*Dopo che Lewis ha superato il suo ultimo grande ostacolo, anche Seb ne ha uno. Rivedere Michael, cosa che dall'incidente non ha mai fatto. Forse però una piccola spinta la potrà dare Mick con una preziosa supervisione di Lewis. È vero che alla fine del 2018 Seb e Mick hanno corso insieme la ROC, ma all'epoca in cui scrissi la fic (2018 appunto) non sapevo quanto in rapporti stretti fossero Seb e Mick, però l'avevo supposto. È anche vero che verso la fine di quell'anno, Corinna aveva parlato di Michael dicendo che finalmente aveva fatto dei notevoli miglioramenti, cosa che non aveva mai detto prima rimanendo sempre molto riservata sulla questione. Preciso però che nessuno ha realmente idea di come sia Michael, io ho scritto sulla base delle mie conoscenze dei casi come il suo, ma non so se è davvero così. È però vero che l'anno scorso Seb ha finalmente parlato di Michael, di come stia ora che la sua vita è cambiata, cosa che non aveva mai fatto, facendo capire che andava a trovarlo. Ricordo che disse che non è più il pilota che era una volta, che è una persona diversa, comunque meravigliosa (le parole esatte non le ricordo ma il senso era questo). Il capitolo è l'ultimo, il prossimo sarà l'epilogo. Sono un po' triste, ma rimando i ringraziamenti. Intanto buona lettura. Baci Akane*
101. GRAZIE
/Seb/
“Non credo sia tanto la fine della stagione con Lewis che vince il suo quinto titolo superando i miei quattro, quanto la notizia che Mick Schumacher dopo aver vinto il campionato della sua categoria, in Formula 3, è stato invitato ad unirsi a me alla Race of Champions che si terrà a Gennaio in Messico.
È qualcosa che mi cade fra capo e collo, io e lui insieme per la Germania. Quando mi arriva la notizia realizzo che questo è per forza un segno e capisco che è ora, è ora di fare quel passo in avanti, quell’ultimo passo che ero convinto non avrei mai potuto fare. È ora e non credo di potermi esimere.
Io e Mick siamo rimasti in contatto, siamo in ottimi rapporti e gli chiedo del padre come si chiede di qualcuno su cui è giusto informarsi, ma che non intendi rivedere.
Mick ha sempre capito e rispettato la cosa, ma quando sento che Corinna ospite in una degli eventi di F1 dice che Michael ha avuto dei miglioramenti, non so come chiedergli di lui.
Non so come chiedere conferma della notizia, non so come inserire nei nostri discorsi lui.
Così quando al telefono mi congratulo per il traguardo di rappresentare la Germania con me alla ROC di quest’anno, ho questa domanda sulla punta della lingua per tutto il tempo.
Una domanda che non riesco a fare perché la notizia che lui sia migliorato è così grande e delicata che sentirmi dire che invece non è vero e l’ha detto solo per far contenta la gente, mi ferirebbe troppo.
Così non glielo chiedo, non oso.
Arriviamo alla ROC come due amici e si vede anche da fuori che io e lui siamo in rapporti, che frequentavo casa ai tempi in cui Michael era Michael. Mentre lo dico fra me e me mi rendo conto che l’ho seppellito e non so di preciso cosa sto cercando di fare nei suoi confronti. Mi sento confuso su tutto questo, so solo che finchè non tornerò a trovarlo una parte di me rimarrà incatenata in un posto che non mi farà volare. Non come è volato Lewis dopo aver ‘sistemato’ Nico.
Per tutta la gara che è super divertente e rilassante, io e Mick ci comportiamo come niente fosse, collaboriamo, corriamo insieme quando dobbiamo farlo, scherziamo e parliamo di tutto.
Fino all’ultimo istante, quando arrivati secondi alla gara, mi ricordo delle vittorie con Michael e bevendo un po’ di spumante in una situazione in cui sono stato tanto con suo padre, finisce che la mia lingua si scioglie.
- Sai quante ne ho vinte con tuo padre di queste? - Chiedo improvviso. Mick annuisce con un sorriso malinconico e dolce insieme, quello che ha sempre quando si parla di lui.
