15. FOLLIE IN AMORE

kjbratheo samu brahim

Le pupille si dilatarono dalla rabbia cieca e per un momento vide tutto rosso.
Ogni muscolo del suo corpo si tese.
Era ancora con la divisa con cui si era allenato, i capelli legati in un nodo mezzo disfatto, in alto. 
Simon gli stava lì davanti, apparentemente indifferente, immobile, le braccia incrociate, appoggiato al lettino su cui qualche giorno prima, forse una settimana, avevano fatto sesso. 
Non lo sapeva più quando era stato, solo che ricordava molto bene che l’aveva abbassato e se l’era fatto. 
E lui non voleva più quello? 
Ricordò come gli era piaciuto, così come gli piacevano tutte le altre volte. 
Specie quando lo stuzzicava fino a farlo impazzire. 
Poi guardò il suo collo, un guizzo attirò la sua attenzione, impercettibile ma netto. 
Un battito.
Ma non solo uno. 
Tanti.
Zlatan sorrise maligno e si leccò le labbra avvicinandosi ancora, mentre l’eccitazione partiva automatica prendendo il posto della rabbia, pregustandosi cosa sarebbe successo. 
Sollevò la mano aperta verso di lui e la posò sul suo collo, come aveva fatto tante volte, la prima con furia, per zittirlo e fargli male. 
Le altre per farlo suo. 
Simon non fece un minimo movimento di difesa, né di paura. Rimase a fissarlo negli occhi assottigliandoli. 
Appena le sue dita si posarono sotto le orecchie, col palmo sul collo, sentì nettamente la giugulare battere impazzita d’eccitazione e Zlatan sorrise malizioso, trovando finalmente le sue risposte, la sua verità.
Non aveva paura di lui, non lo stava allontanando ed era un’altra cosa che gli piaceva da matti di lui. 
Zlatan avvicinò infine il viso al suo e sempre con quel ghigno stampato in viso, sfiorò le sue labbra ferme in un’espressione neutra. Fintamente neutra. 
Non disse nulla e non lo baciò. Mise l’altra mano sul suo inguine e glielo toccò attraverso i pantaloni della tuta, strinse fino a delinearlo e sentirlo bene, era duro. A quel punto inarcò un sopracciglio con aria di sfida. 
- Ecco la risposta che volevo. Voglio vedere quanto ci metti ad impazzire senza questo. 
Dicendolo lasciò il suo collo, gli prese il suo polso e gli mise la mano sul proprio inguine, gli fece toccare la sua erezione dura e vide Simon trattenere il fiato senza più riuscire a controllarsi. 
Vibrò a quel contatto, lo costrinse a toccarlo per bene e ad accarezzarlo mentre lui faceva altrettanto. 
Infine sulle sue labbra che sfiorò, mormorò roco e quasi con un tocco di crudeltà: - Lo sappiamo entrambi che non potrai farne a meno e tornerai da me strisciando. Io ti aprirò, quando lo farai. Prenditi il tempo che ti serve per essere onesto con te stesso e rispondere a questa domanda: puoi davvero fare a meno di scopare con me solo perché hai paura dei sentimenti?

Sentiva di essere vicino al limite della follia, stava per cedere e lasciarsi andare, quando Zlatan lo lasciò improvvisamente. 
Simon lo guardò esterrefatto e sconvolto mentre si voltava per andarsene. Era in uno stato pietoso, con un’erezione evidente che non avrebbe potuto nascondere e nemmeno sfogare. 
Tuttavia, shoccato che se ne andasse così senza poi dire nulla, disse istintivo senza riuscire a trattenere la frase: - È davvero questo quello che vuoi chiedermi? 
Zlatan con la mano sulla chiave, prima di girarla ed uscire, girò solo la testa verso di lui, a metà, lo squadrò da capo a piedi, ma non disse altro e girando la chiave, aprì e se ne andò. 
