2. GENITORI

la libertà di amare

Se Zlatan non aveva ucciso Olivier quell’estate, al suo arrivo in squadra, o meglio al ritorno di Simon in gruppo, significava che aveva acquisito un ottimo auto controllo. Così buono non l’aveva mai avuto. 
Era sempre stato uno molto geloso e possessivo, da quando con Simon si erano teneramente detti di avere una vera e propria relazione esclusiva, fatta eccezione delle mogli, e di conseguenza si erano detti di essere solo uno dell’altro, per lui era stato ancor più difficile trattenersi dallo sbranare chiunque guardasse troppo Simon.
Peggio ancora se con la chiara intenzione di saltargli addosso e farselo, proprio come aveva fatto Olivier il primo giorno di ritorno in squadra di Simon.
Non che poi gli altri fossero meglio, sapeva che praticamente tutti avevano pensieri impuri sul suo ragazzo, ma nessuno era mai stato così pazzo da pensare di provarci sul serio, a parte Sandro il quale in realtà il quale in quel momento non sapeva certe cose, soprattutto quel che stava facendo. 
Dettagli su Sandro a parte, nessun altro poi era stato così pazzo da provarci o pensarlo davvero, a parte Olivier per quell’unico giorno. Quello che gli ci era voluto per capire, probabilmente con macchinismi di Theo, che Simon era off limits per chiunque.
Ricordava bene come quel giorno aveva realizzato per la prima volta cosa significava quello che si erano detti a Maggio loro due.
Essere solo uno dell’altro. 
Quella sorta di promessa di esclusività era la seconda fase nel loro rapporto strano e dal momento in cui se l’erano detti ed avevano quindi stretto il rapporto, Zlatan si era sentito come bruciare di una gelosia sacra esplosa quel fatidico giorno.
Se Olivier ci avesse provato realmente con lui com’era evidente nelle sue intenzioni, probabilmente l’avrebbe davvero ucciso. 
Però era riuscito a trattenersi e non aveva fatto nulla, nemmeno l’aveva minacciato. Questo perché Olivier aveva capito in tempo tornando al suo posto ed ora vederlo così apertamente in amore con Alexis lo lasciava ancor di più sollevato. 
Bene così, si era successivamente detto. 
L’unico pazzo che avrebbe potuto puntare al suo Simon, era lui.
Tuttavia si era stupito del controllo acquisito; fino a qualche anno prima in una situazione simile non avrebbe aspettato che il terzo incomodo capisse da solo e si levasse dai piedi. L’avrebbe levato lui. 
Per lui considerare suo qualcuno era come infilarselo sotto la pelle.
Diventava letteralmente parte di sé. 
Si chiedeva se anche per Simon fosse così, se lo vedesse davvero suo fino a quel punto e se fosse così geloso. 
Per lui, però, dopo qualche tempo di gelosie sempre più atroci, era subentrato ben altro. 
Ovvero, ok la gelosia, ma non è che c’era altro? Tipo la terza fase in agguato dietro l’angolo?
Quella dei sentimenti, dell’innamoramento? 
Quella di cui aveva avuto tanto paura?

Le dita passavano leggere la scala tatuata sulla sua schiena e una volta arrivate alla cima, ridiscendevano percorrendo lo stesso tratto all’indietro. 
Zlatan ultimamente stava pensando di continuo a lui, anzi a loro. 
A quel che provava per lui e a che livello fosse la loro storia. Non voleva provocarlo più per ottenere le sue risposte o reazioni rivelatorie, ma ormai nella sua mente vagava sempre più quella domanda. 
Erano arrivati alla fase dell’amore? 
Simon a pancia in giù, la posizione che assumeva prevalentemente per dormire ultimamente visto il tatuaggio sul sedere relativamente fresco, era ancora beatamente nel mondo dei sogni.
