NOTE: questa fic l’ho scritta di getto subito dopo Milan-Newcastle. Prima di quel momento non avevo in mente nulla ma poi vedendo quanto belli erano ad abbracciarsi nel post partita, mi è scaturito il sacro fuoco, così pensando di fare una one shot, sono arrivata ben a 6 capitoli che adesso pubblicherò come al solito ogni 3/4 giorni. La fic è nella serie Inevitabile Delirio, si erano lasciati a giugno dopo la firma (per me) obbligata di Sandro con un altro club e si erano detti di non impegnarsi ma almeno di provarci. Ripartiamo da lì, durante l’estate ed i ritiri delle squadre. 
La fic alterna i POV di Sandro e Theo, sempre però in terza persona, e mostra quel che è successo loro da quest’estate fino alla fantomatica partita di Champions. Nel mezzo ci sono anche le mie personali considerazioni sul Milan. Piccole partecipazioni di Simon Kjaer, Alessio Romagnoli, Lucas Hernandez, Zlatan Ibrahimovic e Stefano Pioli (se non ho dimenticato nessuno).
Le foto che metto sono tutte quelle della famosa partita, le mie vite belle che sono loro!
Buona lettura. Baci Akane

RITORNO DI FIAMMA

santheo

1. FERITE

Si erano lasciati senza tante promesse né impegni, dicendo di lasciarsi la porta aperta e vedere come sarebbe andata avanti. Cercando magari di vedersi e proseguire la relazione, però la verità era che per Sandro era stata dannatamente dura.
Molto più di quello che aveva pensato quel giorno di Giugno a letto con Theo, in quella che di fatto era stata l’ultima volta. 
Una volta uscito definitivamente da Milanello e raccolto le proprie cose, si era reso conto che era più dura di quel che aveva preventivato.
Quando era arrivato a Newcastle ed in particolare aveva messo piede in quello che sarebbe stato il suo nuovo stadio, era entrato nel nuovo spogliatoio e aveva preso possesso della nuova divisa e lì il mondo gli era iniziato a crollare realmente addosso, in una maniera diversa da quel giorno, quando aveva terribilmente appreso la notizia che si sarebbe trasferito. 
L’aveva fatto senza impuntarsi per restare perché aveva capito che sarebbe stato un bene per il suo adorato club e vederlo risalire in vetta col proprio sacrificio gli aveva dato la forza di alzare la testa e andare avanti. Oltretutto si sapeva benissimo che quando volevano venderti, lo facevano.
Non aveva detto molto, non era riuscito essendo troppo spontaneo in certi stati d’animo e poco ragionevole. Perciò aveva detto il meno possibile ai media, era stato vago ed aveva detto ciò che normalmente si diceva in quei casi 
Era stata un’occasione che aveva voluto cogliere perché aveva capito che era arrivato il momento di un cambiamento. 
Tutte palle e chi lo conosceva davvero ne era consapevole, ma naturalmente la maggior parte non sapeva niente di lui, né gli interessava, anzi credeva ciecamente a quel che la stampa raccontava. 
Non era uno che guardava i propri risultati su internet, né cercava cosa dicevano su di lui, ma le opinioni non richieste e gli insulti erano arrivati comunque. 
I tifosi l’avevano presa male e aveva faticato a tenere a freno Theo da lontano, dicendogli di tenere la bocca chiusa e non dire nulla. 
Fortunatamente era uno che usava i social solo per mostrare la sua splendida falsa vita con Zoe, quanto era etero, quanto amava quella bomba sexy e quanto meravigliosa era la sua famiglia. Non per niente non aveva mai messo una foto di suo figlio lì. 
Comunque al di là di questo, non faceva ed era un bene visto che con un microfono in mano o una tastiera avrebbe potuto fare molti, moltissimi danni.
Non era uno che sapeva tenere a freno la lingua e soprattutto a parte con Paolo e Zlatan, non aveva mai saputo riconoscere l’autorità altrui. 
Anche con Simon stava al suo posto, ma questo perché nessuno aveva nemmeno voglia di contraddirlo, non perché facesse paura come nel caso di Zlatan, lui era più stile Paolo. Ti convinceva che quel che diceva lui era meglio. 
