*Finalmente la partita finisce e finalmente arriviamo a quel che mi ha spinto a scrivere questa fic! Il momento in cui Sandro e Theo si abbracciano è la cosa più bella dell'universo ed io non potevo non scriverci su qualcosa. Ora c'è molto dolore nel pensare a Sandro, ma lo sosterrò sempre, a maggior ragione ora che ne ha davvero bisogno. Purtroppo so cosa significa avere a che fare con chi ha quel problema e non mi sognerei mai e poi mai di dire 'Sandro mi hai deluso'. Dirò sempre e solo 'Sandro ti sono vicina con tutta la mia anima.' E lo dico da milanista, ma prima ancora da essere umano. La fic l'avevo scritta molto prima di questo bordello, come ben sapete, perciò non ho toccato nulla nonostante le cose che so ora potrebbero sicuramente cambiare la storia. Ma tant'è che è una fanfic, perciò svaghiamoci che è meglio. Questo giro ci sono più foto perché le scene descritte sono tutte qua, oltre che nelle foto che ho messo nei capitoli precedenti (quelle dove si vedono gli occhietti pieni di lacrime di Sandro sono esattamente di quel momento). Il prossimo è l'ultimo capitolo. Buona lettura. Baci Akane*

5. POST PARTITA

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“Ok Sandro!” si disse al triplice fischio sollevato da un lato che fosse finita e che avesse concluso da bordo campo e che l’allenatore ad un certo punto avesse avuto pietà di lui. 
Era stata una tortura, un’autentica tortura. Non era stato bello nemmeno per un momento. 
Normalmente ci si divertiva a giocare contro i propri amici, ma nel suo caso era stato brutto e basta, ma per fortuna era finita. 
“È andata!” continuò felice. O meglio, una parte di sé lo era. L’altra era di nuovo finita nell’agitazione alla realizzazione di un piccolo non trascurabile dettaglio.
“Bene, ora che un altro scoglio è andato, resta l’ultimo. Uno bello grosso!”
Realizzando d’averlo pensato si morse a sangue l’interno della guancia per non fare figure di merda. Adesso toccavano i saluti. Li aveva rimandati alla fine della partita per rimanere professionale il più possibile e per rispetto verso i suoi nuovi compagni, ma si era ripromesso di salutare i suoi amici come si doveva, così si alzò già con un’altra maglia rispetto alla divisa usata in campo e si fece coraggio.
Non per i propri ex compagni ovviamente, era ben contento di poterli abbracciare.
Ma per Theo. Non sapeva come avrebbe reagito nel ritrovarselo davanti a quel punto senza ostacoli, doveri ed obblighi.
Sandro si concentrò sugli altri trascurando ed evitando di proposito Theo, non andò dritto dritto da lui, andò dritto dritto da tutti gli altri, nella massa più numerosa. 
Alcuni erano nuovi perciò gli strinse rispettosamente la mano, ma i suoi ex li abbracciò felice e vigoroso. 
“Facile!” si disse. Con loro era stato facile, in effetti. 
E bello, anche.
Fino a che, appena scioltosi da un super felice Malik, si ritrovò il suo treno sexy preferito piombargli prepotentemente addosso.
Per la verità non aveva salutato molti dei suoi ex compagni, aveva sperato di riuscire a salutarli tutti, prima. 
Ma lui, naturalmente e nemmeno a dirlo per scherzo, non glielo aveva permesso, infatti appena la sua mano l’aveva afferrato per la spalla, l’aveva riconosciuto subito. 
“Theo!” il suo cervello tuonò solo il suo nome, poi per lui fu il buio. Un buio assoluto.
Uno di quei blackout dovuti alle tempeste colossali che investivano il nord Italia da tutta l’estate. 
Le sue braccia lo avvolsero forti e vigorose e lui si ritrovò a ricambiare l’abbraccio con la stessa forza ed intensità. 
Il mondo sparì.
Il passato sfumò, ogni dovere e progetto. Tutto il dolore, le lacrime e i tentativi di andare avanti.
Andò tutto in una nuvola di caos e rimasero solo le sue braccia calde e forti che lo stringevano in modo così intossicante. 