I capelli corti, leggermente più lunghi rispetto al primo anno, ricadevano in disordine sulla sua fronte. Il viso abbandonato e rilassato rivolto verso di lui. Un braccio flesso dove la mano si nascondeva sotto il cuscino, l’altro abbandonato dietro, dall’altra parte. Una gamba piegata verso di lui, l’altra allungata. Il lenzuolo bianco ricopriva solo una parte del suo corpo, quella inferiore, mentre lasciava scoperta quella superiore, ma era merito di Zlatan che si era svegliato per primo, turbato dalle domande che ultimamente andavano di moda nel suo cervello e gli aveva abbassato le lenzuola fin sotto la sua natica tatuata, quella rivolta verso di lui. 
Non gliel’aveva sfiorata per non disturbarlo visto che era ancora sensibile, sebbene ormai stesse guarendo. 
Quando si era messo a percorrere leggero la scala tatuata sulla schiena, l’aveva visto rasserenarsi ma continuare a dormire. Probabilmente nel sonno l’aveva percepito, ma sapendo che era lui, era rimasto a dormire. 
“Come si capisce se si ama qualcuno? Normalmente te lo senti. Senti che glielo vuoi dire, spesso ti esce senza controllo. L’altra volta è andata così.”
La verità era che aveva amato forse solo una volta, due al massimo, se pensava a Maxwell, anche se in quel caso era stato un tipo di sentimento un po’ più complesso.
Il mento appoggiato sul palmo, il braccio piegato, il corpo a tre quarti verso Simon. 
Zlatan se lo stava chiedendo da un po’ se quello fosse amore, l’aveva sentito qualche sera fa, quando aveva fatto lui l’attivo perché non poteva stare appoggiato sulla schiena e ne aveva approfittato. Ormai era diventato naturale farglielo fare e non servivano più giochi. Se Simon voleva farlo, glielo permetteva, ma in passato non era mai capitato così facilmente. Anzi. Era sempre stato una sorta di regalo che aveva concesso agli altri. In realtà forse poteva ricordarlo solo con Alex. 
Ma con Simon le cose erano così diverse che non le poteva paragonare a quelle con nessun altro. 
Con lui si sentiva al suo pari, non c’era uno che dominava e guidava ed era bello. Non avrebbe mai pensato in vita sua che non essere sempre lui al comando fosse così piacevole, ma si poteva rilassare, in quel modo. 
Non doveva sempre pensare lui a cosa fare e come. Sapeva che se non lo faceva lui, ci pensava Simon e che sarebbe andato bene qualunque cosa avesse fatto. 
Era arrivato ad una fiducia tale che si sentiva sul punto di dirglielo, ma aveva paura ed era la prima volta che succedeva.
Forse ci pensava tanto proprio per quello, non perché fosse indeciso sul proprio amore, ma perché temeva la reazione di Simon. Proprio perché non era come nessun altro. Del resto era stato questo suo differenziarsi dagli altri ad averlo attratto tanto fino a fargli perdere la testa. 
Abbassò il braccio che iniziava a dargli fastidio per la posa e adagiò la testa sul cuscino avvicinando il volto al suo più che mai, smettendo di carezzarlo sulla schiena e iniziando a giocare coi suoi capelli sottili e biondi che scivolavano sulla fronte e parzialmente sugli occhi chiusi. 
“Questo qua scapperà di nuovo se gli dico che lo amo. Ci scommetto la vita che lo farà. Ma mi conosco e so che non riuscirò ad aspettare chissà quanto, un giorno mi scapperà e la reazione di Simon sarà la ricostruzione del sacro muro che a fatica ho buttato giù.” 
Sospirò rassegnato all’inevitabile momento che presto avrebbero attraversato.
Ma non avrebbe mollato lo stesso, sapeva che ce l’avrebbe fatta a superare anche quello, come il resto. 
Simon restava la sua sfida più grande ed interessante. 
