9. ERRORE DI VALUTAZIONE 

sansimo

Sandro aveva la vaga e terribile Idea di essere finito nella tana del lupo. 
Era strano sentirsi come l’agnellino nella tana di un animale feroce, visto che quell’animale in questione era Simon, una personcina tranquilla e carina, ma dal momento in cui aveva esso piede dentro gli era proprio parso di essere caduto in una trappola. 
“Merda, Sandro, è ora che ti svegli... hai vent’anni. Prossima settimana ne compi 21. Quando cazzo ti svegli? Come fai a non capire quando uno ci prova con te o ad avere dubbi o a non capire che cazzo ti succede intorno? Non sono un adolescente sprovveduto, avrò avuto poche esperienze, ma ne ho avute. Con ragazze che non mi dicevano nulla e quindi con cui non è mai andata oltre un paio di incontri, ma insomma, non sono uno che si lascia fare e subisce passivamente. Solo perché ora mi sto spostando sui ragazzi, o meglio sto cercando di capire se è un mondo a me più congeniale, non significa che sono un analfabeta incapace. Deciditi, con Simon! O ci prova, o no. Bravo e se ci prova? Beh, se ci prova, tu ci stai, che cazzo!” 
Da bravo centrocampista, Sandro era abituato ad analizzare la situazione e ad agire di conseguenza in base al percorso più sicuro e alle priorità del momento, per questo quando aveva a che fare con qualcuno che gli piaceva o per cui aveva un debole, prima di agire cercava di capire come stavano le cose. 
Nel caso di Simon, però, era tempo perso. 
Non sarebbe mai riuscito a capirlo, nemmeno con esperienza ed impegno. 
Non era questione di essere svegli e decisi, ma semplicemente con lui, e forse solo lui, non si poteva far altro che cercare di essere pronti a qualsiasi eventualità. L’idea di prevedere e precedere, nel suo caso così illeggibile e controllato e soprattutto manipolatorio, era del tutto utopistico. 
Era andato completamente in palla nel momento in cui si erano seduti ai piedi di uno dei due letti singoli nella sua camera, appiccicati e rivolti verso la televisione e alla Playstation. 
Non aveva idea che quella con cui stavano giocando era di Zlatan e quello su cui erano seduti era il suo letto. 
Nella sua ignoranza, beata ed innocente, pensava che fosse il letto di Simon e la sua play ed era felice, così felice, di essere seduto gomito a gomito con lui, che non pensava minimamente al piano originale appena architettato con gli altri geni del male. 
Non ricordava che doveva indagare su lui e Zlatan, prima di eventualmente starci. Sì, perché con Simon non ci provavi tu, semplicemente ci stavi se era lui a provarci. Non c’era un’altra opzione. 
Eppure in un angolino del suo cervello c’era una lampadina che gli diceva di essersi dimenticato una cosa. Già, ma di cosa si trattava? 
Non c’era verso di ricordarlo mentre Simon sembrava divertirsi accanto a lui, ridendo e giocando insieme una partita a FIFA. 
Gli lanciava frequenti occhiate e lo vedeva contento, si stava divertendo. Lo era per merito suo, no? 
Una sensazione d’euforia lo invase, specie quando Simon, sempre con un gran sorriso, si voltò di scatto verso di lui ad una papera del suo portiere. Sandro sapeva che la papera del proprio portiere rappresentava lui stesso, perché era così che si sentiva. Nel panico. 
Sapeva che stavano semplicemente facendo una banalissima partita alla play, ma averlo appiccicato che rideva con lui era improvvisamente una cosa incredibilmente bella, al punto che quando gli mise una mano sulla coscia, paurosamente vicino all’inguine, Sandro spalancò gli occhi, avvampò e irrigidendosi di scatto, senza farlo di proposito, si sentì eccitato. 
Simon notando l’improvvisa tensione, lo guardò diretto. 
- Tutto ok? 
Sandro annuì convulsamente di mille colori, mentre si sforzava di non abbassare lo sguardo sulle proprie parti intime nemmeno per scherzo. Se lo notava, era finito. 
- Sì, sì, tutto ok... - si affrettò a rispondere, puntando gli occhi sullo schermo senza vederlo. 
Ripresero a giocare, ma Sandro continuò ad andare sempre peggio, per nulla concentrato e totalmente partito per un altro pianeta. Quello che non gli faceva capire nemmeno dove fosse. 
La sua mente vagava solo su domande del tipo ‘ma ci prova o no?’
