7. I CONSIGLI SBAGLIATI

simon sandro

Voleva passarlo da parte a parte con mille lame affilate, ma si controllò egregiamente e riuscì ad ignorarlo. 
Non aveva un piano, né tanto meno delle intenzioni se non continuare la sua vita come prima, senza dare a Zlatan il potere di farlo impazzire o farlo stare male. Era difficile, ma era sempre riuscito a compartimentare. 
Adesso era un giocatore, un capitano nell’ombra, aveva dei compiti e ad ogni modo era giusto legare con tutti. 
Quel giorno avrebbero giocato, c’era un programma di calcio da rispettare, dei doveri di giocatore e altri progetti su cui concentrarsi.
Adesso Zlatan era solo un compagno di squadra, non il suo amante insubordinato che voleva farlo impazzire a tutti i costi. 
Trovò che conversare con Sandro del più e del meno l’aiutasse, così come concentrarsi su di lui ed aiutarlo ad uscire dal suo guscio di timidezza. 
- Ti hanno abbandonato, vedo... - fece dirigendosi con lui all’area ristoro per la colazione. 
Sandro lo guardò senza capire cosa intendesse. 
- Chi? 
- I tuoi fedelissimi... 
Sandro capì subito di chi parlava e cercando con lo sguardo Alexis, lo vide insieme alla ‘sezione francese’, Kalulu, Meite, Franck, Ismael ed Hakan, tutti quelli che in squadra parlavano francese o che, come nel caso di Hakan, lo conosceva in maniera sufficiente per stare con loro. Theo era naturalmente considerato spagnolo nonostante fosse francese, c’era poco da fare. Oltretutto stava praticamente sempre con tutti gli spagnoli e affini. Nella sua mente aveva suddiviso i sottogruppi della squadra in base alle lingue perché era la divisione naturale che tendevano ad assumere, sebbene non fosse una regola e comunque da un anno lui e Zlatan avevano cercato di mescolare le carte per creare un unico gruppo unito. In certi casi era andata bene, ma qualcuno tendeva ad isolarsi e faticava a stare con gli altri o quanto meno preferivano quei pochi con cui si sentivano a loro agio.
Sandro, per esempio.
Nonostante fosse italiano e potesse attingere ad un considerevole numero di conterranei, tendeva a stare da solo o magari a limitarsi a Daniel e di conseguenza Alexis e Rafa in quanto legati a Daniel, perciò nel momento in cui lui non c’era, il quartetto si disgregava un po’, spargendosi. 
Sandro spesso stava da solo, o magari si attaccava ad Alessio e agli altri, ma non era con loro realmente, era più per stare con qualcuno. Arrivarono all’area ristoro e assunsero la colazione a buffet come di consuetudine. Si presero un vassoio e se lo riempirono ognuno con ciò che avrebbero mangiato.
- Beh, se se la sente di stare con qualcun altro è meglio... significa che inizia a stare meglio... - sfuggì a Sandro riferendosi chiaramente ad Alexis. 
Simon colse al volo l’allusione e capì il resto fra le righe.
- Aveva problemi? - se ne era accorto, era evidente che era depresso negli ultimi tempi. 
Sandro piegò il capo di lato e si strinse nelle spalle cercando di rimanere vago, fece anche un sorrisino imbarazzato di scuse. 
- Non potrei parlarne, ma... beh, era evidente, no? 
Se la giocò bene, pensò Simon il quale gli sorrise incoraggiante individuando un tavolo libero e mettendosi insieme, lasciando stare gli altri come volevano stare. 
Normalmente Simon sceglieva un tavolo pieno per socializzare con tutti, ma quella volta decise che si sarebbe concentrato solo su Sandro.
Non c’era un motivo, voleva così e basta. Erano a Maggio e Sandro era lì da quell’estate ed era ancora chiuso e timido e si limitava a stare con Daniel e, qualche volta, con Alexis e Rafael. Eventualmente Alessio, Davide e Gigio. 
