*Ci tengo a precisare che ho scritto questa fic a febbraio dell'anno scorso, quando NIENTE era successo. Capirete leggendo. Ho deciso di lasciare tutto così. Fra l'altro inizialmente Sandro lo shippavo con Brahim, poi ho visto quanto bello era con Theo, ma ormai era tardi e le fic erano così! Fra l'altro ho scoperto che Brahim lo puoi serenamente shippare letteralmente con chiunque. È fantastico! Buona lettura. Baci Akane*

12. IL CLUB DEI GUAI

sanhim

Alzò la testa con aria disperata e implorante nella speranza illogica che Daniel potesse avere il potere di sistemare tutto. 
Il giovane, con un sospiro che aveva tutta l’aria di essere il millesimo, gli mise una mano sulla testa e scivolando sulla faccia lo cinse col braccio attirandogli il capo verso di sé.
Sandro, come non aspettasse altro, si lasciò abbracciare e nascose il viso contro il suo collo, aggrappandosi alla sua maglietta. 
Nel farlo si appoggiarono allo schienale del divano e contemporaneamente Daniel lanciò un’occhiata al ragazzo seduto dall’altro lato, sempre accanto a sé, tendendo la mano ed intrecciando le dita alle sue. Era chiaramente dispiaciuto, ma non solo per Sandro e per il suo enorme senso di colpa che probabilmente non sarebbe mai andato via. 
Lo era anche per Theo che sentendogli dire che stava arrivando a casa sua aveva sperato in una serata intima come si doveva. 
Invece erano arrivati alla spicciolata anche Sandro e Brahim. 
Samuel a quanto pareva aveva preferito andare a ‘farne una e divertirsi di più’, per citare le sue parole. 
Motivo di quella folla alle 23.40 di sabato sera a casa sua piuttosto che in un locale a bere e divertirsi in alternativa della ‘serata intima come si doveva’?
Urgente riunione d’aggiornamento. 
Così si erano ritrovati tutti lì a parlare chiaramente di tutto quello che era successo nel dettaglio da quando si erano lasciati per telefono a Milanello. 

“A quanto pare sarò io la base segreta del nostro club dei guai!” pensò Theo non tanto contento all’idea di non avere l’intimità che voleva con Daniel. 
Almeno aveva la sua mano stretta nella propria in una mossa tanto tenera da lasciarlo carico di glucosio. 
Così strinse le dita a sua volta e sospirò rassegnato. 
Lo sguardo di Brahim si puntò su Sandro, era dispiaciuto anche lui ma non tanto per il suo stato d’animo ed il suo senso di colpa, quanto perché sembrava la reazione di uno che era fin troppo preso dalla persona sbagliata. 
Per una volta nessuno faceva battute né prendeva in giro. 
- Dai, vedrai che risolvono. - cercò di dire Daniel mentre carezzava la spalla di Sandro mentre se lo teneva appoggiato addosso. Non stava piangendo ma a tutti sembrava sarebbe successo. 
- Mi dispiace aver creato questo tsunami... magari erano felici ed ora per colpa mia stanno di merda... non so cosa mi sia preso, non ho capito più niente ad un certo punto... - tentò di esprimersi Sandro ancora mortificato. 
Come prima cosa l’istinto era stato di dirgli di tutto, ma quando avevano visto gli occhi da cucciolo che l’aveva combinata grossa, decisero di lasciar perdere e tentare di tirarlo su. 