Sandro era arrivato a Newcastle in quel nuovo mondo in uno sfondo di insulti rossoneri molto ingiusti e pesanti, i quali non l’aiutavano minimamente a proseguire nel cammino che lui non aveva minimamente voluto e che gli stava costando molta fatica. A quel punto aveva avuto un crollo maggiore di quel che aveva pensato di poter avere.
Si era creduto più forte di quel che era realmente e alla fine pur di esserlo davvero, consapevole che non aveva scelta e che doveva trovare un modo per andare avanti e farcela bene, aveva cercato un metodo.
Quel metodo era stato allontanarsi dal vecchio mondo. 
Sapeva che era una mossa meschina e crudele verso sé stesso oltre che i suoi amici, ma non aveva trovato un altro modo efficace immediato. 
Non voleva fallire al Newcastle perché sentimenti personali a parte, capiva perfettamente che era un’ottima occasione per la propria carriera.
Fare bene in Premier ti apriva moltissime strade e lui a quel punto voleva la vetta, non aveva pianto tutte le proprie lacrime a Milanello per fallire in Inghilterra. 
Il suo sacrificio doveva valerne la pena anche per sé stesso oltre che per il club del suo cuore. 
Non chiuse del tutto smettendo di rispondere a tutti, ma lo fece velatamente. 
Se lo chiamavano e gli scrivevano rispondeva, ma non si dilungava in discorsi, né telefonava a qualcuno per primo. 
Gli altri dopo i primi tempi mollarono capendo che era dura per lui inserirsi in un nuovo contesto quando eri tanto legato al precedente, Theo no.
Theo non mollò e dopo un assillante estate volta al ricordargli che lui lo considerava ancora il suo ‘qualcosa’, si ritrovò a dover essere più drastico.
Si odiò per quello.
Eccome se si odiò.
Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto evitarlo, ma a quel punto non aveva scelta. 
Decise di farlo dopo il ritiro, in attesa di cominciare il suo nuovo campionato, consapevole che così non sarebbe mai riuscito a combinare nulla. 
Dopo che Theo gli disse che appena tornato a Milano sarebbe subito volato da lui per una trombatina veloce che gli mancava da matti, Sandro dovette tirare fuori tutte le sue forze ed il suo coraggio e fermarlo e per fermare il famoso treno Frecciarossa Theo c’era solo un modo.
La brutalità.
Un muro di cemento armato spesso una ventina di metri, ecco cosa poteva fermare il treno di Theo. 
Così Sandro divenne davvero quel muro e Theo si schiantò contro di lui, sebbene non fu facile, specie perché comunque alla fin fine non lo fregò sul serio.
Il primo fu un messaggio. 
‘Theo non venire.’
Il secondo una telefonata. Di Theo, naturalmente. 
- Che significa ‘non venire’? Io vengo sempre al cento percento, ma faccio venire sempre a che te! 
Sandro aveva sorriso allontanando il telefono dalla faccia per non farsi sentire. 
Era dura.
Era la cosa più dura che aveva mai fatto. Forse più dura che firmare quel maledetto contratto. 
- Significa che non puoi venire, non voglio che vieni, ok? - sapeva di non essere molto duro come persona, ma sperava di esserlo abbastanza per lui in quel momento. Solitamente Theo partiva in quarta e non capiva più niente, preda delle emozioni violente faceva caos e basta ed anche in quel caso si aspettava le sue urla.
- Che diavolo significa? Spiegami che altrimenti vengo solo per prenderti a schiaffi! 
Eccolo lì, si disse. Stava partendo. Perfetto. 
Sandro si morse il labbro e sospirò spazientito. 
- Significa che ho bisogno di spazio, mi stai soffocando! Ci eravamo detti di non darci impegni, ma mi stai trattando come il tuo ragazzo! Anche meno, ok? 
Sapeva che per una cosa del genere uno come Theo chiudeva la relazione del tutto. 
Sandro trattenne il fiato stringendosi gli occhi sotto i pollici che gli bruciavano. C’erano le lacrime, lì.
No che non voleva interrompere tutto. No che non voleva non sentirlo e non vederlo. Ma come poteva giocare con un’altra squadra se continuava a vederlo e sentirlo? 
