo quando scendo in pista. Per il momento sono contento. Tu stai bene? - devo chiederlo, lo so che si fa così in questi casi. Ma sento la mia stessa voce come se mi venisse da fuori. Non ho nemmeno un briciolo di inclinazione entusiasta e lui se ne accorge, infatti con una delusione fin troppo spontanea, si spegne. Sicuramente pensa che ce l’ho ancora con lui. 
Non è che mi sia mai realmente passata, ma siamo cresciuti, siamo in F1, dobbiamo archiviare il passato e andare oltre. Adesso ho cose più importanti che darti lezioni di corse, caro Max. 
- Bene, grazie. - risponde spiazzato dalle distanze siderali che sto mettendo. 
Sta pensando a cosa dire e mentre lo fa mi chiedo perché dobbiamo per forza conversare. Che cazzo ce ne frega, si può sapere? Nessuno di noi lo vuole. Forse lui lo voleva, magari, o schietto com’è non mi avrebbe salutato per primo, ma se vedi che non c’è la spinta è inutile insistere. 
Fortunatamente noto Esteban nel gruppo poco più in là e accendendomi in sua direzione lancio un’ultima occhiata a Max ancora qua davanti a me. 
- Ci si vede in giro, allora... - dico infine. Lui annuisce con un sorriso ben più forzato di prima e così entrambi ci avviamo verso altri piloti. Lui va da Daniel, mi pare, io mi aggrappo con gioia ad Esteban, un mio vecchio conoscente di cui sono decisamente molto più amico di quanto lo sia di Max. 
Fortuna che l’ho visto, così mi ha salvato. Pierre, perché diavolo osi fare tardi? Dovevi essere qua anche tu, se eri qua mi salvavi da quell’imbarazzante conversazione forzata. Tu hai la parlantina sciolta, sei uno da pubbliche relazioni e non perché sai che si devono fare, ma perché ti piacciono proprio. 
Mentre penso a lui, mi infilo in una ben più piacevole e scorrevole chiacchierata con il mio amico Esteban, parliamo in francese e l’entusiasmo in me si riaccende un po’, anche se ormai sempre ben controllato e limitato. 
Sento da solo che i miei occhi non si uniscono mai alla mia bocca, quando sorrido o quando scherzo. Lo so da solo, ma penso che i miei occhi siano rimasti con mio padre in cimitero. 

La sensazione di essere spaesato va definitivamente via quando si presenta davanti alla mia porta Pierre. Avevo capito che era lui già dal suo bussare frenetico come uno scoiattolo impazzito, infatti appena ho aperto mi sono preparato all’impatto e lui mi è planato addosso abbracciandomi di slancio gridando al colmo di gioia. 
Certe cose le permetto solo a lui, ma per fortuna mi lascia subito per poter saltellare per la mia camera come una pallina del flipper, va da una parte all’altra della stanza gridando non capisco cosa, poi esce col suo fiume di parole nel terrazzo da cui si gode di una splendida vista su Melbourne in un mattino di sole che ti fa venire allegria e voglia di andare al mare. In generale non mi piacciono gli abbracci, ma se ci sono le circostanze o se sono nel mood va bene. Oppure se provengono da Pierre.
- Siamo in camera da soli, Charles! E siamo sullo stesso piano, possiamo vederci quando vogliamo! È una figata pazzesca! Non devo condividere la camera con nessuno, pensavo che fosse come nelle altre categorie che condividevi qualunque cosa col tuo compagno di squadra! Qua siamo soli e gli hotel sono stratosferici! C’è la piscina, la sauna, un ristornate che non vedo l’ora di provare! 
Pierre continua a parlare in fretta correndo, sprizza felicità da ogni poro e mi contagia. Non provo nemmeno ad inserirmi, lascio che continui sedendomi sul letto mentre lo guardo come farei con una sit com. Mentre lui sragiona, io mi beo con questa piacevole sensazione di casa. Mi sento subito meglio e capisco che posso farcela.
Ero preoccupato perché temevo che la tensione mi attanagliasse, avevo pensato tanto a come comportarmi qua, so precisamente come voglio essere. 
Adulto, professionale. Devo scalare le posizioni in fretta, arrivare in alto, in cima. Devo farmi notare dalle compagnie che contano, diventare prima guida, vincere. 