Brahim guardava le mani allacciate di Daniel e Theo e sapeva che volevano stare soli, eppure forse non fu tanto per questo altruismo, quanto per il fastidio di vederlo struggersi tanto per Simon. 
- Non è finita! - tuonò così d’improvviso, ancora preso dalla missione che per tutti era perduta tranne lui. 
Perfino Theo alla fine si era arreso dicendo che se non ci riusciva Ibra, nessuno poteva convincere Simon a tornare sui suoi passi. 
Lui che fino all’ultimo non si era dato per vinto. 
- Come no? Abbiamo provato tutti tutto... e poi ogni volta che ci mettiamo in mezzo facciamo peggio! - si lamentò Sandro alzando la testa e guardando l’amico. Ancora il braccio protettivo di Daniel intorno alle sue spalle, gli occhi di Brahim ora bruciavano nel fissarlo.
Prima il bacio di Sandro con Simon, poi la sua preoccupazione ed il suo dispiacere per avergli rovinato la relazione con Zlatan. Ora si faceva consolare da Daniel. 
Brahim sembrava un’anima in pena, cambiò posizione nella poltrona che lo conteneva tre volte per quanto era piccolo rispetto ad essa, poi incrociando le gambe e le braccia con aria battagliera, insistette: - Oh, andiamo! È solo un litigio! Basta metterli nella tipica condizione in cui può succedere di tutto! Anche fare pace! 
A quella trovata che sembrava tanto contorta e confusa quanto sicura e decisa, i tre ragazzi davanti a lui lo fissarono senza capire a cosa pensasse. 
- Ti sei bevuto qualcosa di forte e non hai condiviso? - gli chiese Theo per sdrammatizzare. Brahim scosse il capo deciso e saltò ancora sul posto mettendosi le gambe sotto il sedere, vivace come un bambino che aveva trovato un enorme sacco di leccornie. 
I suoi occhi brillavano di quella tipica luce pericolosa. 
- In quale condizione succede sempre di tutto? Pensateci bene... quei due si ignoreranno perché probabilmente Zlatan dopo aver provato a parlarci ed essere stato ignorato, non lo rincorrerà. Simon abbiamo capito che ha sotterrato Zlatan sotto i suoi spessissimi infiniti strati di ghiaccio artico. 
Gli altri rimasero ora attenti in ascolto, capendo che davvero aveva un’idea precisa e ne era anche sentitamente convinto. 
- Sicuramente non si parleranno più, per come sono fatti... o Zlatan lo uccide, ma dubito Simon si faccia uccidere... - Daniel cercava di analizzare la situazione sulla base del loro carattere. Nel frattempo sciolse il braccio dalle spalle di Sandro lasciando un enorme sollievo in Brahim. Ancora meglio vederlo che poi si accoccolava contro Theo il quale ora era lui a cingere il suo ragazzo. O meglio pseudo ragazzo. 
- Perciò basta metterli nella condizione di parlarsi! 
- Li chiudiamo in una stanza finché non vediamo il sangue uscire da sotto la porta? - suggerì Theo convinto che non fosse una soluzione sensata e di successo. 
- Io ci chiuderei a te in una stanza, quando sei così inutile sei insopportabile! - brontolò acido Brahim parlando in spagnolo. Theo gli fece il dito medio e la linguaccia. 
- Avanti, illuminaci! Che diavolo hai in mente? 
A quel punto Brahim saltò in piedi sempre sulla poltrona, cambiando posizione per la millesima volta in pochi minuti. Nel farlo batté le mani e con un entusiasmo da bambino, gridò: - Faremo una festa! Dai, ne facciamo una all’anno! È giunto il momento! Quelle feste che fanno sempre succedere qualcosa! 
- Tu che ne sai che ne facciamo una all’anno? - chiese Theo il quale fra tutti loro era l’unico a sapere che in effetti ne era stata fatta almeno una all’anno, ma gli altri essendo lì da nemmeno una stagione intera non potevano saperlo. 
Brahim alzò le spalle. 
- Me l’hai detto tu... 
Theo si fermò, ci pensò, se ne ricordò e piegò il capo annuendo. 
- Giusto, l’ho fatto... 
- Quando mi hai raccontato di come ti sei appiccicato sulle chiappe di Ibra senza paura per insegnargli a giocare a biliardo! 
- Che hai fatto tu? - chiese saltando su Daniel, sollevando il capo e fissandolo incredulo. Theo sorrise a pieno viso, contagioso e monello più che mai, troppo bello per prendersela con lui quando lo faceva. 
- Ora che ci penso credo che se è successo qualcosa fra quei due possa proprio essere stata quella volta. Ricordo che sono andati via insieme a dormire, mentre giocavano alla play tutti insieme... 
Da lì cominciò a raccontare di come una squadra disunita aveva iniziato lentamente ad unirsi.
Non aveva naturalmente tralasciato il racconto erotico di quando Ante aveva piegato Simon virile e brutale sul tavolo da biliardo, anche lui per ‘insegnargli’ a tirare decentemente con la stecca. Nel farlo gli si era appiccicato dietro mimando un amplesso che aveva per poco fatto venire tutti. 
- Poi c’è quella dell’anno scorso, dove vi siete perdutamente innamorati e Daniel ha sputtanato ogni rimasuglio di sanità mentale per colpa di questa bella faccia da bronzo qua... - dicendolo Brahim saltò letteralmente a cavalcioni su Theo e gli prese il viso con una mano girandoglielo verso i ragazzi seduti vicini. Daniel rideva di gusto nonostante il poco velato insulto verso la sua intelligenza. Sandro era il solo che ancora non rideva, non era per niente convinto e pensava fosse una pessima, pessima idea. 
- E con quale scusa ne facciamo una, scusa? Non abbiamo finito la stagione, cosa festeggiamo? Non siamo nemmeno sicuri di essere in zona champions, anzi... cioè credo che abbiamo più possibilità di... 
Brahim non lo fece finire, saltò di nuovo e questa volta su di lui saltando Daniel per non incorrere in castrazioni poco piacevoli da parte del suo caro fratello. 
Sandro così si ritrovò il piccoletto addosso, seduto a cavalcioni con le guance nelle sue dita che le pizzicavano e lui che gli urlava in faccia. 
- Non ci provare, sai! Lo so che fai gli anni sabato! 
Sandro tentò di rispondere, ma dal momento che non lo lasciava gli prese le sue guance anche lui e le pizzicò alla stessa maniera, con l’embolo che gli partiva forse per la prima volta sul serio nella sua vita. 
Che potere aveva Brahim? 
Quando lo fece lo mollò e solo a quel punto rispose secco e deciso: - Si ma l’indomani c’è la Juve! Chi cazzo fa una festa la vigilia di una partita? Così importante poi... 
- E vabbè, lo festeggeremo dopo la vittoria per tre a zero sulla Juve! 
- Sì, certo, tre a zero... ma sei scemo, tu! 
- Vinceremo tre a zero, scommetti? - Brahim a quel punto era davvero ubriaco, ma non di alcolici, bensì di testosterone. Ovviamente per colpa di Sandro su cui sedeva e che ora invece che strizzargli le guance, gli teneva le mani sui fianchi. 
- Sì, scommetto che perdiamo! - sbottò lugubre in una versione di sé più sicura, pessimista e tetra che mai, ma comunque nuova per i suoi canoni di ragazzo timido e non molto inserito. 

