*Abbiamo lasciato Seb che chiede a Jenson di aspettarlo prima di andarsene, così vediamo cosa fa una volta che lo raggiunge in camera. Seb si sente pronto per mettersi alla prova e passare alla fase successiva con Jens. Dopo di quello si arriva al giorno che Seb dedica a Lewis. Come ben sapete, mi piace documentarmi su quello che scrivo e anche se sono solo dettagli, mi piace che siano veritieri. Cose come i periodi e gli esiti dei vari GP a cui mi riferisco, i posti in cui abitavano loro due nel periodo di ambientazione, il cane di Seb e come si chiama, le preferenze sui gusti delle moto. Buona lettura. Baci Akane* 

40. CIÒ DI CUI HO BISOGNO

jenson seb sewis

/Seb/

“Vado subito nella sua camera, con una sorta di frenesia dentro.
Oggi è tutto diverso ma lo è da quando ho messo piede in Giappone. 
Sentivo che sarebbero successe molte cose, me le sentivo dentro.
Mi sono riavvicinato a Lewis, ho capito che ero pronto per riallacciare come voleva, ho vinto un altro GP ed ora c’è lui. 
Jenson mi apre già vestito per andarsene, ha un sorriso triste che però cerca di essere convincente. 
Di sicuro sperava andasse diversamente, meglio della sua ottava posizione. 
Non so quanto sia delicato da parte mia venirgli in camera dopo aver vinto un GP, io sono il terzo classificato nel mondiale e chissà, forse potrei farcela. Forse. Insomma con oggi si aprono degli spiragli e per lui ci sono dei rischi considerevoli perché non è per niente sicuro di farcela.
Forse non dovrei venirgli qua felice come un raggio di sole pretendendo di consolarlo, ma non potevo andarmene senza vederlo.
Non so perché, come dicevo è da quando ho messo piede in Giappone che sento qualcosa di strano nell’aria. È cominciata con Lewis che mi dice che aspetta ed io che gli rispondo che sono pronto a riprendere. 
E niente mi toglie dalla testa che se non fosse stato per lui non ce l’avrei fatta e forse voglio convincermi di essere pronto, ma è che voglio esserlo. Prima non volevo nemmeno pensarci. 
E credo che Jens stia male per il GP di oggi e lui è sempre stato meraviglioso con me e non so, ma voglio fare qualcosa per lui.
Con questo stato d’animo assurdo entro in camera senza sapere che fare e che dire ed è la prima volta che entro e sto zitto. Non una battuta, ma ho vinto, dovrei essere a fare un sacco di casino. 
- Sei stato bravissimo. - Mi dice Jens sorridendo, ma è ancora un po’ forzato perché è ovvio che non gli piace come è andata. 
- Grazie. - Dico poi senza sapere nemmeno dove mettermi. Ma che diavolo pensavo di fare, in realtà?
Come si consola qualcuno che è poi il tuo diretto rivale? 
Forse non si fa. 
- Mi dispiace per te, comunque. - Non so se suoni falso, lo guardo in ansia sperando non la prenda male. Però Jens si appoggia al balcone della finestra aperta e incrocia le braccia al petto. Sorride, è triste ma non ce l’ha con me. Non è irritato. 
- Ti ringrazio. - E aspetta. Aspetta perché anche lui non sa cosa voglio, perché sono venuto. 
Non stiamo insieme, non ci dobbiamo nulla. Ma pensare che andasse via così, sentendosi probabilmente uno straccio... non potevo accettarlo.
È solo che ora che gli sono davanti non so che diavolo dovrei fare, sinceramente. 
Mi fermo ad un metro da lui, le mani nella tuta abbassata che pende alla vita. 
So di champagne, ma sono incredibilmente in me. 
- Non so perché sono venuto, non potevo andarmene immaginando che stessi male. - Dico sinceramente. Jenson scuote la testa e cerca di essere forte. 
- Non devi, tu sei stato fantastico. Non pensarci nemmeno. Vai a fare festa, io sto bene. Questa è la F1, funziona così. Credimi. Lo vedrai anche tu. A volte va tutto benissimo altre no. - Cerca di convincermi che non è niente di speciale e che non devo farmi remore e che devo andare a festeggiare, ma io mi sento stonato mentre vedo che non riesce a sorridere davvero, i suoi splendidi occhi sono opachi e non so perché ma sento che non posso proprio andarmene così come niente, ignorando che lui sta male. 
Mi avvicino ancora fino a sfiorare le sue gambe incrociate, le infilo fra le mie, un soffio ed i nostri bacini si toccano. 
