34. LA PERSONA PIÙ DOLCE
I postumi avevano demolito Theo. Aveva dormito nel divano di Samu per tutto il resto del giorno, nemmeno si era accorto del ragazzo sconosciuto che se ne andava all’alba e nemmeno di Samu che usciva per qualche commissione personale.
Aveva dormito della grossa, poi si era svegliato con un mal di testa da paura ed aveva maledetto l’universo intero.
Peggio era stato quando aveva visto il telefono.
Nessun messaggio di Daniel.
“È finita!” si era detto. “Ma lo sapevo!”
Un po’ meglio era andata quando Theo aveva visto il suo idolo, Paolo Maldini, lì per confortare i suoi giocatori, lui fra loro.
Non aveva sentito e registrato mezza parola, ma il suono della sua voce pacata e il suo profumo sì, gli era penetrato dentro. Era stato maledettamente meraviglioso.
“Fortuna che esiste lui!” pensò Theo trovando le forze di trascinarsi in campo con un sorprendentemente attento Samu. Cercava di fargli da scudo contro i compagni curiosi sulle sue evidenti pessime condizioni. Qualcuno aveva pensato che fosse a pezzi per la sconfitta contro la Lazio, qualcuno aveva capito che doveva essere capitato qualcosa.
Samu era stato il suo angelo custode e nessuno era arrivato a lui.
Nemmeno Daniel che comunque non ci provò realmente. Rimase per la maggior parte del tempo con Alexis, ma anche provando a decifrarli senza sapere nel dettaglio l’esito della loro notte insieme, non era realmente certo di capire.
“Non è per niente chiaro!”
- E quindi? - chiese curioso come una scimmietta Brahim avvicinandosi ai suoi due migliori amici.
- Impossibile capire... - sentenziò Samu.
- Vaffanculo, non vedi che a lui parla e a me nemmeno mi caga? È ovvio che ha scelto lui... però poteva almeno sprecarsi a dirmelo! - finalmente dopo un tempo indefinito di ostinato mutismo, la voce cavernosa da postumi di sbronza di Theo, si levò fra i due che si guardarono sorpresi di sentirlo così, per poi circondarlo con le braccia in perfetta sincronia, uno per parte.
- Ma dai! Sì, ci parla, però non stanno facendo gli innamorati, se guardi bene... - disse Samu che aveva occhio esperto per quel genere di particolari. Brahim di meno, ma voleva semplicemente dare speranza al suo amico.
- Infatti! Potrebbe anche essere andata male! Magari hanno deciso di rimanere amici perché da fidanzati non funziona... e non sa ancora come dirti che ha scelto te!
Quell’ultima cosa non la pensava nemmeno lui. La prima sì, poteva essere. Ma l’ultima no. Theo infatti si divincolò dal loro abbraccio non riuscendo ad apprezzarlo in un momento così delicato.
- Ma certo e lo dimostri non cagandomi proprio! Dai cazzo!
Brahim cercò di inseguirlo ma Samu lo fermò scuotendo la testa. Se perfino lui capiva che era meglio non insistere significava che era veramente andata nel peggiore dei modi.
Il giovane piccolo spagnolo rimase a quel punto indietro rispetto agli esercizi che stavano facendo gli altri compagni e fissò Daniel. Lo fissò. E lo fissò ancora.
Poi scuotendo il capo tornò a correre.
- Per me è indecifrabile!
La verità era che nemmeno Daniel sapeva come fare.
Dopo aver parlato col padre aveva pensato avesse ragione, che avrebbe dovuto parlare ad Alexis, essere sincero e dirgli che non era sicuro di volere una relazione d’amore con lui e che quando stava con lui pensava troppo a Theo.
Poi una volta che l’aveva visto al centro sportivo ogni buon proposito di fare la cosa sicuramente più giusta, era andato a quel paese perché l’aveva visto lì col suo visetto depresso a parlare proprio con suo padre e la sua bocca, il suo corpo, il suo essere avevano agito come per conto proprio.
Gli aveva parlato affettuoso e allegro come niente fosse, senza minimamente menzionare l’accaduto della notte e come procedere da lì in poi.
