*Un anno dopo la fine di La libertà di essere, vediamo che combinano Ibra e Simon e come vanno le cose fra loro, a che punto è la loro relazione non relazione e come si inseriranno gli altri nella loro storia Ci sono alcuni riferimenti non specifici alla vecchia relazione di Ibra con Alex (Pato) su cui ho scritto in quella che fu la mia primissima serie di fic sul Milan (ai tempi di Pato, Ibra, Thiago Silva, Robinho, Kevin Prince Boateng e Van Bommel), ma non è necessario averla letta perché quel che c'è da sapere è scritto nel capitolo. Ovviamente il fatto che si sono lasciati non l'ho mai scritto da nessuna parta ma... sorpresa! Ecco com'è andata! Buona lettura. Baci Akane*

2. SGUARDI TORVI

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Quella posizione avrebbe istigato chiunque, soprattutto visto il soggetto piegato in avanti, ma dal momento che era Zlatan ad averlo beccato, non c’era stato un secondo d’esitazione da parte sua. 
Era passato davanti alla sala massaggi dove alcuni lettini erano schierati per permettere i fisioterapisti ed i preparatori di praticare sui giocatori doloranti o bisognosi di qualche manipolazione. 
A volte quella stanza era piena, alcune, sebbene di rado, era vuota. 
Quando passò di corsa, vide con la coda dell’occhio una visione inequivocabilmente piacevole e soprattutto a lui familiare. 
“Riconoscerei quel culo fra mille...”
Zlatan infatti tornò indietro sempre alla stessa andatura sostenuta ed entrò senza nemmeno controllare meglio chi era piegato in avanti a fare stretching toccandosi le caviglie con le mani, tenendo le gambe dritte e il suddetto sedere in mostra davanti all'uscio. 
Si chiuse a chiave la porta dietro di sé e lanciando appena un’occhiata sbrigativa al resto della sala, fortunatamente vuota, prese i fianchi della persona piegata e senza presentarsi né farsi riconoscere, gli abbassò i pantaloncini. 
Simon si raddrizzò, o per lo meno tentò, ma quando la sua manona sulla schiena lo costrinse a tornare giù, ridacchiò allungandosi in avanti fino a raggiungere uno dei lettini. Mosse un passo e si appoggiò coi gomiti, lasciando l’intruso fin troppo riconoscibile giocare al suo passatempo preferito. 
Non si parlarono, non scherzarono nemmeno, non un saluto. 
Zlatan dopo aver abbassato i vestiti per il necessario a Simon, lo fece con sé stesso liberando solamente il proprio membro già eccitato, infine si leccò la mano, se la passò sull’erezione lubrificandola e contemporaneamente si mise il dito dell’altra mano in bocca per poi infilarlo fra le natiche del suo amante. 
Due secondi dopo, con una spinta possente, lo penetrò senza complimenti né permessi. 
Il mondo sbiadì immediatamente e mentre ogni nervo del proprio corpo si riempiva di brividi di piacere annullando qualsiasi tensione e nervoso, si mise a spingere sempre più forte e veloce, tenendolo per i fianchi. 
Simon cercando di non emettere suono, soffocò la bocca contro il proprio bicipite, mentre si piegava ulteriormente sul lettino, dandogli un accesso ancor migliore. Era una delle sue posizioni preferite.
L’altra che lo mandava fuori di testa era quando si metteva sul letto, sul fianco, e piegava una gamba facendogli vedere la sua una curva perfetta ed invitante. A quel punto gli veniva dietro, gli si stendeva e prendendolo come fosse una seconda pelle, l’avvolgeva e lo faceva suo. 
Il piacere aumentò per entrambi, lo sentì fremere e trattenere a stento le grida, sapeva come fargli perdere il controllo, ma essendo a Milanello e non in una camera al sicuro, cercava di evitare. O per lo meno voleva. 
Simon venne prima di mettersi a gridare il suo nome e con un sorriso soddisfatto venne anche lui; rimase dentro qualche istante, inarcato, la testa abbandonata all’indietro e le sensazioni fisiche alterate che cercavano a stento di normalizzarsi. 
Non c’era ancora niente che lo facesse sentire come il sesso. 
