*Comincia la stagione con la prima gara dell'anno, gara che serve a Seb per capire che concentrandosi nella F1 può dimenticare almeno per un po' Lewis. È consapevole che devono trovare una loro dimensione e che gli serve solo tempo, ma per riuscirci c'è prima una risposta che ha bisogno di trovare. Oltre alla nuova dimensione di Seb e Lewis, capiremo quanto importante è stato Michael per lui ed in che modo. Durante quella prima gara del 2009, le cose che succedono sono proprio quelle che scrivo qua (mi sono pure documentata!), anche se poi devo dire che non conosco nel dettaglio tutte le location di un circuito di F1 ed ho provato ad immaginare qualche posticino dove si potrebbe stare un po' in disparte, posto che non so se poi c'è davvero. In quella prima gara c'era davvero Michael e la foto che ho messo sotto deriva da quel giorno, proprio prima della gara specifica. Buona lettura. Baci Akane*

33. PER ORA NO

seb lew seb michael

/Seb/

“La giornata si apre incrociando Lewis con Nico il quale vedendomi arrivare con Jenson fa una faccia scura. Cioè figurativamente. 
Io sono più bravo perché gli sorrido e non si capisce che vorrei solo strapparmi gli occhi di dosso. 
Lewis fa un ‘ciao’ cordiale che però non somiglia ai soliti, ma è anche presto per entrambi e oltretutto c’è Nico vicino a lui. Anche lui fa un vago cenno a me e saluta più volentieri Jens. Chi non saluta più volentieri Jens? 
Comunque non succede nulla se non al mio stomaco che si chiude e accenno all’idea di bere solo il caffè, ma Jens mi mette sul vassoio tutto quel che secondo lui devo assolutamente mangiare e mi obbliga a portarmelo al tavolo.
Dopo di questo mi fissa fino a che non ingurgito davvero e anche se penso che poi vomiterò, lo faccio solo per farlo contento.
Quando vede che mangio sorride tutto soddisfatto e comincia con le battute a raffica su chiunque ci sta intorno, non so sinceramente come fa di prima mattina, ma ne ha per tutti. 
- Lo vedi Rubens? Non dico che devi fare come lui che si mangia la sua colazione, quella del suo compagno di team, dei rivali e dei capi ingegneri... - Con questo Rubens si siede con noi e gli dà uno scappellotto sulla nuca. 
- Piantala di parlare male di me. - Poi si rivolge a me con aria decisa: - Non ascoltarlo, questa è diffamazione! - Comincio a ridacchiare, Rubens è una macchietta e lo adoro perché era il compagno fedelissimo di Michael e Michael lo ha sempre adorato. 
- Non è diffamazione se è la verità! Mangi un sacco! - Così Rubens che si era appena seduto con un vassoio pieno, si alza in piedi e si massaggia la pancia che non è così tonda come la vuole intendere Jens. 
- Sono in perfetta forma! - E così si alza Jens vicino a lui e si mette a confronto con lui toccandosi la pancia piatta allo stesso modo che è avvolta dalla famosa maglia bianca aderente. Rubens a questo punto guarda la sua e la propria e si riallaccia la zip della felpa nera che si era aperto e si risiede facendoci scoppiare tutti a ridere. 
Vedendo che partecipo alle risate Jens sorride anche a me con un tocco di dolcezza che colgo e capisco che ha richiamato l’attenzione di Rubens apposta per farmi ridere. 
La risata scema e resta un sorriso in sua direzione che non viene notato da Rubens perché in effetti si sta ingozzando. E non so che Lewis sta fissando tutta la scena con lo stomaco altrettanto chiuso e che mangerà la metà della sua colazione mentre Nico gli parla di chissà cosa. 
Pazienza, mi dico. Le cose stanno così. 
Ci abitueremo a questo, Lewis. Troveremo la nostra dimensione. Una che vada bene ad entrambi. 

Sono un po’ strano tutto il giorno perché mi impegno a non stare a tu per tu con Lewis, cosa che fa anche lui, però vedo le sue facce dispiaciute e ricordo la promessa che mi ha strappato, di non sparire dalla sua vita. Ed io non voglio, ma ho bisogno di un po’ per capire come fare. Non per capire cosa provo perché non ha la minima importanza visto che io e lui non avremo mai niente più dell’amicizia.