- Lo so. Per questo quando mi hanno chiesto di correre qua con te mi sono messo a tremare. - È qua che vedo per la prima volta quello che per egocentrismo non avevo visto.
Un ragazzino che si sta avvicinando al mondo del padre, non un padre come tanti, ma un padre che è stato immenso in questo mondo. Un padre che ora non è più quel pilota che era e non è lì a guidarlo in questi passi che sta muovendo e comunque che muove molto bene.
Solo ora vedo molte cose e il senso di colpa si fa strada e capisco, comincia a diradarsi la nebbia.
- Hai paura di cosa succederà da ora in poi? - Si stringe nelle spalle.
- Sembra che la Ferrari mi proporrà di entrare in accademia. Cosa dovrei fare? - La sua domanda è tanto chiara quanto disarmante, la voce gli trema di nuovo anche se sorride cercando di mostrare una forza che non può avere un diciannovenne.
L’ho lasciato solo, l’ho abbandonato.
Michael finchè stava bene non l’ha fatto con me. Mick è nel momento più importante della sua vita ed io ricordo quanto ha pesato Michael in ogni decisione che ho preso in vita mia e quanto è stato essenziale lui, i suoi consigli ed il suo esempio per farmi arrivare fin qua. Qua dove ora sono bloccato ad un passo dal sogno. Un passo che voglio percorrere, ma che non so come fare perché mi manca quella guida che ho sempre avuto e che Mick non ha mai avuto e mai avrà, nel suo percorso professionale.
Sono un grandissimo stronzo. Come ho potuto? Come?
Non è questo che avrebbe voluto Michael, non l’avrei reso fiero.
- Accettare, ovviamente. - Dico subito di slancio. - Ho sempre sognato guidare la Ferrari alla vittoria in tutti i modi possibili, perfino quando non guiderò vorrei aiutarla a vincere, se sarà possibile. Tu sei un tifoso Ferrari, Mick? - chiedo improvvisamente. Per un momento cercavo di dire quel che avrebbe detto Michael, poi ho capito che devo essere quello che Michael è stato per me, ma alla mia maniera.
Mick mi guarda smarrito mentre si sveste e si riveste insieme a me per andare a cena con tutto il gruppo che ha partecipato alla ROC di quest’anno. Ricordo quando ero al suo posto e mi cambiavo insieme a suo padre che mi parlava così come faccio io con lui. Un brivido di orgoglio mi attraversa, mi pare di sentire la vita che riprende lentamente a girare, come se si fosse fermata ed io non me ne fossi accorto.
- Sì certo. Come fai a non tifare Ferrari? Sono cresciuto nel mito di un padre che ha vinto tutto in Ferrari, che è stato immenso e... - Annuisco.
- Anche io. - Poi mi correggo. - A parte per il fatto che non era mio padre ma il mio idolo. - Mick sorride timidamente ed io continuo a dirla a modo mio, con quel pizzico di umorismo in mezzo al concetto serio. - Se sei tifoso Ferrari ed hai la possibilità di entrarci, non importa quando e quanto sarà difficile, ma non rinunciare a percorrere quella strada. Provaci in tutti i modi e se dovessi fallire, cercherai un’altra strada. Mick, fissati un obiettivo ora, in questo momento. Uno di quegli obiettivi solenni e grandi, gli obiettivi di una vita e poi fai in modo che ogni percorso, ogni passo, ogni mossa sia solo per arrivare a quell’obiettivo. Un giorno ci arriverai, magari fra dieci o venti anni, però devi averlo e deve esserci sempre. - Non credo proprio che sarebbe una cosa che direbbe Michael, lui conoscendolo avrebbe detto ‘passo per passo figliolo, pensa alla prima curva e poi a quella successiva’.
Però è anche vero che senza un obiettivo finale, prima o poi le curve smettono di essere attraenti.
Per me è stato essenziale voler raggiungere lui e il mondiale in Ferrari. Senza questo scopo primario non sarei qua oggi. Forse non ci riuscirò, ma tenterò ogni giorno della mia carriera di arrivarci.
