*Il capitolo si divide in 2 parti, una segue Ibra con il nostro caro Ante (TADAAAN! C'È ANCHE LUI! E arriverà anche Rade più avanti). Mentre l'altra segue Simon, quella parte si associa ad una canzone che ascoltavo mentre scrivevo e mi ha ispirato molto il suo pezzo, infatti ho aggiunto il link ed alla fine il testo originale. Buona lettura. Baci Akane*

13. PER NON SBATTERE LA TESTA

ibrantesimo


Non sarebbe di certo stato il suo scopo finire a casa di Ante, ma lo fece. 
Quando si vide parcheggiare sotto casa del suo forse unico effettivo amico lì a Milano in quel momento, Zlatan si rese conto di essere al capolinea. 
Evitava sempre le confidenze con chiunque, persino con gli amici più intimi che aveva. Se lo faceva, se li cercava per sfogarsi a parole con loro, significava che i pugni ed i calci al sacco o le corse in auto o qualunque altra cosa di fisico che faceva, non bastava più. Ed arrivare a quel livello, per lui, non era nulla di buono. 
Normalmente quello preludeva una fuga dalla squadra in cui militava, ma ormai aveva quasi quarant’anni. Sapeva che quando se ne sarebbe andato dal Milan, sarebbe stato per chiudere la sua carriera e appendere le scarpe al chiodo e ancora non se ne parlava. Stava bene e reggeva fisicamente alla grande. Non voleva smettere nemmeno per idea, di conseguenza doveva trovare un modo per risolvere quella cosa che lo stava facendo diventare letteralmente matto. 
Quando era successo? Come, soprattutto?
E di che diavolo si trattava? 

Quando Ante si vide Zlatan davanti alla bellezza di mezzanotte passata, capì che dopo Milanello era andato in giro a correre come un pazzo con la macchina per le vie di Milano e dintorni. 
Stupito per quella visita, puntò i suoi occhi azzurri sulle vene che pulsavano sul collo e sugli occhi feroci come quelli di una bestia che stava per sbranare qualcuno.
Chiunque con un po’ di saggezza nel cervello sarebbe scappato inventandosi una scusa qualunque, ma lui gli aprì meglio l’uscio e si mise da parte facendolo entrare senza bisogno di fargli dire il motivo della sua presenza. 
Era strano che lo cercasse per qualche sfogo o confidenza, cosa evidente a quel punto, ma non avrebbe di certo fatto la parte dell’idiota sprovveduto. 
Lo fece entrare in silenzio e lo fece accomodare nel divano, poi gli portò una birra. Il giorno dopo sarebbero stati tutti liberi avendo una settimana per prepararsi alla partita successiva e sapeva che in quei casi Zlatan sgarrava volentieri. Potevano fare tardi e bere senza grossi problemi, anche se a guardarlo probabilmente avrebbe avuto bisogno di qualcosa di più forte di una birra. 
Si sedette ed iniziò a sorseggiare in attesa che parlasse, non fece stupide domande, gli lasciò i suoi tempi. Del resto era lì per una sola cosa e sicuramente non aveva a che fare con qualche passatempo normale fra amici. 
Zlatan fissava il vuoto davanti a sé da quando era entrato e si era seduto. Aveva poi preso la birra in mano, ma la posa non era mutata, né lo sguardo si era spostato. Totalmente perso in un altro pianeta. 
Rispettò il suo lungo silenzio e solo a metà birra disse basso e rauco, il tono di chi si stava pericolosamente trattenendo e che non ci sarebbe riuscito ancora per molto. 
- Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, da solo non ne esco. Ma in realtà non so nemmeno cosa dire. Solo che se vado a casa e sto solo prendo a testate il muro! 
Ante rabbrividì, non era mai stato così stralunato. Stava male e gli dispiaceva, ma pur volendolo aiutare non sapeva come fare al di là del stare con lui ed impedirgli di distruggere le pareti con la testa. 
- Non credo basterà che tu stia qui seduto in silenzio. Prima o poi tornerai a casa e la tua voglia di spaccarti la testa sarà sempre lì... 
Zlatan gli lanciò un’occhiata inquietante, era sottile e feroce, ma sapeva che non ce l’aveva con lui. In risposta bevve altra birra e si stese sul divano come fosse il suo. 
Lasciò i piedi con le scarpe oltre il bracciolo a penzoloni e si mise un braccio piegato a coprire la fronte e gli occhi. La birra invece appoggiata dritta sullo stomaco. 