E passava dal dirsi ‘sì ci prova’ al ‘no non è vero’. E sempre nell’angolino della sua testa una vocetta gli diceva ‘guarda che hai dimenticato una cosa importante’, ma ancora nulla. Nessun verso di ricordarlo. 
Fino a che Simon vinse la partita per cinque a zero e decidendo di smettere strinse il pugno in segno di vittoria, sia pure con una certa compostezza ed eleganza come faceva qualunque cosa. 
- Io non sono particolarmente bravo, ho iniziato da quando sono qua al Milan, ma tu sei una frana, Sandro! Pensavo sapessi giocare... 
Lo prese addirittura in giro, ma lui pensava che fosse incredibilmente carino mentre lo faceva e lui perdeva la sua dignità. 
Contava solo farlo divertire. Se voleva calpestarlo, era libero di farlo, ne sarebbe stato felice. 
- Ma io so giocare, gioco da quando sono nato... - disse troppo in fretta, senza aver riattivato il cervello. 
Simon lo fissò esterrefatto, con i suoi occhi azzurro cielo ironici. 
- Non ci credo, sembravi un pivello. Hai imparato proprio male! 
Sandro avvampò per l’ennesima volta guardandosi in basso istintivo, senza ricordarsi di come era messo e di dover fingere indifferenza. Quando lo fece però si ricordò del piccolo dramma che aveva sul pacco gonfio e tornò ad alzare in fretta la testa con occhi sgranati e l’aria terrorizzata, tutto l’opposto del piano iniziale. Il gesto strano venne ovviamente notato da Simon che questa volta guardò inevitabilmente in basso. 
Fu come mettere una scritta al neon. 
Sandro andò nel panico e si girò verso di lui per capire cosa pensasse e dalla malizia che si accese nel suo bellissimo viso, fu chiaro che aveva visto e soprattutto compreso. 
“Merda, ed ora come ne esco?”
Ma proprio mentre se lo chiedeva, Simon prese i loro joystick e li mise dietro, poi rimanendo lì con la mano si appoggiò rivolgendosi col busto verso di lui. Le gambe toccarono le sue e Sandro andò in confusione ancora di più.
Ora era totalmente bordeaux come se fosse alla sua primissima esperienza con un altro essere vivente, anche se Simon non aveva effettivamente fatto nulla di strano, né tanto meno dato cenni evidenti del tipo che aveva in mente Sandro con una certa ossessione. 
Fino a che, con l’altra mano, gli toccò i capelli spostandogli il ciuffo dalla fronte. Sandro trattenne il fiato mentre Simon scendeva con le dita sulle sue guance e carezzava il suo viso come se lo stesse studiando. I suoi occhi accesi di una malizia sconvolgente ed estremamente calda vagliavano i suoi lineamenti. Come se cercasse di capire se gli piacesse o meno. Gli stava facendo un test di compatibilità?
- Ti sta bene la barba... ogni tanto te la togli tutta, ma io al tuo posto la terrei così com’è ora... 
E con questo il cervello di Sandro si spense del tutto e allungandosi verso di lui, raggiunse in pochi centimetri la sua bocca. 

Quello, decisamente, non l’aveva previsto. 
Simon aveva pensato di flirtare con lui un po’ fino a farsi beccare da Zlatan, senza però andare oltre. Un po’ perché anche volendo non era nel suo stile ed un po’ perché gli ci voleva un po’ per accendersi e non era proprio il suo genere, Sandro. 
Era dolce e carino, ma non era Zlatan. 
O meglio, pensando che il suo tipo fosse uno come Zlatan, non aveva mai pensato ad altri prima di quel momento ed ora che ci aveva leggermente provato con Sandro, non l’aveva fatto perché fosse speciale. Semplicemente era passato davanti a lui in quel momento di stizza nei confronti di Zlatan che lo immaginava a farsi Brahim per la seconda volta. 
Non aveva idea che non era così. Che non si stava facendo Brahim anche se ci aveva seriamente pensato. 
Quando Sandro in modo totalmente imprevedibile addirittura lo baciò, Simon si raggelò spegnendosi. Non pensava che anche Sandro fosse di quella sponda e pure interessato a lui. 
Ebbene aveva fatto un errore di valutazione. 
Sandro intrecciò le labbra alle sue e quando fece per violargliele con la lingua, Simon gli mise una mano sul petto respingendolo con fermezza e al tempo stesso gentilezza. 