- Avere uno scopo, essere ben motivati è tutto per uno sportivo, specie per noi che facciamo un lavoro così pericoloso. - Rincaro accompagnandolo fuori. Prima di uscire dal corridoio fuori dallo spogliatoio ed arrivare in mezzo al caos, al di là di quella porta ancora chiusa, Mick mi mette la mano sul braccio e mi ferma.
- Grazie. - Fa poi. - Per tutti i preziosi consigli. Sai mi mancava qualcuno che mi parlasse così con cognizione di causa e... - Gli do un buffetto sulla nuca.
- Quando vuoi. Non esitare a chiamarmi. - Annuisce.
- Dovresti venire a casa mia a trovare mio padre. È migliorato davvero. - Con questo prende ed esce per primo immergendosi nel famoso caos che c’è la fuori. Mi lascia qua da solo, per un momento, con questo invito buttato di corsa. Alzo la mano e mi rendo conto che tremo e in un attimo so perché lo faccio.
Perché avendo deciso di aiutare Mick come Michael aiutò me, non posso non andare da lui, ora.
Ho appena capito che quindi ci andrò.
Il cellulare vibra nella mia tasca e mi fa saltare, lo prendo e vedo la chiamata entrante di Lewis dove la sua foto sorridente si mostra a me ed io torno a respirare e smetto di tremare.
Seb, mica sei solo. Ce la puoi fare a rivederlo.
La sua mano stringe la mia, la stringe forte e mi trasmette tutta la forza di cui ho bisogno.
La casa di Michael è sempre grande ed immersa in una zona stupenda piena di verde e tranquillità. È perfetta per rimettersi.
Rimettersi.
Ricordo di me in ospedale, rimango fermo davanti alla facciata della villa e Lewis vicino a me in silenzio mi aspetta paziente.
Quel giorno gli ho detto addio, lui col respiratore, la testa bendata, addormentato. Non l’ho rivisto, non volevo rovinarmi il ricordo dell’uomo forte e vincente che mi aveva sempre ispirato.
Oggi invece infrango quella promessa a me stesso. Lo rivedo.
E lo faccio perché è giusto ricambiare ciò che lui ha fatto per me e ricambiarlo per il figlio a cui lui non può stare vicino in quel mondo di piloti a cui lui non appartiene più.
- Da quanto senti Mick? - Mi chiede Lewis improvvisamente. Lo guardo trasalendo.
- Da anni... -
- E ti ha mai detto di venire a trovare suo padre? - Ora che ci penso, mai...
- No in effetti mai... è la prima volta, per questo ho capito che era il caso di farlo. - Lewis annuisce.
- Quindi dovresti fidarti di ciò che vedrai quando entrerai. - Sospiro mentre lui mi sorride dolcemente e mi accompagna a suonare il campanello del cancello.
È vero, forse posso fidarmi del fatto che non ne uscirò a pezzi.
Stringo la mano di Lewis ed in lui trovo la forza di suonare quel campanello. Lui si è sbloccato, ha esorcizzato il suo demone e l’ha fatto perché glielo avevo chiesto io. Ora io farò lo stesso.
Varco la soglia e mi blocco, i piedi si piantano lì come se non avessi più la capacità di camminare.
Lewis avanza e poi rendendosi conto che non mi muovo più, mi tira a forza sibilando un ‘Dai Seby!’
Poco dopo viene incontro Mick che avevo avvertito del nostro arrivo. Ci vede mentre ci teniamo per mano e lui che ricorda le serate passate qua, sa che siamo in rapporti molto più stretti di quel che il mondo immagina. Non gli ho mai detto nulla, ne parlavo solo con Michael, ma non importa cosa penserà.
Ora come ora le cose assumono la dimensione giusta e al suo sorriso radioso segue un abbraccio genuino e dolcissimo.
Il ragazzo scioglie il ghiaccio che mi irrigidiva e mi ritrovo lentamente a rilassarmi mentre lo stringo a me. Sento lo slancio e la gioia nel vedermi finalmente qua come ai vecchi tempi, come se volesse mostrarmi orgoglioso qualcosa che non dovevo perdermi.