Lì al Newcastle c’era un giocatore che era quasi identico a Theo sia in aspetto che nel carattere e gli si era magicamente attaccato per aiutarlo ad inserirsi nella squadra. 
Come poteva essere che il destino fosse così stronzo? Come poteva dimenticare Theo e andare avanti se aveva la sua fotocopia attaccata ogni giorno al culo?
- Avanti, adesso voglio che mi dici la verità. Stai così male? 
Silenzio. 
Appena lo disse intercorse un lungo pesantissimo silenzio che spezzò il fiato e le gambe a Sandro, dovette sedersi per non svenire.
Vide tutto nero e mentre prendeva un respiro profondo, più rumoroso di quel che aveva pensato, si rese conto che stava piangendo. 
Sollevò gli occhi in alto guardando il tramonto dalla sua nuova casa inglese. 
In quei giorni era da solo perché Giulia era ancora in vacanza con le amiche, l’avrebbe raggiunto più avanti. 
Aveva preso un appartamento in un palazzo di lusso ma niente case. Non ci voleva mettere radici, lì. L’appartamento era all’ultimo piano e c’era una bella visuale di tutto il paese, una bella vista, un bel posto. Niente di cui lamentarsi eppure...
- La verità? - fece poi tremante realizzando che ormai aveva capito tutto e soprattutto che stava piangendo. - La verità è che non ce la faccio e se ti sento e ti vedo così tanto è peggio. Io non so come farcela. Voglio disperatamente far funzionare     questa cosa per non gettare nel cesso questo fottuto sacrificio. Voglio che qua vada bene, ma in questo momento sono sull’orlo di una crisi isterica. Io non ci voglio stare qua, Theo. Ma devo. Perciò ti chiedo... 
Si sospese scuotendo la testa confuso non sapendo cosa dire. 
- Ti chiedo di aiutarmi da lì. Non.... - singhiozzò mentre le lacrime ormai scendevano sulle sue guance come in quell’estate erano scese fin troppo. - Non ce la faccio, Theo. Se mi scrivi e vieni io non ce la faccio. Sto troppo male. In questo momento mi serve un po’ di spazio, per vedere se staccandomi un po’ va meglio. 
Alla fine era stato sincero. Era la seconda opzione. Il secondo modo per fermare il Frecciarossa Theo era la sincerità. Cruda e violenta così com’era.
Sapeva però che a convincerlo erano state le sue lacrime, il sapere che stava piangendo, sapere quanto male stava. 
- Mi dispiace che stai così. - fece poi piano, con una delicatezza insperata. 
- Non è colpa tua. 
- Però penso davvero che staccarti da me non ti aiuterà, sai? 
Non era arrabbiato e trattandosi di lui era incredibile. 
Sandro si sentiva a pezzi e voleva solo che Theo spuntasse da dietro abbracciandolo, ma sapeva di dover essere uomo più che mai, ora. 
Doveva tirare fuori la forza che non aveva perché semplicemente era necessario. 
- Non lo so, sono disperato. Fammi provare così. Se va peggio verrò io da te e se mi vorrai ancora faremo di tutto per vederci ogni secondo libero. 
L’idea di vederlo per poi separarsi, di accontentarsi di qualche ora e di contatti clandestini lo mandava fuori di testa. Era una tortura già solo pensarlo. 
Se riusciva ad uscirne sarebbe stato meglio, o per lo meno lo sperava. 
- Ma tu faresti davvero a meno di me per sempre? 
A quella domanda così sussurrata, sottile e spontanea, proprio come era sempre stato lui, Sandro spalancò gli occhi e guardò a destra, verso la mano che teneva il telefono contro l’orecchio come se potesse vederlo, come se fosse lì accanto. 
Non se l’era fatta, aveva semplicemente pensato che quel metodo potesse aiutarlo in qualche modo. 
- Non lo so. 
Lo sapeva invece. No che non poteva. Ma doveva almeno tentare. Lo doveva a sé stesso per poter dire, quando avrebbe ceduto, che ci aveva provato. 
- Io lo so invece. Non posso fare a meno di te per sempre. 
