*Lewis e Seb sono a fare il loro bel giro in moto ed entrambi hanno ancora tutta l'intenzione di mettersi alla prova, specie ora che Seb è in procinto di iniziare questa relazione con Jenson. Prima di farlo seriamente deve capire a che punto è con Lewis, quanto ci mette a chiudere per l'ennesima volta dopo aver riaperto tutto come sempre. Forse non si metteranno mai via davvero, ma arriverà forse un punto in cui riusciranno a stare insieme in modo normale nonostante dentro di loro vorranno baciarsi e fare l'amore. Forse quel momento è ora. Buona lettura. Baci Akane*

41. QUESTIONE DI ABITUDINE

sewis

/Lew/

“Dopo un effettivamente romantico giro intorno al lago di Zugo nel quale parliamo del campionato che sta finendo e di come probabilmente andrà, torniamo a casa sua e solo in garage dove mi fa sistemare la mia moto mi ricordo dell’impressione avuta prima. 
- Seb, ma ti piacciono le moto da strada? - Chiedo guardando le due che ha. Lui mette giù la mia che ormai è sua e non c’è l’intenzione di chiarire questo fatto. Il fatto che gli ho regalato una moto. Sembra che sia meglio così. Lui si stringe nelle spalle. 
- Si vede? - Dice ridacchiando. Io annuisco ma poi polemizzo: 
- Ma non devi guidare la mia se non ti piace, è da corsa. - 
- Non avevo dubbi che ci piacevano due tipi di moto diverse. - Devia il discorso che io riporto subito al punto giusto. 
- Perché guidi quella? - Insisto indicando quella che ha messo in un angolo.
Questo garage è proprio grande e ci sarà spazio per un sacco di altre moto, puzza di motori e di polvere, è il tipico odore dei garage che a noi è familiare. Credo che siamo cresciuti con questo odore, fa parte di noi e ci troviamo a nostro agio qua, infatti nessuno dei due fa cenno di voler entrare. 
Nessuno dei due è pronto per entrare. 
- Perché mi piace usare i regali. - Ed ecco qua che invece se ne parla. Non in modo proprio diretto. Anche lui ha qualche piccola difficoltà con questo concetto. Gli ho fatto un regalo senza impostarlo come un regalo e non so perché l’ho fatto sinceramente. 
Ho solo seguito un impulso quella volta. Non volevo davvero regalarglielo, probabilmente. 
Sorrido nel realizzare che ci tiene. 
Quando una coppia si lascia si restituisce i regali, ma noi non eravamo una coppia e che abbia tenuto il mio regalo è molto bello. 
Non so cosa dire, non credo sia il caso di dire nulla, così l’attenzione viene attirata da un’altra in un angolo che ho solo intravisto essere una da strada, ma la vedo meglio ed è molto ma molto vecchia e classica. 
- Questa è diversa! - Esclamo andando dritto dritto lì. 
Seb fa uno strano sorrisino. 
- Si nota eh? - ha un telo sopra che la copre solo nella parte posteriore, così senza chiedere glielo tolgo e la guardo. 
Noto il modello e capisco subito l’anno e vedo che certe parti sono recenti e quindi ristrutturate. 
- È ereditata, questa... e la stai sistemando... - Seb mi affianca, le mani in tasca e la nostra attenzione si posa  ben volentieri sulla moto perché per entrambi è la stessa situazione complicata. 
- Era di mio nonno, gliela vedevo sempre da piccolo in garage. Ad un certo punto me l’ha regalata vedendo che mi piaceva un sacco e così cerco di sistemarla da molto tempo, ma come vedi sono indietro. Non ho tempo da dedicarci... - Non è una questione di tempo ma di ispirazione. 
Quando sistemi un gioiello del genere lo fai perché ti serve lo stato d’animo giusto. 
Così mi tolgo la giacca e poso il casco con dentro i guanti. Seb mi guarda stranito. 
- Che fai? - Mi tiro su le maniche e alzo le spalle fissando assorto e già assorbito la moto, capisco cosa stava facendo l’ultima volta e che non ci mette mano probabilmente da molto. 
Così prendo qualche attrezzo nella parete con l’armadio degli attrezzi. 
