20. COMPLICANDO UNA COSA COMPLICATA

theodani

Theo non aveva idea che per Daniel quello era il solo modo per sopravvivere a quel senso di terribile e schiacciante dolore che provava nel vederlo. 
Ma anche Daniel non aveva minimamente idea di che cosa aveva appena scatenato nel suo amico che gli stava tanto vicino. 
Appena era entrato in sala e aveva visto Theo là nel gruppo, aveva sentito una fitta di profonda vergogna, una di quelle che erano difficili da dimenticare. Aveva provato il fortissimo istinto di andarsene, solo la presenza accanto di Alexis l’aveva aiutato a rimanere lì e gli era venuto spontaneo cercare la sua mano.
Stringergliela non l’aveva riempito di vergogna, l’aveva aiutato a rimanere lì. Gli aveva dato la forza che aveva disperatamente cercato. 
Non si era fatto domande, era solo rimasto a sopportare ogni cosa. 
Quando la riunione si concluse, Daniel vide subito Theo scattare in piedi e girarsi verso di lui. Capendo che voleva parlargli ancora, Daniel lasciò la mano di Alexis e alzandosi di scatto, borbottò sbrigativo: - Digli che non voglio parlargli! 
Dopo di questo volò via da lì. 

Alexis rimase così con la mano aperta e la sensazione di avere ancora la sua lì, stretta come prima. Si morse inebetito la bocca e spostò confuso gli occhi su Theo che cercava di inseguire Daniel, così reagì istintivamente e scattando a sua volta, gli prese il braccio e lo fermò. 
- Theo, Theo, Theo no! 
Lo afferrò e lo tirò obbligandolo a non proseguire. Quando si girò sconcertato e seccato, Alexis lo guardò con aria di scuse. 
- Ha bisogno di tempo, lascialo un po’ in pace, ti prego... 
Samu li raggiunse e circondò le spalle di Theo cercando di sdrammatizzare come sempre. 
- Amico, non puoi ossessionare così le prede od ottieni l’effetto opposto... lascialo respirare, vedrai che quando si calma sarà lui a cercarti. Credo che nella tua vita precedente tu fossi un predatore, uno di quei felini grandi e pericolosi, un ghepardo, magari... 

Theo non ascoltò il resto, ma solo il concetto espresso da entrambi. 
- Dargli tempo... - borbottò fra sé e sé. 
- E quanto? 
Alexis si strinse nelle spalle guardando la porta da cui Daniel era sparito. 
- Verrà lui... credo... 
Theo scosse la testa sospirando scontento. 
Non avrebbe aspettato i comodi di Daniel. Prima Alexis gli diceva di non attendere le sue lune e poi di aspettare. Doveva mettersi d’accordo. Si stava scocciando, questa era la sola cosa che capiva. 
- Sai, mi sa che con lui nessuno ha la minima idea di come bisogna fare, c’è solo una cosa certa... che tanto alla fine sbagliamo sempre! 
Theo si scrollò da entrambi che lo tenevano uno per lato e se ne andò prendendo la stessa porta da cui il compagno era sparito. 
Non con l’intenzione di cercarlo, ma comunque con una rabbia che lenta ed inesorabile montava in lui. 