- Non doveva essere una cosa senza impegno? 
- Sì, ma abbiamo anche detto almeno di provare. 
A quello che non era un litigio e nemmeno un battibecco, ma solo uno scambio scontento, non trovarono un seguito e con un conseguente pesantissimo silenzio, i due si salutarono senza dirsi più nulla. 
Nessuna promessa o progetto. 
Nulla. 
Prima di muoversi dal suo balcone e dalla sedia comoda che aveva sistemato fuori per guardare il panorama, Sandro rimase lì a fissare il cielo incandescente suggestivo. 
Era bello, lì. Bellissimo. 
Ma non era ciò che voleva e sicuramente non era ciò che avrebbe potuto mai volere più di colui a cui aveva appena agganciato la chiamata. 


Era stato al limite per tutta l’estate, in particolare durante il ritiro con il Milan, però aveva tenuto duro sentendo Sandro praticamente di continuo e tempestandolo di messaggi. 
Aveva giusto tamponato il suo stato d’animo sempre più sull’orlo di un’esplosione, ma dal momento in cui aveva poi parlato con lui lasciandosi, era stato come superare quel limite. Superarlo di gran lunga. 
Se ne era reso conto al ritorno a Milanello, alla fine del tour americano che li aveva fatti stare oltreoceano.
Ritornati in patria avevano avuto del tempo di pausa prima di tornare agli allenamenti normali in preparazione dell’inizio del campionato.
Sandro col Newcastle avevano iniziato a giocare per di più lui aveva fatto un goal pazzesco che dimostrava quanto bene gli avesse fatto staccare da lui.
Quello era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. 
Vedere che a Sandro il loro distacco faceva bene.
La consapevolezza, quindi, che non sarebbe tornato e non voleva davvero sperare il male per lui, perché gli voleva bene. 
Forse lo amava anche, non lo sapeva, ma sapeva sicuramente che una parte di sé aveva esultato come un matto vedendo quel bel goal in apertura con la su nuova squadra, mentre l’altra aveva pianto ed imprecato nel vederlo con un’altra maglia, con altri compagni, ad esultare. 
Rientrare con quello stato d’animo terribile fu stato deleterio.
Rivide la faccia dell’uomo che in quel momento aveva bisogno di trasformare nel suo capro espiatorio, perché gliene serviva disperatamente uno. 
Fino a quel momento era stato come sentire un ronzio, il suono della pressione che saliva oppure un corto circuito in atto in modo invisibile. 
L’impianto elettrico è rotto ma non si nota subito e senti dei rumori fastidiosi, come dei fischi o delle intermittenze. Non li identifichi finché non c’è uno scoppio e tutto l’impianto parte e va a puttane e vedi le scintille. Tante scintille.
Ecco com’era Theo.
Ritornò a Milanello dopo quello splendido inizio di Sandro col Newcastle, con quel tipo così simile a sé stesso appiccicato addosso, e rivede il suo allenatore. Fu come se il corto circuito bruciò tutto l’intero impianto elettrico. 
Quel pomeriggio Pioli rideva allegramente come non avesse pensieri al mondo e si vedeva che era felice. 
Le cose per lui stavano andando alla grande.
Gli stavano facendo il mercato che aveva chiesto accontentandolo come se fosse Gesù che ordinava agli storpi di alzarsi e ai ciechi di vedere e tutto per quelle persone funzionava alla grande. 
Pioli aveva chiesto Ruben e gli era arrivato, aveva poi chiesto Christian ed era arrivato, Tijani, ed era arrivato, Noah eccolo anche lui. 
Aveva chiesto anche Samuel, arrivato pure lui. adesso stava arrivando anche Yunus Musah. 
Cosa poteva volere di più?
Ah certo, per ottenere questo aveva fatto le scarpe a Paolo Maldini, il più grande terzino di tutti i tempi, una leggenda del Milan e del calcio di sempre, ma pazienza. Non si poteva avere tutto dalla vita. Per ottenere ciò che volevi dovevi essere disposto a lottare con tutti i mezzi e lui l’aveva fatto.
Anche se questi mezzi significavano sacrificare l’anima di una squadra, il cuore, la testa, la spina dorsale.