- Ti aiuto a sistemarla! - Come se fosse ovvio e normale. Seb rimane ancora un po’ qua interdetto. 
- Davvero ti va? - Alzo le spalle e faccio un sorriso guardandolo, ma torno subito a concentrarmi sulla moto, un campo neutro. Decisamente l’ideale. 
- A te no? - Guarda me che mi accuccio da un lato della moto e piega la testa, poi fa un sorrisino e si toglie anche lui la giacca tirandosi su le maniche. 
- Ma sì dai! - E così dicendo prende dei pezzi che aveva pronti da cambiare da un secolo, probabilmente, e me li mostra indicando altre parti molto vecchie ed arrugginite. 
- Vedi? Avevo preso questo da metterci al suo posto, è di un modello dello stesso periodo ma in condizioni migliori. - 
- Stai cercando di trovare i pezzi degli stessi anni? - Alza le spalle. 
- Possibilmente. Sarebbe meglio, no? Vorrei ricostruirla ma in modo fedele. - mi metto così a svitare dei bulloni per aiutarlo a togliere quel pezzo che dice lui. 
- E per questa parte invece? - E così in men che non si dica il pomeriggio vola così. In un batter d’occhio. A lavorare sulla moto di suo nonno che un giorno rimetterà in strada. 
E mi rendo conto che è meglio così, che è stato un secondo inizio perfetto, dopotutto. Il giro in moto e poi il lavoro su questa, fuori da casa sua. Perché entrambi abbiamo paura di stare soli là dentro e sarebbe peggio a casa mia.
Specie perché avrei il terrore di vedermi capitare dentro Nico. Come glielo dovrei dire che non possiamo stare lì senza rischiare di vederci Nico capitare in casa? 
Glielo dovrei dire?
Forse è presto, per ora è meglio come stiamo facendo. Discorsi generici su cose che ci piacciono o che abbiamo in comune o che facciamo entrambi.
Per ora è meglio un terreno neutro che va bene ad entrambi. 
Anche se poi dopo ore qua e le mani sporche di olio e di grasso, gli stomaci iniziano a ricordarci che è anche ora di mangiare. 
Che è proprio ora di entrare. 
- Cazzo è da ore che siamo qua! Se non entriamo non ceniamo più! Ho approfittato così di te! - Seb è il primo a tornare sulla Terra e non so, è stato come svegliarsi da un bel sogno. Un sogno davvero piacevole.
Sorrido e mi stringo nelle spalle rimanendo seduto per terra mentre lui in piedi mette via gli attrezzi usati e butta quelli cambiati. 
Si pulisce le mani in uno straccio che mi tira, io faccio altrettanto e di nuovo tutto torna com’era appena sono arrivato qua.
Quando avevo il terrore di entrare in casa sua. Quando anche lui, probabilmente, aveva quella paura.
Perché lo fai Lewis? Perché devi assolutamente essergli amico, avere un rapporto? 
Non ne ho la minima idea, ma suppongo che se non entro ora, non lo farò più e lo rimpiangerò davvero. 
Prendo la mano che mi tende per aiutarmi e così di nuovo la scarica elettrica sentita ore fa al contatto quasi casuale con lui, mi sconvolge.
Forse è inevitabile. Forse anche stando lontani secoli ed avendo mille storie di mezzo, sarà sempre così e quasi quasi ne sono sollevato. Perché da un lato voglio un rapporto normale, dall’altro non sono pronto a perdere questa elettricità pura che credo ci sia sempre stata fra noi. 
Un volta in piedi mi lascia e realizzo davvero che entrando in casa sua entro nell’ignoto e forse è un rischio enorme, ma voglio correrlo. 
Così col cuore in gola lo seguo dentro, consapevole che potrebbe succedere di tutto oppure nulla. 

Una scarica elettrica mi attraversa mentre varco la soglia, ma è più qualcosa di psicologico, perché me lo aspettavo. 
Evitiamo di guardarci, mi dà il mio zaino e mi dice di usare il bagno senza problemi, così vado e mi rinfresco, mi pulisco anche dall’olio di motore e ripenso a quanto bene siamo stati con questa sorta di mediazione nel mezzo.