Simon rimasto solo sospirò a fondo, stravolto e stralunato, si strofinò il viso con le mani cercando di rischiararsi e tornare in sé in uno stato vagamente accettabile per potersi cambiare senza fare scandali.
Dopo qualche istante si guardò in basso ed imprecando si arrese: “Facciamo che vado via così senza spogliarmi e prima di andare a casa vado a farmi un lungo giro.”
Forse era meglio. 

Il resto della settimana si ignorarono a vicenda, Zlatan sembrava più rilassato e sicuro di sé, come in attesa del grande ritorno, convinto che si sarebbe avverato, che Simon sarebbe tornato. 
Era come un predatore in attesa della sua preda, fermo su un albero o sul greto di un fiume che osservava dall’alto chiunque passa, consapevole che sarebbe presto giunto colui che aveva puntato. 

Simon rimase invece sorpreso nel non sentirsi più sotto pressione. Gli aveva detto che gli avrebbe dato tempo e così era stato, ma era consapevole che era una tregua a scadenza. 
Conoscendolo avrebbe atteso la vigilia della partita per chiedergli una  risposta, ma siccome lui era convinto di avergliela già data e che non sarebbe cambiato nulla anche dopo qualche giorno, era abbastanza convinto che ormai le cose fossero belle che finite, fra loro. 
Non aveva nulla su cui pensare, in realtà, anche se Zlatan ne era convinto. 
“Paura dei sentimenti? Non ha capito niente di me, dopo tutto questo tempo. Ed io che pensavo che fosse l’unico ad avermi compreso. Non è che io ho paura dei sentimenti, io semplicemente non ne provo.”
Ma più se lo diceva, più si sentiva stonato e forzato. 


Theo, seduto con Brahim e Samu nel loro solito tavolo a Milanello, nel pranzo che precedeva la sessione d’allenamento pomeridiana che sarebbe cominciata alle 14, stava mangiando con l’aria più serena di quel mondo. 
Lanciava ogni tanto un’occhiata a Daniel che insisteva a stargli lontano quando c’era Paolo che girava per la struttura, come praticamente faceva ogni giorno presenziando con la squadra per fargli capire quanto tenesse a loro. 
Tutte le volte che si allontanava da lui era sempre per deviare suo padre e non fargli capire che avevano una relazione. Non riusciva a capire precisamente il loro rapporto e la loro dinamica, perché lui vedeva un Paolo che adorava, un grande calciatore ed un ottimo dirigente, sempre presente con la sua squadra a cui teneva moltissimo. 
Mentre per Daniel, Paolo risultava un maniaco del controllo, un padre iper protettivo e troppo presente, in grado di captare ogni minuscolo dettaglio per poi riscuotere spiegazioni, andare a ficcanasare e scoprire ogni segreto. 
Lo adorava ed aveva uno splendido rapporto, ma nel tentativo di spiegargli la loro dinamica, Daniel gli aveva detto che per non rovinare le cose fra loro aveva scelto un altro ruolo rispetto al suo, che era il difensore. 
Suo fratello aveva fatto il difensore e ne era rimasto inghiottito e soffocato fino a non riuscire ad esprimersi e a scappare il prima possibile, la pressione posta sia dalle circostanze della loro storia calcistica che da suo padre stesso, aveva fatto male sia a lui che alla sua carriera che non era andata come tutti avevano pensato. Di conseguenza questo aveva avuto esito negativo anche sul rapporto con Paolo. Christian aveva sempre avuto paura di deluderlo e vedendo con auto consapevolezza che il proprio livello non aveva mai raggiunto le sue aspettative, aveva sempre pensato di aver deluso anche loro padre. Questo aveva minato fortemente il loro rapporto, ma non perché Paolo fosse stato realmente deluso da lui, semplicemente aveva sempre cercato di aiutarlo nel suo percorso calcistico, proprio vedendo le sue difficoltà e la sua sofferenza. 
In sostanza non si erano mai capiti bene. 