Non era abbastanza, doveva riuscire a farlo aprire, a farlo rilassare anche con gli altri, non solo con i pochi con cui si sentiva appena a suo agio. 
Nella sua testa era chiaro che fosse per questo.
Sandro era il suo progetto di quegli ultimi tempi, no? 
- E Daniel? Ti manca? - passò così all’attacco cercando di psicanalizzarlo senza che se ne rendesse conto, cosa che gli veniva bene e che faceva praticamente con tutti.
Prima li psicanalizzava, poi li manipolava per portarli laddove lui voleva arrivassero. Era un mago in questo. 
Anche con Zlatan ci riusciva, spesso. Ma ora Zlatan non c’era nella sua lista di persone da manipolare.
Sandro arrossì un po’ e fece un sorrisino ancora imbarazzato. 
- Beh, ho legato veramente solo con lui, in pratica. Anche con Alexis e Rafa, ma è più perché loro stanno con Dani e di conseguenza con me... 
Simon si complimentò con sé stesso, ci aveva messo mezzo secondo a fargli dire quello che voleva. Era diventato davvero bravo. 
- Daniel è la tua confort zone, ma dovresti fare come loro due che si buttano anche sugli altri. All’inizio sicuramente non è facile, però poi migliora e quando inizierai a trovarti bene con tutti, starai meglio anche tu. Te lo dice uno che ha cambiato squadra ogni due anni, quasi... ed ho sempre legato, mi sono sempre trovato bene. 
Ma era vero? Mentre lo diceva non sapeva se lui stesso ci credeva. 
Era bravo a far sembrare le cose come voleva, ma quella era la verità per gli altri, non la reale verità. 
Si era mai sentito bene con qualcuno come quell’anno con Zlatan? 
La risposta la sapeva, ma non corse con lo sguardo su di lui, continuò ad incoraggiare Sandro e a dirgli di provare a stare con qualcun altro più spesso per riuscire a stare meglio con più persone possibili e trovare di conseguenza degli effetti positivi. 
- Spesso abbiamo bisogno di stare bene con chi abbiamo intorno per stare bene nel posto in cui stiamo e per poter fare bene il nostro lavoro. Non c’è niente di male. Ognuno funziona in modo diverso. 
- Non so come fate a cambiare squadra così spesso... anche Ibra ne ha cambiate molte ed ha sempre fatto bene, per me non è facile farlo una volta, figurarsi tante...
Sentirgli citare proprio lui lo mise a disagio, ma lo nascose bene. Conclusero la colazione insieme e rimasero un po’ al tavolo digerendo e continuando la conversazione come se non fosse niente di che. 
- Te l’ho detto, ognuno funziona in modo diverso. Sono sicuro che quando riuscirai a legare con più persone qua dentro, ti sbloccherai anche a calcio. Il consiglio che ti posso dare è esci a forza dalla tua confort zone, scopri gli altri, vedrai che cambiamento. 

E così, senza farlo apposta, si mise un cartello al neon sulla fronte. Dal punto di vista di Sandro, per lo meno, che non avendo mai parlato con lui così tanto e così profondamente, gli sembrò gli dicesse ‘ci sono anche io, scopri me, approfondisci me, io sono disponibile!’
Sandro capì perfettamente ciò che gli diceva. Stare bene con gli altri aiutava a fare bene il proprio lavoro, nel suo caso il calciatore.
Improvvisamente l’idea di legare con Simon che gli era sempre piaciuto, lo riempì di una gioia ed un vigore senza precedenti, tale da convincerlo di poter riuscire a fare qualunque cosa, anche scalare una montagna. 
“Beh, a questo punto vale la pena provarci davvero... tutt’al più torniamo ad ignorarci come prima, non perdo un fratello od un amico. Ma mi sta praticamente dicendo di provarci! Non può che essere così!”