Abbiamo trovato questi trucchi, ma credo che siano solo paure infondate. 
Sono qua in casa e non è crollato il mondo, non è successo proprio nulla e qua, chiuso nel suo bagno, mi chiedo se dovrei dirgli che ho dato le chiavi di casa a Nico. 
È una cosa che dovrei dire ad un amico, ma dipende dal genere di amico e noi non siamo ancora così definiti in questo senso.
Oh andiamo Lewis, perché hai tanto insistito per questo rapporto? 
Per parlare di passioni e di cose che puoi parlare con chiunque altro? 
Forse ho solo paura che quella cosa speciale e sconvolgente che mi faceva sentire ubriaco senza bere non ci sia più. Che quel sentimento, quel rapporto, quella cosa non ci sia più.
Forse ho paura che sia andata via, che Jenson si sia portato via proprio tutto e che io ora stia così bene con Nico che non voglio altro.
Chiudo gli occhi e mi asciugo le mani uscendo dal bagno, dalla porta aperta accanto lo vedo a torso nudo che si cambia e si toglie l’occorrente per la moto. Mi mordo il labbro rimanendo qua in silenzio. 
La sua pelle lattea mi procura il consueto disagio, sento i brividi correre lungo la schiena e scrollo le spalle affrettandomi ad andare in salotto, ma il cane che era in camera con lui esce e mi saltella intorno come se non mi vedesse da mezzo secolo invece che da cinque minuti, così Seb può accorgersi di me. 
Merda. 
- Ah eri lì? Non ti ho sentito uscire! - Risponde richiamando Jack con un bel sorriso. 
I capelli gli si sono allungati nel corso dell’anno e li ha mantenuti della lunghezza giusta in modo che gli incornicino il viso e gli scendano scompigliati sulla fronte. 
I suoi occhi blu mi squadrano mentre mi fermo sulla soglia della sua camera e mi concentro su quelli, anche se forse è peggio. 
Invece no, Lewis. 
È sempre tutto lì.
Scivolo inevitabilmente sul suo inguine avvolto in una tuta e sospiro dentro di me.
È sempre tutto lì. Non è finito un bel niente, non siamo indifferenti. Ci vogliamo come al solito, solo che forse siamo più bravi a controllarci, riusciamo a gestirci come non siamo mai riusciti.
Forse. 
Seb aspetta prima di infilarsi la maglia, come se dovessi concludere il mio gradimento e quando me ne rendo conto che aspetta che finisca di guardare, mi scuoto e me ne vado in fretta dalla camera come se mi fossi appena scottato.
Ecco perché la casa è off limits.
Mi fermo una volta in salotto, mi fermo proprio nel mezzo e sospiro chiudendo gli occhi mentre il cuore è in gola e mi tremano le dita. 
Era proprio questo che mi spaventava e che cercavo al tempo stesso. Esattamente questo. Non ne usciremo mai e mentre lo penso sorrido. 
Dopotutto credo mi stia meglio così.”

/Seb/

“Cucinare per lui mi lascia i brividi, è una cosa stupida di sicuro, però sento i suoi occhi che mi fissano e non si perdono un movimento e non faccio niente di speciale ma so che gli piace quando lo faccio e forse gli piace che lo faccio per lui. 
In effetti anche a me piace cucinare per lui, lo ammetto. 
Non so se dovrei dirgli che ho baciato Jens e che dovrei riflettere su cosa voglio con lui, perché mi ha detto questo in realtà. 
Pensiamo a cosa vogliamo in queste due settimane. 
Io vorrei rivederlo e baciarlo di nuovo, starei ore a baciarlo, però non dovrei dirlo a Lewis? 
Insomma, ci teneva tanto alla mia amicizia, ma è lui che la voleva a tutti i costi. Io da lui volevo portarmelo a letto.
Ok Seb, te lo volevi portare a letto e lui invece non voleva essere scopato da te, ti ha dato buca mille volte ed in risposta lo accontenti con questa cosa dell’amicizia?
Bravo, bella stronzata. 
Non so bene che genere di rapporto avremo, prima mi guardava in un modo che mi ha fatto venire di nuovo un’erezione e credo che a lui manchi più il brivido che gli trasmetto. Una sorta di proibito o forse gli piace essere desiderato. A chi non piace? 