Daniel, memore della sua esperienza, aveva quasi da subito scelto un altro ruolo proprio per evitare di sentirsi sotto la stessa pressione e vivere la stessa situazione. 
Nessuno si sarebbe potuto aspettare da lui un Paolo Maldini 2 per il semplice fatto che non giocava nel suo stesso ruolo. Di conseguenza suo padre non avrebbe potuto riempirlo di preziosissimi consigli in un ruolo che non gli era mai appartenuto e si sarebbe intromesso di meno. 
Meno pressione, meno tensioni sia personali che con lui. 
Theo aveva capito abbastanza il motivo di quel racconto, ma aveva capito ancor di più che Daniel aveva un gran carattere e non aveva paura di andare contro tutto e tutti, se necessario. Ma significava anche che ci teneva così tanto a suo padre ed al rapporto con lui, da non poter fare nulla per deluderlo in alcun modo. 
‘Te l’ho detto per farti capire perché non voglio che lui capisca di noi finché non sarò pronto.’
Gli aveva detto alla fine di tale lunga narrazione interessantissima che aveva assorbito coi cuori negli occhi nell’immaginarsi il suo idolo alle prese coi figli. Un padre meraviglioso senza dubbio. 
‘Perché è iper protettivo con te?’
Daniel però aveva sbottato spazientito, pensando che alla fine di tutta quell’ora di psicanalisi non avesse capito nulla.
‘PERCHÉ È UN GRAN FICCANASO!’
Aveva chiuso così facendolo ridere. 
In qualche modo aveva capito, anche se non del tutto. In ogni caso aveva sicuramente compreso quanto delicato fosse il loro rapporto e non intendeva intromettersi nemmeno con mezzo dito nella gestione che Daniel aveva di suo padre. 
Però questo gli impediva di stare con lui quanto voleva anche in mezzo ai suoi amici e compagni, soprattutto perché quelle erano le occasioni migliori per godere di Daniel.
Ora erano compagni di squadra e Dio solo sapeva per quanto lo sarebbero stati, nel calcio sapeva che le cose andavano così. Anche se Daniel era figlio del grande capo, questo gli avrebbe permesso di rimanere al Milan fino ad un certo punto. Senza il rendimento od i minuti adeguati, sarebbe dovuto andare via anche lui.
O magari lui stesso sarebbe stato venduto per chissà quanti milioni, un giorno, per fare cassa, come era capitato a molti prima di lui, o perché magari si stufava e voleva cambiare squadra.
Voleva cogliere e godere di tutti i momenti con Daniel anche perché doveva ancora convincerlo che poteva essere un bravo fidanzato. 
Se però Paolo era un dirigente sportivo tanto bravo da essere SEMPRE con i suoi ragazzi per controllarli e sostenerli, le cose si facevano molto difficili per loro. 
“Forse capisco il discorso che mi ha fatto...” 
Pensò frustrato dopo avergli lanciato numerose occhiate insofferenti, notando che Paolo gironzolava fra loro così come se niente fosse. 
Stava mangiando totalmente distratto dai propri pensieri personali, quando Brahim esordì candido come se parlasse di quanto buono fosse quello che mangiavano: - Io voglio farmi Sandro! 
A questa rivelazione Theo sputò il boccone nel piatto, per poco non lo fece in faccia a Brahim. Però si mise a tossire come un forsennato per non far scappare alcun resto per le vie aeree. 
Si vide più morto che vivo per un po’, fino a che Samu ridendo non gli sfondò le scapole. A quel punto per non perdere il loro uso, sgomitò il preziosissimo amico e battendo le mani sul tavolo si protese verso Brahim: - Che vuoi fare tu? 
- Mi voglio fare Sandro! 
- Alla buon ora! - commentò Samuel ridendo. 
- Ma ti sembra modo di dirlo? - Theo che era stato impreparato a tale rivelazione preziosa, se l’era vista male. 