Doveva provare, l’aveva fatto ed ora?
Ora non ne aveva idea, ma non importava perché non riusciva a ferirlo.
Così ora era lì con lui a parlare, ridere e scherzare come niente, mentre non riusciva nemmeno a guardare Theo che dall’altra parte del campo lo fissava male, torvo e sul piede di guerra.
Giustamente.
Nemmeno una parola da parte sua, come poteva comportarsi così?
“Non posso non dirgli nulla. Ma ho paura che se lo faccio non riesco a gestirlo ed il punto è che non so veramente come devo farlo. Non ne ho la più pallida idea, ma non riesco a far star male Alexis.”
Alla fine del peggior allenamento di Theo, Daniel si aggiunse una domanda mentre andava negli spogliatoi coi suoi compagni.
“E lui invece va bene se lo faccio star male? Dai Dani... ma come diavolo ti sei messo in questo casino?”
- Cosa fai adesso?
La voce dolce di Alexis lo destò dai suoi pensieri burrascosi. Daniel si riscosse e lo guardò come se gli avesse fatto la domanda più difficile della sua vita, ma uno sguardo ai suoi occhi pieni di speranza lo fecero sentire un verme e mordendosi il labbro si strinse nelle spalle vago.
- Non ho programmi... qualche idea?
Non proprio la risposta in cui Alexis aveva sperato, probabilmente. Lo dedusse dal suo volto che si incrinava leggermente. Da lui sicuramente ora si aspettava una presa di posizione, che gli dicesse di uscire insieme per parlare come si doveva e proseguire in qualche modo la relazione. Chiarire insomma. Ma lui non sapeva cosa dirgli ed era chiaro.
Non voleva fargli male, ma quanto poteva andare avanti in quella menzogna?
- Ti va di venire da me? Così parliamo un po’... credo che sia necessario... - propose Alexis rassegnato.
Invece lo stava facendo fare a lui. Non era in grado di farlo da solo, glielo stava facendo fare ad Alexis.
Daniel annuì sorridendo, cercando di mascherare la sua confusione, la sua fragilità.
Era vissuto come l’ultimo figlio di Paolo Maldini ed aveva voluto scostarsi dal destino di suo fratello Christian che era rimasto schiacciato dall’eredità di loro padre.
Si era sempre detto che lui avrebbe gestito da solo la sua vita, pur rimanendo grato a suo padre, pur amandolo sempre un sacco in quanto era impossibile il contrario.
Ora era vittima del proprio carattere forte, un carattere che aveva sempre voluto avere a tutti i costi, ma che ora non riusciva ad avere, non realmente. Solo per finta.
Fingeva di averlo perché sapeva di doverlo possedere. Aveva sempre agito secondo le proprie idee estremamente chiare ed anche quando non lo erano state si era comportato in modo da potersele chiarire.
Adesso non ce la faceva più. Perché forse non era veramente forte, ma si era solo sforzato di esserlo.
Stava crollando. Sentiva che sarebbe successo presto e non voleva.
All’idea di dire ad Alexis di lasciargli spazio, che non sapeva bene come procedere, stava male. Era anche peggio di così, perché in realtà sapeva bene cosa voleva da lui. Amicizia.
Per qualche ragione si era confuso, aveva pensato di provare cose che non provava, aveva deragliato. Forse per quel che rappresentava Alexis. La dolcezza, l’amore stesso in qualche modo. Una persona impossibile da non volere accanto. Aveva delle qualità che chiunque cercava nel proprio compagno o forse molto più semplicemente aveva qualità che sperava di vedere in Theo.
Ma non era forse vero che Alexis era Alexis e Theo era Theo?
E non era altrettanto vero che nonostante Theo fosse pieno di difetti e forse l’esatto opposto di quello che chiunque poteva volere in un compagno, comunque aveva pensato a lui tutto il tempo?
Aveva pensato a lui coi suoi difetti, la sua insensibilità e la sua ottusità. A lui senza dolcezza e gentilezza innata, senza un minimo di romanticismo e delicatezza.
Aveva pensato a lui lo stesso così com’era, anche se avrebbe potuto avere tutto ciò che aveva creduto di volere nel suo compagno.