Siamo in rodaggio. È questa la verità. 
Io ho rinunciato a ciò che volevo perché non lo avrò, sto andando avanti e mi sento pronto, lui credo sia felice con Nico. Non lo so in realtà. 
Ho avuto la sensazione che quando mi ha chiesto di venire qua fosse per un litigio con Nico, ma in mesi e mesi vuoi che non abbiano più litigato? 
- Come va allora? - Chiedo mentre preparo l’insalata. 
Abbiamo parlato di un sacco di cose tranne che di noi, abbiamo evitato tutto con molta cura, ma questo primo appuntamento dopo mesi doveva servire a capire se ce la possiamo fare. 
Sento i suoi occhi che mi bruciano la schiena e cerco di farlo sembrare tutto molto naturale, anche se non è proprio così. C’è qualcosa che stona.
- Bene... - 
Lo guardo scettico e lui si irrigidisce.
- Davvero? - Si stringe nelle spalle colto in flagrante. 
- Sì, bene... sorprendentemente bene... - Si tocca l’orecchio, quando lo fa è in imbarazzo. Di sicuro non gli piace parlare di Nico con me, questo non gli è mai piaciuto.
- Beh, domenica non mi sembrava così bene... - fa un’espressione buffa e guarda da un’altra parte evasivo.
- Sai che sono impulsivo ed emotivo... però è passata. - 
- Nico? - annuisce e poi sminuisce la cosa. 
- Alti e bassi. In questo periodo è andato piuttosto bene in generale, non mi lamento... - Si alza e indica il tavolo: - Posso apparecchiare? - Non vuole dirmelo. Perché non vuole dirmelo? Annuisco e gli indico il cassetto con le tovaglie americane.
- Pensavo ti mancassi perché dovevi sfogarti di lui... - Commento fuori dai denti spegnendo il fornello della salsa. 
Lewis fa cadere le due tovagliette rettangolari a trame grossolane di bambù, arrossisce e le raccoglie in fretta cercando di nascondere il suo viso, ma non gli riesce bene perchè sembra sempre un cucciolo a cui gli pestano la coda. Ridacchio cominciando a trovarlo divertente, tutto sommato. 
- Non mi mancavi per questo, come ti viene in mente? - trattengo una risata e continuo a giocare e punzecchiarlo.
- Perché è sempre stato così. Io sono la reazione ai problemi con Nico. Forse per mesi è andato tutto bene ma ora tornano le solite menate e hai bisogno di me di nuovo. Ho pensato questo. - se vuole l’amicizia con me deve essere disposto ad avermi così come sono. Uno che apre bocca senza riflettere e che dice cose scomode. E vorrei fosse sincero, non solo quello che lui pensa che io vorrei fosse con me.
Lewis smette di sistemare le tovagliette già a posto e mi fissa dalla distanza di sicurezza che abbiamo, rimane piantato al tavolo ed io al piano di lavoro. Ci guardiamo e lui è evidentemente ferito da questo, ma invece di fare piazzate o andarsene, mi parla con voce incrinata. Mi sento un verme. Prima sembrava più divertente. 
- Mi dispiace che ti ho fatto sentire così. Non ti cercavo in reazione a Nico. - Alzo un sopracciglio scettico e lui si accende avanzando verso di me.
- Ti cercavo per il modo in cui mi facevi sentire. - Aggiunge per convincermi, ma il passato che usa mi trafigge improvviso come non avrebbe dovuto. Non sono così guarito come pensavo.
- E come ti facevo sentire? - Chiedo con aria di sfida, il mento alto. La mia solita reazione da stronzo quando mi sento ferito da qualcosa.
- Bene. Desiderato. Apprezzato. - Perché Nico non ti faceva sentire così evidentemente. Ma questo riesco a non dirglielo, non voglio infierire. Non è affar mio, ho superato questa fase. 
- Ed ora invece non ti faccio più sentire così? - Non sono affari tuoi Seb, che te ne frega? Non te ne deve fregare proprio niente di cosa vuole, di come si sente e di queste cose. È venuto qua a chiedere amicizia e non vuole parlarti di Nico, bene. Assecondalo. 