Simon, dopo aver ripreso possesso del proprio corpo, si raddrizzò e si appoggiò al suo mentre Zlatan usciva rimanendogli dietro. Le mani dai fianchi scivolarono in avanti ad avvolgerlo, aiutandolo a rialzarsi boxer e pantaloni. La nuca di Simon scivolò sulla sua spalla, voltò il capo verso di lui e cercandolo con le labbra, lo trovò in un bacio veloce e soddisfatto. 
Non si dissero nulla nemmeno dopo. 
Si ricomposero ed uscirono dalla sala massaggi, solo in corridoio e diretti alla palestra, si parlarono. Le voci ancora basse e roche dall’orgasmo appena consumato. 
- Che facevi comunque? Non sapevi che stavo passando di lì... - registrò Zlatan. Simon ridacchiò. 
- Avevo bisogno di un massaggio e stavo finendo con un po’ di stretching. 
- I massaggi si fanno dopo gli allenamenti o le partite, di solito... - gli fece notare lo svedese. Il compagno, entrando con lui in palestra, alzò le spalle e piegò indifferente le labbra all’ingiù. 
- Mi sono svegliato col mal di schiena... starò invecchiando... - tuttavia l’allusione velata che solo chi lo conosceva bene poteva cogliere, fece capire a Zlatan che doveva essere stata colpa della posizione usata la sera prima, un po’ troppo acrobatica probabilmente considerando che non erano più ragazzini. 
- Sarà meglio evitare il pavimento o le superfici non troppo comode, mi sa... 
Se Simon cercava di essere velato e solo vagamente allusivo per nascondere il più possibile la loro relazione, a Zlatan non importava proprio niente. 
Il Danese per poco non inciampò, ma vedendo arrivare i loro compagni si raddrizzò e sorrise come fosse tutto normale. 
Zlatan ghignò divertendosi abbondantemente. 
Non voleva mettere i manifesti, non era mai stato uno che viveva apertamente le sue relazioni, ma non si faceva tutti i problemi di Simon a tenere nascosta la loro. 
Tuttavia lo rispettava, sebbene ogni tanto si divertisse a stuzzicarlo. 
Ormai la loro ‘cosa’ andava avanti da un anno e non era né progredita né regredita. Entrambi stavano bene così e non sentivano la necessità di un cambiamento nel loro rapporto che era puramente di sfogo sessuale. 
Si prendevano uno dall’altro l’orgasmo che gli serviva, ogni tanto avevano una chiacchierata più profonda delle altre, condividevano la visione del calcio e ‘il progetto Milan’ per risollevare una squadra che, al loro ingresso, era stata praticamente inesistente, ma di fatto non erano una coppia né mai lo sarebbero stati, forse. 
Potevano andare avanti così per molto tempo, avevano trovato il loro equilibrio e nessuno doveva all’altro niente, né si avanzavano pretese. C’era la più totale e completa libertà, non esisteva nemmeno l’obbligo di parlare con l’altro nel caso in cui uno dei due avesse qualche problema o eventualmente volesse andare con altre persone o interrompere. 
Per il momento non era mai successo, erano sempre stati bene nel fare ciò che facevano, non avevano voluto né interrompere né cambiare partner. 
Del resto per Zlatan era raro innamorarsi e cadere in una relazione sentimentale, gli era successo, anche se pochissime volte. Forse, se doveva essere realmente onesto, aveva amato davvero solo una persona e non era di certo Helena. 
Il pensiero volò ad Alex, col quale aveva vissuto la sua unica storia d’amore proprio lì fra le mura di Milanello durante la sua esperienza rossonera precedente. 
Volò con la mente agli anni del 2010 e successivi, fino alla sua dolorosa e non voluta partenza per Parigi. Era stata la prima volta in cui era stato realmente bene in un posto e non aveva voluto cambiare, normalmente era il primo a chiedere a Mino un’altra squadra, ma in quel caso aveva provato per la prima volta a rimanere, ma aveva capito che era uno di quei casi in cui non si poteva scegliere. 
La lontananza con Alex non era stata facile perché era lui a non essere facile e il suo compagno, soprattutto all’epoca, era ancora molto insicuro. 
Nel tempo avevano finito per allontanarsi e si erano inevitabilmente lasciati, ma aveva sempre saputo che se Alex se ne era andato oltreoceano scappando a gambe levate, era stata colpa sua. In qualche modo l’aveva fatto soffrire. 
Per quello era difficile legarsi agli altri, suo malgrado, a volte, non poteva evitarlo. A volte le cose succedevano e basta. 