Non importava, era necessario per ottenere ciò che si voleva. 
A quel punto Theo, che si era tenuto a freno a stento, non ce la fece più e si trasformò più in toro che in treno. 
Si era morso la lingua troppo a lungo, ma adesso non gliene fregava più, tanto non poteva di certo metterlo in punizione, non avevano terzini sinistri visto che nella sua bella lista forse non aveva realmente mezzo un secondo terzino visto che arrivavano tutti tranne che quelli. 
E davvero, ma davvero, non gliene importava nulla. Proprio nulla. 
Quel giorno scattò qualcosa in lui e appena lo vide sorridente, solare e tutto pieno di scherzi e gioia senza un pensiero al mondo, non si trattenne più ed iniziò a rimbrottare sottovoce con la piena consapevolezza che sarebbe arrivato da lui a chiedergli che succedeva.
Era quello che voleva. 
Dopo una quasi intera sessione di allenamento disastrosa e nervosa, Theo tanto fece fino a che riuscì a farsi notare spingendo Pioli ad avvicinarlo per chiedergli cosa avesse. 
- Theo, ma che hai? - chiese finalmente dopo mille gestacci, sbuffi e palle perse. - si avvicina l’inizio del campionato e tu ti innervosisci così? 
Non aveva senso.
Quella frase non aveva proprio senso.
Theo lo guardò non aspettando altro, ma per la verità lo fulminò. Poi scattò come una molla che non aspettava altro che qualcuno togliesse il coperchio. 
- Che ho? Mi avete tolto il mio punto di riferimento, il mio cuore e mio fratello! - fece sventolando tre dita nervoso come ad indicare tre persone specifiche: - Come posso non avere nulla? 
Stefano lo guardò spaesato e meravigliato di quella risposta così piena di punti allarmanti.
- Ma fino ad ora sembravi stare bene... nel tour americano... 
Theo non lo fece finire e si rivoltò a guardarlo con uno scatto improvviso che zittì subito l’uomo. 
- Certo, perché il mio cuore, - tenne così sollevato il secondo delle dita che aveva alzato nel conteggio delle persone: - seppure a distanza, mi faceva andare avanti! Adesso che anche lui ha chiuso perché stava male, spiegami tu come diavolo pretendi che faccia? 
- Theo, se vuoi dire qualcosa, dilla e basta. - Stefano stava prendendo tempo per capire come fosse il caso di reagire, preso chiaramente alla sprovvista visto che non aveva mai reagito così astiosamente; tuttavia Theo non gliene lasciò.
- Avanti, chiedimelo! - fece infatti incalzante, mentre si avvicinava stile falco Simon pronto ad intervenire capendo che stava succedendo qualcosa. 
Theo lo vide e decise di sbrigarsi a tirare tutto fuori prima del suo arrivo perché l’avrebbe sicuramente inibito in qualche modo e non voleva. 
- Cosa? 
- Chiedimi come sto! 
- Come stai Theo? - Stefano fu accondiscendente cercando di capire se prenderlo sottogamba e sdrammatizzare fosse la cosa migliore. Ovviamente no.
Theo fece un mezzo passo avanti picchiandolo per terra sull’erba e alzando contemporaneamente il dito come fosse uno stop verso Simon quasi arrivato lì. Sbottò inferocito senza più riuscire a trattenersi, non volendolo fare, per la verità. 
- Sto di merda, grazie a te che non hai saputo tenere le persone che contavano di più e non dico solo per me, ma per tutti! Posso capire la questione di Brahim che per me era un fratello, ma se il Real lo rivoleva indietro e la società non voleva investire su di lui ok. Ma Paolo e Sandro? Erano importanti per tutti, non solo per me. Nessuno ha detto nulla, ma visto che sto di merda adesso lo faccio io! 
Simon si avvicinò nonostante il dito alzato volto a fermarlo. Glielo prese come volesse torcerglielo pur di chiudergli la bocca, ma in realtà si limitò a stringere e abbassargli il braccio per poi cingerlo col proprio come un padre protettivo. 
Theo si sentì meglio, ma non voleva fermarsi.
Voleva continuare a guardare negli occhi quella testa vuota del suo allenatore e dirgliene infinite.