Dopotutto ti piace averlo intorno, stuzzicarlo, scherzare con lui.
Anche se per ora è ancora difficile, però è solo strano. Appena ci abitueremo tornerà tutto a posto, come prima che diventasse tanto assurdo. Però se non ci diamo modo di abituarci non ci arriveremo più. 
I suoi occhi tornano lucidi e feriti:
- Ora non so come mi fai sentire, è tutto diverso, è vero. - 
- Perciò non mi cercherai più? - Chiedo oscurandomi, non voglio che succeda questo. Ti prego, non deve succedere questo. Stringilo, dagli un motivo per tornare. 
Ma tu non vuoi tornare in quel tunnel, Seb. Da quel tunnel ne sei uscito con fatica grazie a Jens.
Lew non rinuncerà mai a Nico, perciò trova un modo per stare con lui senza torturarti. 
- Il fatto che non so come mi sento non significa che qualcosa non vada bene. - 
- Lewis, non sai nemmeno perché vuoi continuare a vedermi... - Gli faccio notare esasperato. 
- Però so che voglio continuare a vederti. - Ribatte subito polemico, deciso. - Ti dà fastidio? Non ti piace più stare con me? Prima non siamo stati bene? Ora... ora ti irrito? - Chiudo gli occhi, non ce la faccio. 
Penso che lo desidererò sempre, ma non voglio farmi male. Voglio farmi bene, voglio stare bene. E Jens mi fa stare bene perché mi desidera e mi apprezza.
Jens è per me quel che io ero per lui e lo capisco. Lo capisco perfettamente. Ma io al contrario di Lewis darò a Jens la stessa cosa che mi dà lui, quel che io avrei sempre voluto Lewis mi desse. 
Ecco la differenza. 
Le sue mani mi prendono tremanti il viso, apro gli occhi e rimaniamo così in procinto di baciarci, ma stringo le labbra e non cedo di un millimetro, non lo sfioro. 
- La sola cosa che so è che adoro stare con te. Adoro da matti. E mi sei mancato. Se a te sta bene io voglio riprendere a vederti, non importa come e perché. Non servono sempre definizioni. - Sospiro. 
Dovevo mettermi alla prova e l’ho fatto. E dovevo farlo ora prima di immergermi in questa storia con Jens. 
Annuisco e lo guardo rischiarandomi. 
Voglio baciarlo ma non lo farò. Mi respingerebbe ancora e se voglio baciare qualcuno c’è uno che mi accetterebbe ora e sempre. 
Non so cosa vuole Lewis e perché fa tutto questo, non lo sa nemmeno lui e non gli interessa capirlo. Forse è un po’ innamorato di me ma non ha ancora il coraggio di ammetterlo. 
Io però sto salendo su un altro treno e anche se stare qua con lui mi piacerebbe e potrei provarci e riprovarci ogni volta perché morirei per toccarlo e baciarlo, so che posso scendere e salire su un altro.
Lui può fare quel che vuole, quel che conta sono io e quel che farò io. 
Vorrei farmelo, ma posso anche evitarlo e lo eviterò. 
Gli prendo le mani e me le tolgo dal viso, le congiungo nelle mie e con un sorriso dolce, chiudo il capitolo e lo faccio per l’ennesima volta. Lo farò fino a che riuscirò a non aprirlo più.
Ogni volta va meglio della precedente, ogni volta ci riesco di più. Ogni volta fa meno male. 
- Allora, cosa mi suggerisci per quella moto? Secondo te per il motore dovrei prendere pezzi più nuovi? - E con questo chiudo. 
Lewis capisce anche se rimane interdetto, però prende un bel respiro e annuisce più a sé stesso che a me. 
Sfila le mani e va a prendere le posate che sa dove sono. 
- Certe cose penso sia importante siano più nuove e durature, però alla fine non la stai ricostruendo per usarla ma per una questione affettiva, giusto? Non ci devi fare i chilometri! - Mi fa notare lui e così in men che non si dica torniamo in quei terreni neutri politicamente corretti che vanno bene a tutti e due. 