Era da molto che non aveva una relazione così duratura ed equilibrata. 
"Equilibrata mai. Ho avuto relazioni dove io facevo quel cazzo che mi pareva e l’altro me lo faceva fare, troppo preso da me. Io lo sapevo e ne approfittavo. Forse ho amato anche Maxwell in qualche modo, ma non come lui ha amato me e non come io ho amato Alex. Forse per questo, poi, non sono più riuscito a lasciarmi andare fino a quel punto. Al punto da amare ancora.”
Realizzando che pensava a lui e a quelle cose per la prima volta forse da sempre, fissò torvo Simon come a chiedersi come mai gli venissero su proprio ora, consapevole che non poteva essere un caso.
La relazione con lui era molto diversa da quella con gli altri partner, non c’era amore, ma c’era una sorta di parità di ruoli, anche se lui cercava di primeggiare perché gli piaceva comandare. Tuttavia sapeva che Simon spesso lo manipolava e gli faceva solo credere d’aver vinto qualcosa, ma alla fine aveva fatto quel che aveva voluto lui. 
Eppure era uno dei lati suoi che gli piacevano di più. 
Riusciva ad ottenere quel che voleva senza fare piazzate. Era caratterialmente molto forte e solido, nessuno di quelli con cui era stato era mai stato così mentalmente sicuro e questo creava quell’equilibrio intrigante che lo spingeva a continuare quella ‘non relazione’. 
Ogni tanto se lo chiedeva, ma poi non si rispondeva mai. 
“E se sono io quello che si innamorerà e che non sarà ricambiato, questa volta?”
Sicuramente un’esperienza nuova che però non aveva premura di sperimentare. 
Immerso in questi pensieri, mentre faceva le macchine con la sua solita musica elettronica prepotente, lanciando fugaci e torvi sguardi a Simon, si ritrovò catapultato indietro di dieci anni in una maniera sorprendentemente violenta e shoccante, quando entrò colui che in quell’istante gli parve la copia di Alexandre, l’ex di cui aveva pensato fino a quel momento e per la prima volta da molto tempo. 
Si fermò dal pedalare e guardò il compagno entrato col cuore che per un momento gli finì in gola pensando che Alex fosse tornato al Milan in qualche ruolo che lui ignorava. 
Per un momento il terreno gli mancò sotto i piedi, ma poi lo mise meglio fuoco e lo riconobbe. 
Era solo Brahim. 
Il suo chiasso venne presto seguito da quello di Theo e fu lui in effetti a farglielo riconoscere. 
“Cazzo ecco a chi assomiglia Brahim! Ad Alex! Non avevo più pensato a lui fino ad ora e facendolo me ne sono reso conto... gli somiglia molto.” 

Simon vide chiaramente Zlatan impallidire nel fissare Brahim, gli parve quasi che lo vedesse per la prima volta, come avesse un’apparizione. 
In pochi istanti la palestra si riempì dei loro compagni arrivati alla spicciolata per iniziare la sessione d’allenamento in palestra col risveglio muscolare, come di consueto. 
Simon vide Zlatan tornare in sé e parlare con qualche compagno che arrivava e lo salutava, subito dopo l’impressione che avesse appena visto un fantasma passò, ma il danese se l’appuntò nella mente. Non con l’intenzione di indagare, semplicemente perché era stata una cosa troppo strana che riguardava una persona che in un anno aveva imparato a conoscere bene. 
Brahim era lì dall’estate, era arrivato in prestito dal Real Madrid a luglio scorso ed aveva subito legato con Theo e Samuel. Poco prima del suo arrivo lui e Zlatan avevano iniziato quella relazione sessuale, eppure ora, ai primi di Maggio, l’aveva guardato come fosse stata la prima volta. 
“Quello era shock, ne sono sicuro. Zlatan è molto spontaneo nelle sue emozioni, non sa mascherarle. Io sì, ma lui no! Trovare qualcosa che lo turba ce ne vuole. Chissà cosa sarà...”
Rendendosi conto di essere curioso forse per la prima volta nella sua vita, si distrasse e decise di concentrarsi su qualcun altro, passando al primo che gli capitò sotto tiro. 
Sandro.
Ritrovatoselo nella cyclette vicina per il normale riscaldamento, gli sorrise, lo salutò ed iniziò a parlare con lui. Notò il suo imbarazzo iniziale, ma sapendo che era l’effetto che faceva a molti, riuscì a metterlo a suo agio come faceva normalmente con i suoi compagni. 