- Theo, taci! - sibilò Simon, ma lui scosse il capo. 
- No! Tutti lo pensano ma non dicono nulla! Io ora sto male, ok? Perché Sandro per andare avanti ha chiuso con me e visto che io sto così adesso dovete condividere tutti la mia merda, perché è colpa sua! 
Simon si intromise a fare il lavoro del mister, come tendeva a fare praticamente sempre. Non era il vero capitano, come non lo era mai stato nemmeno Ibra, tecnicamente, ma l’avevano comunque sempre fatto. 
- Va bene, andiamo a parlarne insieme. Non ci si sfoga sull’allenatore! Sai che non c’entra con quello che è successo. 
Ma lo diceva senza pensarlo, perché era giusto dirlo e non aveva mai colpi di testa, ma lui no. Lui adesso i colpi di testa voleva averli. 
Theo si sfilò dalla sua presa con uno scatto, scrollò le spalle e puntò di nuovo il piede a terra.
- Certo che è lui il responsabile! 
- Ma cosa avrei dovuto fare? Hanno fatto tutto loro, mi hanno solo chiesto una lista di giocatori necessari per migliorare la squadra ed io gliel’ho data, non ho di certo detto che volevo scaricare Sandro. Su Paolo, poi... 
- Oh, ma certo! Non c’entri nulla! Ma va’... - stava per mandarlo letteralmente a cagare, ma la mano di Simon si serrò pronta sulla sua bocca e lo zittì, una volta agganciato se lo trascinò via lanciando un’occhiata allarmata al mister che, ancora basito, rimase fermo ad osservare la scena. 
Appena lo mollò, solo una volta al sicuro nello spogliatoio del centro sportivo, Simon lo spinse per la spalla che gli aveva tenuto stretto fino a quel momento, come in un moto di rimprovero. 
- Sei pazzo a dire certe cose al mister? Anche se non ti piace e lo disapprovi e pensi abbia tutte le colpe dei tuoi mali, è comunque l’allenatore! 
- E sei più allenatore tu di lui! Rispetto più te che lui e sai perché non si è difeso? Perché ho ragione! E non ha le palle di assumersi le sue responsabilità! Paolo gli impediva di fare le cose a modo suo, ha tanto fatto finché non se ne è liberato e non gliene è fottuto un cazzo se per realizzare i suoi progetti ha dovuto sacrificare Sandro! Gli è stato bene così, pur di avere la sua cazzo di lista di merda! 
Capendo che Theo non si sarebbe mai fermato, Simon lo prese duramente per la maglietta sudata e lo trascinò sotto le docce mentre continuava a sbraitare come un pazzo pieno di rabbia: 
- Fottiti ora con quella lista del cazzo! Adesso voglio proprio vedere come mi aiuta ad uscire da questa merda! Ah, ma tanto lo so, che cazzo me lo chiedo a fare?! Farà fare il lavoro sporco a te perché lui non ne è capace!
A questo punto Simon aprì l’acqua fredda della doccia che lo investì completamente vestito, con tanto di scarpe che stavano facendo un pasticcio nella pedana. 
Tuttavia funzionò e Theo si zittì imprecando.
Simon, con la mano sul rubinetto ancora aperto, lo guardò rimanendo lì a bagnarsi a sua volta vestito, non si mosse. 
Una mano al fianco e l’aria esasperata che nel suo viso si vedeva di rado. 
Dopo il silenzio interrotto solo dallo scroscio della doccia, Simon sospirò.
- Calmo ora? 
Theo si strofinò il viso con le mani passandosele poi fra i capelli colorati come di consueto ed annuì, così chiuse l’acqua avvicinandosi a lui. Tentò di togliersi la maglietta senza maniche, ma così appiccicata non gli venne via e Simon da bravo papà l’aiutò in silenzio con l’aria severa di chi capiva perfettamente il suo stato d’animo e lo giustificava, in un certo senso. 
Rimasero in silenzio finché non si tolse il resto dei vestiti e delle scarpe che Simon gli recuperò da bravo genitore per non lasciarli nelle docce. Sebbene fosse bagnato anche lui, anche se di meno, si sarebbe ovviamente occupato prima di lui.