Appena lo fece, la porta si aprì e lì scoprì che Zlatan non era a farsi Brahim, così come Sandro si ricordò qual era la cosa che aveva dimenticato. 
- Merda. - sbottò spontaneo Sandro voltandosi di scatto verso la porta e quindi verso il suo viso di marmo. 
Simon scommise che fu più la reazione di Sandro ed il suo viso rosso in totale imbarazzo che non lasciava spazio all’immaginazione, a fargli capire che era appena successo qualcosa. 
Solo in un secondo momento Zlatan notò la mano che toglieva calmo dal suo petto e la posizione dei loro corpi, rivolta una verso l’altro. 
Non era quello che aveva progettato e voluto, era successo, ma a quel punto tanto valeva non pentirsene e rimanere a testa alta. 
Sandro scattò in piedi e in evidente panico, senza dire nulla, uscì di corsa, probabilmente pentito amaramente del suo gesto teneramente impulsivo. 
I due rimasero soli in camera, Simon come niente fosse successo prese i joystick e chiudendoli li rimise a posto. Spense anche la Playstation e la televisione, mentre Zlatan rimaneva in piedi davanti alla porta ancora aperta. La mano sulla maniglia, stretta, livida come il suo viso che Simon ignorava. 
Non disse assolutamente nulla, non commentò, non tentò spiegazioni o inutili ‘non è come pensi’. 
Lo era. Era proprio quello che pensava e sembrava. Non che l’avesse propriamente voluto, ma ormai era inutile spiegarglielo. 
Solo quando fece per uscire dalla camera, intenzionato in realtà a cercare Sandro per tranquillizzarlo nella paura che esplodesse male, si dovette fermare davanti al muro umano che era Zlatan, ancora fermo immobile e zitto. 
Lì si fermò, attese e alzò lo sguardo sul suo. Era serio, furioso, sottile. Come si leggeva bene il suo stato d’animo. 
Per cosa osava essere arrabbiato? 
- Mi fai passare? - chiese gelido per nulla intenzionato a dire qualcosa. 
Ma Zlatan in risposta sbatté forte la porta alle sue spalle, in un chiaro messaggio, poi incrociò le braccia al petto e lo fissò alto e brutale, con quell’evidente bisogno di distruggerlo.
Solo lì, esattamente in quel momento, Simon provò un profondo senso di soddisfazione. Una soddisfazione oscura, quasi, ma nitida. 
Adesso che Zlatan si sentiva come quella notte si era sentito lui per colpa sua, stava finalmente meglio. 
Non aveva mai creduto nell’arte della vendetta e della ripicca, reputando quelle cose infantili e sciocche, ma non si era nemmeno mai sentito così come con lui.
Coinvolto. 
Ecco cos’era. Coinvolto. 
Non sapeva ancora se e cosa provava, forse non erano sentimenti, ma in qualche modo era coinvolto e non andava bene. 
- Vuoi che ti ricordo cosa mi hai detto e fatto stanotte? - chiese ancora gelido e tagliente Simon, sempre fermo dritto davanti a lui, senza la minima paura. 
Zlatan fissò il suo collo e per un momento, un solo brevissimo istante, Simon pensò che potesse di nuovo prenderglielo, ma non ne ebbe paura. Non l’aveva mai avuta, di lui, non avrebbe di certo iniziato ora. 
Però sì che stava bene. Non sapeva com’era successo, forse aveva fatto un altro errore di valutazione da qualche parte. Ma adesso stava dannatamente meglio e quel peso che aveva avuto da quella notte, dal momento in cui gli aveva detto di Brahim, se ne era appena andato. 

La voglia di stringergli il collo fu alta, come quando in partita scattava contro qualcuno. Non prendeva frequentemente la gente per il collo a contrario di quel che poteva sembrare, ma con Simon l’aveva fatto e non solo una volta. 
Ricordando la precedente, si eccitò e si sentì subito malato.
Ma tremava, dentro di sé, dalla rabbia.
Tremava perché voleva fare una scenata e spaccare tutto e chiedergli come osava e poi voleva prenderlo per il collo ma senza fargli male, voleva possederlo, baciarlo e scoparlo forte, per dominarlo e fargli capire di chi era lui. 
Sapeva che era positivo quel comportamento di Simon, da un certo punto di vista. 
Simon che si comportava in modo infantile e vendicativo era un enorme progresso per il re dei ghiacci. In un anno ne aveva fatti, di passi in avanti in quel senso. 
