*Sandro ha voluto provare a staccare con Theo perché stava troppo male, ma avrà fatto bene o si sta semplicemente torturando per nulla? Nel frattempo arriva la finestra della nazionale e nonostante un confertevole supporto da parte del buon Alessio, il panico dilagherà in Sandro realizzando di cosa potrebbe significare giocare a San Siro. Quel che lui sa è che i tifosi gli hanno in molti detto che è andato via per soldi e che ogni volta che Gigio torna a San Siro, lo fischiano malissimo. Perciò in uno scenario apocalittico che non vive per niente bene, decide di esorcizzare un po' le sue paure andando a trovare il mister a Milanello. Lì avrà una conversazione interessante. Buona lettura. Baci Akane*

2. PALLIDI TENTATIVI

santheo

Mentre Theo viveva una situazione sempre più complicata, Sandro si illudeva che la propria migliorasse, ma dopo un inizio coi fuochi d’artificio in senso positivo grazie al goal al suo esordio in Premier, le cose non andarono male ma nemmeno poi così bene. Si erano un po’ stabilizzate in una sorta di spazio intermedio fra il successo e la delusione. 
Erano tutti consapevoli che un centrocampista, nella fattispecie mezzala, non era un goleador, perciò non si aspettavano i suoi goal ma le sue giocate che potessero poi portare al goal. Il fatto che poi magari i compagni non segnassero così tanto non significava che magari lui non le facesse. 
Tuttavia all’inizio venne cambiato di posizione da sinistra a destra e forse fu anche per questo che non era più andato così bene mettendoci di più ad abituarsi. 
Non riteneva di star facendo un brutto lavoro e come sempre ci metteva grinta e passione, oltre che impegno, e questo venne apprezzato dai nuovi tifosi che si prodigarono da subito in cori personalizzati per farlo sentire amato.
Sandro valutò che forse in quel preciso momento della sua vita, dopo tutto quello che era successo, fosse ormai più amato lì che a Milano e che ormai in ogni caso gli convenisse andare avanti invece che tornare indietro.
Se ne era andato sentendo molti dire che sarebbe tornato, un giorno, ma sebbene era stato un pensiero confortevole ora si rendeva conto, sapendo gli insulti che stava ricevendo dai tifosi rossoneri, che probabilmente sarebbe stato molto meglio per lui non farlo. 
Era un pensiero che lo abbatteva da un lato, ma dall’atro riteneva lo stesse aiutando perché così era costretto a proseguire. 
Era questo che stava cercando di fare chiudendo quasi completamente coi vecchi compagni. Li sentiva, se lo cercavano rispondeva, ma non era prolisso di parole. 
Theo non lo sentiva per niente e non aveva ancora capito se la cosa funzionasse o meno, perché tutte le volte che vedeva Bruno, e quindi ogni giorno, gli veniva un colpo al cuore e dubitava che in quel modo potesse dimenticare Theo.
“Fino a che vedendo lui penso a Theo e mi sento dilaniato suppongo di non averlo superato...” 
Non era sicuro di cosa stava facendo. 
Aveva solo cercato un modo per far funzionare quella sua avventura che era partita bene, in seguito a quella sua chiusura drastica, ma poi aveva subito un drastico rallentamento. 
Non si valutava in modo negativo, ma sapeva che poteva e doveva dare di più. Sapeva di essere molto meglio.
I dribbling li faceva bene, i contrasti li vinceva sempre, ma poi i passaggi ai compagni non erano sempre precisi come un tempo e spesso gli mancava la conclusione vincente. 
Al di fuori delle analisi calcistiche e tecniche, tuttavia, era sempre un pugno allo stomaco.
Bruno era fisicamente simile a Theo, aveva un aspetto ed uno stile che lo ricordava molto, ma più di tutti era il suo carattere esuberante ed allegro.
“Per non parlare di come mi si è magicamente appiccicato! Se credessi in Dio direi che non vuole che dimentico Theo e che lo chiuda fuori dalla mia vita!”
Non è che non ci credeva, più che altro non sapeva a cosa credere. 
Per lui le cose non andavano né troppo bene, né troppo male. 
Di Theo non sapeva nulla, ma quando vide i sorteggi di Champions, non si stupì minimamente di vedere che il Newcastle finisse nel girone del Milan, né che la primissima partita sarebbe stata a San Siro.
