18. INELUTTABILE

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Il nervosismo di Zlatan non era portato solo dalla paura che Simon alla fine giungesse all’insana conclusione di doverlo lasciare, ma anche da quel che stava diventando. 
Un barbone osceno inguardabile. 
Questo, ma non solo, gli dava la consapevolezza che aveva davvero molto bisogno di averlo vicino, perché sicuramente, conoscendolo, non faceva avvicinare Elina e lei era evidente che non osava, ma in realtà aveva bisogno di qualcuno che lo prendesse per i capelli e lo mettesse in vasca obbligandolo a prendersi un po’ cura di sé.
Non che puzzasse, probabilmente si limitava a farsi una doccia, ma non era sufficiente. 
I capelli erano puliti ma sempre ispidi come la sua barba, annodati e lasciati liberi di finire ovunque volessero e con quel barbone da Gandalf versione giovane, era ben lontano dal bellissimo uomo di cui si era perdutamente innamorato.
Anzi, che per la precisione che glielo aveva fatto venire duro, perché poi l’innamoramento era stato postumo. 
Quello era arrivato dopo, con tanta fatica. 
A parte la questione aspetto trascurato che faceva parte della sua scelta di isolarsi stile eremita, con quello scoppio anomalo di lacrime aveva capito che non poteva in realtà stare solo come voleva. Quelli come lui, quando erano in crisi esistenziale e volevano isolarsi per pensare, era proprio meglio impedirglielo. 
Lui sapeva perfettamente che più tempo Simon avrebbe passato solo chiuso in camera a pensare alla sua esistenza e peggio sarebbe stato. 
Grattandosi la testa nervoso come se dovesse staccarsi il nodo dei capelli che si era fatto, fissò torvo il cellulare col messaggio di Simon con gli orari in cui Elina sarebbe stata fuori casa con certezza. 
- Merda! - brontolò seccato. 
Ovviamente i suoi orari non coincidevano coi propri. 
Gli allenamenti lo portavano ad essere impegnato proprio quando lui avrebbe avuto casa libera. 
Siccome era ancora un po’ presto per aspettare che l’orso uscisse dall’antro per fare fisioterapia, doveva prodigarsi lui per andare a casa sua. 
L’orso in questione non poteva guidare né muoversi, poteva camminare un po’ di più rispetto agli inizi, ma sempre con stampelle e facendo attenzione. La convalescenza stava andando bene secondo le previsioni e da un certo punto di vista non mancava molto che potesse andare a Milanello per le terapie, però c’era d’aspettare ancora un po’. 
- Merda. - ripeté ancora più seccato Zlatan sbuffando ed alzando gli occhi al cielo, mentre il suo viso in lacrime era ancora vivido nella mente. 
Sapeva che era importante stargli vicino, ma forse lui sarebbe stato contento così.
Voleva fare l’eremita, no? 
“Finirà male, me lo sento. Non so perché, ma con lui è sempre così, alla fine!”
Non potendo far altro che aspettare che i loro impegni coincidessero e potessero vedersi, Zlatan si sfogò con estrema frustrazione sui poveri sventurati dei suoi figli adottivi i quali ormai ridotti ad avere solo Genitore Uno, quello notoriamente più cattivo se di pessimo umore, cominciarono a piangere segretamente. Sapevano che se li avesse visti lagnarsi sarebbe stato peggio. 

Non aveva più la cognizione del tempo, per lui le ore erano tutte uguali, non passavano più.
Erano scandite solo dalle uscite di Elina e dei bambini, quando loro erano a casa passavano il tempo con lui e Simon usciva dalla camera e stava con loro molto volentieri.
Erano un po’ la sua salvezza, in quei lunghissimi periodi da solo senza Zlatan. 
Poi però quando non c’erano, perché li aiutava lui volentieri coi compiti ed era un ottimo ruolo per lui, Simon tornava nella camera perché quando era lì era sicuro che Elina non lo disturbava. 