Ci guardiamo e non dice più niente perché dopo il suo bel discorso convincente io mi sono avvicinato. Così sta solo zitto e si fa serio ed io non so, provo a tirare fuori qualcosa in tutta sincerità. 
- Sei stato prezioso quest’anno. Immenso. Se non era per te non ne sarei uscito. E non posso lasciarti così sapendo che stai male. - 
Lui si irrigidisce, non scioglie le braccia, è ancora sulla difensiva e non credo d’averlo nemmeno mai visto così. 
Mi ritrovo ad appoggiarmi del tutto, il contatto dei nostri bacini mi manda a fuoco, inghiotto a vuoto mentre le sue braccia restano ancora a dividerci e le mie mani sono ancora lungo i miei fianchi. 
- Non sentirti in dovere di nulla. Io l’ho fatto volentieri, perché volevo farlo. - Ovviamente può sembrare anche questo, ma mentre lo dice qualcosa in me si ribella e sento che non è così. Non è per senso del dovere. Assolutamente. 
Sento solo che non posso proprio andarmene così e basta. 
Che se me ne vado ora senza fare nulla, me ne pentirò. 
E non so cosa voglio fare, non lo so proprio, ma non posso evitarlo. 
Così prendo i suoi polsi e gli sciolgo le braccia, infilo i pollici nei suoi palmi, me li faccio stringere mentre gli carezzo i dorsi con le altre dita. Lui si ammorbidisce sentendo questo contatto. 
Lo guardo dolcemente oltre che con gratitudine. 
- Non mi sento in dovere. È solo che sono pronto a ricominciare ed è solo grazie a te. - Parlando mi sono ancora avvicinato e non mi ha respinto, non cerca di sfilarsi via. Mi tiene appoggiato totalmente a sé, stringo le mani e senza dire altro, senza aspettare altro, annullo definitivamente la distanza e lo bacio per primo.
Jenson mi accoglie con una delicatezza infinita, come se non aspettasse altro. 
Lentamente apre le labbra per me, ci intrecciamo insieme e poco dopo le lingue si uniscono nelle bocche che aderiscono. 
I nostri sapori si mescolano e tutto viene scacciato via come una folata di vento. 
È il primo bacio completo e cosciente con un uomo. 
Premiamo uno sull’altro e ci fondiamo mentre tutto comincia a girare vorticosamente e lo trovo bello. Lo trovo bellissimo e lui mi gestisce in un attimo sfilando le mani per prendermi il viso e tenermi a sé con quella dolcezza che mi fa svenire. 
È un primo bacio completo con un ragazzo ed è meraviglioso. Anche se è inevitabile chiedermi se con Lewis sarebbe stato diverso, perché ricordo che quell’intreccio di labbra che abbiamo avuto quando era ubriaco è stato indimenticabile. 
E mi sento davvero in colpa a baciare Jenson e pensare a Lewis, ma forse anche lui pensa a me quando si fa scopare da Nico. 
Forse siamo due idioti, ma per ora abbiamo bisogno di questo. Per ora va bene così. 
Mi abbandono a lui e questo calore meraviglioso è tutto ciò di cui ho bisogno adesso. 

Non so quanto stiamo a baciarci in piedi appoggiati alla finestra, ma lui non fa cenni di muoversi da qua, di spogliarsi o spogliarmi o portarmi sul letto.
Dopo un tempo indefinito nel quale conosco tutta la sua bocca e la sua lingua, quanto è morbida, quanto si muove benissimo, mi separa dolcemente e deciso. Il mio viso fra le sue mani, questa presa è forte e sicura e mi fa sentire bene mentre la testa mi gira molto più di quando bevo per festeggiare qualcosa. 
Mi mordo la bocca che sente già la sua mancanza e lui mi guarda con una cura ed una tenerezza che non ho mai visto in nessuno. Nessuno mi ha mai guardato così. Mentre ci guardiamo così uno appoggiato all’altro mi rendo conto che Jenson lo voleva molto più di me e da molto più tempo ed è una sensazione pazzesca. 
Posso capire Lewis. In un attimo lo capisco. Perché anche se ama Nico non era mai in grado di lasciarmi andare o di non flirtare con me quando eravamo soli. Perché è maledettamente meraviglioso avere qualcuno che ti desidera così tanto, essere il suo centro. 
Dovrei essere onesto e dirgli che per ora non voglio niente di serio, ma mi ricordo che lui sa che non credo all’amore e ai sentimenti, per cui forse non serve che dica niente. 