Rise ilare, per la verità. 
E poi pianse.
Rendendosi conto che dopo le risate erano scese lacrime sulle guance, si maledì e colpì il divano col pugno in uno scatto di rabbia.
“Merda!” si disse in quel momento! “Col cazzo che ne sono fuori! Sta merda autodistruttiva della totale privazione non serve ad un cazzo e sicuramente sto distruggendo anche Theo! Porco demonio non so che fare!”
La prese male, più di quel che aveva pensato inizialmente potesse succedere.
Si chiuse in sé stesso tutta la notte e nonostante Giulia fosse carina e comprensiva a dargli sostegno, così come i compagni nuovi che lo tempestarono o di messaggi per tirarlo su, non andò meglio fino a che si decise ad aprire la chat dei suoi vecchi compagni.
Ne avevano fatta una quando se ne era andato. 
Non c’erano tutti, bensì solo quelli con cui si era legato di più. 
Erano comunque troppi, ogni giorno qualcuno passava a chiedere come andava o a condividere qualcosa di buffo su qualcuno o qualcosa. 
Lui rideva per essere gentile, ma non sapeva mai cosa dire, si sentiva sempre più estraneo e contava di uscire da quella chat, un giorno.
Theo non scriveva più, ma era ancora dentro. 
Quel giorno aprì la chat che non aveva osato guardare tutta la giornata e la notte intere. 
Guardò e lesse i messaggi, molti divertenti, alcuni avevano fatto righe infinite di smile che piangevano. 
Theo niente, non aveva scritto nulla.
Sandro si merse il labbro contrariato e si rese conto che non gli piaceva davvero che lo rispettasse in quel modo. 
Quando gli aveva chiesto di non farsi vivo non si era aspettato lo accontentasse e invece l’aveva fatto; ci era rimasto male, ma poi aveva cercato di approfittarne. 
Adesso che le settimane erano tragicamente avanzate nel silenzio da parte sua, le cose non andavano per niente bene. 
Anzi, andavano proprio male. 
Per non dire che addirittura facevano schifo! 
“Oh, fanculo! Non mi sta bene, ok? Non mi sta bene per un cazzo che mi rispetti tanto! Dov’è finito il treno che investe tutto e tutti facendo quel cazzo che vuole e che mi ha fatto perdere la testa? Dove cazzo è finito?”
Stava per scrivergli impulsivamente, ma si fermò all’ultimo.
Guardò cosa aveva appena scritto nella sua chat privata: ‘che cazzo di fine hai fatto?’, ma poi lo cancellò senza inviarlo e chiuse il telefono maledicendosi.
Si prese la testa fra le mani dondolando disperato come un autistico preda di una crisi isterica. Non gridò, ma si rese conto che non sarebbe andata tanto bene. 
Per niente, anzi. 

La partita successiva a quel giorno fu l’ultima prima della finestra della nazionale, arrivata probabilmente a dargli una boccata d’aria nel momento giusto. 
Il Newcastle giocò contro il Brighton, molto più in forma di loro, e persero amaramente, lui non fu minimamente utile, quel giorno. Giocò male e nervosamente sbagliando tanti passaggi e facendo giusto troppo poco. 
Il mister lo tolse nel secondo tempo dicendogli di stare tranquillo, che gli automatismi venivano dopo un po’ di partite e che non si poteva pretendere di conoscere a memoria i movimenti dei propri compagni. 
Era stato carino, ma lui si sentì comunque un’autentica merda inutile. 
Aveva fatto forse la propria personale peggior partita e non a caso avevano preso tre pere dagli avversari, segnandone solo uno. 
La nazionale arrivò perciò nel momento giusto e appena vide altri italiani, oltre che compagni molti dei quali ben conosciuti poiché sempre gli stessi delle varie convocazioni, si sentì molto meglio. 
In particolare fu contento di vedere Alessio e altrettanto lieto di non incrociare nemmeno un compagno milanista. 
Di Gigio fu meno contento, non perché avesse problemi con lui ma perché la sua boccaccia non lo aiutò a trovare conforto, al contrario lo demolì ancora di più. 
- Beh, almeno non sarò l’unico fischiato a San Siro! È una merda giocare coi fischi nello stadio dove sei stato per tanto tempo! 
Gigio si era lasciato molto male coi tifosi rossoneri e tutte le volte che tornava nel loro stadio, lo fischiavano male. 
