19. FINE DI UN TUNNEL
Zlatan lo sciacquò e mano a mano che l’acqua ricadeva su di lui bagnandolo, il sollievo si espandeva in lui a macchia d’olio.
Si ritrovò a chiudere gli occhi e a stare immobile, completamente abbandonato.
Non disse più nulla, non si oppose, non si mosse. Si lasciò totalmente fare.
Le mani di Zlatan si sostituirono all’acqua, partì dai capelli che ricoprì con lo shampoo di sua moglie, glieli insaponò massaggiandoglieli coi polpastrelli. L’atto gli procurò non poco piacere, ma improvvisamente non era più un problema.
Gli passò poi le mani di shampoo anche sulla barba che ora era davvero molto lunga, infine passò al corpo.
Prese una delle manopole morbide per lavarsi il corpo e mettendoci il bagnoschiuma, per fortuna non quello alla vaniglia di Elina, iniziò a strofinargli la schiena con una sorprendente delicatezza ma al tempo stesso sicurezza.
Quel secondo atto trasmise ulteriore sollievo, un sollievo totalmente fisico che permise a Simon di appoggiare la fronte in avanti sul proprio braccio e lasciargli fare qualunque cosa volesse.
Non aveva minimamente idea che farsi fare una cosa simile potesse essere così bello.
In vita sua si era sempre occupato da solo di sé stesso, non l’avevano mai lavato, tranne che qualche volta Zlatan per sedurlo.
Altri bei ricordi.
Sorrise lieve nel ricordarlo, poi mentre lui spostava la mano con la manopola sulla vita e poi sul davanti, aderendo con il petto alla sua schiena per arrivare ad insaponargli il torace in quello che sembrava più un abbraccio, spostò la testa verso la sua che spuntava dalla spalla per vedere cosa faceva.
Non era più eccitato anche se era un momento molto sensuale.
Era totalmente rilassato al punto che parlò senza rendersene conto.
Liberamente.
Totalmente senza catene.
- Ho immaginato la mia vita se le cose quella volta fossero andate diversamente. - esordì.
- Mm? - Zlatan intuì che stava per confidarsi e rallentò i movimenti per evitare di disturbarlo.
Continuò a lavargli l’inguine eccitato anche se meno di prima, segno che era in uno stato di trance portato dal piacere e dal rilassamento, così continuò anche sulle gambe.
- In una realtà lui mi aveva risposto positivamente, ci mettevamo insieme, io facevo coming out, mi complicavo la vita, rompevo i rapporti coi miei perché non mi accettavano e anche se conducevo una vita vera e propria come la volevo, ero triste per il rapporto coi miei e perché comunque era sempre tutto una guerra fra me ed il mondo. Anche professionalmente non ero realizzato, ero finito in squadre niente di che, non finivo al Milan, non diventavo capitano della nazionale. Non stavo con te.
Zlatan fece una smorfia passando a sciacquarlo.
Non gli piaceva quell’alternativa.
L’acqua lo ricoprì dolcemente, cominciò dalla testa che gli spostò all’indietro.
Simon eseguì docile permettendogli di togliergli per bene lo shampoo dai capelli che ricadevano sul collo e sulle spalle, ma risultavano ancora annodati. Passò anche la barba facendo attenzione a non annegarlo.
Continuò a sciacquargli il resto del corpo, accompagnando il getto con la mano in altre carezze delicate.
Simon si appoggiò a lui in quel gesto, permettendogli di passare sul davanti più agevolmente. Totalmente abbandonato a lui.
- L’altra realtà lui mi aveva rifiutato, ma con dolcezza. Mi era rimasto amico e mi aveva aiutato ad affrontare la cosa. Grazie a lui trovavo una sorta di equilibrio fra me ed il mondo. Lo tenevo nascosto a tutti, ma lo vivevo nel mio privato. Questo mi permetteva di mantenere il rapporto coi miei e di fare la vita professionale che ho avuto ora, forse un po’ più soddisfacente. Sebbene mi portavo dietro la croce dell’inganno ai miei genitori. Non era male, ma naturalmente avevo già un compagno fisso e noi due non ci mettevamo insieme comunque. Però ero felice e realizzato.
Zlatan si fermò mettendo giù il manico della doccia mentre si oscurava, quell’alternativa era probabilmente la versione migliore per lui, ma non per sé stesso.
- Saresti stato felice e sereno, avresti sempre vissuto con sentimenti in grado di renderti vivo e realizzato.