Non seppe dire quanto durò quell’abbraccio, ma un’ondata ustionante esplose dentro di sé e capendo che stava piangendo o che forse a breve l’avrebbe fatto, girò il viso contro il suo collo e lì nell’incavo sicuro e protettivo, Sandro depositò un fugace bacio. 
Anche quello così come i suoi occhi carichi di emozione fu fuori dal suo controllo. Totalmente. 
Non aveva pensato di essere così sfacciato, anzi per la verità non aveva pensato proprio a niente ed ora eccolo lì appeso e stretto a lui a baciargli il collo. 
Cosa diavolo gli saltava in testa? L’ultima volta che si erano parlati realmente gli aveva detto che aveva bisogno di chiudere con lui perché stava troppo male ed ora addirittura osava baciargli il collo?
Di fatto non si erano detti nulla, si erano guardati ed avevano capito tante cose, ma non si erano detti niente e lui ora lì così gli baciava il collo!
“Idiota!”

Non che si sarebbe aspettato la fuga di Sandro o un abbraccio stitico e freddo da parte sua, ma sicuramente non tanto trasporto e decisamente non un bacio sul collo.
A Theo quello bastò e senza ancora guardarlo in faccia, gli disse all’orecchio, deciso e sicuro e senza il minimo dubbio: 
- Stanotte ti fermi qua, vero?
Non era una domanda perché era scontato che sarebbe stato così.
Si dovettero separare nonostante il bell’abbraccio pieno ed anche più lungo degli altri. 
Poi nemmeno il tempo di guardarsi e parlarsi, che un rompipalle arrivò ad interromperli per salutare Sandro.
Il rompipalle era Tommaso, non aveva nulla contro di lui, ma come cazzo osava intromettersi in quel momento? Tutti i compagni che sapevano di loro erano rimasti alla larga, lui naturalmente che era fra quelli che non sapeva si metteva in mezzo.
COME DIAVOLO OSAVA?
Sandro si staccò e lo abbracciò velocemente con un braccio ed una sorta di contentino. 
Theo non lo mollò. Rimase col braccio sulla sua spalla e la mano intorno al suo collo, le dita sulla nuca a trattenerlo lì a sé con la forza. 
- Eh? - fece nel panico Sandro staccandosi da Tommaso che gli parlava salutandolo.
Questi credendo che dicesse ‘eh’ a lui, ripeté. Theo nemmeno sapeva cosa gli stava dicendo e Sandro sicuramente nemmeno. Lo guardò in viso, i suoi occhi erano sbarrati e nel panico sebbene rispose brevemente guardandolo. 
Per evitare che il mondo notasse che loro due continuavano a tenersi a vicenda, Sandro pensò bene di agganciare la mano alla spalla di Tommaso e a quello Theo strinse la propria per riprendersi il suo e solo suo ragazzo. 
- Allora, ti fermi, vero? - ripeté impaziente. 
Sandro spostò la sua preziosa attenzione su di sé e aumentò il livello di panico nei suoi splendidi occhi come sempre espressivi. 
Quanto li amava. 
Li amava come il primo giorno che li aveva notati perciò un annetto gli ci era voluto, ma alla fine li aveva notati. 
Era un po’ ottuso, è che andava troppo veloce e spesso si perdeva splendidi dettagli. Per fortuna ogni tanto si fermava e poteva ammirarli. 
- Beh, penso che si possa fare... - Sandro ora parlava con lui sebbene Tommaso rimanesse ancora lì convinto che parlassero di qualcosa che potesse interessargli. 
Qualunque cosa gli avesse detto due secondi prima e qualunque cosa Sandro gli avesse risposto per gentilezza, non era minimamente importante. 
“Vattene e lasciaci soli prima che ti insulto!”
- Certo che si può fare, domani non vi allenate, no? Nemmeno io! 
Il solito treno, se ne rendeva conto da solo, ma non ci poteva fare niente. Dovevano parlare e fare tanto sesso, non esisteva che lo facesse andare via così. 
- Ti fermi a Milano? Ci vediamo dopo? - si intromise di nuovo Tommaso pensando che fosse una cosa per amici.
“Ma ci vediamo cosa, Dio Cristo? TU CHI CAZZO SEI?!”
- Eh vediamo se combino, vi scrivo se riesco, ok? - gli rispose ancora confuso Sandro.