Theo scosse il capo come se si scrollasse dall’acqua stile cane che aveva preso la pioggia, ma poi riaprì da solo il rubinetto cercando di regolarla in modo che fosse meno fredda. 
Simon rimase sul limite del locale, appoggiato con una spalla sullo stipite di piastrelle, i suoi vestiti bagnati in un braccio e le scarpe in mano. Gocciolante lui stesso, ma con un’aria dispiaciuta e comprensiva, in attesa di qualcosa.
- Pensavo di farcela, ma la chiusura di Sandro è arrivata come un fulmine a ciel sereno ed io... ho visto il mister ed ho pensato a tutte le cose che ho dovuto ingoiare e lui rideva così felice ed io... che mi punisca, guarda, ma dovevo dirlo! 
Simon piegò le labbra ed alzò contemporaneamente una spalla. 
- Non sta a credere. Se ho capito com’è fatto, non farà nulla. Ed è un male, perché significa che non ha polso e con certi elementi devi averlo, non importa a quale costo. Ma penso non succederà nulla. 
Theo si aggrottò sorpreso delle sue parole, avendolo sempre visto a parlottare con lui aveva sempre pensato che fossero culo e camicia, si era aspettato una sgridata colossale da parte sua ed invece non arrivava nulla, anzi. Sembrava d’accordo con lui. 
- Non hai una grande opinione di lui come allenatore... non sembrava... 
Simon sorrise divertito e distolse lo sguardo pensando alla risposta più diplomatica. 
- Io sono perfettamente in grado di tenere le mie opinioni per me per il bene della squadra! 
A quella frecciata Theo rise e finì di lavarsi usando il sapone che qualcun altro aveva dimenticato lì. 
- E Sandro? - fece infine Simon senza bisogno di dire altro. Theo a quel punto sospirò insofferente e lo guardò liberando tutta la tristezza che lo attanagliava. Scosse solo il capo come a dire che non riusciva a dire di più su di lui e Simon, capendo perfettamente, se ne andò lasciandolo solo. 
Nonostante quel finale, si rese conto di sentirsi meglio, ma pur così sapeva che aveva solo tamponato una ferita senza suturarla. 
Rimasto solo, si oscurò pensando a Sandro. 
Solo uno poteva suturare quella ferita e dubitava l’avrebbe fatto presto. 

Da lì in poi Theo iniziò a contestare tutte le decisioni del mister che non condivideva e non in modo sottile e diplomatico, ma in modo sfacciato e irrispettoso, polemizzando senza ritegno. 
Il mister non lo punì mai, né lo sgridò. 
Continuò a permetterglielo semplicemente ignorando quegli scoppi e quei modi, come se facessero parte del suo carattere e non ci potesse fare nulla. Dopotutto era uno dei migliori, poteva accettare qualche brutta risposta. 
Fu lì che iniziò a perderlo definitivamente. 

 



Note Finali: Qualche punto che mi ha dato lo spunto:
1- Sandro sorride di rado nel suo nuovo club, è tendenzialmente serioso (ma va detto che sorride comunque anche se non lo si vede spesso farlo)
2- Al Newcastle c’è Bruno Guimaraes che è estremamente simile a Theo (fisicamente e caratterialmente) e guarda caso si è attaccato a Sandro da subito.
3- Sandro ha segnato uno splendido goal alla prima di campionato, ma poi ha avuto una serie di prestazioni al di sotto dei suoi standard (normale visto che è una nuova squadra, nuovi compagni e nuovo campionato, tuttavia è sempre una meraviglia)
4- Avevo notato in estate durante uno degli allenamenti Theo che discuteva con Pioli, ma per la verità potrei anche aver interpretato male. Fra l’altro ho cercato le foto ma non le ho ritrovate. Tuttavia ho notato che Theo risponde in modo polemico al mister.
5- Amo Simon come capo supremo dell’universo e amo Zlatan come Dio di tutto il creato. Dovevo metterli anche qua (ah sì certo. Ci saranno anche qua sebbene più come contorno)6- Amo tantissimo anche Alessiuccio nostro! <3
7- Non ho molta simpatia per Pioli ^_^’