Volle dirglielo e si maledì perché quello, sebbene per Simon sarebbe potuto essere il meglio, per lui era sofferenza pura.
Non l’avrebbe mai avuto e non voleva fare quel gioco. Il gioco dove si immaginava in una vita diversa da quella che aveva. Gli piaceva quella che aveva, anche se aveva sofferto prima di arrivare alla felicità.
“Non voglio fare a meno di lui nemmeno per finta.”
Simon però annuì, poi alzò le spalle.
Zlatan a quel silenzio che non piacque, prese il balsamo di sua moglie e gliene mise un po’ sulla barba massaggiandogliela per bene.
Simon continuava a rimanere steso fra le sue braccia, con la schiena contro il suo torace, abbandonato. Aveva un’espressione serena, gli occhi chiusi.
- Non ci saremmo mai messi insieme. - sottolineò lui ad alta voce.
- Già... - fece Zlatan amaro. - Ma saresti più felice, la tua vita lo sarebbe stata. Non avresti perso anni preziosi soffocato dentro a quella fortezza di ghiaccio.
Perché? Perché doveva fare così?
Perché si doveva torturare in quel modo?
Simon si sollevò per girarsi e guardarlo, percependo il suo dolore interiore, ma lo fermò prendendogli la testa e costringendolo a stare seduto dritto con la schiena e rivolto dall’altra parte. Gli mise il balsamo sulla testa ed iniziò a pettinarlo calmo.
L’atto parve calmare entrambi.
- Ma non avrei mai vissuto quello che sto vivendo ora con te. Non avrei mai provato qualcosa di così bello e splendido. Non vorrei mai privarmi, ora, né di te, né di quello che provo per te. Né soprattutto di quello che provo quando sto con te.
Zlatan si sentì stupidamente gli occhi bruciare e si diede dell’idiota mentre li stringeva per non piangere.
Quando smise di pettinarglieli, se lo rimise addosso per far passare del tempo affinché il balsamo facesse effetto.
Prese poi di nuovo il manico della doccia e tornò a passare l’acqua sul suo petto e sul suo inguine, dolcemente, come in una calda carezza bagnata, mentre con l’altra mano intrecciava le dita alle sue.
Non c’era sfondo sessuale, anche se era cominciata così, forse.
C’era solo sollievo e dolcezza, in quello che stava facendo.
- Quindi tutto sommato va bene così com’è andata? Non hai rimpianti, alla fine? - chiese piano sul suo orecchio.
Simon scosse il capo.
- Avrei rimpianti nel non vivere questo con te.
Zlatan non riuscì ad evitare alla lacrima traditrice di scendere sulla sua guancia, ma sorrise felice capendo che non l’avrebbe lasciato sul serio.
- Alla fine va bene così...
Simon annuì.
- Alla fine va bene così. - concluse stringendo le dita intorno alle sue. Zlatan gli baciò la tempia che sapeva di balsamo al miele e rimasero così ancora un po’ senza dire niente, fino a che capirono che il tunnel aveva una fine.
Continuò a baciargli dolcemente la tempia, mentre Simon usando la mano con cui teneva la propria, iniziò a carezzarsi da solo. Dapprima sul torace, poi scivolò sul ventre fino a raggiungere l’inguine.
Avrebbe riso malizioso, Zlatan, in una situazione normale. Ma non lo stava facendo con quell’accezione, era come un cercare il completamento perfetto per un momento solenne, in un certo modo.
Dopo essersi scambiati i ‘ti amo’ e dopo un lungo e tormentato limbo, erano giunti ad una conclusione ed era sorprendentemente bella e positiva per loro come coppia.
Zlatan capì perché ora e solo ora fosse perfetto arrivare all’orgasmo, nonostante la posizione non fosse delle migliori visto che erano seduti incastrati in una vasca. Bella grande e comoda, ovviamente, ma comunque non morbida e spaziosa come un letto.
Però non fermò la sua mano, non la ritirò, l’assecondò continuando poi da solo a masturbarlo quando lo sentì eccitarsi e sospirare di piacere. Da quella posizione poteva vedere sufficientemente bene il suo viso, gli occhi chiusi, l’aria abbandonata così come il resto del suo corpo praticamente steso su di lui. La gamba malata allungata col tallone sul bordo in modo da non rimanere piegata per troppo tempo, in quel modo saliva sopra la sua, quasi intrecciandosi, ma così gli dava un libero e perfetto accesso alla sua erezione che si eccitò fin quasi a venire.
