35. RINCORRENDOSI

theodani

Allenarsi coi postumi di una sbronza dopo una partita terribile non era facile per nessuno, ma ad aver reso così zombie Theo era stato principalmente Daniel.
Daniel ed il suo silenzio, la sua mancata dichiarazione di qualunque tipo ed il vederlo al contrario chiacchierare amabilmente con Alexis come niente fosse.
- Dopo che ha scopato con me non mi ha detto mezza parola di nulla, dopo che l’ha fatto con lui ci parla come sempre... ok, ha scelto Ale, lo posso accettare, ma ho il diritto di saperlo, no?  
Era la tiritera che stava ripetendo a Samu, l’unico che era rimasto ad ascoltarlo mentre andavano a casa per recuperare l’auto rimasta là, i due infatti erano venuti insieme. 
Sulla via del ritorno, nell’auto sportiva del suo amico, Theo stava mezzo steso al suo fianco a guardare fuori senza vedere nulla e contemporaneamente si lamentava di Daniel e del fatto che l’aveva scaricato senza nemmeno dirglielo. 
- Ti sembra corretto? - sbottò poi verso la fine, quando erano quasi arrivati a casa. 
- No, infatti dovresti obbligarlo a parlarti. - rispose alla fine sperando di toglierselo dalle scatole. Lo amava ma non certo mentre si lagnava di un altro. Theo in versione lagna era terribile. 
Samuel arrivò a casa parcheggiando in un incredibile silenzio; prima di scendere lo guardò, Theo aveva il broncio e l’aria contrariata. 
- Vuoi salire a lamentarti ancora un po’? - chiese sapendo che se l’avesse fatto davvero poi avrebbe avuto voglia di uccidersi.
Gli occhi neri di Theo erano incredibilmente tempestosi e notò che l’intensità del suo sguardo non era più quella di un ragazzo dilaniato e disperato, ma arrabbiato e deciso. 
Furioso, insomma. 
- No, non voglio salire... 
L’amico capì subito il motivo di quella risposta secca e gli sorrise ammirato ed orgoglioso. 
- Vai e colpisci! 
Theo annuì improvvisamente sicuro di sé, infine scese sbattendo la portiera, provocando per questo le imprecazioni di Samu che rimase solo a dire di non rompergli la macchina.

Theo ormai era stufo, non ne poteva più delle lune di Daniel. Era un lato affascinante ed intrigante, ma fino ad un certo punto. Poteva anche cambiare idea ogni secondo, non era un grosso problema quello quanto il non dirglielo. Daniel doveva capire che doveva parlargli, renderlo partecipe dei suoi sbalzi d’umore e dei suoi cambi di rotta. Prendersi le sue responsabilità, guardarlo in faccia e avere le palle di scaricarlo, se era quello che doveva fare. E smetterla una buona volta di scappare e chiudersi in sé stesso. 
Ormai era talmente saturo che senza pensarci un secondo si ritrovò a villa Maldini. Non aveva esitato un attimo, furioso com’era. 
Fino a poco tempo prima, l’idea di andare proprio a casa del suo idolo l’avrebbe messo in confusione ed emozionato, ma adesso nemmeno se ne era reso conto. 
Solo nel ritrovarsi Paolo davanti alla porta, una volta che aveva suonato il campanello, se ne era accorto. 
Paolo si presentò alla porta con alcuni bottoni della camicia aperta, la stessa fuori dai pantaloni e le maniche arrotolate. Sembrava rientrato da poco e messosi comodo.
Quel giorno era stato agli allenamenti col club, li aveva seguiti tutti ed aveva parlato con ognuno di loro. Anche con lui.
Theo se ne ricordò, ma nel provare a ricordare cosa gli aveva detto e come si era sentito, non ci riusciva. 
Impallidì pensando di essersi perso qualcosa e di averlo appena capito. 
“Ho pensato solo a Daniel tutto il tempo. Sia oggi che ora, mentre venivo qua. E pure adesso che gli sono davanti...” 
- Pensavo fosse Daniel che ha dimenticato le chiavi... infatti il cancello era ancora aperto per questo... - disse Paolo per giustificare sia il cancello della proprietà aperto da cui lui chiaramente era entrato senza suonare, che l’apertura in veste comoda, qualcosa a cui probabilmente Paolo non era solito. 
Theo glielo lesse negli occhi, una sorta di imbarazzo nel mostrarsi così, nell’essersi comportato non da dirigente che aveva sempre avuto cura di essere davanti ai suoi giocatori. 