Sandro non ci aveva nemmeno pensato che la seconda partita per la qualificazione all’Europeo che avrebbero giocato in quei giorni sarebbe stata proprio a San Siro. Non ci aveva pensato fino a quel momento e guardando Gigio con aria assolutamente terrificata come se avesse appena visto un mostro a tre teste, tese la faccia in uno spasmo. 
- Cazzo è vero! Giocheremo là! 
Alessio a quel punto rise cercando di sdrammatizzare, ma non servì a molto. 
Alla fine decise comunque di attaccarsi al suo ex compagno di squadra con cui si era sempre trovato bene. Anche ex capitano, in effetti. 
Una persona solare e positiva, assolutamente a posto. Sì sì, lui decisamente meglio di quell’altro là così sadico da mettere il dito nella piaga solo per divertimento!
Finirono per parlare a lungo mettendosi anche in camera insieme. Il loro comune passato rossonero li legava molto. 
- Non ti hanno insultato quando te ne sei andato? - chiese Sandro una di quelle sere. Alessio alzò le spalle e scosse il capo. 
- No, è stata una chiusura serena. Credo che tutti avessero capito che era ora, no? Mi hanno ringraziato, è stato bello. Quando torno mi applaudono e mi salutano, nessuno mi fischia o mi insulta. 
Sandro sospirò seduto nella propria parte di letto matrimoniale, l’aria così depressa da poter pulire il pavimento. 
Alessio sorrise un po’ divertito, cercando di sdrammatizzare. Era sempre stato come un fratello maggiore per tutti loro, specie coi nuovi arrivati. Ognuno aveva il suo stile, lui non era uno come Ibra che tuonava e teneva tutti in riga con la frusta o si intrometteva a forza nelle vite degli altri per aiutarli. Ibra era unico, aveva il suo modo di essere una guida, Alessio tendeva più ad essere una presenza silenziosa utile in caso di bisogno con cui tutti si sentivano sempre a loro agio. 
- Vedrai che non ti fischieranno. Con Gigio è diverso, se ne è andato male. Ha voluto andarsene a parametro zero, ma c’erano modi per farlo facendo guadagnare al club. Ci sta voler cambiare squadra, è un diritto di tutti, ma è il modo in cui lo fai.
Alessio cercò di farlo ragionare e spiegargli la situazione. 
- Ma mi hanno detto che l’ho fatto per i soldi ed io non ho potuto dire che sono stato obbligato, non si possono dire queste cose... qualcuno lo pensa, ma i più mi accusano... - Sandro era veramente demoralizzato e Alessio non l’aveva mai visto così. Nessuno, per la verità, poiché aveva sempre cercato di nascondere il proprio reale stato d’animo, ma giunto a quel punto con un buon amico come lui, gli sembrava impossibile continuare a soffocare e nascondere. La verità era che stava veramente malissimo in ogni senso e modo possibile.
- Però gli hai fatto guadagnare 80 milioni, Sandro... non credo che senza quelli avrebbero potuto fare il mercato che han fatto e avere una squadra così buona e competitiva... 
Con quello il giovane centrocampista iniziò a sentirsi un po’ meglio e sospirando lo guardò speranzoso. Durò poco, il tempo di pensare al suo ritorno a San Siro e tremare di nuovo come un pulcino bagnato. 
- Io c’ho troppa fifa di quello stadio! E ci dovrò comunque tornare per la Champions! Cioè fra poco giocheremo là con la nazionale e poi di nuovo con il Newcastle qualche giorno dopo! Capisci che vogliono che io ci torni per forza? - sbottò disperato e drammatico spettinandosi i capelli lunghi che gli ricadevano dolcemente intorno al viso.
- Ma chi? - Alessio già rideva capendo che stava sragionando e a cosa si riferisse con quelle frasi assurde e psichedeliche.
- Il destino o quel sadico che muove i fili! - infatti poi non si trattenne e scoppiò in una fragorosa ed insensibile risata, gettandosi addirittura all’indietro sul letto e tenendosi la pancia. 
- Ma che ne so! - fece quindi Sandro ridendo di sé stesso e calmandosi improvvisamente davanti a quella reazione così spontanea. Si ritrovò infatti a sorridere e si rese conto di starsi un po’ rilassando fino a mollare un po’ la vena tragica! 