Daniel, che lo conosceva bene, lo guardò stupito guardandosi bene dall’intervenire e obbligò Theo a starsene altrettanto zitto e a lasciare che quella strana cosa appena scattata FINALMENTE fra quei due scemi, progredisse a gonfie vele. 
Lo obbligava mettendogli la mano sulla bocca, seduto a sua volta su di lui per riuscirci meglio. Mentre Theo invece lo teneva per il sedere. 
- E cosa scommettiamo? 
- La festa! - disse Sandro che per lui era ovvio. I due, nel frattempo, si stavano stringendo la mano, sempre rimanendo uno sull’altro. 
- E come la organizzi in cinque minuti? Se vinciamo mi devi una festa, ma credi che basti uno schiocco di dita? - proseguì polemico Sandro, senza ancora staccare la mano dalla sua. 
- Pff... - lo prese in giro Brahim ancora più acceso che mai. - Io la festa la organizzo comunque perché SO che vinceremo tre a zero. 
- E se vinciamo uno a zero? 
- Sarà tre a zero! 
Sandro decise di lasciar perdere quella specifica convinzione e continuò a parlare della scommessa che improvvisamente gli interessava molto più di Simon e Ibra. 
- Perciò dobbiamo cambiare soggetto della scommessa. La festa tu la organizzi per tua convinzione, ma ovviamente se perdiamo non si farà e cercheremo un altro metodo. - non ricordava nemmeno più per cosa. 
- Bene, festa a parte. Se vinco io... - e a quel punto gli venne un’idea. Un’idea per nulla misteriosa e illeggibile. Tutti lo capirono a cosa pensava, tranne Sandro. 
- Se vinci tu? - chiese infatti mentre Daniel e Theo si guardavano sforzandosi di non scoppiare a ridere. 
“Lo vedi che è ingenuo?” pensava uno. 
“Non è ingenuità. È ottusità, quella!”