Il giovane si morse il labbro e piegò il capo grattandosi la nuca. 
- Chiedo scusa per essere piombato qua così... - mormorò desolato. 
- No, non devi scusarti... suppongo cerchi mio figlio, ma non è qua e come immagini non mi dice i suoi spostamenti... avevi appuntamento con lui? 
Theo si strinse nelle spalle scuotendo la testa.
- No veramente no... - fece alcuni passi per tornare alla macchina. - Lo chiamerò e vediamo dov’è... 
Paolo lo prese per il braccio e lo fermò istintivamente.
- No, non serve che vai, puoi aspettarlo qua! Adesso lo chiamo io...
Aveva già la mano al telefono, la stessa con cui l’aveva toccato. Theo si sfiorò mentre lo guardava ebete che si voltava per chiamare suo figlio al telefono, una volta sarebbe morto per una situazione simile, adesso aveva solo Daniel in testa. Lui, il discorso con lui, la sua reazione e cosa diavolo stava facendo. 
Non che Paolo non gli facesse più effetto, ma sicuramente non come prima. Non si ricordava nemmeno cosa gli aveva detto quel giorno a Milanello. 
Paolo tornò a lui subito con aria di scuse. 
- Non mi risponde, mi dispiace... vuoi aspettarlo? - chiese gentilmente nella versione padre e non dirigente. Theo rimase meravigliato nella sua bravura a mutare in un attimo, ma scosse il capo e sorridendo si congedò. 
- No grazie, lo aspetto a casa... 
Lo conosceva e sapeva che se l’avesse aspettato lì con suo padre, Daniel gli avrebbe fatto una sceneggiata assurda. Il vecchio Theo ne avrebbe approfittato comunque con gran faccia tosta. Sarebbe rimasto lì nel suo salotto ad aspettarlo e con quella scusa avrebbe passato del prezioso tempo col suo idolo. 
Ma adesso no, si disse. 
Non gli avrebbe dato modo di arrabbiarsi con lui e rifiutarlo con una scusa qualsiasi. Doveva dirglielo chiaramente. 
Theo salutò il suo dio senza esitare e con gentilezza, poi si girò e risalì in macchina non sapendo bene dove andare. 
“Forse è da Alexis, ma non mi torturerò vedendoli ancora insieme. Magari al club non amoreggiavano perché c’era gente, ma in casa sicuro che li becco in atteggiamenti intimi. Però mi deve cagare. Non gli permetterò di evitarmi in quel modo. Non sono una pezza usa e getta!”
Mentre lo pensava furioso guidando verso casa, gli scrisse un messaggio. 
Lo stesso che contemporaneamente gli arrivò poco dopo averlo spedito. 
‘Dove cazzo sei?’ 
Per un momento, mentre schivava un semaforo arancione, si disse d’aver sbagliato ad inviarlo e che gli era tornato indietro. Guardò bene la chat che presentava precisamente due messaggi identici, uno scritto da lui ed uno da Daniel. 
Theo per poco non frenò di schianto, rallentò visibilmente attirando alcuni clacson in giro che non notò nemmeno. 
Fissò stranito il cellulare, poi col broncio e l’aria di chi non capiva perché glielo scrivesse, gli rispose: ‘Dove cazzo sei tu?!’
Era quasi arrivato a casa quando Daniel lo chiamò. 
Theo sentì il cuore accelerare in una minaccia d’infarto nitida, una sensazione molto simile a quella che provava all’inizio quando stava con Paolo. 
Adesso era ben diverso. 
Guardò il suo nome sul display mentre il cellulare suonava, gli venne il panico, ma rispose usando il bluetooth della macchina. 
Dalle casse si sentì la voce scocciata di Daniel. 
- Sono sotto casa tua, idiota! Si può sapere dove diavolo sei? Era il caso di uscire proprio oggi? 
Dalla sua polemica scaturì di nuovo la scintilla che riaccese Theo dopo un momento che si era spento. 
- Io?! E perché mai dovevo restare a tua disposizione? Non mi hai più cagato, dovevo rimanere a casa a piangermi addosso mentre tu te la spassi col tuo nuovo ragazzo che nemmeno hai avuto la decenza di dichiarare? 