- Dai, vedrai che andrà bene! Ci sono sempre dei tifosi scemi, ma ci sono anche quelli intelligenti! La tua situazione è diversa da quella di Gigio! Oltretutto tu sei sempre stato tifoso del Milan e lo sanno, a Gigio non fregava nulla! - si riprese Alessio tornando a fare l’amico di sostegno serio. 
- Appunto per questo il tradimento è più grave! 
Non lo convinse del tutto, ma non fu nemmeno così impossibile dormire. Parlarono molto, quella notte, fino a che si addormentarono.
Sandro sognò di essere fischiato a San Siro sia con la nazionale che poi col Newcastle e al risveglio aveva un muso così lungo che non parlò con nessuno per tutta la mattina. 
Sapeva di dover affrontare i suoi fantasmi, per rinforzarsi, crescere ed essere uomo, ma sperava di avere ancora un po’ di tregua, specie perché comunque non avrebbe mai potuto dire la verità. 

Dio, il destino o quel sadico di cui parlava, comunque, decise di dare un po’ di tregua al povero Sandrino e invece di fargli subire San Siro con la nazionale così presto, gli mandò un mezzo infortunio provvidenziale che lui accentuò per poter essere esente dalla partita. 
Andò a Milano comunque e tornò a Milanello a salutare i pochi rimasti, ben consapevole che in quei giorni erano quasi tutti in nazionale. E con quasi tutti, intendeva quello che più contava per lui.
Se Theo ci fosse stato, non si sarebbe mai fatto vedere. 
Incontrò così i pochi compagni rimasti, alcuni dei quali non conosceva poiché nuovi, altri con cui aveva pochi rapporti. 
Salutò, chiacchierò e fu bello, anche se traumatico al tempo stesso. 
Utile, più che altro. 
Sicuramente utile.
Lo fece consapevole che avrebbe potuto aiutarlo a stendere un po’ i nervi troppo tesi all’idea di tornare lì da rivale. 
Passare a trovare qualche ex a Milanello con l’assenza di quelli importanti, era stata una mossa intelligente e furba, tutto sommato. 
Riabbracciò il mister concedendosi qualche chiacchiera con lui. Non aveva mai pensato fosse colpevole della propria situazione, non si era lasciato male e non ce l’aveva mai avuta con lui, perciò fu contento di vederlo e fermarsi un po’ con lui.
Fu lì che realizzò quanto per gli altri invece le cose fossero diverse da come le percepiva lui e rimase colpito dal suo discorso che sicuramente non si sarebbe mai aspettato da un allenatore ad un suo ex giocatore.
- Mi dispiace che per portare avanti il progetto di rinforzamento della squadra hanno dovuto sacrificare te! Ho provato a capire se si poteva fare in un altro modo perché ti consideravo essenziale, ma hanno detto che l’offerta era arrivata per te e che era davvero buona. Il loro progetto era comunque sacrificare uno forte per poter fare cassa e avere più soldi per il mercato, ma non avevano stabilito che saresti dovuto essere tu per forza. Però è stata letteralmente la prima offerta buona e concreta ricevuta e considerato che prima avrebbero avuto i soldi per il mercato e meglio era, hanno deciso di accettare. Oltretutto avevano molti centrocampisti in lista, validi. 
Pioli parlò ancora spiegando altre cose, come per esempio che aveva tentato di convincerli a tenerlo, ma a quel punto avevano parlato di Theo; il secondo nella loro lista da vendere era lui perché avrebbero potuto venderlo bene. 
A quel punto aveva dovuto scegliere uno dei due. 
Gli altri con cartellini alti e ben gettonati erano Rafa e Mike, entrambi intoccabili in quel momento per ovvie ragioni. A quel punto aveva dovuto scegliere chi sacrificare con la consapevolezza che un altro terzino sinistro così forte, acquistabile a prezzi ragionevoli e contenuti, non era facile trovarlo. 
Theo era unico, gli aveva detto. Ma lui lo sapeva bene.
Sandro, colpito da quelle rivelazioni di cui non aveva mai saputo nulla, lo ascoltò capendo amaramente che il loro destino sarebbe stato comunque quello. 
La separazione. 
Alla fine della loro reunion shoccante, sospirò e scosse il capo tranquillizzando il mister che sembrava si stesse giustificando in qualche modo.
