33. TRAGICA REALTÀ

dani

Daniel aveva capito immediatamente che se non avesse corso non sarebbe riuscito a finire. Era importante andare fino in fondo, ma non per sé stesso e per capire ciò che voleva capire con tutte quelle prove. 
Era importante per Alexis, per non farlo rimanere male. 
Perché improvvisamente, in un istante, era diventato estremamente essenziale non farlo rimanere male, la cosa più importante di tutte. 
Non far soffrire Alexis, non farlo piangere. 
Qualunque cosa, ma quello no. 
“Dovevo arrivare a questo punto per capirlo? Non potevo arrivarci prima senza fare questo casino? Ed ora come ne esco?”
Il problema, mentre le dita di Alexis lo carezzavano dolcemente sulla schiena, stesi nel suo letto, non era trovare la risposta alla sua domanda.
La risposta ormai l’aveva.
Il problema era proprio la risposta in sé.
Perché lo capiva solo ora, dopo aver fatto sesso con Alexis. 
Aveva pensato anche lui che amare Alexis era decisamente più facile ed ovvio, peccato che la realtà alla fine andasse sempre per i fatti propri e non seguisse mai alcuna logica. 
Certamente Alexis era più facile da amare, più dolce, perfetto per chiunque. Impossibile da non preferire a tutti. 
Peccato che non riusciva più a smettere di pensare a Theo, persino nell’amplesso finale di qualche istante prima non era riuscito a fermare la propria mente dal ricordare com’era stato con lui. 
Aveva preso fuoco per questo, furioso con sé stesso. 
Ora viveva la tragedia peggiore di tutte. 
Quella totale incapacità di accettare la risposta trovata, vivere la realtà dei fatti. 
“Voglio Theo, ma non credo di essere capace di ferire Alexis...”
Proprio quando pensava che le cose non sarebbero potute peggiorare, ecco che lo facevano. 
Chi sceglierebbe uno come Theo, si era chiesto l’interessato qualche giorno prima. 
Uno come Daniel.
Ma era anche vera un’altra cosa.
Chi ferirebbe mai uno come Alexis? 
Nessuno. 

Se ne era andato in silenzio, pensando che Alexis si fosse addormentato, un po’ come aveva fatto con Theo. 
Alexis aveva fatto finta di dormire, notando un pesantissimo silenzio, un silenzio che non era mai capitato in quel modo fra loro. Quel tipo di silenzio che faceva un gran male. 

Appena solo, Alexis aveva alzato gli occhi in alto, nel soffitto buio della sua camera. 
Magari era veramente solo imbarazzo perché fino a quel momento erano stati amici, ma c’era la tragica probabilità che anche trattandosi di quello non sarebbero riusciti a superarla. 
Tragica realtà. 


Theo stava passando la notte peggiore della sua vita, ubriaco fradicio a casa di Samuel a lagnarsi. 
Nemmeno lì in quelle condizioni si stava facendo l’amico. 
Era risaputo da sempre che il rimedio migliore alle delusioni amorose fosse il sesso e si tendeva a farlo o col primo sotto mano o con un buon amico che poteva capirlo e sostenerlo senza rovinare tutto dopo. 
Samuel ci aveva sperato, ma poi vedendolo prima vomitare nel suo water e poi addormentarsi sulla tazza, seduto lì abbracciato al sanitario di ceramica bianco che spiccava sulle piastrelle nere, aveva capito che non c’era storia in alcun universo. 
Ad Alexis forse stava andando bene e glielo augurava perché era una persona dolcissima e perché tifava per gli amici innamorati, ma succedeva ad una coppia di amici su mille che nel trasformarsi in fidanzati le cose funzionassero. 
Samuel sospirò guardando Theo riverso sulla tazza con le braccia a circondarla e la testa lì sopra, notando che non vomitava da un po’ gli chiese se avesse finito. Dopo un cenno che doveva essere affermativo si rassegnò, lo prese e se lo issò alzandolo letteralmente di peso. 
- Sei proprio un amico... - biascicò appoggiando la faccia contro il suo collo, provocandogli così una serie di brividi che lo fecero imprecare. 
- E pure fesso! - rispose seccato. Theo ridacchiò senza capire perché si considerasse fesso. 
Solo quando lo buttò malamente sul divano lasciando una gamba ed un braccio a penzoloni, gli parve di capire a cosa si riferiva. 
- Se vuoi trombare con qualcuno puoi farlo, tanto io fra poco muoio. Non vi sentirò...  
Certo, era sicuramente quello. 
La vena sulla tempia di Samuel iniziò a pulsare pericolosamente di rabbia mentre faticava a non prendere il vaso all’ingresso e spaccarglielo sulla testa. 
“Sei proprio un idiota! E più idiota sono io che non capisco proprio che cazzo ci trovo in te e cosa ci spero a fare ancora e ancora e ancora!”
Alla fine scrisse al suo ultimo nuovo amico, decidendo che quella stronzata appena borbottata Theo ubriaco fosse la cosa più sensata sentita quella serata. 