Non so più cosa aspettarmi, ma perso e nel panico guardo Lewis vicino a me che mi sorride dolcemente e orgoglioso, gli occhi brillano perché sa cosa sto passando.
- Ti ho detto che venivo con lui, vero? - Dico riferendomi a Lewis. Tirarlo in mezzo è un modo per stemperare questa sensazione da ‘adesso muoio’.
Mick si scioglie e annuisce salutando anche lui con una stretta di mano.
Poco dopo arriva Corinna ad accoglierci, dopo che Mick ci ha preso le giacche e le ha appese nel guardaroba dell’ingresso.
Io e Corinna avevamo un bel rapporto in riflesso a quel che era per me Michael. Corinna è sempre stata una donna forte e meravigliosa. L’ho vista al di fuori le volte che è capitato venisse a qualche gara per motivi vari, mi ha tenuto aggiornato su Michael ma una parte di me non sentiva quel che diceva. Mi invitava sempre a venire quando volevo, io dicevo sempre di sì consapevole che non sarei mai venuto.
Ed ora eccoci qua.
Lei è molto gentile e sorpresa di vederci davvero qua.
- Non pensavo ti avrei mai visto qua, sai? - Fa dunque lei. Io sorrido colpevole.
- Beh le cose si sono messe in un modo che... ho capito che era ora. Scusami se ci ho messo tanto. - Non mi nascondo dietro a patetiche scuse, non sarebbe da me. Lei sa bene perché non riuscivo a vederlo, mi mette una mano sulla spalla e stringe sorridendo calorosamente:
- Vedrai che non te ne pentirai di essere venuto. - A questo non so cosa dire, ma poi lei si sposta e guarda un punto dietro di sé, il mio sguardo si allunga e vedo da in fondo il salone che si fa avanti con una carrozzina elettrica lui.
Michael è lì che sorride allo stesso modo gentile di prima e mentre mi viene incontro e noto la posizione che fatica a mantenere e tutte le differenze nell’aspetto dovute all’incidente che si sono ripercosse un po’ in ogni senso, trovo anche le uguaglianze.
Il sorriso e lo sguardo. Quello sguardo gentile e fiero a prescindere.
E poi mi viene davanti e piega la testa di lato e con un sorriso particolare che non saprei decifrare, mi dice:
- Finalmente sei venuto. Pensavo non ti avrei più rivisto, Seb. - A questo punto le lacrime scivolano copiose e credo che non smetteranno mai più di uscire. Michael mi ha riconosciuto. Il resto non ha più la minima importanza. Il resto è un contorno che va ugualmente bene, qualunque cosa sarà e scoprirò andrà bene.
Mi chino e lo abbraccio di slancio e lo stringo forte facendogli forse male, ma lui non si lamenta e non mi manda via, mi mette una mano delicata e leggera sulla schiena, forse gli costa fatica muovere anche un solo dito, ma lo fa per me e mi tiene a sé mentre frigno come quel bambino che lo incontrò per la prima volta e che fu ispirato da lui, che decise di diventare come lui, da grande, un campione di F1 e di vincere un mondiale con la Ferrari, un giorno.
E mentre piango abbracciato a lui in crisi mistica, cerco di nuovo Lewis con lo sguardo e lo vedo accanto a noi che piange a dirotto forse più di noi, sorrido vedendolo e trovo la forza di riemergere per sollevarmi e abbracciare anche lui.
La vita riprende a scorrere lentamente e ancora una volta trovo la forza in lui che so non mi abbandonerà mai. Ti amo Lewis Hamilton. Grazie per essere come sei e per essere entrato nella mia vita, senza di te non so cosa sarebbe di me ora.”
/Lew/
“È stata quasi un’esperienza mistica, non me l’aspettavo così.