Sorrise malinconico come se già l’avesse lasciato e gli baciò l’angolo della bocca che si incurvò spontaneamente. Quando i suoi occhi azzurro color cielo e non più ghiaccio si posarono sui suoi, Zlatan capì senza un solo dubbio che lo amava. 
Capì anche che Simon non era ancora pronto per sentirselo dire e per rispondergli. 
“Ma mi ama anche lui, ne sono sicuro.”
Uno se le sentiva, le cose. Specie i sentimenti degli altri. 

Quando lo mise a fuoco, dopo che si fu deciso a svegliarsi, capì che era vicino al dirglielo e per paura che lo facesse, allungò la testa verso di lui e schiudendo le labbra cercò le sue in un bacio che inizialmente fu solo un lieve buongiorno, ma che presto si trasformò in qualcosa di più.
Qualcosa che trovò con la mano che si fece strada dal fianco di Zlatan, al suo inguine. 
Lo sentì sorridergli sulla bocca e presto lo spinse supino scivolando giù, ricoprendolo di baci sul torace e poi sull’addome, fino a finire alle linee del suo inguine che si congiunsero sulla sua erezione che già iniziava a reagire nel migliore dei modi. 
Zlatan non lo fermò, si mise comodo sulla schiena e con una mano sulla sua nuca, l’accompagnò mentre glielo leccava e glielo prendeva in bocca succhiando via via con sempre più impeto. 
Il piacere di Zlatan esplose nella sua bocca mentre Simon in risposta glielo beveva senza remore. 
Riemerse raggiungendo il suo viso, arrampicandosi sul suo corpo sempre caldo e forte. Era sempre intossicante. Lui, i suoi muscoli, la sua forza, la sua tonicità, i suoi tatuaggi e le sue mani che l’accompagnavano sempre, come se non potessero staccarsi da lui per evitare di farlo scappare. Per paura che lo facesse. 
Se lo strinse addosso accogliendo la sua bocca che sapeva del suo sapore, ma aveva un sorriso beato, quando lo trovò. 
- Avevi fame? - chiese facendo l’idiota. Simon fu felice che lo facesse, ci aveva sperato in effetti. 
- Mi manca... sono stufo di fare l’attivo... 
Zlatan inarcò meravigliato e divertito le sopracciglia, mentre le mani dalla schiena erano risalite sul suo collo e sulla sua nuca, fra i suoi capelli che contribuiva a spettinare. 
- Oh, ma davvero? Non pensavo te l’avrei mai sentito dire, ho sempre dovuto lottare per scoparti... 
Simon rise baciandolo, più per zittirlo che altro. 
- Lo sai che mi piace anche essere preso... 
- Fottuto... - precisò l’idiota che gli stava sotto, sempre beato più che mai. 
- Come? 
- Ti piace essere fottuto... dì le cose come stanno, non avere paura di usare i termini giusti... 
Simon rise all’auto citazione di una delle prime conversazioni avute nel gennaio del 2021, ormai quasi due anni prima. Così tanto, era già passato? 
Quella volta Zlatan gli aveva contestato l’uso del ‘certe cose’ al posto di ‘scopare’. 
Provocante e provocatorio da subito, da sempre e per tutta la vita. 
Così gli piaceva, sperava non cambiasse mai, anche se era felice che avesse finito di metterlo alla prova per ottenere risposte. 
Tuttavia ora aveva paura che quella bella crescita personale che aveva tanto sperato di vedere in lui, lo portasse a chiedergli direttamente quello di cui non voleva parlare. 
“Se mi dirà che mi ama e mi chiederà cosa provo per lui, sarà un gran bel casino...”
Ma non gli diede modo di dirglielo perché tornando a baciarlo ridendo allo stesso modo che faceva lui, sempre carezzandogli il collo e la nuca, replicò: - Ok, mi piace essere fottuto, va bene? 
Zlatan annuì soddisfatto finendo poi per infilargli la lingua fra le labbra alla ricerca della sua, quando la trovò le mani strisciarono fino a sentire le sue braccia stringerlo forte a sé, come volesse inglobarselo. 