A polemica rispose con altrettanta polemica mentre parcheggiava nel proprio posteggio privato sotterraneo. Una volta sceso si rese conto che si era interrotta la linea appena entrato lì sotto, seccato sbuffò e scese senza realizzare pienamente cosa significava la sua presenza lì.
“Adesso vuole dirmelo? Dopo che l’ho capito da solo? Grazie mille, stronzo! Coi tuoi comodi, sai?” 
Theo scese come un tornado a passo di carica dirigendosi verso le scale, ignorò l’ascensore per salire più in fretta. Prese i gradini due a due tenendo gli occhi fissi sul telefono, per vedere il momento in cui avrebbe ripreso la linea e appena questo successe lo chiamò di nuovo. 
- Dove cazzo sei di preciso?  
- Davanti a te, stronzo! 
Era arrivato al piano terra ed in quel momento la porta delle scale si era spalancata teatrale con un botto. Infatti la voce di Daniel non gli era arrivata dal telefono ma dal vivo. 
Theo chiuse il cellulare e lo mise in tasca, poi gli andò contro puntandolo col dito. Stava per gridargli di tutto furioso, quando una inquilina del palazzo entrò dall’ingresso principale, alle loro spalle. 
I due si zittirono improvvisamente superando la porta consapevoli che quello non sarebbe di certo stato il posto adatto a conversare di una cosa simile. 
- Andiamo su da me a parlare. - disse a denti stretti Theo indicando l’ascensore. Daniel annuì visibilmente irritato, rigido e con l’aria di chi voleva avere ragione quando per lui era evidente non ce l’avesse. 
Una volta in ascensore si ritrovarono sempre con la stessa inquilina del palazzo che silenziosa notò una strana ma ingombrante tensione fra i due. 
Abitando lì aveva già avuto modo di incrociare il calciatore Theo Hernandez, lo salutò gentilmente, lui ricambiò, salutò anche Daniel ma in tre in perfetto silenzio l’accompagnarono inevitabilmente al suo piano. La donna scese al terzo, loro proseguirono verso l’ultimo. Le porte stavano per richiudersi e loro avrebbero ripreso a parlare, anzi, avrebbero cominciato, pronti a dirsi di tutto, quando una mano si frappose fra le ante che si stavano richiudendo. 
Le loro bocche come si aprirono in sincronia, battaglieri, si richiusero sospirando seccati.
Questa volta era un ragazzo. 
- Scusate, devo scendere, ma l’altro ascensore è rotto. 
Infatti anche la donna aveva preso il loro. I due trattennero sospiri ed espressioni infastidite. 
- Noi saliamo. - disse Theo sforzandosi di essere gentile come sempre con tutti gli inquilini del suo palazzo. 
- Vi secca se rimango dentro? Altrimenti finisce che me lo chiamano di nuovo... 
Daniel stava per dire che tre piani di scale per scendere a piedi non uccidevano nessuno, ma Theo come se gli leggesse nel pensiero lo precedette e con un bel sorriso si fece in parte spingendo di proposito malamente Daniel contro l’angolo.
Il giovane entrò e si mise ben felice lì con loro.
Era ovvio che sarebbe potuto scendere a piedi, ma se incontravi Theo Hernandez e Daniel Maldini in ascensore non ne approfittavi?
Infatti lo fece dal momento che parlò con loro di calcio dall’inizio alla fine della fortunatamente breve convivenza nell’abitacolo. 
Quando finalmente arrivarono erano entrambi esasperati, solo che uno voleva concludere con un bell’insulto, l’altro riuscì a salutare con un sorriso gentile. 
Appena uscirono e si ritrovarono soli nel piano dove c’erano solo due grandissimi appartamenti, Daniel sbottò dimenticandosi totalmente l’oggetto della loro discussione non ancora consumata. 
- E comunque non possono rompere i coglioni così alla gente! Perché diavolo non ti prendi una casa tua, Theo? Almeno non rischi di incontrare tutti questi seccatori! Cazzo, si vede che non sono mai stato abituato a queste cose... se mai dovrò vivere in un palazzo sarà un trauma!  
Così dicendo Theo scoppiò a ridere spontaneo, mentre gli faceva strada verso il suo ingresso. Al suono della sua risata, Daniel si fermò dal ringhiare lamentele e Theo si girò allo strano silenzio aspettandolo sull’ingresso aperto. 
I due si guardarono meravigliati ricordandosi perché erano lì, si resero conto che ci avevano messo pochissimo a mettere da parte i loro alterchi e fu così che entrarono in casa senza proferire parola. 