Mi sento pronto per buttarmi in nuove esperienze e se devo scegliere, lui deve per forza essere la mia prima dopo Lewis. Che poi non è stato nemmeno una vera esperienza, lui. 
- Devi andare a festeggiare, ti avranno dato per disperso. - È lui che sa cosa devo fare perché io proprio non ne ho idea. Lo guardo un po’ perso e lui sorride divertito vedendomi smarrito e nel pallone. Così mi bacia di nuovo le labbra velocemente e mi spinge via per mollarmi. Non che ne sia convinto perché poi torno ad appoggiarmi a lui e a riprendere le sue labbra, ma non solo per un bacio leggero. Gliele apro prepotentemente e lo sento ridere e rido a mia volta, così non ci baciamo davvero ma stiamo così uno sull’altro e stringiamo gli occhi, ridiamo e stiamo bene così.
Sicuramente Jenson è l’esperienza che non vorrei perdermi per nessuna ragione al mondo. 
- Ci vediamo in settimana? - Chiedo ansioso pieno di voglie che esplodono dopo che le ho tenute in ghiaccio per tanto tempo. 
Jenson torna a spingermi ed è come un gioco di tira e molla, sto per tornare su di lui ma lui prontamente mi spinge di nuovo più forte. Così sempre ridendo indietreggio e sto fermo  in mezzo alla stanza. 
- Penso che possiamo prenderci queste due settimane per capire se tutto questo è reale e quanto lo vogliamo. - Se tutto questo è reale. 
Jenson è davvero quello più maturo e con la testa sulle spalle anche se non sembra a guardarlo. O meglio so che gli piace godersi la vita e divertirsi e che va anche solo per sesso con partner occasionali, è totalmente bisessuale. Quando dici ‘amante della vita’ intendi lui, lui la ama in ogni sua forma e non ha confini. 
Per cui mi aspettavo che si buttasse subito dopo questo input, che non aspettasse altro. Però vedere che vuole che capiamo cosa vogliamo, se era un bacio da colpo di testa o da chissà cosa... beh mi sconvolge.
Con me la vuole gestire diversamente e per un momento mi interdice, però so che ha ragione. 
Annuisco. 
- Nessuno ci corre dietro. - Credo almeno. Anche se forse sono io che corro dietro lui.
- A parte Nico che sarà felice appena capirà... - Nel sentirlo nominare scoppio a ridere e mi avvio all’uscita. 
- Quello felice per gli altri? - La risata che segue lo saluta e appena chiudo la porta alle spalle già non vedo l’ora che arrivi il 15 ottobre in Brasile, quando lo rivedrò. 
La sua bocca mi manca di già.”

/Lew/

“Non so se dovrei dirgli che ho dato la chiave a Nico, ma mentre decido se farlo o meno, mi dimentico totalmente di questo perchè il paesaggio scorre veloce intorno a me in questa splendida giornata di sole ed in un attimo, anzi in un istante tutto scorre via insieme al mondo circostante.
Ogni pensiero, preoccupazione e dubbio.
Nico e la mia chiave di casa, Jenson, qualunque cosa esista. Non c’è più niente. 
Solo io che corro da lui ed accelero mentre mi rendo conto che fra poco lo vedrò come si deve. 
Era da una vita, da mesi e mesi che non andavo a casa sua, che non ci vedevamo fuori contesto. Solo nei circuiti, un paio di saluti, qualche sorriso tirato, delle chiacchiere di circostanza sempre troppo strane. Niente confidenze, niente sfoghi, niente passatempi insieme solo per divertirci. 
Sentivo che tutto si stava perdendo, che quella cosa splendida che avevamo insieme stava finendo, che stava succedendo proprio quello che non volevo succedesse. 
Ed ora sapere che in qualche modo è pronto per riprendere è bellissimo. 
Mi chiedo se ci proverà. So che se è pronto a rivedermi come si deve è perché sa che può controllarsi o che non ha più voglia.
Chissà se mi racconterà di Jenson, chissà se c’è stato qualcosa. In che modo è riuscito a farlo andare oltre me? 
Sono pieno di domande e curiosità, ma sono anche consapevole che non posso forzarlo e fargli il terzo grado. 
Arrivo da Seb molto prima di quel che pensavo e mi rendo conto che devo aver corso come un pazzo, ma questo non serve che lui lo sappia.
Salto giù dalla moto e vado alla sua porta correndo poi mi rendo conto che sembro un grillo e cerco di calmarmi. Prendo un bel respiro e lui apre la porta senza che io abbia suonato. 