Lo fermò sentendosi vicino all’orgasmo, voleva fosse perfetto. Più perfetto di così.
Infatti spremendo il detergente intimo nella propria mano, Simon si inarcò separandosi da lui nella parte inferiore e raggiunse alla cieca il suo membro che sentiva dall’inizio del bagno contro le natiche.
Glielo strofinò constatando che appena l’aveva toccato era subito diventando ancora più duro, quasi come non aspettasse altro che il suo via libera.
Simon si morse il labbro e facendo leva sulla sola gamba sana, facendo attenzione a non usare l’altra e issandosi con le mani poggiate ai bordi della vasca, si sollevò.
Zlatan capì cosa voleva fare e con una mano sul fianco lo aiutò a tirarsi su, con l’altra si prese l’erezione indirizzandola nella sua fessura che trovò aiutandosi con il dito col quale si fece strada un secondo prima.
Quando lo sentì giusto, se lo adagiò sopra.
Simon in perfetta sincronia coi suoi gesti, gli si sedette addosso sempre continuando a tenersi sul bordo della vasca per prendere meglio il via.
Una volta che fu dentro gli si appoggiò sul petto muovendosi sulla sua erezione grande e dura.
La lubrificazione era stata provvidenziale visto il poco movimento che poteva fare Zlatan standogli seduto sotto, ma non parvero soffrirne perché comunque tenendolo per la vita, se lo muoveva addosso a piacimento e ben presto i brividi si espansero in tutto il loro corpo fino ad un’esplosione di piacere che li vide venire quasi insieme.
Poco prima che gli venisse un crampo, Simon si sfilò via e si adagiò di nuovo contro di lui, sfinito e nell’estasi dei sensi mescolati.
A stento si rese conto che Zlatan aveva a quel punto preso l’acqua calda per sciacquarlo.
La sensazione che percepì non fu tanto dell’elemento quanto della sua mano che l’accompagnava come se l’accarezzasse, lavando via il balsamo insieme alle tracce dei loro piaceri che corsero via, mentre ormai le loro bocche erano intrecciate ed unite in un bacio che fu molto più lungo di quanto l’acqua impiegò a pulirli.
Zlatan guardò l’ora seccato, infastidito che il tempo a disposizione dopo tanto tempo fosse così scarso.
Fra una cosa e l’altra aveva aspettato un sacco per vederlo con la consapevolezza che la sua testolina bacata avesse frullato chissà quale brutto pensiero.
Non aveva idea di quanto avesse effettivamente schivato dei proiettili, ma alla fine era andato tutto bene e dopo quel pomeriggio, ne era veramente sicuro.
Una volta pronto per andarsene, Simon lo fermò venendogli incontro zoppicando. Lo guardò torvo.
- Non dovresti ancora sforzarlo, dov’è la stampella?
Simon lo ignorò totalmente come non avesse detto nulla, ma ora per lo meno la visione che gli regalava era splendida.
Si poteva fare meglio, se solo gli avesse permesso di spuntargli la barba e dargli una forma decente, così come anche ai capelli. Ma almeno ora non era più ispido e cespuglioso ma assurdamente bello.
Adesso i suoi fili dorati erano come seta che ricadevano intorno al viso ricoprendogli il collo e la barba non stava come quella di Gandalf.
“È proprio gnocco, così... quando si deciderà a sistemarsi la barba avrò vinto il Superenalotto!”
Ma non glielo disse perché Simon gli consegnò una piccola agendina.
- E questa? - quando l’ebbe fra le mani, l’aprì subito sfogliandola.
Le pagine erano scritte a penna, la scrittura di Simon era inconfondibile, piccola e fitta.
L’avvicinò per leggere, ma quando si ritrovò parole incomprensibili, lo fissò ancor più torvo e seccato: - Cos’è, arabo? Come pensi che lo capisco?
Simon non parve minimamente turbarsi come fosse tornato ai vecchi modi fastidiosi, infatti rispose pacato: - Non lo devi capire, è danese. Sono i miei pensieri liberi.
- I tuoi turbamenti liberi, vorrai dire! - sapeva perfettamente cosa aveva scritto anche se non lo capiva.
- Mia moglie capisce il danese e finora l’ho tenuto sempre nascosto addosso, ma adesso non mi serve più e vorrei tenerlo in un posto sicuro.
Così Zlatan continuò a guardare le pagine dell’agendina chiudendola e restituendogliela, poi annuì concorde.
- Sì è meglio che la nascondi...