Theo spalancò gli occhi e lo fissò truce. 
“Col cazzo ‘se riesco’! Tu riesci! E senza scrivere a nessuno! Nessuno è invitato!”
Tommaso così li lasciò e finalmente poterono avere qualche secondo da soli dei quali approfittarono prima dei prossimi compagni da salutare. 
Non avrebbero aspettato pazienti a lungo. 
Sandro poté tornare a spostare la sua attenzione su di lui e appena vide la fronte piena di vene pulsanti stile supersayan incazzato nero, scoppiò a ridere totalmente aperto e disteso, decisamente senza più caos e panico di mezzo. 
- Dai, ovvio che mi fermo! Però è vero che devo organizzarmi, fammi capire come fare. Dove ci vediamo? - disse sbrigativo e divertito Sandro. 
A pure si divertiva, ora?
E il panico da cucciolo di prima dov’era finito?
Ma al diavolo, era così bello mentre lo prendeva per il culo! 
- Andiamo dall’hotel del mio amico così siamo tranquilli! 
Il famoso hotel del suo amico dove erano stati spesso l’anno precedente non potendo usufruire sempre di casa di uno di loro o di Milanello. 
Sandro così annuì e si staccò dal suo fianco, dove aveva lasciato che la sua mano si depositasse.
Poteva scendere anche un po’ se ne aveva voglia, non si sarebbe lamentato. 
- E senza dirlo a nessuno! - aggiunse brontolando prima di separarsi da lui andando da altri compagni. 
Sandro rise ed il suono della sua risata gli provocò un’ondata di calore che arrivò agli occhi i quali iniziarono pure a bruciargli.
“Dannazione!” si disse seccato asciugandoseli in fretta. Non si era nemmeno accorto di quanto emozionato fosse davanti alla conferma definitiva che fra loro le cose erano tornate come prima. 
Non aveva bisogno di parlare, Sandro. Non l’aveva mai avuto. 
Già sapeva tutto.
I suoi occhi gli avevano già raccontato ogni cosa.
Ci aveva provato disperato e ci era parzialmente riuscito, ma non gli interessava farlo funzionare di più. Lo stato in cui era arrivato era più che sufficiente, adesso senza di lui sarebbe impazzito di nuovo.
Non ci avrebbe più ricavato niente di utile e gli mancava troppo. Adesso era pronto a riprendere da dove si erano interrotti e a farla funzionare da lontano.
Capiva che non era stata una situazione facile per lui perché era in un ambiente totalmente estraneo ed era stato pesante e difficile. 
Theo era rimasto a casa, coi suoi compagni di sempre. Era diverso, per lui, nonostante avesse perso tanti punti di riferimento, Paolo, Sandro, Brahim... 
Gli altri erano comunque sempre lì e tutto sommato quella era casa sua, ormai. 
Per Sandro era un altro discorso e lo capiva, ma adesso era ora di cambiare metodo. 
La separazione totale non l’avrebbe aiutato oltre. 

Per Sandro fu più facile di quel che aveva pensato. 
Ritrovarsi abbracciato a lui era stato il paradiso puro, era stato così bello che sebbene l’avesse preso totalmente alla sprovvista con la sua imposizione di rimanere a Milano quella notte, aveva subito trovato un modo per realizzarlo.
Forse non c’era, ma se l’era creato. 
Aveva chiesto un permesso speciale per vedere i suoi promettendo di tornare in tempo per il primo allenamento che si sarebbe poi tenuto giovedì mattina, di conseguenza dopo essersi lavato e preparato, si era dileguato diventando trasparente. 
Mentre il taxi lo portava all’hotel dell’amico di Theo, il cuore tornò ad accelerare facendolo sentire un ragazzino alla prima notte di sesso. 
“Non sono vergine dannazione!” 
Cercò di richiamarsi all’ordine per evitare un’imbarazzante eiaculazione precoce. 
Il tassista che forse l’aveva riconosciuto ma che probabilmente non era fra i seguaci di calcio, venne profumatamente pagato da Sandro per farsi i fatti suoi, infine una volta che scese dal mezzo, rimase qualche istante fermo davanti all’hotel.