Devo solo capire come essergli amico senza cadere nel desiderio di saltargli addosso. 
Sono sovra pensiero tutto il tempo quando poi Jenson mi afferra il braccio e lo stringe tirandolo verso di sé. Così mi ritrovo a sbattergli contro mentre la sua bocca si appiccica al mio orecchio ed il suo dito indica una persona in particolare nel paddock che fa il divo. 
Non lo metto subito a fuoco. 
- Michael! - Solo un nome e i brividi mi ricoprono da capo a piedi.
Spalanco gli occhi e lo metto a fuoco e in un attimo c’è troppo. C’è la sua figura alta, snella e meravigliosa che sorride a tutti quelli che fanno la fila per lui e c’è la bocca di Jens che mi ha parlato all’orecchio facendomi venire il principio di un’erezione. 
Per un momento riesco a dimenticare l’umore strano per colpa di Lewis e per un momento vorrei tornare a dicembre, a quando ero così arrapato che mi sarei fatto fare di tutto da Jenson consapevole che con Lewis non si poteva fare nulla. 
Ma poi Jens ridendo mi spinge verso Michael e niente, l’eccitazione va via e rimane la tipica ansia che mi attanaglia quando lo incontro. Posso vederlo ventimila volte, la prima è sempre critica. La prima dopo un po’ che non lo vedevo ovviamente. 
Quando si gira verso il mio timido saluto e si illumina in un bellissimo sorriso, mi rendo conto di quanto sono fortunato. 
Lui è il dio di molti, ha fatto sognare molti, molti corrono per merito suo e lo vogliono emulare, quanti lo hanno incontrato? Quanti hanno ricevuto il suo sorriso, la sua stretta di mano, la sua stretta sulla spalla? 
Quanti possono sentirsi dire ‘speravo di vederti prima della gara! Buona fortuna, miraccomando!’ Quanti si sentiranno dire ‘sono venuto a vedere te in particolare!’
Questo cancella tutto con un colpo di spugna, per lo meno per ora. 
Per un lunghissimo momento il suo effetto rimane a rincretinirmi e mi ritrovo poi a salire sulla mia macchina dalla terza posizione, in seconda fila mentre concentrarmi non è esattamente facilissimo, ora. 
Con l’adrenalina che scorre ancora prepotente per colpa sua non so nemmeno in quale auto sono e per un momento sono così stordito e fuori di me che mi sembra di essere in una Ferrari. 
Guardo le mie mani che tremano. 
È la prima gara della mia seconda stagione completa perché la prima l’ho iniziata a metà. Ed ho incontrato Michael un’ora fa. 
E sto dando i numeri perché sono in una RedBull non in una Ferrari. 
Prendo un respiro profondo, stringo forte forte le mani nel volante, chiudo gli occhi e respiro a fondo. 
Non lo vuoi deludere oggi, è venuto per me, per vedere me. 
Fai una buona partenza, devi tenere indietro gli altri, tagliare fuori Kubica e cercare di superare Jenson e Rubens davanti a te. 
Ma cosa più importante non toccare nessuno, non fare incidenti perché saresti un pivello. 
I motori ruggiscono, riapro gli occhi, tremo come una foglia, tendo ogni muscolo di me, forse sto per vomitare.
L’odore dei gas si sente, come si sente quello dell’asfalto e di plastica. 
Si sente l’odore dell’olio. 
Si sente un caldo micidiale che sto per svenire.
I semafori rossi si accendono, lampeggiano, cambiano colore. Tutti accelerano, il casino intorno è infernale e per un momento, un solo momento penso che non ce la posso fare.
Ma poi arriva il verde, tolgo il freno, accelero, muovo il volante e parto.
E smetto di tremare, ogni parte del mio corpo si rilassa il necessario per non avere i nervi come un pivello, la testa smette di battere la cavalcata delle Valchirie e l’adrenalina va alla stessa velocità della mia macchina.
Più accelero, più mi eccito e solo mentre completo il primo giro mi rendo conto che sono secondo dietro Jenson e che ho sfiorato un incidente assurdo e che sono in pista.
Sono in pista, sono secondo e sono eccitato da morire ma sono concentrato.
Sono maledettamente concentrato.
La pista e il culo della Brown di Jenson davanti a me. 
Le curve che si susseguono, il paesaggio una macchia indistinta che passa inosservato e la sensazione che posso volare, qua dentro. 