Non ci era arrivato. Simon alzò gli occhi al cielo con aria da sufficienza che mandò ai matti Zlatan capendo che era diretta a lui.
- Tienila tu, Zlatan! Sei tu il mio posto sicuro!
Solo in un secondo momento, quando stava per mandarlo a cagare per l’atteggiamento spocchioso, si rese conto che aveva fatto un gesto romantico.
- Certo che se vuoi essere sentimentale ma lo fai in questo modo freddo e impersonale, non è che si capisce! Potevi dirmelo in un altro modo che io sono il tuo posto sicuro! Sembra un insulto od una colpa, cazzo!
Così seccato prese l’agenda e se la mise in tasca perché aveva dei pantaloni larghi coi tasconi laterali. Scuotendo ancora il capo con la vena polemica, si tirò su il cappuccio e fece per uscire senza salutarlo né ringraziarlo.
Sulla porta, però, Simon lo prese per il braccio e lo tirò con forza obbligandolo a fermarsi.
Zlatan si girò con l’altra vena, quella irritata, bella pulsante sulla tempia; stava per mandarlo a cagare, ma si fermò perché Simon, sempre bello come il sole, finalmente gli sorrideva.
- Grazie. - fece quindi baciandolo sulle labbra. - Ti amo.
E niente, con questo perse senza ritegno.
- Di nulla. - borbottò Zlatan imbarazzato e senza parole. - Ti amo anche io. - rispose andandosene.
“Maledetto Simon, sei il solito manipolatore!”
Lo sapeva, ma non poteva non essere perdutamente innamorato di lui. Cosa che probabilmente sarebbe stato a lungo.
Fu come un fulmine a ciel sereno.
Per mesi Simon aveva evitato tutto l’ambiente rossonero in massa, né Milanello, né lo stadio, nemmeno le partite da casa.
Aveva staccato totalmente la spina.
Quando il medico gli aveva dato il permesso per fare fisioterapia, era stato per lui come uscire dal suo antro o come la chiamava Zlatan la caverna dell’orso.
Il tornare a Milanello per la terapia di recupero aveva stranamente coinciso con le risposte che aveva tanto cercato, perciò era lentamente tornato alla vita professionale.
Per la squadra era stato come rivedere Genitore Due che tornava a casa dopo una lunghissima assenza dovuta a ‘motivi personali’.
I figli non sapevano mai perché un genitore si allontanava da casa per un periodo, poi una volta che crescevano scoprivano che c’era stata di mezzo una crisi matrimoniale.
Vederlo di nuovo sia al centro sportivo per la fisioterapia che allo stadio a vedere le ultime partite della stagione, una stagione sorprendete dove stavano per ‘rischiare’ di vincere lo scudetto, aveva dato nuova linfa vitale al gruppo che proprio nel momento più difficile sembrò rinascere.
Quando Alessio, nella tribuna dei calciatori a bordo campo, ovvero nello spazio apposito di chi non poteva giocare ma che veniva ugualmente a vedere le partite, si ritrovò nientemeno che Simon, per poco non gli venne un colpo.
Gli venne non solo perché era da quando si era fatto male che non metteva più naso fuori casa, né tanto meno in squadra, ma soprattutto perché coincideva con la scelta definitiva che aveva preso con tanto dolore e titubanza.
Quasi come fosse un segno, in qualche modo.
Così guardarono insieme la partita, quella sera. Risero e scherzarono insieme come se nessuno dei due nel frattempo avesse passato a modo proprio e per motivi diversi, una specie di inferno uscendone ognuno con una decisione propria.
Tornarono ad appassionarsi insieme alla squadra, al loro calcio, ai loro drammi, a soffrire con loro come una volta, a partecipare.
Risero insieme di come il povero Fikayo sembrava disperato alle prese con quella sorta di dramma vivente di Matteo Gabbia, il quale era giovane e non poteva nemmeno avere chissà quali colpe se si erano infortunati entrambi i difensori della squadra.
Constatarono che se avessero vinto lo scudetto sarebbe stato una sorta di miracolo, ma sicuramente avrebbero dovuto fare un monumento a Fikayo e a Mike come minimo.
Parlarono di calcio per tutto il tempo, prendendosi dalla partita come se non si fossero mai allontanati, infine dopo che esultarono per la vittoria, non si sapeva bene per quale santo, e dopo essere scesi negli spogliatoi a complimentarsi coi ragazzi dando loro vigore ed entusiasmo nel vedere i capitani (che erano Alessio, Simon e Zlatan), decisero di tornare a casa insieme.