Sapeva di mettere soggezione, all’inizio, anche se Sandro era fra quelli arrivati in estate e non nella finestra di gennaio. Era rimasto prevalentemente con Daniel ed Alexis ed aveva faticato ad inserirsi in generale in squadra, probabilmente un po’ timido per via anche della giovane età. Non che fosse realmente una scusante considerando che Rafael aveva solo un anno più di lui e che era già inserito in ogni gruppo esistente, a livello interpersonale. Questione di carattere, ma dal momento che lui e Zlatan avevano quella missione, da un anno a quella parte, nella quale si erano impegnati a creare un gruppo forte, unito e soprattutto competitivo, sapeva di dover lavorare di più sui nuovi e giovani che faticavano ad inserirsi.
Anche Rafa andava aiutato, ma da un punto di vista calcistico, lui andava ‘raddrizzato’ perché aveva un ottimo materiale inutilizzato e a quello ci stava pensando Zlatan, sapeva che avrebbe presto iniziato a dare risultati. 
Fra i giovani promettenti ancora inespressi, annoverava Sandro ed aveva sempre pensato che lui potesse diventare un ottimo centrocampista, ma per il momento era quasi trasparente per via del carattere e questo lo penalizzava anche a calcio. 
Lui e Zlatan avevano praticamente vivisezionato tutta la squadra, era uno dei loro hobby. L’altro era il sesso. 
Approfittando della casualità di vederselo nel macchinario accanto, decise di impegnarsi con lui lasciando gli scapestrati da raddrizzare a Zlatan. Non che fossero pochi.
Fra quelli, oltre Rafa, c’era sicuramente anche Brahim.
Aveva un anno di prestito, ma si vociferava che Paolo avrebbe potuto prorogare, tuttavia quella prima stagione non aveva fatto gran ché; sia lui che Zlatan avevano capito subito che il talento l’aveva e che serviva solo qualche calcio.
Dal momento che quelli erano di competenza del suo egregio collega d’attacco, non avevano mai discusso seriamente su come avrebbe potuto fare, si limitavano a dire ‘questo è dei tuoi’, capendosi al volo. 
Simon si doveva prendere quelli più timidi e riservati e fino a quel momento aveva lavorato con alcuni dei suoi compagni che rispondevano a quel profilo, stesso discorso Zlatan, ma avendo iniziato ad ottenere dei risultati con i precedenti ‘progetti’, adesso senza nemmeno mettersi particolarmente d’accordo avevano entrambi deciso di ‘passare a nuove missioni’ e iniziare così a ‘vedere’ di qualcun altro rimasto un po’ troppo in parte. 
Zlatan da qualche mese aveva messo sotto Brahim e Rafa, nessun bisogno per Theo che era già in perfetta forma e fin troppo dinamico, al contrario di Samuel che non riteneva avesse speranze né che si potesse fare qualcosa per lui. Prima di loro si era occupato di Ante e Rade e con il croato in particolare che veniva da una stagione incredibile, era evidente che con loro avesse ‘finito’. Rade era forse più indietro rispetto ad Ante, ma lo vedeva impegnarsi molto ed inserito sufficientemente bene.
Simon dal canto suo si era preoccupato del proprio reparto difensivo, legando in particolare con Alessio, capitano e centrale insieme a lui con cui aveva fatto  coppia fissa in campo fino a gennaio. Aveva da subito cercato di trovare sintonia con lui sapendo quanto importante fosse capirsi col proprio collega diretto di reparto. Dopo però erano arrivati nuovi difensori e così si era concentrato su Fikayo, realizzando che sarebbe diventato il prossimo titolare per l’enorme talento che aveva. Oltre a loro, aveva lavorato e legato anche con gli altri delle retrovie, ritrovandosi con Matteo costantemente alle calcagna.  

Non ci pensò per il resto della sessione, fino a che notò nuovamente uno strano irrigidimento da parte di Zlatan nei confronti di Brahim dopo gli allenamenti regolari, al momento solito in cui acchiappava i giovani che riteneva dovessero fare qualche serie di addominali in più in palestra con lui. 
Invece di chiamare i Brahim e Rafa come di consueto col suo solito vocione tonante e perentorio, guardò lo spagnolo ed esitò, fece una strana faccia che a Simon non sfuggì come non gli sfuggiva nulla di tutto quel che capitava intorno a sé e non chiamò nessuno. 