Quando Daniel era rientrato in casa era ormai l’alba e suo padre l’aveva sentito. Non si era stupito per l’ora tarda di rientro, dopotutto era nell’età degli orari impossibili e non avendo giocato poteva permetterselo. 
Tuttavia senza volerlo, alzandosi per andare al bagno, aveva sentito il figlio parlare al telefono. Probabilmente con Lorenzo a giudicare dal tono confidenziale e da come lo aggiornava su qualcosa. 
Non era uno che spiava i figli anche se li teneva sempre molto d’occhio perché voleva assicurarsi che stessero bene, ma in quell’occasione captando dietro la porta del bagno Daniel parlare, decise di non uscire per non creare del tipico imbarazzo. 
Era ovvio che stesse parlando dei fatti suoi con un amico, sapeva che era riservato e non avrebbe gradito condividere nulla col padre. 
Perciò non fu intenzionale, fu un incidente per lui sentire la sua frase.
- Ho fatto un casino con Alexis e non so come uscirne. Non credo di poterglielo dire. 
Solo questo, un audio probabilmente. Paolo vide la maniglia abbassarsi e in quello decise di fare finta di nulla. Aprì il rubinetto per lavarsi le mani dopo aver urinato e fu lì che suo figlio si ritrovò il padre in boxer in bagno alle quattro di mattina. 

Daniel si irrigidì guardandolo, poi notò che suo padre in boxer di notte poteva essere ancora il desiderio poco segreto di Theo e fece un sorrisino divertito all’idea di mandargli una foto. 
Non avrebbe di certo fatto uno scatto a suo padre in quelle condizioni, ma ridacchiò alla faccia che avrebbe potuto fare Theo nel ritrovarsi quel regalino sul telefono. 
- Ciao... - lo salutò senza realizzare pienamente che grazie al pensiero su Theo si era sentito subito meglio. 
- Ciao... - rispose cordiale suo padre, con una piega affettuosa che per i figli avrebbe sempre avuto. - Tutto bene? - chiese come di consueto, specie se il suo radar infallibile aveva colto qualcosa di strano. Daniel non si stupì che l’avesse percepito subito, non sbagliava mai quando aveva qualcosa che non andava. 
Gli sorrise affettuoso e con una morbidezza che riservava solo a lui sempre in bilico fra l’essere impiccione ed il lasciare tutti gli spazi necessari, annuì ed andò verso il water. 
Paolo decise di non forzare alcuna confidenza. Non in quel momento. 
Non in bagno alle quattro di mattina. 