Fra i due quello che aveva l’infortunio più leggero e che poteva guidare era Alessio, infatti era venuto da solo con la macchina.
Propostosi di riaccompagnarlo fermandosi a bere qualcosa insieme, per strada parlarono della squadra e di calcio e di come se avessero vinto lo scudetto sarebbe stato davvero incredibile.
Infine, sempre parlando di questo, arrivati in uno dei locali preferiti di Alessio perché tranquillo e discreto, si sedettero ad un tavolino in disparte bevendo una birra.
L’ambiente era soffuso e buio, musica rock anni 70, separè di legno fra un tavolo e l’altro, vecchie foto alle pareti.
Continuarono a parlare dei ragazzi fino a che il discorso si fece più personale, deviando dallo sport.
- Mi ha stupito vedere che sparivi così... - fece ad un certo punto Alessio.
Simon si strinse nelle spalle.
- Però non mi hai cercato. - non era un’accusa, ma più un ringraziamento. Alessio fece un cenno ed alzò le spalle.
- Imaginavo che avevi bisogno di stare per conto tuo. Zlatan diceva che stavi bene.
Simon lo guardò stupito, non gli aveva mai detto nulla di loro, non era nel gruppo dei ‘figli’ perciò lui in teoria non ne sapeva niente della loro relazione.
Fu solo lì, mentre lo guardò meravigliato, che Alessio gli sorrise divertito per fargli capire che lo sapeva. Come lo ammettesse.
- Sapevi?
Il romano rispose con un occhiolino, confermandolo.
- Io so sempre tutto di tutti. Sono il capitano, no?
Simon rise cercando di elaborare la cosa che lo sconvolgeva non poco. Tutto, sembrava Alessio, fuorché uno che sapeva tutto di tutti. Era talmente discreto che non l’avrebbe mai detto.
- Non dai l’idea di essere così...
- Ficcanaso? - completò per lui scherzando. Simon ridacchiò e si strinse nelle spalle.
- Più o meno...
- Non sono uno che si impiccia, ma mi rendo conto di tutto. Sono un ottimo osservatore. - ammise come se ricordasse qualcosa, qualcuno od un periodo in particolare. Forse più di uno. Simon lesse chiaramente nostalgia e rimpianto e si chiese se potesse indagare.
- Sei così discreto... - commentò con molta diplomazia. Alessio scoppiò a ridere di gusto, illuminando il suo bel viso.
- Mi faccio i cazzi miei, ma noto quelli degli altri! - poi la risata divenne sorriso, un sorriso strano, di nuovo malinconico. Simon capì che doveva parlargli. - Mi ha fatto diventare così una certa persona... - aggiunse.
Simon non chiese chi fosse, era evidente che fosse una storia dolorosa.
- Che succede, Ale?
Alessio si spense anche nel sorriso, rimase solo una piega amara, lo sguardo perso per un momento nella bottiglia di birra mezza vuota che si rigirava fra le mani, lui tutto seduto storto.
Infine prese coraggio e sollevando lo sguardo, lo puntò sui suoi e lo disse: - Me ne andrò a fine stagione, Simon. Ho deciso di andare alla Lazio, il mio agente dice che non possiamo ufficializzarlo, ma andrà così appena le cose potranno essere rese pubbliche. Sei il primo e l’unico a saperlo.
Fu come un pugno allo stomaco. Per qualche motivo Simon ne rimase shoccato.
Istintivamente corse con la mente al tempo che erano stati compagni di squadra e si rese conto che non era molto, eppure in qualche modo era stato tempo di qualità.
Non aveva fatto gruppo come con alcuni, forse. Non come con quelli che definiva divertito ‘figli’.
Ma lui era sempre stato lì, un porto sicuro, non si era mai dovuto preoccupare di lui e all’inizio l’aveva aiutato molto, quando aveva avuto difficoltà con Zlatan.
Oltre a questo, Alessio era una di quelle presenze silenziose che però quando non c’era, mancavano.
Si ricordò di come all’inizio, quando erano cominciati i primi strani istinti verso Zlatan, si fosse buttato su Alessio per capire se fosse la stessa cosa con tutti e dovendosi mettere alla prova, aveva deciso che lui fosse quello più adatto.
Era carino, solare, gentile e disponibile.
Sì, forse gli sarebbe potuto piacere, sarebbe potuta diventare una bella storia anche la loro, se non ci fosse stato Zlatan.