Non era così, naturalmente, ma lui vedeva quel che voleva vedere, come tutti quelli che avevano una forte cotta per qualcuno e nel parlarci in modo del tutto normale vedevano segnali di chissà quale tipo. Chiari ed inequivocabili, dal loro punto di vista, sebbene decisamente, totalmente sbagliati. 


Sandro aveva passato il resto della giornata a fare e disfare nel pensare, decidere e ripensarci sul piano di battaglia.
Sospirò scontento alzando gli occhi al cielo durante il tempo libero a disposizione fra il pranzo e lo spostamento a San Siro. 
“Bello, ma fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare. Come si fa con uno come Simon? Lega con gli altri, sforzati, mi dice lui. Bene. Voglio legare con lui. Ma a conti fatti come si fa? Come lega la gente, normalmente?”
Preso male, anzi malissimo, decise di chiamare in versione isterica Daniel. Lo fece uscendo dalla camera per delicatezza verso Alexis che stava riposando dopo mangiato. 
Non era il caso di fargli sapere che parlava proprio con lui vista la sua recente delusione proprio per colpa sua. 
Stava meglio, non voleva rigettarlo nel tunnel. 
Fu così che appena in corridoio afferrò il telefono e lo chiamò immediatamente. 
Doveva uscire dalla confort zone, ma come faceva se la sua confort zone era il solo ed unico con cui parlava di tutto senza problemi? 
“Oltretutto è colpa della mia confort zone se ora ho queste strane idee... doveva darmi meno dettagli!”
Quando gli rispose, stava passando davanti alla camera di Theo e Brahim che era aperta e loro dentro insieme a Samuel stavano facendo la solita comunella, per non dire baccano. 
- Ohi, Dani! - e sentendo quel nome proprio davanti a quella porta, Theo da dentro scattò come una molla fiondandosi immediatamente al suo inseguimento. 
- Stai parlando con Dani? - chiese ansioso come un cucciolo che annusa il proprio padrone. Sandro si fermò in mezzo al corridoio, girandosi a fissarlo spaventato, con tanto d’occhi. Più che spaventato, come se guardasse un pazzo. 
- Ehm... sì? - era più una domanda nella speranza di capire se avesse fatto meglio a mentire. L’aveva chiamato per nome passando davanti alla sua camera aperta senza rifletterci. Per lui realizzare che stavano insieme, o meglio pseudo insieme, era ancora difficile. 
Theo tese dunque le mani in segno implorante...
- Me lo passi? - piagnucolò disperato. 
- Io veramente avevo bisogno di parlare con lui... 
“E poi perché non lo chiami tu col tuo cellulare, dannazione?” ma non glielo chiese. Theo prese Sandro a braccetto e lo strattonò malamente in camera gettandolo letteralmente fra le braccia di Brahim nel suo letto, contemporaneamente gli rubò il telefono. 
- Faccio subito, sta con loro intanto!
Come se fosse un pacco postale, dopo averlo ‘consegnato’ al primo cliente che passava, si attaccò al cellulare. 
Sandro, seduto su Brahim, di parecchi centimetri più piccolo di lui, rimase a guardarlo sconvolto della sua sfacciataggine e del suo egoismo, ma Theo girovagando per la camera come se fosse una ragazzina alle prese col primo amore, iniziò a parlare con Daniel come niente fosse. 
Con un tono tenero ed un’espressione ancor più zuccherosa. 
- Ehi, amore mio, ciao... - cominciò. 
Non sentendo la risposta di Daniel, Sandro guardò Brahim sotto di sé, ancora totalmente raggelato dai suoi modi da camionista trasformato in una fatina in un istante. 
- Ma è serio? - gli chiese sconvolto. 
- Tragicamente... - gli rispose il piccoletto ridendo mentre Samu si sbellicava stendendosi sul letto libero di Theo. 