- Te lo dico alla festa. E idem. Se vinci tu deciderai cosa farmi fare domenica notte. Non necessariamente alla festa perché se perdiamo non si può. Ma tanto vinciamo e la faremo. 
- Perciò se vinci tu, come regalo di compleanno ricevo un pegno da pagare a te? - ricapitolò incredulo Sandro notando che non aveva senso la cosa. 
Brahim, felice più che mai, accentuò il suo meraviglioso sorriso con le fossette che mandava sempre in visibilio tutti, e sempre seduto su di lui, con le mani ancora strette insieme che ormai sembravano incollate, annuì. 
- Proprio così! 
A quel punto Sandro rise finalmente sereno e divertito e accettò. 
- Fatta! - rispose entusiasta come da molto non si sentiva. Dal momento in cui aveva firmato per il Milan, per la precisione, la sua squadra del cuore dalla nascita. 
- Ragazzi, siete testimoni, dovete stac... - ma non finirono perché quando si voltarono verso Daniel e Theo a chiedere di ‘spezzare’ la scommessa, come si soleva fare, trovarono il loro posto vuoto e la porta della camera da letto chiusa. 
- Ma quando se ne sono andati? - chiese sconcertato Brahim guardandosi intorno pur sapendo che non li avrebbe rivisti per almeno due giorni.
- Ma soprattutto dove? - rincarò Sandro, cercandoli senza capire dove si fossero volatilizzati. 
Brahim lo guardò sbalordito pensando scherzasse. Vedendo che era serio, spalancò gli occhi mezzo shoccato e mezzo divertito. 
- Sandro, ma sei serio? 
- Che c’è? Stavano qua ed ora non sono più... - capiva che doveva essere ovvio, ma per lui non lo era per nulla. 
- Ma dove vuoi che siano andati, secondo te? Non si vedono da ben due giorni! La sai anche tu la storia, no? 
Sandro a quel punto capì ed avvampò, tuttavia tentò di mantenere la propria faccia nonostante la consapevolezza d’averla persa senza alcuna speranza. 
- Ma noi siamo qua... - si lamentò.
- Peggio per noi! 
Brahim scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro. Nonostante avesse ora spazio per sedersi accanto sul divano, gli rimase seduto addosso a cavalcioni, ma soprattutto rimasero con le mani strette ancora per la scommessa. 
- Ed ora che facciamo con queste? - chiese ridendo a sua volta Sandro, totalmente contagiato dalla sua allegria e spensieratezza da desiderare unicamente di rimanere così per non perdere quello stato d’animo così bello ed euforico. Quella felicità, quel sentirsi bene, allegro ma soprattutto sé stesso. Quel tipo di sé stesso che parlava spontaneo, rideva, scherzava ed era rilassato.
Da quanto non si sentiva così bene ed al proprio posto? Forse da sempre e non voleva smettere di sentirsi in quel modo. 
“Questo ragazzo è incredibile...”