Il resto della serata lo passiamo a parlare di moto, motori e passioni. Quale moto preferiamo, cosa ci piace di quella, la differenza con le macchine e passiamo tutto il tempo in cucina a mangiucchiare e bere, ad un certo punto finiamo con un digestivo e guardiamo l’ora rendendoci conto che è molto tardi. 
- Wow, com’è volato il tempo! - Gli faccio notare. Lui spalanca gli occhi notando che sono le due e mezza e che siamo stati una vita a parlare di passioni legate ai motori, di gusti e delle nostre esperienze in questo mondo. Si alza in piedi anchilosato e si stiracchia sbadigliando. 
- Sarà meglio andare... - 
- Non è troppo tardi per muoversi in moto? Puoi sempre ripartire domani mattina con calma... tanto non ho in programma di vedere Hannah. - Come se il problema fosse solo questo. Poi mi rendo conto: - O tu devi fare qualcosa con Nico? - Ecco il nome da non fare. Lewis cambia espressione e un filo di ansia lo attraversa. 
Se lui non mi parla di Nico perchè dovrei parlargli di Jens?
Dopotutto non credo mi cerchi per sfogarsi ma per stare meglio, il che è diverso. 
C’è una sottile differenza e questa è che vogliamo un’oasi e noi siamo l’oasi uno dell’altro. 
Eravamo questo prima che tutto cambiasse e diventasse strano. 
- No, non devo vedere Nico, non so però se è il caso di fermarmi, magari disturbo... - Ridacchio. 
- Certo che disturbi, ma se dormi con Jack non ci saranno problemi, ti terrà al caldo lui! - Così scherzando vado nella camera piccola e tiro fuori le lenzuola di riserva per il letto singolo, lui mi segue a ruota capendo che ho deciso per entrambi. 
- Non ho niente per dormire perchè pensavo di andare via subito dopo mangiato e... - 
- Perchè hai voluto questa serata a tutti i costi? - E poi la sparo a bruciapelo. Avevo evitato di fare questa domanda per principio, lui smette di respirare e mi fissa meravigliato, si tocca l’orecchio e sorrido con un pizzico di malizia. Vorrei mangiarlo di baci, ma sto fermo con le lenzuola in mano e alla fine si decide a rispondermi:
- Per quella boccata d’aria che mi distrae dalla mia vita regolare. - Sorrido soddisfatto di questa risposta che rispecchia quello che pensavo prima, quello che vorrei fosse il nostro rapporto. 
- Fai tu il letto? - Così dicendo come se non avesse detto niente di che, gli lancio le lenzuola. - Vado a prenderti una tuta per dormire. - 
Vado oltre e lui si gira con occhi spalancati. 
- E... e per te? - Chiede in ansia. Non mi fermo nemmeno. 
- Per me è esattamente la stessa cosa. - E così non ci sono più problemi. Non devono.
Quando torno lo trovo fermo come l’ho lasciato, con le lenzuola in mano e l’aria di chi si è perso qualcosa. Così ridendo prendo le lenzuola e gli lascio la tuta iniziando a fargli il letto.
Ha notato che non gli ho proposto il mio letto con qualche scusa e che non lo sto toccando e non ci sto provando proprio più. Che ce la sto facendo. Sta andando bene, meglio di come sembrava dovesse andare. 
- È solo diverso da prima, ma dopo un po’ ci fai l’abitudine. Dopo un po’ ci riesci. - 
Parlo tranquillo di noi come se dicessi che il tempo in Svizzera è più freddo che in altre parti. Lui sta lì e mi fissa, io intanto finisco e gli vado davanti, gli pizzico una guancia e gli faccio l’occhiolino. 
- Per te ci sarà sempre aria qua dentro. - Con questo me ne vado chiudendomi la porta alle spalle. Prima di andare via mi soffermo, prendo un bel respiro e chiudo gli occhi pensando che un anno fa gli sono praticamente saltato addosso. 
La vita cambia, le persone cambiano, le esigenze, i rapporti. Cambiano molte cose, ma quell’inspiegabile bisogno di stare insieme no. Quello stare bene insieme... quello no che non cambierà mai. Ne sono sicuro.
Posso andare avanti, posso davvero. Posso conciliare tutto quanto. Ora ne sono certo. Anche se vorrei solo entrare e spogliarlo.”