Ma dannazione, doveva farne uno proprio in quel modo?
E fanculo, aveva ragione. 
Lui aveva scopato con Brahim, che diavolo poteva dirgli ora?
Perché voleva dominarlo e farlo suo, adesso? 
Non lo era, no?
Il punto era quello.
Erano liberi. Liberi di fare quel che volevano, non si possedevano, in realtà. 
Era forse la prima volta che lui non possedeva il suo partner, di solito era il contrario. Lui possedeva e non veniva mai posseduto, ma in quel momento, a tu per tu con un Simon che non solo osava non avere paura, ma lo sfidava in quel modo pericoloso, si sentì posseduto. 
- Sul mio letto? Con le mie cose? - chiese solamente come se fosse la cosa peggiore. 
- Mi ha solo baciato. Tu cos’è che hai fatto con lui? - fece allora Simon, senza mai indietreggiare, ancora in attesa che si spostasse per farlo passare. 
La sensazione era che sarebbe potuta esplodere una bomba atomica da un momento all’altro non solo perché Zlatan era furibondo e sapeva di non poterlo essere, ma anche perché pure Simon lo era. Era furibondo e probabilmente nemmeno lui aveva diritto di esserlo, visto che su accordo di entrambi NON ERANO NIENTE. 
Il punto era che Simon era in procinto di perdere la sua calma ed il suo controllo e non per questioni legate al sesso, com’era successo fino a quel momento. 
Lo era perché incazzato nero. 
“Lasciati andare, avanti. A questo punto tanto vale spingerlo del tutto oltre il limite.” 
Stava per fare qualcosa per farlo uscire definitivamente di testa, quando da fuori arrivarono a bussare alla porta per chiamarli. Era ora di andare. 
I due continuarono a guardarsi negli occhi, a poca distanza uno dall’altro, ma senza toccarsi. 
Rimasero così, poi senza dirsi più niente Simon allungò il braccio sul fianco di Zlatan, lo sfiorò senza toccarlo, aprì la porta e tirandola verso il compagno innanzi, lo costrinse a spostarsi di lato per farlo passare. 
Quando Simon uscì era ancora composto, ma sembrava camminare su un filo sottile di lama ghiacciata. 
“Prima o poi si farà male.”
Ma non sapeva se sarebbe riuscito ad afferrarlo in tempo. 

Non aveva mai provato un panico simile in tutta la sua vita, nemmeno prima di una partita con un importanza capitale, che ancora non aveva dovuto affrontare. Magari quando aveva guardato le partite del Milan da piccolo, ricordava quelle più difficili ed importanti e lui da tifoso era stato uno straccio. Ma non era mai successo niente di davvero paragonabile al modo in cui si sentiva e solo quando si scontrò con qualcuno, si rese conto di aver camminato, ma non sapeva da quanto e dove stava andando. 
La prima cosa che mise a fuoco furono gli occhi sorpresi e caldi di Brahim il quale, ridendo per partito preso senza alcun motivo apparente, nel capire che quelli di Sandro erano invece occhi da panico, si fece subito serio e preoccupato. 
- Che è successo? - chiese ansioso, prendendogli il braccio con una mano. 
A quel contatto Sandro lo guardò e fu come se il mondo tornasse a fuoco. Si mise così una mano sulla faccia e fissandolo ancora nel panico, mormorò appena: - Ho fatto un casino, credo... 
- Oh andiamo, sei stato solo al massimo mezz’ora, forse erano quaranta minuti... cosa puoi aver fatto tu così bravo e coscienzioso? Manco fossi Theo o Samu... perfino io sono facile ai casini, ma tu... 
Brahim avrebbe continuato a parlare a ruota libera se Sandro non si fosse deciso a parlare e girandosi di scatto alla ricerca di Simon e Zlatan, lo prese e lo portò in parte, distante dalle altre orecchie nei paraggi. 
- Ho baciato Simon prima di chiedergli in che rapporti fosse con Ibra... ed in quel momento è entrato proprio lui e dalla sua reazione di pietra credo che fosse una conferma dei nostri dubbi. Avevi ragione, stavano insieme! 

Brahim notò il verbo al passato, ma puntò tutto sul dettaglio che in quel momento catturò tutta la sua attenzione come un pugno allo stomaco. 
- Hai baciato Simon?! 
Improvvisamente era tutto ciò che gli importava. Che Sandro avesse baciato Simon.