- Da un anno scopo con Simon. - e già solo per questo Ante si ritenne fortunato che non stava bevendo. 
“Ma come dà le notizie? Lo sa che ha appena detto qualcosa di shoccante?”
Nessuno aveva la più pallida idea che lui avesse un qualche tipo di relazione con Simon. In realtà sembravano quasi ignorarsi, in campo. 
- Ok. - rispose invece calmo e senza tradire emozioni. Si complimentò con sé stesso mentre pensava già all’espressione shoccata che avrebbe fatto Rade quando glielo avrebbe detto. 
- Non stiamo insieme, non ci sono sentimenti di mezzo, non siamo consacrati uno all’altro, non abbiamo obblighi e doveri. Non abbiamo nulla. Facciamo solo quel che ci pare e basta. 
Più glielo spiegava, più riteneva quella una cosa estremamente tipica e da loro. Però gli faceva comunque strano sapere che anche a lui piacevano i ragazzi. 
Non proferì parola in merito. 
- Avete litigato? - chiese con logica deduzione, rimanendo sempre calmo e controllato, seduto sulla poltrona a sorseggiare la birra e riposarla sul proprio ginocchio. Quella di Zlatan dimenticata. 
- Non proprio. Con lui non ci litighi ma forse è proprio questo il problema! 
Ante non capiva più nulla e già fino a quel momento ne sapeva meno di zero. 
- È successo qualcosa, allora... - sembrava dovergli tirare fuori le parole con le pinze eppure sapeva che aveva bisogno di dirle. Era lì per quello o non sarebbe venuto. Aveva bisogno di esporle ad alta voce per capire da solo. 
- Andava tutto bene finché non so... l’altro ieri ho pensato per la prima volta al mio ex. - ad Ante per poco non venne un infarto. Non solo andava coi ragazzi, ma aveva pure avuto relazioni vere e proprie!?
- Come mai? - non era realmente interessato a tutti quei dettagli del suo privato, ma sapeva che Zlatan ne voleva parlare, aveva solo bisogno di una spinta e per lui, dopo quel che aveva fatto per aiutarlo con Rade, avrebbe fatto questo ed altro. 
- Non lo so, credo perché pensavo che è la prima volta che sto così bene con qualcuno dopo di lui? O forse perché pensavo che è la prima volta che ho un rapporto con qualcuno come ce l’ho con Simon, nonostante ho amato una sola persona. Poi ho provato degli affetti od ho solo avuto amanti e basta. 
Ante era sempre più shoccato, ma rimase fermo, dritto e non fece una piega. 
- Ehi, mica l’hai chiamato per sbaglio come il tuo ex? - era la cosa più ovvia in quei casi. 
Zlatan scosse il capo, sospirò e tolse il braccio dagli occhi, poi puntandoli sul soffitto, disse come un proiettile che sparava nell’eco. 
- Sono andato a letto con Brahim.
E qua Ante si perse del tutto. 
La sua compostezza stoica andò nel cesso, si girò di scatto e tendendosi verso di lui, visibilmente sconvolto ed incredulo, sbottò:  - Che hai fatto tu? E che c’entrava Brahim, ora? 
Per Zlatan aveva senso, chiaramente, ma per lui no. 
Il compagno gli lanciò un’occhiata seccata perché non capiva da solo e allargando il braccio con la mano aperta in segno di ovvietà, rispose sbrigativo guardandolo male: - Perché ne ho parlato con Simon e lui non era geloso. 
- Hai parlato a Simon del tuo ex e non era geloso e ti sei fatto Brahim. - silenzio. Ancora i suoi occhi feroci puntati sui propri. - E che c’entrava Brahim in tutto questo? Mica è il tuo ex? È troppo piccolo per esserlo... 
Fin lì ci arrivava. 
Zlatan sospirò ancora alzando gli occhi al cielo e distolse lo sguardo cercando di calmarsi. 
- Brahim somiglia al mio ex. Gliel’ho detto a Simon, ma lui non era geloso. 
Adesso forse un vago senso l’aveva, ma era ancora troppo vago per poterlo capire. Decise di tornare ad assecondarlo fingendo che comprendesse tutto alla perfezione. 
- Ok... - lo incoraggiò a continuare. “Non è che ha più senso, ma non importa.”
- Siccome non era geloso sono andato con Brahim, poi gliel’ho detto e lui non ha avuto reazioni. O meglio. Ho visto chiaramente che tratteneva a stento una furia gelida, era furibondo, ma mi ha detto freddo come il ghiaccio che non siamo nulla, non abbiamo obblighi e possiamo fare ciò che vogliamo. 