La sensazione che sto proprio volando. 
Dopo altri giri che prendo un buon controllo della situazione me ne rendo conto.
Non ho più pensato a nulla. A Lewis, a sentimenti, a come fare, come non fare. Non ho pensato a nulla, nemmeno a Jenson o Michael. 
Solo la corsa, solo la macchina sulla pista. 
Ed ecco come si fa a stare subito meglio, oltre che col sorriso di Jenson che si prende cura di te. Correndo. Così ti puoi sentire meglio. 

La conclusione è amara e la furia scorre prepotente in me perché ero secondo se questo non mi toccava, sul momento non ho la lucidità di capire di chi è la colpa e non me ne frega, lui mi ha rubato la seconda posizione e questo è quanto! 
Kubica è meglio che non lo rivedo subito.
Quando sono giù perché devo uscire a tre giri dalla fine per colpa dello scontro che mi ha fatto volare una gomma, mi dicono che la gara è stata un casino e che Lewis probabilmente verrà squalificato da questa gara per via di un ordine di team antisportivo, ma sono in corso indagini. 
Appena me lo nominano mi rendo conto immediatamente che ero riuscito a non pensare a lui, quasi a dimenticarlo e stavo bene. Ma mentre capisco che per lui probabilmente sarà una situazione atroce e probabilmente piangerà dalla rabbia perché lui fa così, mi chiedo se il suo caro Nico lo consolerà o farà come sempre lo stronzo. 
Ma non sono cose mie, non per oggi. Mi ci vuole ancora un po’. Lo capisco perché all’idea di andare da lui dopo a tirarlo su, mi fa stare peggio dell’aver perso la seconda posizione per colpa di un idiota. 
Sospiro e preferisco andare a farmi un giro dietro i box, dove per ora nessuno vede, dove per ora non c’è anima viva, perché sono tutti concentrati sulla conclusione della gara che sta avvenendo praticamente ora.
Che rabbia, che rabbia assurda.  Ero secondo, stavo per fare podio, ho fatto una gara fantastica, cazzo! 
- Ehi! - Una voce familiare richiama la mia attenzione e faccio in tempo a girarmi per vederlo correre verso di me, ha le cuffie ed un pass al collo, se le toglie e mi fa un sorriso incoraggiante. 
Michael è venuto a cercarmi perdendosi il finale della gara. 
Rimango inebetito come al solito, lui mi raggiunge e mi dà un buffetto sulla guancia per poi abbracciarmi come se fosse mio fratello. 
Ecco di nuovo come si fa a superare i momenti difficili.
Se la gara non basta e ti ritrovi a dover superare questioni private e professionali insieme, hai sempre qualcuno sopra ogni cosa che ti farà ritrovare il respiro che per un momento, un solo momento hai perso. 
Per me quella persona è Michael. 
Solo lui ora come ora ha il potere di agitarmi o calmarmi e non so perché mi sta tanto appresso e non so se hanno ragione a dire che mi ha scelto. 
Però mi prendo tutto quello che riesco, perché questo mi ricorda che sono una persona fortunata e che non devo guardare a quello che non è andato come volevo, ma a quello che va oltre quello che ho sempre sognato. 
- Andrà meglio la prossima, ma hai fatto una gara favolosa! Gli incidenti capitano a prescindere da chi è la colpa! Correte ad una velocità assurda in una pista difficile, perché tutte lo sono in condizioni critiche e pericolose. La velocità di pensiero è difficile e lo è ancor di più il riflesso incondizionato che ti permette di fare la manovra migliore in un momento imprevisto. Queste cose le acquisti con l’esperienza, per cui devi solo continuare a correre e impegnarti. Sei stato grande, oggi! - E se me lo dice lui, ci posso credere. 
Sorrido e penso di sembrare il vincitore di oggi, il tuffo allo stomaco si sostituisce con la presa di ferro che minacciava di farmi vomitare. Annuisco e lo ringrazio. 
- La prossima andrà meglio. - È tutto quello che riesco a ripetere davanti a lui. 
Non sono abituato ad averlo qua che mi sostiene e mi dà consigli e che ci tiene a non vedermi abbattuto. 
Forse è solo per oggi, cominciava la stagione e voleva esserci, era stato invitato e quindi visto che c’era mi ha dato questo consiglio molto carino. Non lo so. 