A quel punto si immaginò l’ennesima realtà alternativa, con lui che invece sceglieva proprio Alessio e non Zlatan. Si vide felice e vide felice anche Alessio. Molto più di come sembrava ora. Con uno scatto tornò al presente ed in sé.
Gli salì un nodo in gola che domò come sempre con un sorriso tirato.
- Mi dispiace. Ne sei sicuro?
Alessio annuì abbassando di nuovo lo sguardo, evitò di mostrargli la voglia di piangere che celava sotto le ciglia.
- Ne ho bisogno. Devo cambiare aria e spero che andare nella mia squadra dei sogni, la squadra che tifo da quando sono bambino, mi aiuterà a rimettermi in piedi. Io... - sorrise imbarazzato e alzò lo sguardo con coraggio. - So che da fuori non sembra, ma sono in crisi nera e non posso uscirne rimanendo qua dove ci sono tanti ricordi dolorosi e forse troppi rimpianti.
Simon sapeva che c’era una lunga storia che gli stava nascondendo, ma capì che era dolorosa e che non gliel’avrebbe mai raccontata. Non gli chiese nulla, ma annuì allungando la mano sul tavolino, lasciò la propria bottiglia per prendere il suo polso. Lo strinse e gli sorrise dolcemente.
- Mi mancherai. Ma se è la scelta migliore per te, è giusto che tu lo faccia.
Alessio annuì mostrando questa volta gli occhi lucidi. Ma non pianse perché non sarebbe stato da lui.
O forse perché l’aveva già fatto tanto.
- Ti lascio la squadra. So che è in buone mani. Abbi cura di quegli scapestrati. - disse sorridendo. Era triste e gli si leggeva in faccia quanto male stesse, ma Simon strinse ancora la presa annuendo incoraggiante.
- Ne avremo. - incluse implicitamente Zlatan. - Quest’anno vinceranno lo scudetto per te. Manca poco, ce la faranno.
Alessio sorrise e piegò la testa di lato.
- Non dirglielo, lo farò io alla fine.
Simon annuì.
- Ma vinceranno comunque per te.
Alessio sorrise meglio e sospirò.
- Questo posto sarà sempre speciale.
- E sarà sempre casa tua.
- Lo so.
E su questo, si chiuse il sipario definitivamente su Alessio e sulla sua storia col Milan.
Note: penultimo capitolo, il prossimo concluderà la fic. Ho voluto fare una sorta di chiusura per Alessio, perché era il protagonista delle precedenti serie sul Milan a cui questa si accoda. Alla fine di questa stagione di cui sto scrivendo, perciò la 2021/22, Alessio lascia il Milan e va alla Lazio, la sua squadra del cuore. Veniva da un periodo difficile pieno di infortuni dove aveva comunque perso lentamente la titolarità per delle prestazioni non più ai suoi livelli, sembrava un bel po' giù. Purtroppo a dicembre 2022 (perciò dopo il ritorno di Alessio nella capitale) Sinisa Mihajlovic è morto perchè qualche mese prima gli era tornata la leucemia e questa volta non ce l'ha fatta. Sinisa nella mia serie era il compagno di Alessio, non ho fatto riferimenti specifici in quanto Simon non sa della storia di Ale, ma possiamo pensare che Alessio fosse giù in parte perchè gli mancava Sinisa, in parte era preoccupato per lui e la sua salute. In ogni caso è solo una fic, tutta mia invenzione. In certi casi è sempre bene ricordarlo. Passando a Simon: quando ha ripreso a fare fisioterapia e quindi a frequentare Milanello con quello stile da barbone, è tornato a vedersi in tribuna a guardare le partite del Milan, in una di queste era con Simon ed i due ridevano ed imprecavano insieme. In quel periodo Tomori giocava obbligatoriamente con Gabbia che non era il Gabbia di ora, ma un qualcuno su cui calare un velo pietoso (per fortuna poi è migliorato), perciò mi sono inventata che Simon ed Ale ridessero un po' del dramma del povero Fik. Spero che la scena della vasca sia abbastanza credibile: non ho mai avuto il piacere di fare sesso in vasca, ma loro non erano immersi nell'acqua, perciò nessun allagamento. Tuttavia non so quanto sia realmente comodo, ma era il trasporto del momento a renderlo speriamo bello e piacevole. Glielo auguro! XD Comunque, ci sentiamo con l'ultimo capitolo. Dopo questa ci sono ancora due fic e poi la serie si conclude. Baci Akane