- Mister, non mi deve spiegazioni! So che sono cose che succedono spesso, uno va sacrificato per il bene del gruppo, è capitato a me, va bene. Non mi avete mandato in Arabia, dopotutto! 
Pioli parve rilassarsi sentendolo sereno. Dopo tutto quel tempo aveva accettato la situazione e l’aveva compresa consapevole che era stato un male necessario per raggiungere un bene collettivo. 
Nel suo piccolo era stato più utile andando via che rimanendo. 
- Resto milanista, sono contento di vedere la squadra rinascere! Sono sicuro che farete bene,... - proseguì sorridendo incoraggiante e stringendo la spalla del suo vecchio allenatore che sembrava turbato da qualcosa. 
- Sono contento che almeno tu la vedi così... 
 A quello Sandro aveva drizzato le antenne e guardandolo attento, chiese: 
- Chi sarebbe che non la vede così? 
Ma lui la sapeva, la risposta. 
Appena fece quella domanda, il suo cuore iniziò stupidamente a battere impazzito. 
Pioli, quasi scusandosi di qualche colpa, disse imbarazzato: 
- Theo ha avuto un brutto scoppio, adesso è sempre molto polemico e nervoso con me, ma capisco la situazione e comunque resta sempre il migliore nel suo ruolo... 
Stefano si giustificò ancora, ma Sandro si era spento al ‘Theo ha avuto un brutto scoppio’. Chiuse gli occhi e scosse il capo sentendosi dilaniato e, per assurdo, contento. 
Scioccamente contento. 
“Tiene ancora a me. Non mi ha semplicemente messo via!”
Si sentiva idiota e meschino, ma con quel moto di coraggio ritrovato, chiese approfondimenti della questione. 
- Poi ha parlato con Simon e l’ha calmato, ma resta polemico come non è mai stato con me. 
Sembrava un po’ disperato e Sandro decise di non aiutarlo a fare il suo lavoro. Non spettava più a lui. 
- Un po’ è colpa mia, perché ho chiuso i ponti con lui. Stavo male ed avevo bisogno di staccare un po’. 
Non andò nei dettagli perché in pochi sapevano della loro relazione, i più sapevano che erano molto legati e molto amici. 
Se Theo aveva detto che lui aveva chiuso, potevano aver tranquillamente pensato in senso amicale. 
Il mister concluse dicendo che aveva fatto quello che aveva dovuto e non doveva giustificarsi. 
- Non te l’ho detto per farti sentire in colpa, non è colpa tua, è lui che deve crescere! 
Sandro rise divertito da quello sbotto stizzito. 
- Theo che cresce? Scrivimi quando succede, mi metterò al riparo dal meteorite che colpirà la Terra!
Con questo i due si salutarono ridendo più sereni e rilassati.
Quando andò via da Milanello, Sandro stava veramente meglio, così tanto che capì che poteva farcela a giocare ancora a San Siro. Non per il mister o quei 4 compagni rivisti.
Semplicemente per la certezza assoluta che Theo pensava ancora a lui.
C’era una finestra aperta. Anzi. Una porta. Conoscendolo, pure un portone.
E lui era là ad aspettare il suo ritorno, consapevole, molto probabilmente, che l’avrebbe fatto.
“Mi conosce, sa che era solo un fragile tentativo che sarebbe fallito. Mi dispiace che sia stato male e che stia ancora così. Ma tutto sommato penso potrei anche darci un taglio con questa stronzata della chiusura.”
Non ne era ancora sicuro e decidendo di prendersi ancora del tempo, precisamente quello che mancava per la prima di Champions a San Siro, non scrisse niente a Theo. 
“Vedremo come andranno le cose, non mi precludo nulla. Nessun progetto, questa volta. Andrò e vedrò che succede perché dipenderà anche da come reagirà quando mi rivedrà!” 
Con un animo mille volte più leggero di com’era quando era venuto, Sandro tornò in Inghilterra consapevole che il giorno in cui sarebbe tornato, sarebbe stato diverso da quello. Molto diverso. 


Note Finali: ovviamente sono miei pareri e visioni, non si sa cosa sia successo realmente quando Sandro è stato venduto né che ruolo abbia avuto Pioli o quali fossero i piani originari, è solo una mia opinione che sarebbe potuta essere andata così. 

Si vede che non ho molta simpatia nemmeno per Gigio? AHAHAHA!