Ante si morse il labbro guardandolo ad occhi spalancati, appena però Zlatan voltò i suoi tornò veloce all’espressione più normale di cui fosse capace. 
- Peccato che dopo ha iniziato ad ignorarmi e a flirtare con Sandro fino a farsi baciare da lui. Poi, soddisfatto, dopo essersi fatto beccare e aver detto qualcosa che aveva a che fare con ‘ora siamo pari’, ha continuato ad ignorarmi. Mi evita e non intende più parlarmi. Lo conosco, ormai. Per lui è finita. 
- Aspetta, ha detto davvero ‘ora siamo pari’? Proprio Simon? 
Non se lo immaginava, non era un tipo vendicativo ed infantile. 
Zlatan sospirò spazientito, mise giù la birra e gesticolò ancora nervoso, guardandolo torvo. 
- No cazzo, però il senso della sua frase era quello. Mi ha fatto capire che l’ha fatto apposta ad istigare Sandro. Voleva vendicarsi! Non è da lui, ma l’ha fatto. È furioso, Ante. Furioso da matti! Ma non ne vuole parlare ed io non capisco perché. Farà finire tutto così, pur di non parlarne e ammettere che è furioso, perché significherebbe che è geloso e che gli importa di me e che prova qualcosa. Perché diavolo è un problema provare qualcosa per me? Eh? Io non capisco! E non posso obbligarlo, non è che non voglio, non ci riesco senza usare violenza e non posso. È lì che trattiene questo odio e si divora la merda! Non starà bene, non può! Finirà male, se non tira fuori! 
Ante lo lasciò parlare e notò che mano a mano che lo faceva, andava sempre più fluido, sebbene fosse sempre preso ed infervorato, ma sicuramente ora sarebbe stato meglio, perciò non provò a dargli consigli che non sapeva proprio quali potessero essere. 
Rade sarebbe stato più bravo, ma lì ora non c’era. 
Capì oltretutto che ci teneva davvero molto, a lui. Così tanto da preoccuparsi fondamentalmente non perché voleva chiudere con lui, ma perché stava male nell’ingoiare tutta quella rabbia. 
Al suo silenzio, lo guardò e capì che si aspettava qualcosa. 
“Dannazione, non poteva bastargli lo sfogo? Ora vuole anche che gli dia un parere? E che cazzo dico?”
Ma tanto cosa ci pensava a fare? Ormai si conosceva e sapeva che la sua bocca si sarebbe mossa a piacimento. 
- Beh, a me pare ovvio che ormai provate entrambi dei sentimenti. Non dico amore, eh, ma vi state prendendo e non vi sta più bene una relazione senza impegno ed aperta. Lo volete l’impegno. E volete anche la consacrazione, nei limiti dei vostri impegni matrimoniali, ovviamente. 
Sentendosi dire cose tanto vere e sagge, si complimentò da solo con sé stesso. 
Zlatan a quel punto lo guardò e distese la fronte, smise di fissarlo come fosse un nemico da abbattere e lo guardò cercando di capire se avesse ragione. 
- Ci stiamo prendendo? - chiese come se considerasse quell’eventualità per la prima volta solo in quel momento. 
- Non ci eri arrivato? 
Zlatan ebbe un guizzo feroce ed Ante si affrettò ad alzare le braccia e le mani in segno di scuse immediate. 
- Ok, pensavo fosse ovvio anche a te. Beh, il punto è comunque che lui non lo ammetterà se lo lasci fare a modo suo. Devi trovare il modo di fargli tirare fuori questa rabbia che gli hai scatenato fino a fargli ammettere che anche lui ricambia.
Zlatan sospirò ancora e tornò a guardare in alto, esasperato e saturo di quella situazione. 
- Ma perché non vuole arrendersi? Che problemi ci sono se prova qualcosa? 
A quella domanda, Ante non seppe rispondere. Per lui era stata la paura di ferire la persona che amava, ma sicuramente per Simon era diverso. 
Simon non era nemmeno simile a Zlatan. Era difficile se non impossibile capirlo. 
- Dovrai chiederglielo. È il solo che lo sa. 
Zlatan tornò a coprirsi gli occhi con il braccio, esasperato. 
- Come se fosse facile. Non mi fa nemmeno parlare, figurati se mi risponde. 