Per un lunghissimo abbondante minuto.
Minuto durante il quale dopo aver varcato la soglia, Theo aveva messo giù il borsello con gli effetti personali avendo cura di silenziare il cellulare, cosa che fece automaticamente anche Daniel posando lì vicino alle sue le proprie cose. 
Poi lo guardò, prese un respiro profondo e ricominciò come niente fosse. 

- Comunque dov’eri? 
Non che fosse suo diritto saperlo, ma se era già andato a sfogarsi sessualmente con Ante voleva saperlo. Tuttavia se era già tornato a casa la probabilità che fosse successo era realmente bassissima se non nulla. 
Theo si riaccese, Daniel lo notò e si ritrovò divertito dentro di sé nel vederlo così furioso. Sapeva che in realtà aveva ragione, ma non gliel’avrebbe di certo data vinta. 
- Io?! Dov’eri tu!? Non mi caghi da giorni e poi improvvisamente fai tutto l’amico con Alexis con cui fra l’altro hai appena passato la notte, mentre a me non mi hai più cagato, e ti aspetti cosa, che stia a casa in attesa dell’avvento del messia? 
Daniel voleva rispondere polemico qualcosa nel suo stile per stuzzicarlo ancora, ma decise di non torturarlo ancora. Dopotutto era lui quello in errore. 
- Lo so, hai ragione, ti chiedo scusa. 
Con questo lo spense proprio mentre stava per ricominciare con un’altra risposta sferzante, convinto che Daniel non gli avrebbe ceduto la vittoria così presto. Il più giovane notò lo shock nel sentire quelle parole da lui e scoppiò a ridere di gusto. 
Theo rimase fermo sconvolto a fissarlo, serio e inebetito. 
- Ho sentito bene? Ti sei scusato? 
Daniel si inarcò all’indietro continuando a ridere più forte, infine a malapena riuscì a rispondere raddrizzandosi: - Dai, sono serio! 
- Ah non sembrerebbe visto che ridi come uno scemo! 
Non riusciva a smettere del tutto. Non l’aveva programmata, era venuta così spontanea. 
- E comunque ero a casa tua, se vuoi saperlo! Ti cercavo per chiarire, stronzo! 
A quello la mano di Daniel si mosse spontanea e da sola, lo afferrò per il colletto della maglia e smise immediatamente di ridere, come se gli avessero staccato una spina. 
- Cos’hai fatto con mio padre tu? 
Fu il turno di Theo di ridere dopo un primo momento di disagio. 
- Ah sì, eh? E tu con Alexis? 
Daniel lo spinse brutalmente mentre perdeva di nuovo i cinque minuti, come soleva fare praticamente sempre con lui. Che potere magico che aveva quel ragazzo. Quel meraviglioso ragazzo sexy e spontaneamente stronzo! 
- Non cambiare discorso, che hai fatto con mio padre? Le cose non sono uguali! 
Theo voleva rispondere per le rime, Daniel notò che si stava seriamente alterando, ma non voleva nemmeno sentire ciò che aveva da dire. 
- Rispondi! - tuonò serio mentre arrivato al divano lo spingeva facendolo sedere. Theo rimbalzò nel morbido fra i suoi cuscini dove avevano precedentemente fatto già diverse cose; lo guardò ancora in piedi, sorpreso ed eccitato. 
- Niente. Voleva che ti aspettassi con lui ma me ne sono andato. 
Daniel pugni stretti gli stava per sbraitare contro mentre sentiva da dentro il fastidio che lo investiva sconnettendogli il cervello. Suo padre rimaneva il loro punto debole. 
Theo però gli posò le mani sulle cosce risalendo dolcemente sui fianchi e così, lentamente, come usasse una magia, lo spense. 
- Davvero, Dani... non ricordo nemmeno cosa mi ha detto oggi a Milanello... ho avuto te in testa tutto il tempo... 
Lì con quella voce tenue, morbida e dolce, Daniel si calmò.
Gli credette subito ed in un sospiro si sentì un’ondata di calore salirgli sugli occhi sotto forma di stupide lacrime che comunque ingoiò come un forsennato. 
Ci credeva. Ci credeva di essere più importante di suo padre, improvvisamente. Forse al momento era realmente al primo posto, addirittura. 
Ci credeva ed era la sensazione più bella che avesse mai provato, nemmeno aveva mai immaginato che si sarebbe potuto sentire così in un caso simile.