- Come che ci faccio col telefono di Sandro? Ma non mi saluti? Mi manchi da morire, io ti manco? 
Sandro alzò gli occhi al cielo e capendo che sarebbe durata più del previsto, la conversazione, scese dalle gambe di Brahim e si sedette accanto a lui scusandosi per l’atterraggio. 
- Non mi aspettavo mi lanciasse dentro... ti ho fatto male? - chiese dopo alcuni minuti dal suo sopra citato atterraggio. 
Brahim rise.
- Adesso me lo chiedi? 
- Oh, dai, Dani, perché sei così crudele? Ho sentito che parlava con te e volevo salutarti, non ho combinato nulla... - a quel punto divennero tutti e tre attenti alla loro conversazione e cercando di fare più silenzio possibile, tentarono di sentire le risposte acide di Daniel. 
- Come, che sto facendo a Sandro? Perché pensi che io stia facendo qualcosa a Sandro? Non ti tradirei mai! 
- Puoi anche farlo, se lo ritieni, ma non ti ho chiesto questo. 
Finalmente sentirono la sua voce rispondere e la cosa, presto, divenne assolutamente interessante.
In che senso poteva tradirlo se lo riteneva? 
- Sì, lui dice così ma è ovvio che se lo faccio davvero poi mi disintegra! - disse Theo ai ragazzi seduti a fissarlo con estrema attenzione. 
- Cos’è, una conversazione a cinque? - pur non sapendo quanti erano in camera, ci prese al volo. 
Theo a quel punto mise il viva voce e si sedette con loro, vicino a Samu. 
- Salutali, ti ho messo in viva voce. 
- Ehi ragazzi... 
In coro anche gli altri lo salutarono, i due spagnoli divertiti e l’italiano imbarazzato. 
- Ma io veramente avevo bisogno di parlarti... - tentò Sandro nella speranza che gli restituisse il telefono. Theo ovviamente se lo tenne. 
- Un momento, digli che io non ti sto facendo niente! Perché hai paura che gli faccia qualcosa? E cosa, poi? 
- Perché ti conosco e sai deviare chiunque! Sandro ha la testa sulle spalle, lasciagliela lì dov’è e non dargli pessimi consigli come tuo solito! Sandro, se lui ti ha detto di fare qualcosa, lascia perdere! Non farla! È sicuramente sbagliato! 
Era molto lanciato sul discorso e sembravano tutti divertirsi molto, specie alle facce tragiche e fintamente offese di Theo che fissava il telefono come avesse Daniel davanti. Solo Sandro era di mille colori e voleva sprofondare. 
- Non sono una principessa che ha vissuto dalla nascita in una torre... credo di poter distinguere i pessimi consigli da quelli buoni... per questo avevo chiamato te! 
La risposta di Sandro fu pronta e sagace e piacque a Samu e Brahim che l’applaudirono fischiando, mentre Brahim addirittura gli batteva una mano sulla schiena complimentandosi. 
- Oh bene, perché non capivo come mai al tuo telefono ha risposto lui, pensavo aveste passato del tempo pericoloso insieme. - spiegò Daniel che non se l’era presa. - Theo, restituisci il telefono e lascialo in pace! Di che si tratta, Sandro? 
Daniel era convinto che Theo stesse eseguendo gli ordini e che ora fossero solo loro due da soli a parlare. Non sapeva che Theo si stava tenendo quel telefono e che stava fissando torvo Sandro per qualche arcano motivo che il soggetto interessato ignorava. 
- Io... Dani, non me lo restituisce... mi guarda male... 
- Ah, te lo dico io perché lo sta facendo... - disse a quel punto Brahim.
- Sì, pensa che tu e Dani dovete parlare male di lui o qualcosa del genere... - rincarò subito Samu divertito.
- Perché è egocentrico e pensa che ruoti tutto attorno a lui! - continuò Brahim. Sandro spalancò gli occhi sconvolto, fissando Theo in attesa di capire se fosse vero. Theo fece il broncio e gli diede conferma, suo malgrado provò a difendersi: - Non è così... - ma era ovvio che lo fosse. 