Suo malgrado rispettò le sue paturnie e lo lasciò in pace. 
Per tutta la partita che fra l’altro il terzino sinistro giocò come sempre, al contrario di Daniel che, di nuovo, non toccò campo. 
Veder arrivare un altro attaccante dal mercato invernale l’aveva deluso, capendo che avrebbe avuto davvero poco spazio per giocare. Non si era illuso all’inizio dell’anno, sapeva che era presto per puntare ad un posto più attivo, però aveva sperato di essere usato almeno ogni tanto, un po’... in quel modo rischiava di perdere il ritmo, l’intensità e pure le proprie capacità.
Lui aveva molta fiducia in sé stesso, sapeva di valere, però sapeva anche che spesso se non si sfruttava a dovere quello che si aveva, poi lo si perdeva. 
Sapeva che non dipendeva da suo padre, se aveva preso Mandzukic significava che il mister aveva chiesto un altro attaccante più esperto invece che usare ciò che aveva. 
Ovviamente giocavano in ruoli diversi, però a lui era comunque sempre preferito qualcun altro.
La situazione a calcio per lui non era delle più rosee e mentre guardava il Milan in panchina si era chiesto miliardi di cose, frustrato ed in uno stato d’animo pericolosamente distruttivo. 
“Se non fossi suo figlio magari chiederebbe di usare meglio tutte le risorse disponibili, ma visto che io sono suo figlio non lo può chiedere o sembrerebbe un favoritismo. Non è nello stile di mio padre. Già che sono in prima squadra con lui che è direttore tecnico è qualcosa di incredibile. Forse se me ne andassi potrei giocare e riprendere la mia forma, dimostrare che sono capace di giocare, che sono valido, insomma, e poi mi potrebbero usare qua dove voglio avere successo.” 
Normalmente quando qualcosa non andava bene nel privato, ci si buttava nel lavoro o nelle passioni, se queste coincidevano ma non c’era verso di poterci dar dentro perché non te lo permettevano, la cosa si complicava.
Daniel iniziò a sentirsi sempre più frustrato, specie vedendo quanto Theo giocasse opaco quel giorno. 
Si capiva che aveva altro per la testa. 
“Oltre che non essere considerato dal mister, sono pure responsabile di come il loro pupillo gioca di merda... che capolavoro di utilità che sono!”
Si disse frustrato mentre guardava Alexis con disperazione, sperando che uscisse prima del triplice fischio e che gli si sedesse accanto. 
Cosa che, naturalmente, non successe. 
Daniel andò con gli altri in spogliatoio ma si cambiò velocemente con la sola intenzione di evitare Theo. 
Si sentiva carico di una vergogna e di una frustrazione senza pari. Si era concesso a lui, aveva ceduto e per cosa? Per un idiota che non sapeva cosa voleva, cosa provava? Che magari non provava assolutamente niente? 
Fu il primo ad essere pronto e schizzò come un fulmine verso l’uscita ad aspettare i compagni in pullman, nel tragitto notò l’arrivo di suo padre che era stato bloccato da qualcuno e approfittando di quel momento in cui stava di spalle, prese e girò di scatto per nascondersi anche da lui. In quelle condizioni lui si sarebbe immediatamente accorto che aveva qualcosa e non poteva rispondergli e il non poterlo fare lo faceva sempre sentire un verme, perché lui era un padre meraviglioso e non meritava di essere messo da parte. 
Appena si voltò per andarsene anche da lì, si ritrovò a sbattere contro un corpo atletico e sudato fradicio. 
La faccia contro la sua spalla senza maglietta. Daniel impallidì riconoscendo per prima cosa i tatuaggi, poi la consistenza dei suoi muscoli e della sua pelle. 
Non che avesse addosso un profumo particolarmente buono, visto che veniva da più di 90 minuti di gioco, ma comunque un insieme di fattori devastanti lo mandarono in confusione. 
- Theo! - disse a fior di labbra, fissandolo mentre lo allontanava con le mani sul suo petto nudo e ancora sudato. Quelle di Theo andarono subito sui suoi fianchi, lui al contrario ben vestito, asciutto e veramente profumato. 
Daniel avvampò sentendosi di nuovo profondamente attratto da lui, per un momento pensò che se fossero stati soli in una stanza sicura, avrebbe ceduto ancora. Lo pensò realmente, ma lì, su due piedi, con la voce di suo padre che parlava a qualche metro, si ricordò di tutto e rimase saldo. 
Scosse il capo e sgusciò via senza dire nulla, sperando che ovunque sarebbe finito percorrendo quel corridoio, sarebbe stato lontano sia da Theo che da suo padre. 
Speranza vana. 