Lo fece il giorno dopo ad ora di pranzo. 
Daniel si era alzato stile zombie dopo la sua nottata insonne, Paolo nel frattempo aveva fatto un sacco di cose fuori casa per poi tornare per pranzo che diventava la colazione di suo figlio.
Lo lasciò mangiare la sua tazza di latte e cereali accompagnata da un succo d’arancia e dal caffè, mentre lui invece faceva un pranzo serio e normale. 
Poi, al termine, mentre insieme sorseggiavano il caffè seduti sul divano, uno ben vestito perché sarebbe uscito ancora nel pomeriggio sempre per lavoro, e l’altro in shorts, maglietta e capelli spettinati, Paolo disse a Daniel che stava scrivendo sul cellulare con un’aria cupa terribile: - La cosa migliore è la sincerità. Per quanto sia difficile e faccia male, alla fine è comunque meglio. 

Daniel in un primo istante si era irrigidito ed oscurato senza capire bene cosa intendesse e perché gli dicesse quello, poi capendo che era solo il suo solito padre impiccione che non riusciva a stare fuori dai problemi dei figli, non realmente, fece un sorrisino che sarebbe dovuto essere difensivo. 
- Hai sentito? Lo sapevo che dovevi aver sentito... mi stupisce che non hai detto subito qualcosa... 
Paolo non si scompose, sorrise brevemente a sua volta, sempre pacato. 
- Non mi sembrava il caso a quell’ora in bagno. 
Daniel apprezzò il tentativo di alleggerimento, poi sospirò e si fece serio fissando il telefonino senza guardarlo realmente. 
In mente solo Alexis e la notte con lui. 
- Non è così facile... - disse infine. 
Paolo in realtà non si avvicinava minimamente con la propria immaginazione a quella che era la verità, ma disse la sua comunque. Come sempre. 
- Lo immagino. Ma devi essere lungimirante e pensare a come sarà se adesso non fai subito quello che va fatto. Di qualunque cosa si tratta, sai che sarà peggio. 
Daniel voleva rispondere male e stizzito e dirgli di farsi i fatti suoi, ma con suo padre non ci riusciva sempre. Specie quando aveva ragione. Non sapeva niente, ma aveva ragione comunque. Era snervante vivere con lui. 
Nonostante questo, non rispose e se ne andò in camera. 