Le voci di Brahim e Sandro arrivavano loro indistinte e loro ne erano totalmente disinteressati.
Per lo meno Theo, a Daniel un po’ inibiva la loro presenza al di là della porta, ma il suo pseudo ragazzo ci sapeva fare alla grande per distrarlo e fargli dimenticare gli intrusi. 
Specie la sua bocca sul suo inguine ci riusciva benissimo. 
Daniel inarcò la schiena spingendo il bacino contro il suo viso, le mani a tirare la sua testa perché anche se era vagamente frenato dai due ficcanaso, non riusciva comunque a non godere a pieno del trattamento che riceveva. 
- Se ne andranno? - brontolò Daniel. In risposta Theo aumentò il ritmo ed aggiunse un dito nella sua fessura che stava già stimolando da quando la sua lingua era arrivata nelle sue parti basse. 
Daniel a quel punto spinse indietro la nuca e roteò gli occhi all’indietro. 
- Fanculo quei due! Dai entra che non ce la faccio più! 
Sapeva che urlava, quando faceva sesso con Theo, specie ultimamente. Quel ragazzo era fatto per far godere gli altri, aveva un dono raro. Ogni volta era più piacevole della precedente e sapere che nel momento in cui avrebbero fatto, lui avrebbe gridato e che loro avrebbero potuto sentire, l’aveva imbarazzato. 
Tuttavia quando oltre a succhiarlo si era occupato anche del dietro, Daniel non ci aveva più visto. 
Tirandolo su per baciarlo, aprì le gambe e gliele avvolse intorno alla vita dandogli il miglior accesso possibile. 
Gli prese il labbro morbido e pieno fra i denti e succhiò. Theo sorrise guardandolo così trasportato nel pianeta del piacere e senza perdere ulteriore tempo, non facendocela più ad aspettare, si unì a lui entrandogli.
Una spinta decisa ed era già perso con lui nel godimento a cui avevano dovuto rinunciare per troppo tempo. Ben due giorni interi. 
Daniel era quasi guarito dal suo infortunio, ma avrebbe dovuto aspettare ancora un po’ prima di essere convocabile nelle partite ed unirsi alla squadra negli spostamenti, perciò per il momento doveva accontentarsi degli allenamenti normali a cui poteva finalmente partecipare. 
Il mondo subito sparì e divenne tutto come lava incandescente. 
Daniel affondò le dita sulle spalle, lo tirò a sé e i gemiti partirono.
Più che gemiti, grida. Ad ogni spinta sempre più forte e profonda e veloce. Mentre il piacere cresceva e lui, incapace di trattenersi e contenerlo, decise di godere pienamente e mandare davvero tutti a quel paese. 
Erano contenti per i loro amici, se si mettevano insieme davvero, ma in quel momento erano ancor più contenti dell’orgasmo che li inondò con un calore possente e totale. 

In salotto, seduti uno accanto all’altro e non più uno sull’altro, le mani restituite ai legittimi proprietari ben strette all’interno delle cosce che speravano di non mostrare troppo certe voglie strane che li stavano scaldando, i due ragazzi fissavano la porta della camera da cui provenivano inequivocabili gemiti ed urla. 
- Ma sanno che non possono fare così a Milanello o negli hotel? - esordì Brahim perplesso, cercando di nascondere l’invidia. 
- Beh, sapranno controllarsi con gli altri che gli dormono accanto... - suggerì Sandro incredulo da quanto si sentivano. Imbarazzato ed eccitato non perché immaginava loro due, ma perché sapeva cosa facevano e si immaginava lui a farlo con un altro ragazzo che per il momento non aveva un viso preciso, ma aveva l’aria di essere spagnolo. 
Brahim lo guardò con un sopracciglio alzato, scettico. Una luce maliziosa brillò nei suoi occhi monelli, l’espressione fece vibrare il basso ventre di Sandro che tese ancora di più i muscoli in un breve scatto. 
- Sì certo... ed ora invece ci tenevano a farci sentire le loro urla di piacere... 
- Ma forse non gli importa se sentiamo, penso che non vorranno dare spettacolo con la squadra... 
Brahim ridendo appoggiò la testa alla sua spalla scuotendo la testa, guardandosi bene dal tirare fuori le mani dalle gambe che ancora le stringevano come se il gesto potesse fare miracoli. 
- Sei meraviglioso, Sandro. Non so dove sei stato fino ad oggi, ma adesso non voglio più separarmi da te! - Sandro non capì perché glielo diceva, ma era contento che lo facesse ridere. Perché adorava il suono della sua risata ed il suo viso mentre si illuminava con tutte quelle fossette sulle guance. Era bello essere il protagonista della sua allegria, anche se non sapeva perché lo era. 

“Se mi alzo si vede troppo. La speranza è che mi calmi.” pensò Brahim senza staccarsi, rimanendo con la testa appoggiata sulla sua spalla. 
I gemiti dalla camera aumentarono, il flash insistente di lui e Sandro a letto insieme pure. Così come la sua erezione divenne ancor più dura. 
Sospirò e si morse il labbro. 
“Dio mi fulmini se non mi faccio Sandro prima che me ne vado da Milano!”
Ma nessuno l’avrebbe fulminato. Tanto meno se ne sarebbe andato quell’estate. Tuttavia, non sapendolo ancora e pensando d’avere i giorni contati, non avrebbe più perso tempo. Non sapeva dove fosse stato Sandro, accanto a Daniel, probabilmente, ma non aveva importanza. Ora era lì ed era tutto ciò che contava. 
Lui e la sua ingenuità sarebbero stati suoi!