Ho le idee chiare su quello che devo fare e che voglio, ma appena arrivato mi sentivo perso e non volevo farlo capire a Joris o Andrea, non voglio preoccuparli e comunque non voglio dare a nessuno l’idea del ragazzino. Sono adulto, devo fare l’adulto. Essere giovani e appena arrivati non conta. 
Poi Pierre mi ha restituito la mia tranquillità mentale. 
- Ci pensi? È la prima volta che siamo nella stessa categoria! È pazzesco, Charles! Non riuscivo ad immaginare come sarebbe stato, ma sapevo che un giorno ce l’avremmo fatta insieme! 
Finalmente si calma buttandosi sul letto dove sono io, solo che lui si stende come se fosse il suo. Io mi giro sorridendo divertito. 
- Sono contento anche io, sapevo saremmo arrivati entrambi qua. - rispondo molto più calmo di lui. Sono obiettivamente contento, ma penso che come al solito non lo sto dimostrando, tuttavia lui mi conosce bene e non mi pressa su questo discorso. 
I miei fratelli o mia madre tendono sempre a stimolarmi e spingermi a lasciarmi andare alle emozioni, ma faccio ciò che mi sento. Più mi dicono di lasciarmi andare, meno ci riesco. So di cosa parlano, so cosa sembro da fuori, ma non mi importa. Non posso forzarmi. Non è che non voglio, non arrivo ad essere espansivo, ridere, chiacchierare, fare baccano e chissà cos’altro. Ma ho Pierre che lo fa per me e sono contento, davvero contento che non mi chieda anche lui di dimostrare meglio la mia felicità. 
Mi guarda con attenzione calmandosi un attimo, sicuramente pensa proprio a questo, ma per fortuna non dice nulla. I suoi occhi chiari sono quasi trasparenti e parlano molto bene anche senza le parole, nel raro caso in cui decida di non farlo. 
È bello stare con lui. È facile. 
- Andiamo a fare un giro? Magari troviamo qualche pilota famoso! 
È così carico di speranza che se gli dicessi di no penso che mi sentirei in colpa per sempre, ma alla fine mi lascio contagiare ed accetto di buon grado la proposta. 

Non abbiamo nemmeno messo piede completamente fuori dalla camera, che Pierre si blocca improvvisamente piantandosi, gli vado naturalmente addosso e mi lamento, ma mentre lo guardo per capire che ha, mi afferra con una certa forza il polso ed inizia a tremare teso come una corda di violino. Preoccupato, scruto il suo viso ed i suoi lineamenti sempre deliziosi e piacevoli, ora sono trasformati in una statua di pietra che rappresenta il panico. 
- Pierre? 
Dato che non mi risponde, guardo la direzione del suo sguardo e quando vedo che punta una figura familiare, mi metto a ridere nascondendo la faccia contro la sua spalla. Solo lui riesce a farmi ridere, anche se presumo di risultare grottesco perché sento gli occhi immobili come sempre. 
Nemmeno me ne curo. 
- Lewis Hamilton. - gli sfugge ad alta voce e con uno stridio isterico da ragazzina in calore, a questo sto per tirarlo dentro cercando di salvargli la faccia, ma non faccio in tempo. Lewis che era in fondo al corridoio in attesa di entrare in ascensore, si gira sentendo coi decibel di Pierre il proprio nome. Lo vede e da lontano gli sorride riconoscendolo. 
Pierre stringe ancora di più spasmodicamente il mio polso che a momenti mi rompe, mi lamento ma è come se non dicessi nulla. 
Alza l’altra mano e la scuote ricambiando il saluto, non riuscendo a dire nulla. 
- Se ti muovi riusciamo a salire in ascensore con lui, così ci parli! - propongo con la mia solita logica, ma Pierre è piantato come un pero qua e se si muove sviene, è di mille colori in faccia e non si sposta tanto che non riesco a protendermi fuori per salutare il suo idolo, cosa che mi sarebbe piaciuto fare. Sto per usare la forza bruta e spingerlo con decisione, quando dall’altro lato del corridoio un’altra voce chiama proprio Lewis ed è familiare anch’essa. 
Qua sono io che spalanco gli occhi, ma pure Pierre squittisce qualcosa di incomprensibile, suppongo il suo cervello abbia perso la funzione della parola. 
Infilo di nuovo la testa fra questo scarso spazio che sta fra Pierre e lo stipite della porta e guardo Sebastian Vettel camminare nel corridoio per raggiungere l’ascensore e Lewis. 