Era stato il suo paletto. 
Se sono in qualche altra stanza non sono problemi, ma se sono in camera lasciami stare lì da solo e non disturbarmi, le aveva detto.
Le aveva spiegato che aveva bisogno di isolarsi e pensare a certe cose, le aveva assicurato che tutto andava bene, ma non le aveva dato il minimo indizio, né reale né falso, per farla stare tranquilla. 
Non sapeva niente, solo che aveva qualcosa.
Era stato infortunato altre volte, ma non aveva mai reagito così, sicuramente si stava preoccupando eppure lui non ne era toccato. 
Voleva solo che i bambini non notassero nulla ed in quello era bravo. 
Le ore che passava chiuso in camera non leggeva, ogni tanto scriveva nel diario che gli aveva regalato Olivier. Pensieri, considerazioni. 
Non si staccava mai da quella piccola agendina, si sentiva molto adolescente, ma gli pareva che lo aiutasse, trascrivere il groviglio di pensieri su carta. 
‘Cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi soffocato quel lato di me?’
Era consapevole che la vera differenza per l’esito della sua esistenza, era portata dalla reazione del suo amico. 
Jordan l’aveva traumatizzato respingendolo in quella che era stata la sua prima cotta, il suo primo amore. Non l’aveva respinto in modo dolce e carino, ma in modo cattivo e shoccante. Era ovvio che se non l’avesse fatto stare così male, poi lui avrebbe avuto il coraggio di vivere quel suo lato in qualche modo. 
‘Mi sono rifugiato nel mondo che mi metteva meno in pericolo, quello più accettabile e che mi coinvolgeva di meno, in modo che potessi tenerlo sempre sotto controllo e fare tutto ciò che era necessario. 
Le donne sono ciò che la società vuole per gli uomini, trova una donna e sarai a posto.’
Simon scriveva.
Scriveva frasi e pensieri e poi li elaborava mentalmente. 
Lui non era un fan dell’opinione pubblica, anzi, detestava come la gente poteva distruggerti la vita se solo vedeva qualcosa di te che non doveva. Infatti poi per tutta la vita aveva combattuto col nascondere tutto il possibile, far sapere il meno possibile di sé e stessa mentalità aveva trasmesso ai suoi compagni, soprattutto in nazionale, dopo che era diventato capitano. 
Dovevano sempre far sapere il meno possibile ai media, perché il mondo poi ti distruggeva; ma al tempo stesso, proprio per tenere la gente al suo posto e non farli sconfinare, Simon si era adattato alle regole della società. 
Si era piegato diventando ciò che non era fino a convincersi che era quello che invece desiderava. 
‘Senza quel trauma avrei avuto il coraggio di affrontare la mia omosessualità invece che soffocarla e cancellarla a quel modo?’
Provò ad immaginare un esito diverso con Jordan, in uno lui lo accettava e vivevano per un periodo una relazione che poi sarebbe finita comunque, ma che lo avrebbe portato a dichiararsi coi suoi. Avrebbe litigato, il rapporto con loro si sarebbe incrinato di sicuro, ma lui sarebbe stato fedele a sé stesso, avrebbe avuto altre relazioni con altri uomini, anche se sicuramente la sua vita professionale sarebbe stats ancor più complicata. 
Si immaginò una realtà dove probabilmente non era mai arrivato al Milan, né ad essere il capitano della Danimarca. 
L’altra vita lo vedeva scaricato da Jordan, ma in modo amichevole e senza traumi di mezzo. Vedeva Jordan sostenerlo in quel suo percorso, da vero amico, fino a trovare il coraggio di viversi, ma con una sorta di equilibrio. Forse avrebbe comunque nascosto al mondo, specie alla famiglia per non deluderli, chi era. Ma non a sé stesso. 