- Non fare il geloso, probabilmente deve chiedermi consiglio su Simon. - e niente. 
Fu troppo tardi per realizzare che anche il suo migliore amico si era bevuto il cervello come gli altri tre che gli stavano davanti. 
Sandro si nascose il viso fra le mani diventando di milletrecentosessanta colori e non riuscì più a dire nulla. Solo le tenere braccia protettive e confortevoli di Brahim che lo strinsero, sia pure mentre rideva, lo sollevarono. 
- Perché non potevo fare da solo? - chiese a sé stesso ma ad alta voce. 
- Mi sa che non dovevo dirlo... dove diavolo siete? Mica siete giù... - chiese Daniel a quel punto intendendo la zona relax. 
- No, siamo in camera mia. - rispose Theo. - Passava davanti alla camera aperta mentre ti ha chiamato per nome e l’ho afferrato. - sapeva che Sandro era fra quelli che sapeva di loro, per questo era stato così sfacciato. 
- Ma la vostra camera è vicina a quella di Simon e Ibra... - gli fece notare Daniel riattivando finalmente il cervello. Forse tardi. 
A quel punto Sandro, realizzandolo a sua volta, scattò e corse a chiudere la porta con un tonfo che probabilmente disturbò tutto quanti e lasciò shoccati gli altri che in perfetto e totale silenzio lo fissarono esterrefatti. 
- Un momento. - fece Brahim per primo, una volta che Sandro si fu diligentemente seduto accanto a lui. Sandro inghiottì a vuoto e lo guardò con occhi spalancati, pronto all’ennesima figura di merda.
- Sì? - ed intanto tutti in attesa della domanda e di sapere i fattacci di Sandro. 
- Ti piace Simon? - domanda ovvia, ormai. 
- Beh, cercavo di capirlo... - si giustificò avvampando e maledicendo contemporaneamente Daniel. Aveva passato troppo tempo con Theo ed ora parlava a sproposito anche lui. 
- Ma è perfetto! - esclamò il piccolo spagnolo sempre improvviso. 
- Perché? - chiese preoccupato e circospetto Sandro allontanandosi di mezzo centimetro da lui. 
- Perché io voglio rifarmi Zlatan un’altra volta, se tu distrai Simon è perfetto! 
E a quel punto un coro si levò dalla stanza. 
- COSA?! 
Coro a cui si era unito anche Daniel. 
- Un momento, si può sapere che sta succedendo, lì? - chiese il giovane al telefono che non era lì con loro, capendo che in meno di un giorno c’erano un sacco di novità. 
- Amore, devo aggiornarti su un sacco di cose, ti stavo per chiamare quando è arrivato Sandro, mi ha preceduto di un soffio! 
Theo era entusiasta di tutte le novità e degli inciuci che stavano esplodendo intorno a lui, tutto era partito da lui e Daniel e ne era estremamente contento. 
- Allora, intanto non dare pessimi consigli a Sandro! E poi racconta SUBITO! 
Così fece. A raffica. Con l’aiuto di Brahim e Samu a rincarare la dose delle informazioni oppure a commentarle. 
Il tutto mentre Sandro rivoleva il suo telefono per andare a nascondersi. 
“Se quelli sono nella camera vicino stanno sentendo praticamente TUTTO!”
Ma a quanto pareva era il solo a considerare l’eventualità. 


Note Finali: iniziano i deliri, perché lo scopo di questa fic era unificare un po' le genti e se succede si può arrivare ad un solo scenario. Caos. Insomma, mi sono divertita un sacco a scrivere le parti tutti insieme, e qua ne mancano ancora da aggiungersi. Il programma preciso delle giornate di partita non lo so, ma vado un po' ad intuito che potrebbe sbagliare.