Fissò l’ingresso come avrebbe potuto fare con un mostro terribile. Il cuore in gola, il fiato corto. Era in uno stato pietoso. 
Adesso l’avrebbe rivisto in privato, sarebbero stati soli e senza niente e nessuno a frenarli. 
Né il dovere di una partita importante, né compagni vari o telecamere indiscrete, né tanto meno pubblico ovunque.
Solo loro due.
Aveva accettato di vederlo e stare con lui sull’onda dell’entusiasmo, puro impulso, ma non sapeva cosa avrebbe dovuto dirgli, né se di fatto Theo sarebbe stato d’accordo.
“Ma d’accordo su cosa? Non so nemmeno io che diavolo sto facendo! So solo che se non lo vedo di nuovo, muoio!”
Ancora preda nel caos Sandro si decise ad entrare, appena il custode lo vide lo riconobbe subito e senza fargli dire nulla gli consegnò una copia delle chiavi dicendogli il numero della stanza ed il piano. 
Sandro sorrise imbarazzato e lo ringraziò chiedendosi cosa raccontasse Theo ai suoi amici ed al personale dei suoi amici. 
La domanda rimase nel suo cervello fino al raggiungimento della camera indicata. 
Appena aprì la porta, tutto si azzerò completamente. 
L’ansia era alle stelle e gli attanagliava lo stomaco in una morsa dolorosa. Il cuore ormai in piena tachicardia, i nervi tesi quasi a suonare il violino.
Pensava di morire. 
Varcò comunque la soglia e si chiuse la porta alle spalle, poi si voltò verso l’interno illuminato.
Lo percepì muoversi, ma non fece in tempo a vederlo realmente perché se lo ritrovò addosso. 
Le sue mani gli presero forti e prepotenti il viso, come prima in campo avevano fatto con la sua spalla. Poi la sua bocca premuta sulla propria e il fiato gli mancò così come qualche battito, ma in seguito a questo tutto si normalizzò. 
Sandro si rilassò immediatamente fra le sue mani e sotto la sua bocca. Lo prese per la vita e strinse aprendo le labbra e andandogli incontro con la lingua. 
Il fiato, i battiti, i nervi, il cervello. Tutto a posto. Ogni cosa tornò alla sua regolarità, mentre i sapori uno dell’altro esplodevano nelle bocche fuse, con le lingue che erano già un tutt’uno.
Solo una cosa fuori posto. 
Le lacrime che scendevano dai propri occhi, tanto per cambiare. 
A quanto pareva piangere era quello che gli riusciva meglio. 
Forse era per questo che in molti lo chiamavano ‘Sandrino’, perché avevano capito che in realtà per quanto forte e razionale riuscisse ad essere facendo quel che andava fatto, in realtà aveva un cuore maledettamente ingestibile. 

Tanto per cambiare il suo amore piangeva. Lo percepì perché ad un certo punto il sapore del loro bacio passionale divenne salato. 
Si staccò e lo guardò, ma rise spontaneo abbracciandolo di slancio. Gli nascose il viso contro il proprio collo sempre tenendoglielo fra le mani che scivolarono veloci sulla nuca. 
- Dio, non sei cambiato per niente!
Il suono della propria risata riempì la camera e mentre Sandro si accoccolava contro di sé, lo sentì ridere sommessamente sulla sua pelle.
Rabbrividì per il piacere naturale scaturito e se lo staccò per controllare che non stesse rantolando. 
Sandro rideva fra le lacrime e quando accentuò la propria risata, anche Sandro lo fece e tutto andò meglio. Così meglio che sembrò i mesi atroci passati fossero in realtà solo un brutto sogno.
Sapeva che la propria risata era la cura migliore per Sandro e per questo si era arrabbiato tanto senza però avere mai il coraggio di andargli contro.
Sapeva che si era privato del mezzo migliore per andare avanti, ma non aveva mai avuto cuore di litigarci per non farlo stare ancora peggio. 
L’amava troppo. 
Quando lo realizzò si fece lentamente più serio rimanendo comunque con un sorriso stampato in faccia. 
Un sorriso un po’ di rassegnazione, in realtà.
Basta illudersi. La realtà era una sola ed adesso non aveva più paura di dirgliela. 
- Ti amo, Sandro!