- Devi trovare il modo. Sei pur riuscito a fartelo, saprai anche farti ascoltare. - poi Ante sorrise divertito: - Tanto lo so che le sfide a te piacciono e più sono dure, più ti esaltano. 
Zlatan fece uno sbuffo che sembrò l’ombra di un sorriso, ma fu troppo fugace per vederla bene. 

 

- I am giant - Playing with fire -

Voleva cancellarlo. 
Ma non da lì in poi. Da sempre. 
Voleva che non fosse mai esistito sulla faccia della Terra, che non fosse mai entrato nella sua vita fino a farsi piacere a quel modo, fino a farlo stare così bene con lui. 
Come si era rovinato tutto? 
Perché improvvisamente non era più bastato quello che avevano? 
Simon stava ancora tirando il massimo dal suo motore sportivo di non poco conto, mentre il paesaggio sfocato si perdeva oscuro ed indistinto intorno a lui per le vie lombarde, pensava furiosamente a Zlatan. Stava anche facendo una cosa estremamente da lui, correndo come un pazzo con la musica a tutto volume. 
Ci vedeva rosso, rosso di rabbia.
Non stava servendo a nulla, ma se non lo faceva avrebbe sbattuto la testa contro il muro per non farla esplodere in un’eruzione vulcanica, in mezzo a tutto quel rosso che vedeva, che sentiva, che cresceva dentro di sé come un cancro facendolo tremare, mentre stringeva convulso le mani sul volante.
Da quando aveva avuto quella piccola infantile vendetta, niente di grave dal suo punto di vista, si era momentaneamente sentito meglio. Poi c’era stata la partita, si era concentrato su quella anche se in realtà non avendo giocato non era stata esattamente la stessa cosa. 
Poi Zlatan aveva tentato di parlargli e lì aveva mandato tutto a quel paese, definitivamente. 
L’effetto vendetta era svanito in un istante.
Si era negato a lui, del resto cosa c’era da dirsi?
Non è che a Zlatan non fosse improvvisamente più bastato il bel tempo passato insieme, il sesso, l’onestà, la libertà e quindi aveva cercato altri. 
In realtà aveva cercato di provocargli una delle sue reazioni come aveva fatto l’anno precedente per farlo andare a letto con lui. 
L’aveva provocato fino a farlo impazzire e a farsi saltare addosso. 
Ora stava di nuovo facendo la stessa cosa, ma questa volta ovviamente per ottenere qualcos’altro.
“Se vuole che dimostri dei sentimenti, che passiamo alla fase successiva, non è così che si fa. Non deve farmi ingelosire a tutti i costi per dimostrarmi che provo qualcosa o per spingermi a provarlo.
“I sentimenti non si comandano, non si chiedono, non si provocano, non si pretendono. I sentimenti o ci sono o non ci sono. Li aspetti, li speri, li sogni, ma non li tiri fuori a forza. Adesso mi ha perso. Magari se mi avesse parlato da subito dicendo come si sentiva forse io mi sarei sciolto, il ghiaccio sarebbe evaporato. Non lo so se provo qualcosa o se posso provarlo continuando come facevamo, ma so per certo che non posso assolutamente essere costretto in questo modo. Se vuole qualcosa deve cercare di ottenerla in modo normale, non così. 
“Andare con qualcun altro per farmi ingelosire e vedere se dimostro sentimenti? Eppure lo sa che ho sempre avuto questo problema. Non solo non li dimostro, ma forse non li ho mai provati. È l’unico a cui l’ho detto. Cosa diavolo cerca di fare?”
Ma ormai erano finiti i giochi. 
Una chiamata in entrata sul suo telefono appeso al porta-cellulare da macchina attirò brevemente la sua attenzione, vide il suo nome. Assottigliò gli occhi e chiuse col tasto sul volante, mettendogli giù e tornando a fissare la strada che era un punto nero davanti a sé. 
Ora nella mente rimbalzava la loro ultima conversazione come un fuoco, indimenticabile. 
‘Perché non capisco cosa siamo, che tipo di rapporto abbiamo, cosa provi tu... a me non sapere cosa provi mi manda in bestia’, gli aveva detto Zlatan per spiegargli il motivo per cui era andato a letto con Brahim. 
Lui a quel punto, duramente, gli aveva detto: ‘Perciò ha senso andare con un altro, no?’
E Zlatan invece di essere sincero nell’unica occasione che aveva avuto dopo la cazzata fatta, invece di rimangiarsela, scusarsi e spiegarsi onestamente, aveva ripetuto le parole che Simon gli aveva detto. Occhio per occhio?