Avrebbe avuto delle relazioni anche importanti e nel privato, tenuto in gran segreto, sarebbe stato felice. Avrebbe avuto la stessa vita professionale di ora, forse anche un po’ migliore perché non avrebbe provato la necessità di cambiare così spesso posto e trovando una stabilità anche a lavoro, avrebbe potuto dimostrare, come stava facendo ora al Milan, il suo vero valore di calciatore. 
‘Ho proprio sbagliato vita.’
Concluse infine dopo le varie elucubrazioni. 
‘Eppure che devo fare ora con questa vita? Ora che so la verità e che ho scelto la vita sbagliata, che dovrei fare? Devo correggerla? Si può? O devo continuare a fare finta di nulla, andando avanti nel fare di nascosto quello che mi rende felice ed essere attento ai miei figli e basta?’
Poteva farlo, sapeva che avrebbe potuto. Ma in realtà avrebbe voluto?
Ripensò a Zlatan e a quello che provava per lui, a come si sentiva quando stavano insieme e capì che voleva con tutto sé stesso una cosa del genere, ma sempre. 
‘So che con lui non c’è futuro, è qualcosa che funziona finché entrambi la vogliamo tenere segreta e vivere di nascosto. Ma se io un giorno volessi correggere questa mia vita sbagliata e volessi vivere con la persona che amo ed essere me stesso, con lui finirebbe tutto. Ne vale la pena?’
Simon lesse quella domanda e si rese conto di non sapere cosa intendesse realmente.
Valeva la pena continuare con lui pur sapendo che non era una storia con un futuro, non quello che lui voleva, oppure era meglio chiudere con lui anche se ora lo rendeva felice e vivo, solo per cercare qualcosa da poter vivere come desiderava, ma che non era nemmeno sicuro di poter trovare? 
Sapeva perfettamente che certe cose, certi rapporti, certe persone, erano un dono raro. Le trovavi una volta nella vita e se avevi fortuna potevi avere con loro proprio la vita che volevi. 
Altrimenti dovevi adattarti e scendere a compromessi, pur di poterla avere lo stesso.
‘Zlatan è il mio compromesso o devo aspirare a qualcosa di più? Qualcosa come lo vorrei? Esiste? Lo troverei o rischierei solo di distruggere la cosa migliore della mia esistenza?’
Perché lui sapeva che più di quello che avevano ora, come lo stavano avendo ora, non avrebbe mai potuto avere. 
Al termine di quella ‘sessione di pensiero’, Simon si rese conto d’avere di nuovo il viso bagnato, si era fermato perché leggeva male quel che scriveva, così si era accorto che stava piangendo. 
Chiuse il diario e se lo mise in tasca. 
La sola idea, sottintesa e nemmeno espressa esplicitamente, di lasciare Zlatan, lo faceva già piangere. 
“È colpa di questo periodo strano, sono più fragile del solito, emotivamente instabile e finisco per avere reazioni eccessive.”
Razionalizzava subito, tornando mentalmente ed Elina e ai ragazzi. 
Poteva anche tornare alla vita condotta fino a quel momento con la sola differenza che ora era consapevole.
Forse non sarebbe cambiato nulla. 
Ma la consapevolezza, ora, era un’arma molto pericolosa nella sua testa. 
Sapere di essere sempre stato in realtà omosessuale e di essersi solo soffocato per proteggersi, non gli faceva bene e a peggiorare le cose era quel sentimento così splendido che provava per Zlatan.
Si era sempre accontentato di una vita mediocre dal punto di vista emotivo, perché aveva sempre pensato di non poter ambire ad altro. Di essere semplicemente così, incapace di provare certi sentimenti. 
Invece no.
Invece ne era capace, solo che li aveva sempre riversati sulle persone sbagliate. O meglio, sul genere. 
Adesso che sapeva di poter provare emozioni e sentimenti così belli e forti, di poter essere così tanto felice, come poteva accontentarsi?
Ci sarebbe riuscito?