Vedendoci, ci sorride solare salutandoci. La prima cosa che noto sono i suoi occhi, penso che sia difficile non notare un blu così intenso. 
La sua maglietta della Ferrari attira la mia attenzione dopo gli occhi che mi ricordano inevitabilmente quelli di Max che comunque sono di una sfumatura più cupa. 
Seb si ferma davanti alla nostra porta e tende la mano per salutarci con la sua tipica gentilezza che ormai è leggenda, così come è leggendario Lewis. 
- Prima stagione in F1, eh? - dice sapendo perfettamente chi sono i nuovi rookie della F1. Pierre è ancora piantato, la sua stretta è tremolante e non di quelle convulsive, io allungo la mano destra che per fortuna non è quella che Pierre mi sta stritolando e per come siamo messi sembra che io stia abbracciando questo demente che non si sposta. Chissà che diavolo penserà, Sebastian?
È il pilota della macchina dei miei sogni. È il primo pilota della Ferrari, non posso dimenticare la previsione che feci a mio padre in punto di morte. 
‘Ho firmato per la Ferrari’, gli dissi. 
Se succedesse sarei magari il suo compagno di scuderia. 
Il sogno mi parte con una prepotenza inaspettata, ma Lewis lancia un fischio dall’altro lato che a momenti spacca tutti i timpani. Complimenti anche per il fischio, ma so come sempre controllarmi bene.
Avevamo entrambi già incontrato sia Sebastian che Lewis, così come altri piloti come per esempio Fernando e Kimi, ma erano sempre cose un po’ veloci che coinvolgevano degli eventi in comune, non era capitato poi così tanto e adesso è diverso.
Siamo entrambi piloti della stessa categoria. 
Correremo contro di loro, è pazzesca questa considerazione. Ha la potenza di un defibrillatore. Per me, per lo meno. Pierre penso sia ancora morto, nemmeno una carica a 300 lo aiuterebbe a tornare.
Loro sono praticamente i suoi due idoli, di Lewis è proprio innamorato, mentre di Seb ha un’altissima ammirazione. 
Seb fa un cenno a Lewis come a dire che arriva, poi ci saluta con la sua tipica gentilezza. 
- Mi raccomando, carichi eh? 
È bello che abbia voluto dirci qualcosa, non era tenuto nemmeno salutarci e stringerci la mano. 
Si distingue dal primo istante in cui lo incrocio e non so se sono solo io che voglio vedere ciò che desidero, o se veramente provo qualcosa di diverso nell’incontrarlo, ma sento che questo è un incontro del destino. 
Non sono sognatore fino a questo punto e so che probabilmente è solo la mia grande speranza di finire in Ferrari e di conseguenza con lui, ma spero che sia vero. 
Spero che sia un incontro del destino.
Lui va oltre e raggiunge Lewis il quale tiene aperto l’ascensore e l’aspetta con un’espressione buffa che non gli avrei mai associato. Lewis in pubblico ha sempre un’aria controllata e composta, un po’ come tendo ad essere io. Io e Pierre spuntiamo dalla porta aperta come due pessime spie e li guardiamo, per farlo gli sono completamente addosso, ma questa cosa non me la potevo perdere. 
- Se ne vanno via insieme... - sussurro sorpreso. 
Seb saluta Lewis con uno splendido sorriso ed un’occhiata davvero affettuosa se non addirittura dolce. Lewis ricambia alla stessa maniera, Seb gli tocca la nuca con fare familiare e scherzoso e mentre entrano nell’ascensore sparendo alla nostra vista, Pierre dà voce alla mia stessa impressione. 
- Sono bellissimi insieme! 
Non l’avrei mai detto poiché non è una cosa da me notare certe cose, ma ha ragione. Sono proprio belli insieme. L’impressione che ho avuto guardandoli in questo lasso è stato strano. Come se qualcosa li legasse, come se ci fosse un’alchimia diversa. Te ne accorgi, in certi casi, non so spiegarlo come e non ho termini di paragone specifici. Forse io e Pierre potremmo dare la stessa impressione, qualcosa che va oltre il buon rapporto o l’amicizia. Un’alchimia diversa. 
È qualcosa che quando lo vedi, lo noti.