Rimango col dito davanti al campanello e lo guardo ebete. 
- Sei sensitivo? - Chiedo perplesso. Seb ridacchia:
- Io no ma a quanto pare il mio cane sì! - E così una valanga di pelo beige tutto mosso mi investe facendomi quasi cadere, se non fosse per Seb che mi tiene il braccio in tempo. 
La scarica elettrica che mi attraverso mi riempie di adrenalina e mi chiedo se anche lui la senta. 
Seb mi lascia con la lingua di Jack in bocca, ma poi richiama il suo cagnone, mi prende lo zaino e mi dice di entrare.
Sto per farlo quando sento la frenesia ormai possedermi e mi rendo conto che c’è qualcosa di diverso da tutte le altre volte e che forse non sono pronto come pensavo.
Che entrando flirterò con lui come non dovrei, che vorrò che mi tocchi, che vorrò che ci provi con me.
Non dovrebbe essere così. 
E non entro. Rimango impalato davanti alla sua porta.
Seb sentendo che non lo seguo si gira e mi guarda pensando che io abbia dimenticato qualcosa, ma scuoto la testa e per un momento sono nel panico.
Non posso dirgli che non sono più sicuro di essere pronto per stare a casa sua solo da amici.
Come si fa gli amici? Non so se saremo davvero mai in grado di esserlo.
Mi odio per tutti questi cambiamenti di umori, di idee e di voglie. Mi odio a morte. 
Non è proprio possibile. 
- Senti... - Dico poi guardando la mia moto parcheggiata qua fuori sotto questo bel sole di ottobre. 
Il sole ad ottobre in Svizzera non è molto caldo, ma la giornata è proprio spettacolare con questo cielo terso. 
Così mi viene su un’idea come se accendessi la luce. 
- Ti va un giro in moto? È una così bella giornata e sono ancora tutto bardato... ti aspetto che ti prepari e intanto gioco con Jack, ti va? - Seb è perplesso per la mia trovata, però piega le labbra, alza le spalle e annuisce. 
Così con un fischio chiama Jack e mi lancia la sua pallina facendomi capire qual è il suo gioco preferito. 
- Come vuoi, per me va benissimo! - 
Non riesco più a capire cosa pensa. 
Sparisce dentro ed io resto fuori e mi sento infastidito perché non so cosa pensa, cosa vuole, cosa spera.
Ci è rimasto male?
Ha capito qualcosa?
Ci proverà o non ci proverà più?
Anche l’altra volta non aveva intenzione di farlo, ma poi alla fine è sempre successo qualcosa perché non eravamo in grado di non farlo succedere. 
Sebbene lui ne soffrisse e me lo abbia detto. 
Tiro la palla a Jack un paio di volte e me la riporta sempre tutto felice e soddisfatto, scodinzola col suo codino corto che mi fa impazzire perché è pieno di pelo. 
Ha un muso davvero simpatico ed il suo pelo ricorda i capelli di Seb quando sono di una certa lunghezza. Non lunghi ma nemmeno corti e gli stanno tutti arruffati. 
Rido pensandoci e finalmente lui esce con la sua giacca da motociclista, la tipica bandana intorno al collo, il casco in mano. 
Uno dei tanti visto che ha questa mania di farsene uno diverso a GP. La cosa mi fa ridere un sacco ma non posso commentarla perché si capirebbe che noto tutti i dettagli che lo riguardano. 
Con un fischio richiama Jack e lo fa entrare, poi chiude a chiave e se le infila nella tasca laterale, la chiude con la cerniera. 
Si ferma davanti a me prima di infilarsi casco e guanti. 
- Sei pronto? - Chiede con un’espressione totalmente illeggibile. Penso sia felice, ma potrebbe anche fare solo finta per essere cortese. Magari non ha più voglia di avermi intorno. 
Annuisco e recupero il mio casco fermandomi vicino alla mia moto, me lo infilo e lui fa altrettanto. 
C’è una stranissima atmosfera che non so proprio capire. 
E forse non importa davvero capirla. 
Forse c’è solo da buttarsi e vedere cosa succede di volta in volta. 
Tira fuori la moto dal garage e la prepara e solo ora vedo che l’unica moto da corsa che ha è quella che gli ho praticamente regalato io, perché si vedono altre due entrambe da strada. Mi fermo a guardare in attesa che appunto chiuda il suo non certo piccolo garage e salga in quella che gli ho regalato. 