“E se non potessi? E se non ci riuscissi più a fare il Simon corretto, sangue freddo che controlla sempre tutto e fa quel che deve?”
I mesi passavano, ma lui continuava ad avere solo più domande che risposte e ogni volta che si guardava allo specchio, barba e capelli erano sempre più lunghi ed informi e si chiedeva che avrebbe dovuto fare, una volta uscito dal suo antro e tornato alla vita. 


Non si era reso conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’aveva visto, per lui i giorni erano tutti uguali, le ore non trascorrevano e non avendo una reale cognizione del tempo, non sapeva che in realtà era passato tanto. 
Solo quando un giorno si rese conto di essere estremamente nervoso ed intrattabile al punto da rifiutare i suoi bambini, si accorso che non vedeva Zlatan da almeno una decina di giorni. 
Lo sentiva al telefono, ma non aveva più avuto tempo di venire fisicamente da lui per via degli impegni che non coincidevano. 
Quando lo comprese, si sentì solennemente idiota e iniziò a preoccuparsi, sebbene dentro di sé si rendesse conto d’avere almeno appena trovato una delle tante risposte. 
“Anche se volessi lasciare tutto per trovare l’uomo con cui poter vivere come desidero, non riuscirei comunque a lasciare Zlatan. È totalmente fuori discussione.”
Ma questo lo sapeva solo lui e lo comprese il giorno in cui il suo ragazzo gli disse che finalmente riusciva a venire a trovarlo. 
Nel realizzare che finalmente l’avrebbe rivisto, corse con la mente all’ultimo giorno che era stato lì e facendo il conto, comprese non solo che erano molti giorni, ma anche che aveva finito per impazzire senza di lui. 
“Posso decidere quanto voglio, razionalmente. Ma a conti fatti finché potrò vivere con lui quel che abbiamo, non importa come e con quanti sacrifici, io non posso di certo farne a meno. Certe cose non si decidono, ti piombano addosso e basta.”
E lui gli era piombato addosso. 


“Ineluttabile.”
Pensò Simon quando lo rivide, finalmente. 
Appena sentì la porta di casa aprirsi, saltò in piedi a molla seguendo totalmente il suo istinto. 
Si accorse di non essergli mai venuto incontro da quando era infortunato e chiuso in casa, così quando si ritrovò a zoppicare verso Zlatan, si sentì preda di una tale felicità incontaminata, che capì di non avere una reale scelta, alla fin fine. 
“Ineluttabile!”
Tornò a pensare. 
“Quel che provo per lui è così forte e prepotente che non potrei far altro che questo. Prendere tutto ciò che posso, qualunque cosa sia, in qualunque modo sia. Finché potrò.”

Zlatan se lo ritrovò che gli zoppicava incontro e si fermò sulla porta stupito, mentre si infilava le chiavi in tasca. 
Rimase lì sorpreso a guardarlo.
Gli sorrideva con una felicità che non gli aveva mai visto, da quando veniva a trovarlo a casa. 
Per un momento si commosse come un idiota, lì per lì non comprese il motivo. Solo quando aprì le braccia e lo strinse baciandolo, lo capì. 
“Ha deciso. E la decisione che ha appena preso, non la cambierà mai più.”
Lui lo sapeva, lo sentiva con una granitica certezza come sentiva sempre certe cose e poi alla fine aveva ragione. 
Sapeva che era proprio così.
- Non ti taglierai i capelli e la barba, vero? 
Non era una domanda preda dell’ansia, ma una retorica. 
Era così, era ovvio. 
Simon rise contro il suo orecchio, ma scosse il capo. 
- No, non li taglierò! 
Mentre glielo sentiva, Zlatan provò una felicità così forte e assoluta, che lo strinse di più per la vita fino a sollevarlo e a togliergli il fiato. 