In realtà non sapevo cosa aspettarmi effettivamente, sono venuto solo per Seb, concentrato su di lui. Io non sono mai stato particolarmente legato a Michael anche perché avevo Keke da piccolo che mi diceva che Michael era un po’ stronzo. Penso che in realtà non fossero compatibili, ad ogni modo ho sempre nutrito stima e ammirazione per Michael e ci sono anche andato molto d’accordo, però è vero che è Seb quello legato a lui. Io non ho mai sentito il bisogno di venire, ma sapevo che finchè Seb non l’avrebbe fatto non si sarebbe sbloccato.
Non so spiegare in che modo, ma è un po’ come Nico che mi arenava. Ho sempre vinto e corso bene, ma quando mi sono tolto quel risentimento che avevo per lui, mi sono sentito meglio, mi sento in pace col mondo, sento come di poter raggiungere ogni traguardo e ogni cosa che faccio mi riesce.
Sento in Seb un’ossessione sul vincere il mondiale in Ferrari. Prima era un sogno, ma da quando a Michael è successo quel che è successo è come se avesse perso il piacere di correre e lo facesse per una sorta di dovere e forse proprio nei suoi confronti.
E poi c’è il fatto che l’aveva seppellito ed io penso sia sbagliato. È vero che non sarà più quel Michael ma in nome di tutto quel che ha fatto e significato per te, non dovresti cercare di riunirti a lui, di ritrovarlo in qualche modo?
Gli sei vicino solo quando è ‘utile’, quando è forte e ti può aiutare?
So che non lo faceva per questo, però sono fiero di lui ora.
È riuscito a rivederlo ed è stato catartico per lui.
Non so come si ripercuoterà nella sua vita, perché lui è imprevedibile.
Potrebbe essere che correrà meglio e magari vincerà il suo famoso mondiale oppure potrebbe essere che decide di aiutare Mick come Michael aiutò lui e che questo lo faccia sentire realizzato, non saprei. Però penso che qualcosa sia cambiato in lui e questo in qualche modo lo aiuterà, forse più a livello personale ed umano che professionale, chi lo sa.
Quando arriviamo in albergo, perché stare a casa sua con Hannah e le bambine non mi sembrava carino, non abbiamo ancora parlato di nulla.
Il silenzio è stato sacro dal momento in cui ha varcato la sogli fino ad ora che entriamo in camera d’hotel, una di quelle che non si aspettano di incontrare due piloti famosi e che pensano che sia solo una buffa somiglianza.
Gestisco io la cosa mentre lui aspetta in parte in un angolo con un cappellino calato sulla faccia.
Una volta dentro Seb si siede sul letto da una parte senza fare niente, incantato nel vuoto, perso in un mondo di cui aspetto di essere messo a parte. Pensa e lo fa da solo, ma so che condividerà i suoi pensieri e mentre lui sta lì isolato, io sistemo le nostre cose in stanza, ci siamo portati una borsa insieme, tre quarti della quale è piena di cosa mie. Contavamo comunque di stare via solo una notte, quindi mi sono limitato parecchio. Altrimenti tre quarti di borsone non mi bastava. Tiro fuori l’asciugamano, le nostre buste col necessario per lavarci, i pigiami e la biancheria intima nuova per domani, i vestiti useremo quelli che indossiamo. Poi attacco il carica batteria del cellulare e ci metto il mio telefono, faccio lo stesso col suo che si fa prendere dalla mano docile e qua finalmente parla.
- Sai, sbagliavo. - Fa improvvisamente. Sorpreso e felice insieme che inizi, mi siedo sul comodino dalla sua parte e mi sfilo la felpa, poi lo guardo mentre distoglie lo sguardo nel vuoto e lo posa nel mio. - Sbagliavo perché pensavo che Michael fosse solo un pilota e che non potendo essere più quel pilota, non sarebbe più potuto essere nulla. Che dovevo dimenticarlo, seppellirlo, metterlo via definitivamente. E non ero pronto per farlo, quindi rimandavo anche se dentro di me l’avevo già chiuso per sempre. - Seb si apre usando anche molte più parole del suo solito ed io non lo interrompo mentre lo ascolto. Dopo una breve pausa, riprende: - Ed è vero, non sarà più un pilota. Quello è un ricordo per chi l’ha vissuto da fuori, per i tifosi, gli amici, i parenti... ma non era solo questo. Non resta solo quello che uno faceva, di una persona. Quel che ora c’è, è il Michael persona. Una persona nuova ma anche uguale. Sempre gentile e piacevole con cui parlare. Presente, che cerca di aiutare gli altri se questi lo permettono, profondo, che ha molto più tempo per gli altri e che vede le cose in modo diverso. - Colpito dal suo pensiero, lo riprendo con un sorriso compiaciuto.