Però afferro deciso questo bel regalo e me lo tengo stretto perché non sai mai quanti regali così avrai. 
Oggi è stata una bella giornata, tutto sommato. Penso di poter superare ogni casino.”

/Lew/

“Non riesco nemmeno a capire di preciso il punto della questione!
Mi hanno squalificato perché secondo la FIA il mio team voleva che io avvantaggiassi un pilota rivale? 
Ma ha almeno senso una cosa del genere?
Qua in box scoppia una specie di casino e mentre io vorrei solo gridare e piangere di rabbia, evito di fare sceneggiate perché non posso, sfilo davanti a mio padre che cerca di spiegarmi o parlarmi o non so, sfilo davanti a Nicole anche lei nella zone del team coi pass, alzo le mani in segno di ‘lasciatemi un attimo’ e con questo senso di soffocamento mi metto a camminare dietro alla ricerca di un modo per respirare meglio, per riuscire ad affrontare il mondo senza implodere.
Non andrò avanti così. Devo trovare un modo per sfogare, per buttare tutto via. Mi sembra di impazzire, giuro. Ho una tale rabbia dentro che non penso di farcela e mentre cammino per le retrovie allontanandomi dalla massa e dal casino che si radunano dove si terrà la premiazione, vedo una figura seduta in uno degli angoli più lontani, nella zona dei camion, più o meno dove pensavo di sparire io.
Lo guardo bene e mi aggrotto. 
Cos’è, uno scherzo? 
Io oggi l’ho passato a scappare da lui tutto il tempo ed ora me lo ritrovo qua da solo e con una faccia da cagnolino disperso!
Ripenso a come mi sono sentito ogni volta che l’ho visto interagire con un premuroso e affettuoso Jenson e quando prima ho visto che Michael se lo incoraggiava tutto prima della gara. 
E che gara ha fatto, ho saputo che era secondo tutto il tempo e che poi è uscito per un contatto sfortunato al quartultimo giro. 
Mi dispiace per lui, lo vedo che tira sassolini come un cane che ha perso il padrone, mi immagino il suo Airdale Terrier e li vedo quasi uguali se non fosse che ora coi capelli così corti non gli somiglia più tanto. 
Sospiro e scuoto la testa, si è tolto la parte superiore della tuta, ha quella sotto che è aderente. Mi chiedo perché devo finire per fare quel che non volevo. Ma la verità, mentre cammino verso di lui con uno stato d’animo totalmente diverso da prima, non è che non volevo. Forse è proprio che lo volevo. 
Ed ora sono qua e faccio esattamente quello che mi va. Proprio così. 
Quando mi nota Seb si aggrotta per un istante, ma poi fa un sorrisino strano che non saprei mai decifrare. Non ci provo nemmeno. Sbuffo mentre mi apro la cerniera e lo strappo della tuta e mi lascio cadere pesantemente vicino a lui, in questo angolo di parcheggio pieno di camion dove si può stare in pace fino a che i vari team non inizieranno a sbaraccare tutto. 
- Ho saputo del casino... - Dice poi con un tono calmo. - Mi dispiace. - Annuisco come a dire grazie della comprensione. - Si è capito di preciso? - Alzo le spalle e mi strofino il viso sudato con l’asciugamano che mi sono preso al volo prima di sparire, dopo le cose obbligatorie post gara ed aver lasciato giù il mio casco. 
- Ma che ne so, dicono che ci sono stati ordini antisportivi della mia scuderia... che non hanno senso ma... boh, hanno indagato, dicono che... - Sono così agitato e nervoso che non mi vengono nemmeno le parole e l’essere qua vicino a lui non mi aiuta, non so di cosa voglio parlare in realtà. Improvvisamente della mia squalifica non mi frega molto. 
- Io stavo per finire secondo, per cui capisco il nervoso! - Mormora cercando di non apparire troppo toccato. 
- So che hai fatto una grande gara. - Rispondo subito. Poi mi ricordo di Michael. - Avrai reso fiero Michael, ne sono sicuro! - E quando lo nomino Seb sorride istintivamente. Un moto di gelosia mi assale, ma con Michael non c’è competizione e mi metto a ridacchiare alla sua spontanea reazione. Vedendomi Seb si interroga su cosa mi prenda e non ha bisogno di parlare così nascondo il viso nell’asciugamano di nuovo per ridere più forte di quel che servirebbe, per scaricare la tensione assurda che mi stava facendo tremare dentro. 