Provò il desiderio di inglobarlo a sé e farlo suo e l’avrebbe fatto lì seduta stante, se non fosse stato per il solletico del cespuglio informe dei suoi capelli e ancor peggio della sua barba contro il collo che gli davano già prurito. 
- Però te li sistemerai, spero. Così sei veramente... non dico inguardabile, ma non ti si addice lo stile Gandalf da giovane! 
A questa Simon scoppiò a ridere di nuovo e si separò da lui tenendogli le braccia intorno al collo, il piede della gamba malata sollevato, per il resto totalmente appoggiato a lui.
Lo guardò ed il suo viso, seppure oscurato per metà da quel barbone, era luminoso in quello splendido sorriso sereno, i suoi occhi erano incontaminati, azzurro cielo, e stava finalmente bene. 
- Pensavo sarebbe stato il mio nuovo look, davvero non ti piaccio? - Zlatan fece una smorfia spontanea. 
- Non è che non mi piaci, ma ti serve una forma... 
Così dicendo gli mise la mano sui capelli e lì vi rimase perché troppo annodati. Simon fece una smorfia di dolore e lui con un’espressione da ‘vedi, te l’avevo detto!’, tornò a prenderlo per la vita. 
- Non mi scoperesti davvero solo per un po’ di barba e capelli informi?
Zlatan pensò davvero di poterlo rifiutare proprio ora che non lo vedeva da dieci giorni e che finalmente non era depresso ma stava di nuovo bene. Ovviamente sapeva che non ci sarebbe riuscito, così propose una via di mezzo. 
- Prima provo a sistemare la massa. Non taglio, non faccio nulla, solo... 
Così dicendo, si sciolse da lui e si girò velocemente dandogli la schiena, si abbassò e lo costrinse a salirgli in groppa. 

Simon prima di capire che se l’era issato sopra, si ritrovò trasportato di peso verso il bagno e capendo cosa aveva in mente, iniziò ad offendersi. 
- Ehi guarda che mi lavo! 
- Vorrei ben vedere, non mi avvicinerei nemmeno con un mese d’astinenza se puzzassi! 
Il ragazzo sulla sua schiena provò l’istinto di dargli un morso sul collo, ma fu frenato solo dalla consapevolezza che gli sarebbe piaciuto, così si lasciò portare in bagno fino a depositare con delicatezza. Lo sedette sul water chiuso come se fosse totalmente invalido. 
- Comunque sto meglio, dalla prossima settimana posso cominciare la fisioterapia... - lo disse per rendergli noto che non doveva trattarlo da menomato. 
- Bene, era ora! Stavi ingrassando! A momenti ti chiamavo orso Balù! - rispose in un misto fra la polemica e la presa in giro. Simon provò l’istinto di tirargli la ciabatta, ma evitò perché lo vide aprire l’acqua calda nella vasca. Poi iniziò a selezionare le varie boccette di prodotti da bagno, scartando tutte le sue. Simon inarcò un sopracciglio scettico notando che sceglieva quelle di Elina. 
- Quelli sono di mia moglie. - gli fece notare sapendo che l’aveva capito da solo e che non gliene importava. 
- Bene, dovrai usarli anche tu. - tuonò deciso. 
Simon lo fissò stralunato, ma non fece in tempo a replicare perché Zlatan gli venne davanti e gli prese la felpa larga sollevandogliela brusco fino a tirargliela via, mentre lui non aveva scelta che assecondarlo alzando le braccia. 
Infine, con uno schiaffo sulla schiena, lo fece alzare di scatto. 
- Sei pazzo? - chiese retorico. 
- Certo che lo sono! - così rispondendo, gli tolse pantaloni e boxer facendolo risedere sul water per poterglieli togliere dai piedi. Andò sorprendentemente delicato su quello infortunato e Simon lo guardò, per un momento, mentre sentiva una strana sensazione nascergli dentro. 
La stessa si fece sentire meglio quando si raddrizzò in piedi togliendosi a sua volta la maglia. 