Non gli chiedo nulla, ora. Però se gli piacciono moto da strada ed usa la mia da corsa la trovo una cosa molto carina. 
Avviamo i motori ed è strano fare qualcosa che ha a che fare con la velocità al di fuori delle piste regolari. 
Ci guardiamo e un’altra scarica di adrenalina ci scorre prepotente. 
È splendido. 
I rombi assordano e non si capisce niente, poi gli indico di farmi strada e così lui parte per primo ed io lo seguo. 
Non so dove mi porta, non mi interessa. Potrebbe anche portarmi sul ciglio di un burrone, mi andrebbe bene comunque. Sarebbe perfetto in ogni caso. 
Mi mancava fare qualcosa con lui e non importa come saranno le nostre interazioni, so solo che mi mancava da matti e per un momento sento gli occhi lucidi.
Lo affianco nello stradone enorme e lungo dove mi ha portato e ci mettiamo a superarci a vicenda di continuo senza fare moto GP. 
Ci divertiamo ad accelerare e superarci a vicenda di continuo ed è così maledettamente divertente che quando usciamo dalla strada asfaltata per immetterci in una di sassi, capisco che mi porta al lago. Probabilmente una facciata dove si può stare tranquilli e godersi il paesaggio. 
Arrivati scendiamo ed in effetti lo spettacolo non è per niente deludente. 
Guardo meravigliato ancora a cavallo della moto, mi togo il casco ed è ogni volta qualcosa di troppo bello per non ammirarlo. 
La svizzera ha dei posti davvero spettacolari, c’è poco da fare. 
- Questa zona del lago di Zugo è molto riservato e meno frequentato, ma come vedi è bellissimo. - Dice avvicinandosi a me. Preso alla sprovvista mi giro e lo guardo e per poco non mi ribalto dall’altra parte.
Seb ridendo afferra la moto prima che finisca miseramente gambe all’aria e scoppia a ridere: 
- Lew hai problemi di stabilità? - E per la prima volta mi rendo conto che la stonatura che sentivo era la sua freddezza. Era distante e scostante, come se non fosse più interessato a me. Anzi come se non gli facessi né caldo né freddo. Come se fosse tutto un farmi un favore.
Accettare questa giornata insieme, farmi venire a casa mia, il giro in moto. Tutto quanto per accontentarmi, ma non perché anche a lui andava bene, solo perché volevo farlo io. 
Adesso che ride me ne accorgo.
Perché non mi chiamava Lew da una vita e smetto di ridere a mia volta e mi faccio serio. 
- Se sono un peso me lo dici? - Seb smette di ridere e si irrigidisce. 
- Come ti viene in mente? - 
Lascia la moto e va verso la riva del lago, io scendo di corsa e lascio il casco su, mi tolgo i guanti e lo rincorro. 
- Perché mi sono reso conto che ti sei divertito ora per la prima volta da quando abbiamo deciso di riprendere a frequentarci come amici. - Specifico sempre altrimenti potremmo dimenticarcene. O io per lo meno. 
Seb non mi guarda, fissa il lago mentre cammina lungo la riva che non è un vero e proprio percorso.
Questo lago mi fa pensare a quando siamo finiti dentro infangandoci. Che ridere. 
- È solo strano. È come quando fai un incidente in macchina e per mesi non sali. Quando ci torni su è strano, è diverso e ne hai un po’ paura, ma quella cosa ti piace molto e magari guidi con più prudenza e senza fare gli stessi percorsi, ma riprendi ad andarci. È la stessa cosa. - Lo ascolto con attenzione fissando per terra il terriccio asciutto. 
- In altre parole avevi paura. - Ridacchia. 
- Un sacro terrore. - E così non ci ero arrivato. Da fuori non sembrava.
Seb si sta richiudendo, sta tornando ad essere ermetico com’era prima di approfondire il nostro rapporto, ma forse è giusto così. Che pretese posso avanzare? 
- Andremo benissimo, vedrai. Mi sei mancato. Stavamo così bene insieme, così spontaneamente bene insieme. È un po’ diverso da come facevamo prima, ma è sempre bellissimo. - Non vado nei dettagli di cosa intendo. Cosa è bellissimo. Cosa andrà bene. 
Lui non chiede, io non dico. 
Non so se andrà bene la nostra amicizia o cosa. 
Il punto è che nessuno di noi sa se saremo mai davvero solo amici o se fingeremo di esserlo, ma forse ha poca importanza visto che fra noi il punto è stare insieme in qualche modo. 
A quanto pare questo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Il resto è un dettaglio.”