‘Non siamo una coppia, l’abbiamo sempre detto e me l’hai ribadito prima. Perché dovrei consacrarmi a te? Ti ho fatto un favore a dirtelo, per onestà. Perché anche se non stiamo insieme, abbiamo qualcosa di sincero ed onesto. Ma se ti dà fastidio dimmelo e parliamone.’
- Bugiardo - sibilò a denti stretti, molto lontano dal solito gelo tagliente che usava. Si sentiva andare a fuoco, mentre ricordava per filo e per segno ogni loro parola. Le ultime scambiate.  
‘Lascia stare. Hai ragione, non siamo niente. Non mi dà fastidio. Buona notte.’ 
Le ultime che lui gli aveva detto e che intendeva dirgli. 
Simon aumentò l’andatura per le vie periferiche di Milano, deserte, sicure, dove altri compagni andavano a correre quando avevano voglia di farlo con le macchine spaziali che avevano. 
Le mani sempre più strette. 
Zlatan aveva capito d’aver sbagliato a forzarlo in quel modo, ma ormai era tardi, non gli avrebbe permesso di sistemare le cose. 
‘Simon, non fare il vigliacco, devi ascoltarmi, smettila di scappare come un codardo! Se non ne parliamo ora è finita.’
Il suo messaggio arrivò sul display del telefono piazzato accanto al volante, vicino alle sue mani strette a pugno. 
Simon si incendiò vedendo sempre più rosso e parlò ad alta voce, senza però avviare un ‘audio’ per rispondergli. 
- Puoi chiamarmi come vuoi, chiuditi la porta dietro di te e vattene pure, non mi interessa più. - disse da solo a denti stretti, la mascella contratta e ancora la musica che esplodeva nell’abitacolo spinto a folle velocità. 
La cieca speranza che dirlo ad alta voce a nessuno se non sé stesso, potesse aiutarlo meglio di quella corsa che non stava servendo a molto.
- Hai giocato con il fuoco, sei andato oltre troppe volte, - nella mente numerosi flash di tutte le volte che in passato l’aveva provocato facendolo uscire fuori di testa fino a fargli perdere totalmente il controllo. Gli aveva fatto superare il limite troppe volte solo per ottenere ciò che voleva. 
Rispondimi. Dobbiamo parlarne’, scrisse ancora. 
Sapeva che non avrebbe mollato, che appena l’avrebbe rivisto in squadra avrebbe trovato il modo per costringerlo a parlargli. Che non finiva davvero lì e all’idea di combatterci ancora batté la mano violentemente sul volante continuando a correre, sbattendo ancora e ancora con una smorfia di rabbia sul viso, la prima forse della sua intera esistenza. Così come i primi sentimenti tanto potenti, forti e violenti.
Così rossi. 
Così infuocati.
- Hai già superato di nuovo il limite, non puoi più correggere il tiro, maledetto stronzo! 
‘Non puoi nasconderti dietro il tuo stupido ghiaccio, tu provi sentimenti per me, ammettilo e basta!’
Ma a quel punto Simon gridò: - E CHI CAZZO SEI TU PER DIRMELO? 
Lo fece così forte che si ritrovò a frenare affondando il pedale con tutta la sua forza. La macchina si piantò dopo aver sgommato per diversi metri senza per fortuna sbandare troppo, rimase puzza di bruciato per via delle gomme che si percepiva fin dentro l’abitacolo. La stessa puzza che sentiva aveva ormai la loro storia. 
La macchina era ancora accesa, ma appena fu fermo del tutto, scese e coi pugni stretti lungo i fianchi si piegò in avanti e nel buio desertico della notte che lo inglobava, urlò liberamente. 
Lo fece perché bruciava, bruciava come non mai quel fuoco che non aveva mai avuto, vissuto e toccato. 
Bruciava da matti e lo faceva impazzire, perché, dannazione, Zlatan fottutamente ragione. 
Provava dei sentimenti per lui.

“Oh, ho finito con i giochi
Alla presenza di un bugiardo
Puoi chiamarmi come vuoi
Puoi chiudere la porta dietro di te
Non mi interessa
Non mi interessa
Vedo rosso, vedo rosso, vedo rosso
E stai giocando con il fuoco
Andando oltre e ancora oltre
Queste cose nella mia mente
Stiamo trascinando il passato
Ho già camminato sul limite?
Stiamo parlando in modo sbagliato o giusto?
Chi cavolo sei tu per dirmelo?”
- I am giant - Playing with fire -