Simon aprì la bocca dimenticandosi quello che doveva dirgli. 
- Ah, ti lavi con me? 
- Cos’è, la fiera dell’ovvio? 
La sensazione per un momento deragliò, stava per dargli un calcio negli stinchi, ma si salvò in corner togliendosi i pantaloni ed i boxer. 
Rimasto nudo più bello che mai davanti a sé, Simon non ce l’aveva più con lui come per magia.
Specie quando decise di sciogliersi la coda bassa scuotendo il capo per muovere i capelli lunghi che lui tanto amava per poi raccoglierseli ancora più alti per non bagnarseli. 
- Li vedi? - gli chiese Zlatan indicandosi proprio i capelli su cui aveva ancora le dita sopra. Simon annuì. - Ti piacciono? - aggiunse deciso.
- Cos’è, la fiera dell’ovvio? - rispose il compagno facendogli il verso. Zlatan fece un ghigno divertito.
- Adesso ti mostro come si fa ad averli così! 
- Guarda che ho già avuto i capelli lunghi da giovane... 
- Non si direbbe! 
Così dicendo gli prese la mano e l’alzò senza troppa gentilezza portandolo davanti alla vasca, lo aiutò ad entrare facendolo sedere prima sul bordo per non dover fare peso sulla gamba infortunata, poi l’aiutò a sistemarsi dentro. Una volta che si fu seduto dentro la vasca grande, vi entrò anche lui mettendosi dietro facendola immediatamente sembrare più piccola. 
Una volta lì, senza esitare si mise arbitrariamente il suo compagno fra le sue gambe aperte. 
Simon rimase rigido evitando di accomodarsi contro di lui, abbracciava il ginocchio sano che poteva piegare contro il petto e stava tutto ricurvo in avanti. 
Non aveva più bendaggi, ma doveva assolutamente evitare di appoggiare troppo il peso sul ginocchio operato ed ovviamente non lo poteva piegare molto, gli avevano ancora dato l’obbligo delle stampelle anche se in casa per brevi tratti saltellava. 
Dalla prossima visita sarebbe passato al tutore e avrebbe iniziato la fisioterapia. 
- Puoi appoggiarti... - disse Zlatan aspettando che lo facesse. 
Simon scosse il capo avvampando, mentre si mordicchiava l’avambraccio appoggiato sul ginocchio. 
- Non è il caso. 
Così Zlatan senza capire si affacciò dietro di lui per vedere che avesse. Appena lo fece, notò che era eccitato e ridacchiò compiaciuto baciandogli affettuoso l’orecchio. 
- Prima ti sistemo come si deve. 
- Per questo è meglio che non mi appoggio. - brontolò Simon per nulla contento che preferisse lavarlo che fare sesso con lui, ma appena Zlatan prese il manico della doccia dove aveva regolato l’acqua e gliela spostò addosso, un immediato senso di sollievo estremamente strano, lo colpì annullandolo.
Fu come se gli staccasse la spina trasformandolo in una bambola alla sua mercede; una bambola che stava incredibilmente bene, finalmente. 


Note: Jordan è un nome fittizio, così come tutta la storia relativa a questo ragazzo. So che l'ho già detto, ma è sempre bene ribadirlo, così come che Simon ed Elina vanno d'amore e d'accordo per quel che ci è dato sapere. Nella realtà Simon è davvero stato in auto isolamento eremitico, Elina stessa dichiarò che in quel periodo se ne stava tanto per conto suo da solo e nemmeno lei sapeva cosa gli passasse per la testa, ma ha rispettato la sua decisione. Simon ha detto d'essersi isolato per tutto il tempo dell'infortunio, ma non ha mai specificato perché o cosa facesse. Mancano 2 capitoli alla fine della fic. Alla prossima (a volte posso fare uno o due giorni di ritardo, ma pubblico sempre come vedete). Baci Akane