Theo non aveva le idee chiare, era vero, ma una cosa la sapeva. Non poteva lasciar perdere. Non sapeva perché, sapeva solo che era così.
Samu ed Alexis potevano dire quello che volevano, ma non la vivevano al suo posto. Loro non erano lui.
“Col cazzo che gli lascio spazio! Lo spazio l’ha avuto! Una giornata intera! Adesso basta!”
Così dicendo lo inseguì così com’era, in shorts, a torso nudo, tutto sudato e sporco. 
Non lo richiamò, ma corse concentrato sul non cadere avendo su ancora le scarpe da calcio pronte a farlo scivolare su una superficie che non era la terra e l’erba. 

Appena svoltò l’angolo Daniel si ritrovò in un punto morto, nessuno sbocco, nessuna uscita da quella parte. Daniel si fermò e si appoggiò lì di schiena respirando. Era un idiota. Come faceva a perdersi nei corridoi di uno stadio? Dove diavolo era finito? 
La testa all’indietro, gli occhi chiusi, convinto che in quel caos, con il suo idolo lì nelle vicinanze, Theo alla fine avrebbe scelto suo padre come sempre e non lui. 
Ma una manata vicino alla sua faccia gli fece spalancare gli occhi di soprassalto. 
- Continuerai a scappare da me per sempre? - chiese stizzito Theo a pochi centimetri da lui, appoggiato alla parete su cui stava, l’altra mano sul fianco. 
Daniel sorpreso e nel panico cercò di fissarlo solo negli occhi, ma i propri scesero traditori subito sul corpo decisamente poco vestito. 
Il caos al di là dell’angolo cieco in cui erano finiti non sapeva nemmeno come. Non era un posto realmente sicuro, lo sapeva bene. 
Lui lì a torso nudo, sudato, la maglietta con cui aveva giocato gettata sulla spalla. 
- Ti verrà un colpo, non siamo in estate. - disse come se avesse senso, come se quello rispondesse alla sua domanda. Theo si staccò dalla parete e allargò seccato le braccia, dimostrandosi arrabbiato. 
- Rispondimi! Scapperai per sempre? Lo sai che siamo nella stessa squadra? È così che affronti le cose? Mi devi dire cosa ho sbagliato, cosa ti aspettavi, cosa volevi... perché lasci fare tutto a me e poi se non va bene mi dici di tutto e mi eviti? A me così non sta bene, lo sai? 
Daniel in un primo momento si sentì in colpa ed in difetto per come aveva gestito tutto, ma poi tornò a montarsi di rabbia e lo spinse senza volergli fare veramente male. Theo indietreggiò di qualche passo e per poco non cadde per via delle scarpe che imprecando si tolse con movimenti stizziti. Rimase scalzo, con le calze da calciatore abbassate in precedenza, che tenevano di poco su i parastinchi. 
- Mi dispiace che non ti piace se ti ignoro, ma se lo voglio fare è mio diritto! Perché non posso non parlarti più? Perché non puoi rispettarmi? Dopotutto per mesi non ci siamo minimamente cagati, cazzo! Cos’è successo ora d’improvviso? Cosa vuoi tu da me, dannazione!? 

Theo si ritrovò investito da una raffica di rabbia cieca e si ritrovò eccitato. Non capiva perché ma adorava quando litigava con Daniel, quando reagiva così male, quando faceva il diavolo. Così invece di placarlo, lo istigò assecondandolo. Normalmente non reagiva, ma quella volta lo fece e tornò a picchiare con la mano sulla parete dove appoggiava Daniel, tornando a bloccarlo col suo corpo. 
- Te l’ho chiesto io. Cosa cazzo vuoi tu? Perché devo essere io ad espormi, devo indovinare cosa vuoi e assecondarti e poi se sbaglio vengo messo in croce. Perché non sei chiaro? Cosa provi, cosa vuoi, Daniel? 
“Infuriati, arrabbiati ti prego!” pensò in un lampo con occhi fiammeggianti e l’eccitazione sempre più prepotente fra le gambe. 