- Ho visto che eri tutto scuro ed incazzato, ma è bastato nominare Michael per vederti brillare di nuovo! - Seb finisce per ridere in difesa di qualcosa che l’ha appena scoperto ‘debole’ in un certo senso. Ha un suo modo di vivere e vedere le cose, io un po’ l’ho imparato. 
- Sono un po’ in fissa... - E così getto la testa all’indietro appoggiandola alla ruota gigante dietro di noi, continuo a ridere meglio, più naturale. Il suono della mia risata lo fa rimanere a fissarmi con un bel sorriso.
- Un po’? Sei così palese che non serve una macchina telepatica per capire cosa pensi! - Seb ride alla mia sparata. 
- Che fantasia, una macchina telepatica... basta chiedermi cosa penso, se è per quello! - Così lo fisso subito di scatto scettico. 
- Perché, lo diresti? - Alza le spalle e piega le labbra all’ingiù e dei rivoletti di sudore mi scendono lungo la schiena in acqua, qua sto facendo la sauna, così mi contorco per togliermi il resto della parte superiore della tuta. 
- Mettimi alla prova! - Risponde provocatorio come suo solito. Questo ce l’ha nel DNA. Non è capace di evitarlo. Con la maglia sotto sto molto meglio e riottenendo la piacevole sensazione di poter respirare ancora, torno a guardarlo. Ma quella sensazione sparisce di nuovo. Ma che mi fai? 
Il sorrisino per lo scherzo scivola via insieme al respiro e mi faccio serio. 
- Cosa pensi? - Chiedo serio in un sussurro. Seb fa altrettanto capendo che non è più un gioco che abbiamo usato per riuscire a parlare ancora. Adesso si fa per davvero. Credo sia presto pretendere di riuscire a stare insieme senza sentirci strani e volere mille cose diverse. 
Però da qualche parte si deve iniziare. 
Si fa serio mentre mi guarda coi suoi occhi così belli che ogni tanto sento la necessità di fissare di nascosto. 
- Che ce la possiamo fare. - Dice poi. E non so proprio se si riferisce a noi o alla F1. Ma penso che in entrambi i casi funzioni bene. 
- Anche io lo penso. - Rispondo sentendomi meglio nel poterne finalmente parlare, cioè dopo quel che è successo stanotte. Non pensavo saremmo riusciti a farlo così presto, ma evidentemente la voglia di non lasciar perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia, supera ogni dolore, delusione e sentimento che non dovrebbe esserci. 
In un secondo perdiamo il momento giusto per staccare i nostri sguardi, così rimaniamo agganciati per un po’ troppo, sorrido un po’ tristemente e lui fa altrettanto, ma è lui a cercarmi la mano e intrecciare le dita. Le prendiamo e le stringiamo insieme, appoggiamo le nuche all’indietro e continuiamo ad osservarci come se ci abituassimo, come se prendessimo coscienza. 
- Ci sarò sempre per te. Per davvero. - Dice poi. Io stringo la presa mentre il calore divampa come un’ondata spettacolare e mi viene da piangere, ma ce la faccio a trattenere. 
- Anche io per te. - Così abbiamo la nostra conclusione ed il nostro nuovo inizio. Penso che ce la faremo e non importa se facendo una cosa ne vorremo un’altra. Sarà comunque un buon compromesso perché piuttosto che privarci totalmente di questo, è meglio avere una parte di quel che dentro di noi, in profondità, vorremmo per sempre. 
- Mi dici una cosa e poi non ne parleremo più per sempre? - Dice poi prima di sfilare la mano e andare dagli altri che sicuramente ci cercano. 
Annuisco e continuiamo a stare così, cullarci un po’ in questa sensazione fra le mani, nei nostri occhi. 
- Se non era per Nico... se metti che eri pronto a lasciarlo perché non ne potevi più e non lo amavi... o... o non so, se non fosse esistito proprio. Come pensi che sarebbe andata fra noi? - Spalanco gli occhi a questa tipica domanda da un milione di sterline. Lo guardo nel panico mentre cerco di capire che cosa dirgli. 