- Il Michael pilota non ci sarà più, ma c’è un Michael meraviglioso comunque di cui godere. Un uomo un po’ diverso da prima, ma uguale in altre cose. Perché Michael non è morto, è ancora vivo e giorno dopo giorno lotta per stare meglio ed ha un coraggio ed una forza immensi. -
Seb mi guarda sorridendo compiaciuto, felice che io abbia capito.
- Una persona d’ispirazione con tanto da dare e tanto da insegnare. Io l’avevo seppellito, pensando che se non poteva più essere il Michael di prima, non poteva essere più nessuno, ma mi sbagliavo. Non avevo capito nulla. Sono una persona orribile. - Questo mi spiazza completamente, lo guardo spalancando gli occhi e lo fisso aspettandomi uno scherzo che però non c’è, così capendo che è serio e lo pensa davvero, mi accuccio davanti a lui fra le sue gambe aperte, le mani sulle cosce e lo guardo dal basso, gli carezzo una guancia e dolcemente, dico:
- Ed ora sei una persona migliore grazie a lui e al coraggio che hai tirato fuori. Per merito di un ragazzino che ha saputo aprirti gli occhi. - Mi riferisco a Mick perché senza di lui non so se si sarebbe mai deciso.
Seb prende la mia mano dalla coscia e quella sulla guancia e stringe.
- Ma senza di te non avrei mai trovato la forza di andare fino in fondo. - E così mi ingroppa, ma non avevo dubbi. Sorrido con gli occhi che bruciano pieni di lacrime. - Grazie. - Conclude. E niente, le lacrime scivolano giù piano e silenziosa. Dovrei essere io a ringraziarlo, è lui che mi ha cambiato la vita migliorandomela giorno dopo giorno, ma sono cose che sa.
Così come sappiamo che continueremo a migliorarcela ancora e che questo che facciamo insieme non è un cammino con un traguardo e che supereremo sempre un livello importante ogni volta.
Annullo la distanza e sulle sue labbra, mormoro:
- Siamo così fortunati. - Seb mi prende il viso con le mani e stringe fondendo le nostre bocche. Lo siamo davvero.
Febbrile e senza staccare la bocca dalla mia, prende la maglietta e me la sfila, ci separiamo nel gesto ed io faccio lo stesso con la sua togliendogli tutto con un unica presa, Seb solleva il bacino e mi guarda coi suoi occhi azzurri splendidi in attesa che io gli prenda anche i pantaloni e gli slip, lo faccio e glieli tolgo velocemente, una volta in piedi mi raddrizzo e faccio lo stesso con me. Una volta nudo davanti a lui Seb apre di nuovo le gambe e allunga una mano verso di me, l’altra si appoggia dietro. In questa posa erotica e lasciva già impazzisco, mi avvicino, mi faccio prendere da lui che si tira su col busto verso di me e mi abbraccia nascondendo il viso nel mio ventre, chiude gli occhi, mi respira, mi carezza col volto che mi solletica per la barba trascurata. Le mani scivolano dietro sulla schiena e poi sul sedere che stringe come per farlo suo. Ed io lo sono e voglio esserlo completamente.
Gli carezzo la nuca e lui lento sposta il viso e la bocca in basso sul mio inguine, salgo in ginocchio a cavalcioni su di lui, la mia erezione arriva dritta verso la sua bocca e lui infila le mani sotto fra le mie cosce e da sotto torna ai miei glutei, mi attira a sé, alla sua bocca che aperta carezza la mia erezione. I brividi mi attraversano e quando inizia con la lingua è anche peggio. Sento il sangue scorrere nel mio corpo e concentrarsi lì dove mi sta leccando e finalmente succhia. Spingo il bacino istintivamente nella sua bocca come se lo stessi facendo mio e lui mi divora e mi fa suo.