Daniel rimase fisso sui suoi occhi, quella volta, e con le spalle al muro in senso letterale e figurato, reagì proprio come Theo aveva sperato.
Gli prese il viso con una mano e artigliandolo, lo tirò ulteriormente su di sé baciandolo con foga.  
Perché, dannazione, aveva ancora così chiara la loro notte insieme, i loro corpi fusi, le lingue intrecciate proprio come ora.
Una mano sul viso, l’altra corse nell’inguine. Theo che ora appoggiava con entrambe le braccia sulla parete, ai lati della testa di Daniel mentre lo baciava, era già duro ed iniziò a masturbarlo ferocemente tenendoselo contro, quasi come se lo coprisse col suo corpo forte e sicuro. Le loro lingue intrecciate in una lotta nelle bocche unite ed aperte che si premevamo selvaggiamente. 
Theo stava per spostare le mani su di lui, ma Daniel non glielo fece fare scivolando giù in ginocchio e prendendogli l’erezione dura e dritta in bocca, senza esitare un solo istante. 
Theo impreparato a quello lo guardò stralunato da sopra sempre appoggiato con le braccia piegate contro la parete, la fronte su di esse. Diede una breve occhiata all’angolo del corridoio che li proteggeva dal mondo, vide che non sembrava avvicinarsi nessuno poiché non era una parte che aveva uno sbocco, sembrava anzi che il caos andasse diminuendo perché il posto ora iniziava a svuotarsi. 
A quel punto decise di non fermarlo e accompagnò i movimenti di Daniel spingendo con l’inguine come se lo scopasse. L’eccitazione salì alle stelle, nemmeno ci credeva che stesse succedendo, le volte precedenti il ragazzino per vendicarsi l’aveva sempre lasciato sul più bello senza dargli l’orgasmo, ma questa volta era diverso. 
Questa volta lo fece venire. 
Ansimante guardarono il liquido bianco schizzato per terra, lì davanti a loro. Daniel risalì in piedi strisciando fra lui e la parete, lo baciò di nuovo, immerse una mano fra i suoi capelli corti e sudati sulla nuca e mormorò sulle labbra, guardandolo intensamente negli occhi. 
- Voglio te, va bene? Voglio una storia completa con te. È questo che voglio. Ma è ovvio che sei tu che non sai cosa vuoi e forse semplicemente non vuoi niente. Perciò smettiamola qua prima che faccia troppo male. Solo non prendermi più per il culo in quel modo. Vai con qualcun altro, dimenticami, toglimi dal tuo mirino!
Con questo Daniel scivolò via da sotto il suo corpo che lo proteggeva dal mondo che per fortuna decise di non disturbarli nonostante il rischio enorme corso. Sgusciò via dalle sue braccia che tentavano ancora di bloccargli la strada e senza permettergli di dire nulla o afferrarlo, andò via. 
Theo, senza parole, ancora eccitato ed ansimante, rimase lì contro il muro, mezzo nudo con pantaloncini e slip abbassati il necessario, sconvolto. Incapace di capire cosa fosse successo, cosa fosse quello. 
Era vero? Aveva ragione Daniel? Non sapeva cosa voleva? Non voleva nulla? 

Quella sera, a casa, Daniel chiese a suo padre di poter fare qualche partita con la Primavera della squadra perché aveva bisogno di giocare. Non aveva mai chiesto favori a suo padre sfruttando il suo ruolo ed il loro legame di parentela, ma quello non era un dramma, probabilmente. Era più che ragionevole chiederlo. Paolo rimase stupito che per la prima volta Daniel gli chiedesse un favore che sfruttava la sua posizione di direttore, che glielo chiedesse in quanto figlio. Così decise di accontentarlo, capendo che forse il suo strano atteggiamento derivava solo dall’insoddisfazione portata dal poco gioco. 
Ragionevole, dopotutto. Sensato, insomma. 
Così ok, si disse. Gli avrebbe dato l’occasione di giocare per un po’ con la Primavera. 