Rafa e Brahim si unirono a lui lo stesso essendo ormai da mesi che li obbligava a seguirlo in palestra per brevi sessioni extra di completamento e pur senza richiami, si fiondarono al suo seguito. 
Simon non si unì a loro, non lo faceva mai, ma si appuntò anche quella cosa particolarmente strana fra le altre da ricordare senza apparente motivo né intenzioni. 
Non l’aspettò, non erano quelle coppie che venivano o andavano via insieme, tanto più che quella sera si sarebbero fermati a dormire a Milanello poiché il giorno dopo avrebbero giocato contro il Benevento. 
Avrebbe avuto ancora modo di notare altre cose ed eventualmente buttarle lì quasi per caso, come se non fossero nulla di che. Alla sua maniera, insomma.
Colpendo e affondando il destinatario, il più delle volte. 
O, come nel caso di Zlatan, procurandogli una reazione ‘delle sue’. 


Stesi ognuno nei letti dopo il solito post cena nell’area relax passata un po’ a chiacchierare, un po’ a guardare qualche partita insieme, nessuno dei due si cercò per la ‘buonanotte speciale’.
Non lo facevano tutte le volte che dormivano insieme, ma solitamente ne approfittavano non vivendo sotto lo stesso tetto. 
Era un buono sfogo per Zlatan che sembrava sempre bisognoso di rilassare i nervi e nulla funzionava come il sesso, ma quella sera non fece alcun cenno e Simon non lo cercò per primo. Ogni tanto capitava, ma tendenzialmente lasciava che fosse lui ad avvicinarsi perché gli piaceva fare l’attivo e dominare la situazione, Simon si divertiva a farglielo fare, si sentiva desiderato e nulla era appagante come sentirsi desiderati da Zlatan. 
Quella sera, però, nemmeno si stupì del fatto che si mettesse subito nel letto a dormire.
Chiuse la luce senza dire nemmeno mezza parola, chiaramente perso nei propri pensieri che non intendeva condividere con lui. Normalmente lo lasciava lì dove si serrava, non lo forzava, non insisteva. Faceva il ‘capitano’ senza realmente esserlo con tutti i timidi e riservati che avevano bisogno di una mano, un consiglio o un amico, ma con Zlatan non serviva. Non faceva parte del suo progetto di sostegno nei confronti della squadra e se si fosse sentito tale, sicuramente avrebbe reagito molto male. 
Attese qualche istante, pensando a quando si erano parlati l’ultima volta e gli venne in mente la stanza massaggi, quando avevano fatto sesso quel giorno. 
Non si parlavano da quella volta, era come se avessero litigato senza farlo, ma sapeva di non aver fatto nulla per irritarlo. 
In casi come quello, lo lasciava stare. Non era uno che rincorreva. 
Ma quella volta era diverso, quella volta aveva notato ben due cose strane, anzi, tre se si considerava la cena, quando l’aveva visto lanciargli delle occhiate ripetute. 
- Come è andata la palestra dopo la sessione? 
Infine glielo chiese. Alla sua maniera, in modo totalmente indiretto, quasi casualmente, come se non avesse molto sonno e cercasse di fare qualcosa. 
Zlatan alzò le spalle piegando le labbra all’ingiù. Era steso supino, le mani incrociate dietro la nuca e l’aria di uno che, come il compagno, non avrebbe dormito subito. 
- Bene, come sempre... 
Simon pensò a come raggirarlo, ma si rese conto che il loro rapporto si basava sulla sincerità e sulla schiettezza, così decise di farlo e basta. Glielo chiese sembrando quasi indifferente, come se quello che avesse notato non fosse proprio niente di che, ma dentro di sé era come se in qualche modo sapesse che invece era qualcosa. Anche se ancora non sapeva cosa. 
- Ho visto che oggi fissavi torvo Brahim... ti ha fatto arrabbiare? 
Era la cosa più logica da chiedere ed era anche abbastanza normale domandarlo nel caso si fossero notati tali sguardi. 
Eppure fu la sua reazione a fargli capire che no, non era niente di normale. 


Note Finali: io trovo che Brahim somigli a Pato (o per lo meno in alcune versioni di sé) però può essere una mia personale allucinazione. In ogni caso glielo doveva ricordare, saprete perché leggendo.