Sto per raggiungere già il culmine gettando la testa all’indietro, ma qualcosa mi frena, la voglia di venire con lui e sentendolo dentro di me, così lo spingo facendolo andare giù con la schiena, Seb si appoggia sui gomiti e scivola indietro, raggiungendo il centro del letto, io cammino a carponi e lo inseguo. Guardandomi così i suoi occhi brillano di un desiderio che scatta più passionale e sentito di prima, infatti appena arrivo a lui tiro fuori la lingua che accoglie succhiandola vorace. Ben presto il bacio diventa lava incandescente, così come i nostri corpi nudi ed eccitati che scivolano uno sull’altro e che ci assaggiamo e possediamo a vicenda. Le mani, le bocche, le lingue su di noi e poi le erezioni che ci strofiniamo addosso. La follia sale e quasi esplode, specie quando si occupa della mia apertura con la lingua e le dita che si perdono in me e mi fanno gemere e chiedere di averlo dentro.
- Vieni, vieni adesso ti prego. - Mi sembra di impazzire se non lo fa, Seb con un sorriso malizioso che mi fa morire, si raddrizza e spingendo le mie gambe aperte verso i lati e verso l’alto, con un movimento unico e possente entra subito.
Ero decisamente pronto.
Finalmente la sensazione del suo membro duro dentro di me ferma la frenesia, il bisogno di avere qualcosa, qualcosa di più. Ed eccolo qua che mi lacera per un istante, quell’istante in cui poi io mi abituo a lui e sentirlo muoversi è un altro bisogno impellente.
Ogni movimento è una sfumatura diversa di piacere e lo vedo nel suo stesso viso mentre si schiaccia su di me e mi succhia il labbro. I gemiti escono insieme, i respiri affannati, i nostri corpi così diversi nella consistenza e nel colore che fusi insieme formano qualcosa di perfetto e scatenano un piacere senza precedenti.
Le spinte aumentano d’intensità e quando lo sento arrivare al mio piacere lo supplico di andare ‘lì e più forte ti prego’ e così lui ci va e mi vede venire in un abbandono totale sotto di lui, è la sola immagine di me macchiato del mio piacere, steso con le braccia sollevate ed il viso in estasi che gli dà il colpo di grazia e lo sento venire anche lui poco dopo dentro di me.
Mi riempie del suo seme bollente che trattengo in me rimanendo fermo immobile così. Le braccia intorno al suo collo, lo stringo a me, lui si abbandona e si preme contro il mio corpo, il viso nel mio collo. Respira affannato, sconvolto.
Quando poi torna in sé, scivola via da me e si lascia cadere di lato, supino. Io gli lascio quei quattro secondi di aria per poi sistemarmi sopra di lui, sul suo petto, e prima di abbandonarmi lo bacio dolcemente.
- Ti amo. - Mormoro perché non mi stanco mai di dirlo.
- Ti amo anche io. E grazie per tutto. - Risponde lui sereno e ancora ansimante.
- Grazie a te. - Faccio io. E poi non serve dire altro. Grazie di cosa?
Ti essere entrato nella mia vita, di avermela cambiata e di farlo ogni giorno. E grazie perché so che me la cambierai ancora ed io sarò pronto. Ed io cambierò la tua e ci aiuteremo. Ci saremo sempre uno per l’altro, supereremo ostacoli e raggiungeremo grandi gioie insieme.
Grazie perché per me sei disposto a tutto ed io lo sono per te.
Grazie per essere la persona più importante della mia vita, per esserti preso cura di me, perché io lo faccio con te e perché abbiamo mancanze, ma l’altro le colma sempre.
Grazie per la tua prepotenza, Seby. Senza chissà cosa sarebbe la mia vita ora.
Grazie per la felicità che mi hai dato e che mi darai. E che ci stiamo dando.”