Alexis si era svegliato con l’amaro in bocca e quell’amaro era rimasto per il resto della giornata fino a quando non era tornato a Milanello, nel pomeriggio, per gli allenamenti con la squadra. 
Quell’amaro gli diceva che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto, come avrebbe voluto. 
Non riusciva ad afferrare bene la questione, ma più le ore proseguivano nel silenzio tombale fra lui e Daniel, più aveva certezza che decisamente qualcosa c’era. 
Non era sicuro che fosse l’imbarazzo del passare attivamente da amici a fidanzati, ammesso che lo fossero. Amanti, magari. 
Si era trascinato nel silenzio per tutto il giorno fino a Milanello, quando col cuore in gola gli era venuto quasi un attacco di panico sia all’idea di vedere Theo, che Daniel. 
Invece il colpo di grazia glielo aveva dato un altro Maldini, non quello che avrebbe voluto sentir parlare però. 
Il Maldini in questione era Paolo presente a Milanello in quanto dirigente a sostenere la squadra nel momento più delicato della stagione.
Con la sconfitta contro la Lazio erano in bilico fra l’essere dentro e fuori dalla zona Champions del prossimo anno, l’obiettivo minimo rimasto ormai. 
Lui ne aveva di esperienza di momenti del genere nella sua vita di calciatore. Chi meglio di lui per dare forza e coraggio ad una squadra che lì più che mai aveva bisogno di tenersi in piedi e non mollare?
Tutti rimasero colpiti dalla sua presenza, ma soprattutto dalla sua posizione. Non di dirigente deluso che voleva mettere pressione ad una squadra in ginocchio, bensì un dirigente che era parte del gruppo e che voleva sostenere e tirarli su.
Lo fece parlando uno ad uno a tu per tu e poi insieme più tardi, in gruppo, in procinto di iniziare l’allenamento. 
Alexis non sapeva cosa aspettarsi da quella conversazione, sia pure breve. 
Appena lo vide arrivare e venirgli incontro il cuore gli si capovolse nel petto. Era il figlio della persona che amava perdutamente, con cui proprio quella notte aveva fatto sesso, con cui non capiva più in che rapporti fosse. 
Ed ora invece che parlare col diretto interessato che preferiva stare in silenzio per conto suo, parlava col padre del suddetto. Paradossale. 
“Non sono mai finito in una situazione meno assurda di questa... e quello non si fa nemmeno ancora vivo!”
Daniel non si decideva né a venire né a scrivergli, ma non sapeva che non l’aveva fatto nemmeno con Theo. 
Nella sua mente Daniel dopo di lui era corso a finire il resto della nottata, o meglio mattinata, dal loro compagno di squadra. 
Il discorsetto di Paolo era durato in tutto forse nemmeno un minuto completo, magari uno e mezzo. La prima parte, anzi, tre quarti era stato tutto sul calcio, sul non mollare nel momento più importante, che aveva visto ottenere i risultati giusti anche nei momenti più impensati. 
L’ultima parte, qualche secondo, era stato: - E comunque non mollare in nessun aspetto della tua vita, non solo in quella professionale. 
Con questo si era congedato accogliendo un altro compagno. 
Ad Alexis per poco non era venuto un infarto, quello completo gli era venuto con la voce allegra di Daniel che, alle sue spalle, si era degnato di farsi vivo. 
- Ehilà! 
E lì, proprio lì, al povero belga venne veramente un colpo. Perse qualche anno e prima di voltarsi ben sapendo chi stava arrivando dallo spogliatoio, pensò che sarebbe morto. 
Poi però lo vide sorridente e sicuro come sempre e tutto venne spazzato via. Ogni dubbio e paranoia, ogni ansia e debolezza. 
Forse si era sbagliato, pensò mentre Daniel lo raggiungeva tranquillo con il borsone d’allenamento in spalla. 
Lo stomaco venne attanagliato per un momento incastrandosi nei suoi occhi che diretti lo fissavano, cercando di proposito il contatto diretto. 
Poi gli rispose: - Ehi, ciao... come stai? 
Mentre sentiva il proprio viso avvampare, Daniel gli circondò le spalle con un braccio più affettuoso del solito. 
Questo lo spiazzò definitivamente. 
“Prima mi fa pensare che ci sia qualcosa che non va e poi sembra che sia tutto esattamente come speravo che fosse... sono matto io o lui è un’altalena?”
- Io bene, e tu? Ti ho visto parlare con mio padre... - fece subito per accertarsi di cosa avessero parlato. Alexis annuì e decise su due piedi di omettere il dettaglio finale, incerto su cosa poi avesse inteso il signor Maldini. Che Daniel si confidasse con lui era strano, lo conosceva e sapeva che per quanto buoni fossero i loro rapporti, non si sarebbe mai aperto tanto con lui. 
- Sì, mi ha detto di non mollare adesso, che è proprio quando servono risultati che alla fine arrivano... è stato molto carino... non ho mai visto un dirigente così presente! 
Lo pensava veramente e non solo perché era suo padre, Daniel sorrise dolcemente senza nemmeno rendersene conto. 
- Vero? 
Così tutto sembrò andare a posto. Ore ed ore di silenzio spazzate via in un attimo con un atteggiamento totalmente brioso, come nulla fosse mai accaduto. 
Ma forse in effetti era proprio così. 
“Ma ho sognato che facevamo sesso?”
Seguendolo verso il campo raggiunsero gli altri e si guardò bene dal citare la loro notte appena passata, imbarazzato per primo all’idea di farlo. Consapevole che non sarebbe comunque dovuto esserci vergogna nel parlarne. 
Lì tornò di nuovo la sensazione pressante ed amara che qualcosa davvero dopotutto non andasse.