Era la prima volta che gli chiedeva di venire da lui a quelle ore impensate. 
Aveva scritto proprio così. 
‘Ho bisogno di te ti prego vieni’
Ad Alexis era venuto un colpo, il cuore aveva iniziato a battergli prepotente nel petto, memore delle cose accadute quello stesso intensissimo giorno e della rivelazione che l’aveva colpito come uno schiaffo a freddo. 
Prima la fronte, poi le mani ed ora quello. 
Sapeva che Daniel faceva così solo per trovare conforto riguardo una cosa che lo faceva soffrire, ovvero Theo. Però non poteva che sentirsi confuso ed allo stesso tempo stupidamente al settimo cielo per quei momenti con lui, rubati ad un dolore che gli dispiaceva lui provasse, ma che per lo meno gli stavano aprendo gli occhi su qualcosa che non avrebbe mai immaginato di provare. Non in quel modo inatteso.
Era stato innegabile che gli era piaciuto prendersi così cura di lui, averlo addosso, stringergli la mano. Aveva sicuramente iniziato a provare qualcosa per lui. Peccato che sicuramente Daniel non se ne rendesse conto e non provasse lo stesso.
Mentre ci andava, però, ricordava le parole di Theo dopo la partita contro il Bologna, in particolare negli spogliatoi. Era stato un discorso delirante durante il qual il francese aveva cercato di capire per l’ansima volta Daniel, confuso su cosa volesse e cosa dovesse fare con lui. Quando Alexis gli aveva detto che qualunque cosa fosse non aveva importanza perché lui dopo la notte insieme gli aveva detto che era uguale ciò che sarebbe dovuto succedere fra loro, Theo era sbottato esasperato dicendo che avevano capito male e che non era vero né che per lui era uguale, né che non voleva nulla.  
Quando si era calmato si era spiegato bene e Alexis ancora ricordava benissimo le sue parole.
‘Non volevo deluderlo e irritarlo dicendo la cosa sbagliata. Che ovviamente ho detto. Io volevo solo che si esponesse per primo e a quel punto gli sarei venuto incontro. Ma non perché non lo volessi o fosse uguale. Solo perché non volevo perderlo. Se voleva fossimo solo amici l’avrei accettato, ma è ovvio che volevo stare con lui...’ 
A quel punto Alexis aveva solo potuto rispondere con cuore sincero, mettendo da parte ogni personale realizzazione su Daniel. 
'Devi solo essere sincero. Esporsi per primo è un rischio enorme e fa male, ma anche se lui non avesse voluto la stessa cosa non l’avresti perso, perché lui avrebbe apprezzato la sincerità.’ 
Alexis si riscosse dal ricordo di quella conversazione conclusa con l’incitamento di aspettare un po’ prima di spiegargli bene le sue reali intenzioni. 
Forse aveva fatto male a fare il cupido fra quei due. Forse si sarebbe dovuto svegliare prima e capire quali erano i suoi reali sentimenti, rendersene conto prima e aiutare sé stesso. 
Ma avrebbe fatto ancora in tempo?


Note Finali: precisiamo che io non sono mai stata nei sotterranei di alcuno stadio, non so come siano ma me li immagino come dei labirinti. Probabilmente è un'idea sbagliata! ^_^' Ad ogni modo facciamo finta che la scena da me descritta sia plausibile e fattibile. È quasi impossibile che due facciano quello che fanno loro senza una copertura sicura, ero tentata di spostarli in uno stanzino, ma volevo rendere quanto Daniel fosse fuori di sé e quanto in realtà lo desiderava. Spero tutto sommato sia un capitolo fattibile.

Daniel ha veramente giocato qualche partita con la Primavera in quel periodo, i riferimenti alle questioni pratiche che succedono nel Milan sono reali, mi sono ben documentata per poter inserire qua e là degli arricchimenti su quanto succedeva intorno a loro a livello professionale, oltre che appunto nel privato.

Grazie per la pazienza e chi continua a leggere. 

Baci Akane