- Pensavo l’avessi capito da solo e poi te l’avevo anticipato mi pare... che se dovevo scegliere qualcuno da lavorarmi era lui... 
Brahim non capiva cosa avesse da fare tante sceneggiate e rimembrando la famosa notte incriminante da cui era partito tutto quell’enorme casino generico, riprese candido a mangiare. 
- Sì che lo sapevo, lo so da giorni che tu e Sandro dovete mettervi insieme che siete perfetti, ma come ti salta in mente di dirmelo così mentre penso ai cazzi miei mangiando? 
- Eh, ti manderò un telegramma la prossima volta! Posso dirti i cazzi miei ora o sei impegnato a cercare il mezzo neurone che hai? 
- Mezzo? Sei generoso... - si intromise Samuel divertito dai due che battibeccavano in spagnolo come al solito. 
Andarono avanti a beccarsi fino alla fine del pranzo, poi Brahim massaggiandosi lo stomaco pieno in giusta misura, si stiracchiò aspettando il caffè insieme ai suoi due fedelissimi. 
- Comunque te l’ho detto perché domani sera abbiamo un problema. - si riferiva al fatto che l’indomani avrebbero dormito in hotel a Torino per la partita di domenica sera con la Juve. 
- Solo uno? - gli fece notare Theo. Brahim si connesse finalmente col suo cervello e riuscirono a comunicare in modo comprensibile e normale.
- Due, in effetti. 
- Dì pure tre... 
- Simon, Ibra e Sandro. - precisò Samu per tutti. 
- Grazie prof. - commentarono acidi in tandem gli altri. Samu fece il dito medio ad entrambi. 
- Comunque... Ibra e Simon sicuramente non staranno in camera insieme... si ignorano, per di più, perciò credo che sarà praticamente scontato che si separeranno... - esordì Brahim nella sua analisi che aveva fatto prima di spiattellare la sua volontà. 
- Chiederà a noi due, sanno che sappiamo. Sandro è in camera con Alexis e dubito che Simon permetterà di mettere in mezzo anche lui. - mentre parlava Theo puntava il dito sul tavolo come per fare il punto della situazione. 
- Ma io voglio farmi Sandro! Volevo approfittare della scommessa, del fatto che domani è il suo compleanno e insomma, mi sembra ovvio... - sussurrava cercando di non farsi sentire, ma si vedeva benissimo da fuori che quei tre confabulavano qualcosa insieme e se lo facevano, c’era solo da tremare. 
Non notavano infatti Daniel e Sandro che alzando gli occhi al cielo scuotevano le teste. Daniel soprattutto, perché Sandro non era sicuro di capire di che diavolo avessero ancora tanto da discutere. 
Il figlio dei Maldini voleva andare da loro ad illuminare le loro teste che in tre non ne facevano una, ma non era facile. Suo padre era sempre nei paraggi. 
Troppo. 
- Pensavo volessi fartelo alla festa... - disse Samu non capendo più cosa passasse per la testa di Brahim.
- Sì, però c’è il rischio che non si possa fare o che si rovini tutto... se domenica perdiamo dovremo cambiare i piani... 
Era ovvio che non avrebbero potuto festeggiare nulla se avessero perso con la Juve. 
- C’è da dire che dopo tre giorni abbiamo un’altra partita, potremmo dover riconsiderare comunque il piano della festa. - suggerò Theo ripensandoci. O meglio, ricordando le parole di Daniel. 
- Vabbè, se andate dietro a questo non faremo mai nulla... è l’occasione ora perché c’è il suo compleanno... - gli fece notare Samu
- Sì, ma potremmo aspettare di vedere come finiamo la stagione e se raggiungiamo l’obiettivo Champions... in quel caso avremmo una buona scusa per festeggiare e non dovremo nemmeno limitarci. - Theo ne aveva già parlato con Daniel il quale aveva proposto quell’alternativa, lui aveva capito che non aveva torto, ma Brahim sembrava per nulla convinto e spostandosi di posizione per la millesima volta, si mise un piede sotto il sedere battendo l’altro per terra nervoso. 