La dolcezza ed il romanticismo di Alexis non erano sufficienti a fargli scegliere il suo migliore amico e forse proprio per quello, dopotutto.
Ma adesso lo stava seguendo a casa con la propria macchina, consapevole che doveva dirglielo, che suo padre aveva ragione ed anche Lorenzo che gli aveva detto di essere comunque sincero. Eppure altrettanto consapevole di non esserne capace. Non ce l’avrebbe mai fatta a dirglielo e a ferirlo. Proprio perché era la persona che più di tutti incarnava ogni requisito che tutti avrebbero voluto accanto.
- Non ce la farò mai!
Lo sapeva già.
Alexis non sapeva bene cosa aspettarsi, sapeva solo che di sicuro dovevano parlare come si doveva.
Daniel l’aveva di nuovo spiazzato, ma non faceva che farlo da quando lo conosceva e di sicuro era stato questo a fargli perdere tanto la testa per lui.
Prima si comportava in un modo facendogli capire una cosa, poi lo sorprendeva agendo in tutt’altra maniera.
Adesso non lo capiva più.
Dopo che aveva pensato che ci fosse dell’imbarazza fra loro e quello li frenasse, era sparito facendogli credere che invece non provasse amore ma affetto. Infine tornava a parlargli come se nulla fosse mai capitato fra loro. Ma dannazione, era successo!
Avevano fatto l’amore, quella notte. Ne era sicuro da come si sentiva nelle parti retrostanti... non è che certe cose sparivano come nulla!
Però non sembrava intenzionato a parlarne, eppure dovevano, qualunque cosa sarebbe successo.
A farlo finire così tanto fuori di testa, però, era proprio il suo atteggiamento nei confronti di Theo. Daniel non gli aveva mai rivolto la parola, come se non esistesse nemmeno. Non come se fosse arrabbiato con lui.
Era davvero la reazione più strana che avesse mai visto in un essere umano e se Daniel non ne avrebbe parlato, lui l’avrebbe obbligato comunque.
Arrivati a casa si era aspettato che l’imbarazzo prendesse il sopravvento, era come se fosse sempre dietro l’angolo perché effettivamente qualcosa stonava. Ne era certo.
Però appena si riunirono scendendo dalle auto, Daniel tornò a ridere e scherzare come sempre.
Da amici.
Alexis lo guardò disorientato mentre lo assecondava come se avesse a che fare con un matto.
“Adesso in casa sarà la prova del nove. Può essere che davanti a tutti fa l’amico per non far capire niente a nessuno, magari per delicatezza verso Theo. Magari si sono parlati e non lo so. Però se ora che siamo soli continua così e non mi bacia, significa che c’è davvero qualcosa che non va!”
Alexis decise di lasciarlo fare ancora qualche minuto, così entrarono in casa e gli chiese cosa volesse bere o se avesse fame, vista l’ora potevano programmare la cena d’asporto.
Daniel si buttò sul divano come sempre, puntando alla play station, dicendo che potevano aspettare l’ora di cena e mangiare insieme qualcosa.
Aveva acceso la televisione gigante a parete e il connettore della Playstation, quando Alexis sbuffò scuotendo la testa, allargò le braccia ed esasperato sbottò piazzandosi davanti allo schermo piatto.
- Adesso basta, ho aspettato abbastanza!
Daniel lo fissò come se fosse lui il pazzo, rimanendo seduto.
- Eh no eh? Non mi guardare così! Sei tu il pazzo, mica io! - continuò perdendo le staffe come non ci si aspettava da lui. Daniel così tese il viso in un’aria infantile da bambino che non sapeva come uscire dal guaio in cui si era cacciato e posò i telecomandi e la consolle.
Alexis ancora in piedi come un padre furioso, le mani ai fianchi, l’aria arrabbiata.