Provo per un momento ad immaginare la mia vita senza Nico, che persona sarei. Sarei uguale, avrei provato le stesse cose, voluto le stesse cose, oppure è lui che in qualche modo mi ha portato ad essere chi sono oggi? 
Quello che ha il coraggio di sé, di vivere il proprio intimo, il proprio essere? 
Nico mi ha influenzato, non lo posso negare. Quando ho capito di avere tendenze se non fosse stato per lui le avrei soffocate per sempre, sarei imploso, chi lo sa cosa sarei stato? E a modo suo mi sostiene, mi aiuta, mi fa stare bene e ci sono i momenti difficili, ma non è solo questo. 
Nico quanto ha influenzato il Lewis di oggi che è così turbato ed attratto da Seb? 
Forse l’ha fatto anche perché in Seb percepisco quello che vorrei Nico avesse e che non ha. Quel qualcosa che mi fa stare solo bene, quella capacità di alleggerire le situazioni invece che appesantirle. 
Lo guardo smarrito. 
- Sarei diverso se non avessi Nico nella mia vita, non avrei mai avuto il coraggio di vivere il mio lato omosessuale e non avrei mai avuto il coraggio ora di avere questa cosa con te. - Dico poi per mettergli pace su questo che non voglio si trascini. O forse lo dico per me. I suoi occhi si oscurano per un momento. 
- Se fossi pronto per lasciarlo, se non l’amassi più senza ombra di dubbio e l’avessi lasciato. - Potrei dire che starei così male da non volere nessuno, ma forse mi darebbe una testata, per cui evito di puntualizzare che capisco che ci tiene a questo concetto. Di solito Seb va avanti, non si sofferma sul passato, sui se e sui ma e su quel che non è andato come voleva. È uno che va sempre dritto. Se ora sta qua e ci pensa significa che lo tormenta, che ci tiene. 
Guardo le nostre mani allacciate, le sue dita bianche e affusolate intorno alle mie scure. Ci rifletto un po’ e poi alzo le spalle e con aria di scuse rispondo: 
- Io cerco la storia, Seb. Te lo dissi, ricordi? Cerco i sentimenti, l’amore. Io sono un tipo che ama e che vuole essere amato, sono romantico, emotivo e sentimentale. Io cerco qualcosa di serio e profondo. E tu non sei pronto, ti sei affacciato a questo tuo lato da poco e per colpa mia. Vuoi provare, sperimentare e non credi all’amore, non abbiamo lo stesso concetto di relazione e rapporto... non credo che... non credo che comunque sarebbe andata. Cioè magari saremmo andati a letto insieme per un po’, ma poi io avrei messo tutto su un piano sentimentale e tu... - Seb in questo è come se trovasse la pace che non gli avevo ancora visto da qualche tempo, da quando avevo capito che non voleva più provarci con me se io non ero pronto. 
- Non sarebbe andata comunque. - Conclude lui meno loquace, però lo sento come se trovasse quello che cercava. Lo sento più leggero. La fronte si distende, gli occhi si schiariscono e fa un piccolo sorrisino malinconico, convenendo però con me e con la mia ricostruzione. 
- Non penso. Non ora. - Non so perché lo dico. Questo ‘non ora’ lascia socchiusa una porta che era meglio chiudere ora. Meglio per entrambi. Ma invece preferisco lasciarla socchiusa, lui lo nota e gli sta comunque bene. Annuisce. 
- Non ora. - Ed è così che decidiamo di concludere il discorso. Seb fa un bel sorriso, di sicuro migliore degli altri finti sbandierati prima per convincermi che stava bene, gli avrei dato un pugno sul muso. 
Così si alza per primo e mi tira su per la mano ancora allacciata alla mia, una volta in piedi uno davanti all’altro mi abbraccia. Io mi abbandono alle sue braccia forti, dolci e calde. Chiudo gli occhi e mi imprimo bene questa sensazione. Forse non ci toccheremo più così, o forse sì ma ce la faremo. Abbiamo messo pace in noi stessi. Penso che da qui in poi magari ci vorrà ancora un po’, ma ci riusciremo ad avere un rapporto più adatto a quel che siamo e che abbiamo ora nelle nostre vite. 
Io lo penso davvero. Lo voglio credere.
Anche se mentre ci avviamo dagli altri quel ‘ora no’ penetra in profondità e fa radici in un angolino che terrò nascosto finchè potrò.”