“Essere amato da lui è intossicante e splendido... la verità è che ne ho paura, ma mi piace da matti e non voglio che smetta. Non voglio fermarlo. Non voglio che finisca.”
Ma non sapeva come andare avanti da lì in poi. 
Né osava dire nemmeno a sé stesso se lo ricambiava, anche se la risposta la sapeva benissimo.

Dall’inizio di quell’anno avevano preso a fare una cosa un po’ particolare, Simon e Zlatan. 
Si dividevano i discorsi motivazionali, Simon tendenzialmente faceva quello iniziale, prima della partita. In campo in cerchio abbracciati se era negli undici iniziali, in spogliatoio se invece non lo era. 
Zlatan, invece, si occupava dei discorsi dell’intervallo, perché spesso erano urla e minacce, sebbene a volte fossero complimenti per il buon rendimento del primo tempo. Ma siccome se andavano male e magari erano sotto e dovevano rimontare, o non avevano ancora segnato e serviva spronarli per non dire sgridarli, Zlatan era unico in quello. 
Ben presto Pioli si rese conto che lasciar fare a loro due era la cosa più saggia, poiché essendo giocatori anche loro, sapevano come parlare ai ragazzi per ottenere ciò che volevano, il loro meglio. 
Divenne così una sorta di rito che parve funzionare molto bene e sempre più, col quale piano piano il gruppo iniziò ad ingranare in quella che sarebbe stata una stagione destinata ad essere ricordata per molto tempo. 
Fu così che ben presto tutti si resero conto di quello che aveva già da un po’ notato Theo da solo, ovvero che loro erano una sorta di guida, a modo loro, e nel giro di qualche settimana finirono per chiamarli tutti ‘padri’, ‘i due padri nordici’ o ‘genitore uno e genitore due’.
Il modo di incoraggiare e chiamare alla concentrazione iniziale di Simon era calmo ma sicuro, quasi ipnotico. Non parlava addormentandoli, ma non li incalzava mettendogli troppa pressione addosso. Riusciva a farli scendere in campo tranquilli, focalizzati e sufficientemente grintosi. 
Zlatan invece era più un vulcano terrificante, se le cose andavano male e dovevano essere ripresi per qualche ragione, lui non ci andava leggero, ma spesso e volentieri era proprio quello a scuoterli e a farli uscire dal tunnel in cui finivano perché non ancora una squadra perfetta. 
Tuttavia alla fine, se andavano bene e vincevano o magari rimontavano e recuperavano, si beccavano dei bei complimenti da entrambi ed era una cosa molto piacevole riceverla. 
Al contrario se perdevano, dovevano solo scappare perché nemmeno il papà buono, ovvero Simon, placava quello cattivo. Principalmente perché non voleva ed era d’accordo con lui sul massacrarli per bene per la sconfitta. Se per caso Zlatan non c’era per via di qualche infortunio, che spesso ricorrevano, e doveva dunque pensarci lui, finiva per essere molto peggio. Faceva terrorismo psicologico, lui congelava ed era tagliente e nessuno voleva essere sgridato da Simon, né deluderlo. 
Allo stesso modo era molto bello ricevere i complimenti da lui e te ne faceva, se serviva, se giocavi bene e se avevi fatto magari qualche bel goal o difeso bene.
Ricevere un abbraccio, una pacca da lui, un ‘bravo’, era come toccare il cielo con un dito e tutti finirono per lavorare il doppio per ricevere i suoi complimenti, il massimo che avrebbero mai potuto avere da lui visto che era off limits. C’era chi lo sapeva che lo era e perché e chi invece lo percepiva comunque. 