- Dì qualcosa, cazzo! Abbiamo scopato e ti comporti come se non avessimo fatto nulla! Siamo solo amici? Vuoi che rimaniamo così? Bene, ma me lo devi dire, lo merito! Non è che era una cosa inaspettata! L’hai voluta tu, l’hai cercata! Per me potevamo rimanere amici, sei tu che sei venuto da me e mi hai rivoluzionato l’esistenza! E poi c’è Theo, non è che siamo solo io e te! Credi davvero che non ne parleremo e faremo finta di nulla? Se siamo amici me lo devi, se siamo una coppia adesso ti alzi e mi baci e me lo dimostri!
Eccolo lì quel bivio da cui avrebbe voluto scappare.
Ma non è che non l’aveva fatto perché era codardo. Non l’aveva fatto perché sapeva che doveva fare qualcosa e sistemare tutto, solo che non era facile. Fra il dire ed il fare c’era un abisso e se ne stava rendendo conto.
Comunque non poteva più tenerlo sulle spine.
Adesso non aveva scuse.
Il silenzio calò pesante, Daniel si fece serio fissando per terra, il cuore il gola, lo stomaco attanagliato. Era più facile segnare un goal che affrontare quella situazione.
Cosa doveva fare?
Provare a stare con lui lo stesso oppure porre fine a tutto e rimanere solo amici?
Eppure lo sapeva. Lo sapeva che non si sarebbe tolto Theo dalla testa e lo sapeva che Alexis se ne sarebbe accorto.
Si alzò piano, i movimento rallentati, come in una stazione lunare senza gravità.
Alexis lo fissava e Daniel si sentiva dilaniare, gli occhi pieni di fiamme e lacrime, la consapevolezza che non era una reazione normale. Lui lo sapeva.
Daniel gli arrivò davanti e finalmente ricambiò per bene il suo sguardo.
Era ovvio, Dio era così ovvio che Alexis lo sapesse prima di lui.
Se avesse voluto scegliere lui, stare con lui, fidanzarsi con lui, non avrebbe mai reagito così.
Forse anche la notte insieme non era stata come quella di due che si stavano per mettere insieme.
Ripensò a Theo in quel momento e si immaginò nella stessa situazione davanti a lui a casa sua e capì che non avrebbe mai avuto una reazione come quella, a far finta di nulla, incapace di toccarlo e baciarlo.
Daniel gli prese così il viso fra le mani sovrastandolo di qualche centimetro in altezza. Si avvicinò e sentì che tratteneva il fiato.
Poi affondò il colpo.
- Vorrei veramente renderti felice. Tutto ciò che voglio è non ferirti, non vederti piangere. È per questo che non sono riuscito a mantenere le distanze e dirtelo subito. Ho agito contrariamente a quello che volevo. Non ero capace di ferirti. Perdonami Ale... - disse piano in un sussurro desolato e sincero, mentre gli posava le labbra sulla fronte in un ultimo bacio.
Coi pollici sotto gli zigomi sentì il bagnato delle lacrime che stava versando e gli si strinse il cuore in una morsa di ferro.
Era proprio quello che non avrebbe mai voluto, che non poteva sopportare.
Le parole di suo padre gli risuonarono nella mente. Pensare in prospettiva.
Sentì le mani tremanti di Alexis aggrapparsi alla propria vita e stringere forte mentre non respirava più, poi lo spinse con le ultime forze e sfilando via si girò mentre si copriva il viso.
- Ho bisogno di stare solo... - mormorò tremante.
Daniel fece per raggiungerlo, per stringerlo da dietro, ma il compagno alzò la mano rimanendo girato di spalle, così si fermò.
- Mi dispiace. - disse piano, realizzando di avercela fatta. Di averglielo detto. Di essere riuscito a ferirlo e farlo piangere, ma anche di essere stato sincero.
- Lo so. - mormorò l’altro. - Starò bene, lo sapevo che sarebbe andata così... ce la farò...
Cercava di dargli la forza di uscire, forse consapevole che Daniel in qualche modo gli voleva bene. Volle sperare che lo capisse, che lo sapesse.
Sapeva di dovergli dare spazio, così senza aggiungere altro, se ne andò silenzioso, senza aggiungere più nulla. Con il nodo peggiore che avesse mai provato nella sua vita.
Sicuramente fino a quel momento la cosa più difficile mai fatta.
Com’era difficile essere onesti. Onesti tanto da ferire la persona più dolce del mondo.