- Ma non erano in rottura? - ricordo una polemica scaturita proprio dopo Baku 2017. Ero fuori di me quel weekend, ma ricordo che ci fu qualcosa fra loro che si è protratta nelle gare successive e tutti erano convinti che avrebbero preso ad odiarsi apertamente, che il loro rapporto si fosse rovinato. 
Insomma, non sono mai stati amici come Lewis e Nico Rosberg, la coppia d’amici poi nemici più famosa del mondo e della storia della F1, probabilmente, però Lewis e Seb erano sempre andati d’accordo. Era difficile non sapere qualcosa di loro, hanno vinto 8 mondiali in due, se sei un fanatico di F1 sai tutto dei campioni del momento, è inevitabile se ne parli un sacco. 
Ricordo che proprio dall’anno scorso avevano detto che ormai i rapporti fra loro erano tesi, poi onestamente non mi sono più interessato perché è stato un anno difficile per me e anche se seguivo, era sempre con mezzo cervello. Sicuramente Pierre sa tutto. 
- Sì, dopo Baku avevano litigato, ma poi improvvisamente ad un certo punto sono tornati più amici che mai, anzi! Oddio, non sai quanto sono contento di vederli così legati! Alzo un sopracciglio scettico alla conclusione di Pierre tutto felice e sognante. Sospiro di sollievo perché si è sbloccato, temevo di dover chiamare un medico, ma finalmente mi lascia così sguscio fuori dalla camera tirandomi la porta alle spalle che si chiude. 
Quelli avevano poco di due amici, poi magari è stata una mia impressione e sono impazzito. 
Evito di alimentare il suo spiccato romanticismo ed il suo enorme senso del gossip e lo precedo verso l’ascensore che hanno appena preso i suoi due Dei. 
- Dai, andiamo a cercare Stoff ed Esteban! 
Quando li nomino Pierre si illumina e annuisce, ma appena entra in ascensore inizia ad annusare in modo imbarazzante l’aria che effettivamente è ancora fortemente profumata. Presumo sia Lewis che ora farà a pugni con questo dolcissimo di Pierre con cui fa sempre il bagno. 
Io lo guardo, lui continua ad annusare sognante con gli occhi chiusi, io mi allontano e scuoto la testa perplesso sperando di non venire contagiato dalla sua follia. 
Che poi lo invidio, vorrei essere spontaneo come lui, godere di tutto, piccole e grandi cose, sempre ed in ogni circostanza senza frenarmi di continuo e pensare a cosa va bene o cosa no. A volte nemmeno ci penso. A volte sono frenato e basta ma se mi chiedono perché non saprei rispondere.
Perché vivo con il freno?”


Note: è vera e risaputa la storia di Charles da piccolo che guardava il GP di Monaco dal suo balcone, col padre e la macchinina rossa in mano sognando di correre in F1.
Ho voluto accentuare l’astio di Charles verso Max, non so se in quel momento fosse già così infastidito da lui come sappiamo che sarà ad un certo punto delle gare, ma ho deciso di fare così. 
Non ho mai volato in Australia, perciò non so minimamente come funzioni un volo Monaco-Melbourne, so che i piloti partono sempre mattina prestissimo e che c’è un considerevole fuso orario, ho provato ad immaginare ma per la verità non ne ho idea. 
È vero anche che Charles ha paura di volare.
So che i piloti usano tendenzialmente gli stessi hotel ma spesso ci sono comunque più scelte e non è detto che capitino tutti insieme, io per ovvie ragioni ho fatto che succede. 
I problemi fra Pierre ed Esteban non ho capito a quando risalgono, so che erano amici d’infanzia e che hanno corso molto nelle stesse categorie allenandosi spesso insieme e so che ad un certo punto hanno iniziato ad avere problemi che loro hanno sempre definito ‘divergenze d’idee’, ma non sono sicura a quando risalgono nel dettaglio. Comunque è un’altra delle cose che ho voluto ‘usare’ nella fic ed uscirà più avanti. 
Seb e Lewis (ma più Seb in realtà) sono delle entità che appariranno di tanto in tanto, a volte saranno più presenti e magari con ruoli più incisivi, altre ovviamente di meno. Perché Seb è il mio Dio, non ci posso fare niente. 
A proposito di Dei, è vero che Pierre è innamorato di Lewis, è sempre stato il suo idolo e ammira tanto anche Seb. 
Grazie a chi legge e commenta, sono contenta di sapere che piace ed interessa. Alla prossima. Baci Akane