Iniziò addirittura a mangiarsi le unghie. 
- No, non voglio aspettare. Non possiamo. Uno: - e alzò l’indice davanti a loro - Simo ed Ibra sono in totale rottura. Più aspettiamo e più sarà impossibile far rimettere insieme i nostri papà... 
- Se dici così sembra che ti sei fatto tuo padre... 
- Beh, non ho mai detto d’aver superato il complesso di Edipo... 
- Quello era da figlia a padre, bello... tu sei un ragazzo...
- È la stessa cosa! 
- Avete finito di dire inutili stronzate? - li interruppe seccato Theo girando gli occhi in alto e girando il cucchiaino nella tazzina con nervoso crescente. 
Gli altri due la smisero di pizzicarsi e tornarono a concentrarsi sul discorso, sebbene il loro disturbo dell’attenzione fosse davvero difficile da controllare. 
- E comunque a parte loro, io non voglio aspettare così tanto per farmi Sandro, ho fatto una scommessa e qualcosa la tirerò fuori comunque domenica notte, però sarebbe meglio fosse la festa. - riprese Brahim bevendo infine il caffè. Theo fece altrettanto e sospirò guardandolo accigliato. 
- Quindi che problemi ci sono se domani stai con Zlatan? 
Brahim si strinse nelle spalle e fece un’espressione infantile da bambino deluso. 
- Eh, ma non sono sicuro d’avere l’occasione domenica. Se non ce l’ho, sabato potrebbe essere l’unica... 
- Ma non puoi anticipare tutto per il dubbio di non riuscirci domenica... che senso ha fare la festa domenica se ti fai Sandro sabato? E poi la scommessa è per domenica notte. - Samu non capiva come funzionasse la sua testa ed era esasperato dai suoi ragionamenti disarticolati, al contrario Theo lo capiva e alzandosi in piedi rimase con le mani sullo schienale della sedia a guardarli pensieroso ed in attesa che si alzassero anche loro. 
- Se hai due occasioni e la seconda è più perfetta della prima, non è che non ne approfitti anche la prima e aspetti la seconda. Carpe Diem, baby. E poi la seconda potrebbe semplicemente rinforzare la prima. 
Per loro due aveva perfettamente senso, infatti Brahim annuiva indicando il suo amico come se finalmente fosse d’accordo con lui su qualcosa che diceva. Insieme si avviarono fuori dall’area ristoro, rimasti ormai solo loro due dentro. 
- Starei io con Zlatan, ma sono squalificato e non sarò convocato. - disse Samu rendendosi ancora una volta inutile ai loro scopi. Non capendo che in realtà era meglio che non si mettesse in mezzo perché era anche più bravo di loro a far peggiorare tutto. 
E già loro in quello erano i migliori! 
Brahim e Theo andarono avanti verso gli spogliatoi e con un enorme sospiro drammatico da parte di entrambi, dissero in tandem: - Non ci resta che sacrificarci. Se vogliamo aiutarli, non abbiamo scelta. 
Daniel, già dentro lo spogliatoio e quasi pronto, sentì solo quella frase. Non sapeva nulla dei precedenti dialoghi né di come fossero arrivati a quella conclusione, ma lui ormai li conosceva e mettendosi la mano sulla faccia, lieto che almeno lì non girasse suo padre, li ammonì disperato e sottovoce per non farsi sentire da Simon. Zlatan era già pronto e in palestra. 
- Vi prego, non fate nulla... lasciate perdere... 
- Ma non sai di cosa parlavamo e cosa abbiamo deciso! - si difese subito Theo andandogli davanti con aria permalosa. 
- Non importa! Vi conosco. Sicuramente è una pessima idea! 
Non aveva tutti i torti, ma in realtà non avrebbero comunque avuto scelta.