Quando invece notavano che c’erano dei problemi fra due compagni o magari era uno solo ad averne per svariate ragioni, il compito di andare a parlare e aiutare a risolvere era di Simon e lo faceva un po’ spontaneamente, un po’ perché sapeva che era necessario ma che non poteva lasciarlo fare a Zlatan perché non ispirava la confidenza nemmeno per scherzo. 
Non che Zlatan non ci avesse provato. 
Una volta Rafael aveva avuto qualche problema evidente, inspiegabile per tutti poiché era sempre stato un tipo aperto e spiritoso. 
Quando Zlatan gli aveva chiesto cosa avesse, lui aveva risposto ‘niente niente tutto ok!’
Poi però era andato Simon e con un braccio intorno alla vita gli aveva fatto la stessa domanda. Lì lui aveva aperto le porte del cielo e si era sfogato come non mai in vita sua, tirando fuori questioni totalmente personali che non c’entravano nulla col calcio, ma che si riversavano lì. 
O meglio a modo suo c’entravano in qualche modo. 
La confidenza era volata a ‘sono cotto perso di Theo’ e Simon si era sorbito ore ed ore, a più riprese, di scleri sul tema senza poterlo incoraggiare troppo sapendo che stava con Daniel. 
Aveva dolcemente detto di aspettare la sua occasione e tenere duro, che non era detto non si sarebbe presentata, ma di non forzare la mano perché spesso si otteneva l’effetto opposto. 
Insomma, aveva fatto il padre e Rafa piano piano si era messo a giocare bene e a concentrarsi sul campo sbloccando il suo talento fino a quel momento inespresso, pronto da usare in quella famosa stagione storica quale fu la 2021/22. 
Quella volta Rafa segnò uno splendido goal e corse da Simon ad abbracciarlo e baciarlo con un trasporto spontaneo e coinvolgete che sorprese e fece sorridere Simon. 
Non Zlatan che potendo l’avrebbe tramortito a vita. 
- Eri tu allora! - sbottò alla fine Zlatan uscendo dal campo dopo la vittoria grazie ad un ottimo Rafael. 
Simon, sudato e stanco, lo guardò alzando il sopracciglio scettico. Zlatan si prese la maglietta e se la tolse rimanendo a torso nudo, sudato. 
Simon inghiottì a vuoto e distolse subito lo sguardo realizzando di essere in campo in mezzo agli altri. Troppi ‘altri’ in generale. 
- Che cosa? 
- Quello a cui Rafa puntava! Mi avevi detto Theo per tenermi buono, eh? 
Qua Simon tornò a guardarlo come se fosse pazzo, infilandosi nel tunnel insieme ai compagni non particolarmente vicini a loro in quel momento. 
Dopo il triplice fischio entrambi erano andati da tutti a complimentarsi singolarmente, abbracciando in particolare quelli più meritevoli. Rafa in risposta l’aveva baciato ancora. 
- Si può sapere che stai dicendo? Non ti ho mai nascosto nulla. 
Simon sapeva che Zlatan era geloso e che a stento si frenava solo per non rovinare il rapporto sempre delicato con lui. 
In realtà un po’ gli piaceva che facesse il geloso, ma non glielo avrebbe mai dato a vedere. 
- Allora te l’ha nascosto lui, ma vedi che ha un debole per te. Di quel tipo! 
Simon capì di cosa parlava e scuotendo il capo fece un’espressione impressionata da cosa la sua mente producesse da un paio di coccole innocenti. 
- Si è legato a me dopo gli sfoghi ed i consigli, ma penso che fosse sincero su Theo. Lo vedi che lo adora più degli altri...
- Io vedo che adora te più degli altri... con Theo c’è una bella intesa in campo ed in amicizia... 
Simon scosse il capo alla sua insistenza e decise di non degnarlo di una risposta arrivando negli spogliatoi. 
Rafa tornò ad abbracciarlo appena lo vide, come non fosse più capace di smettere di farlo e per un momento storico pensò che forse dopotutto Zlatan non avesse completamente torto, ma sorrise ricambiando l’abbraccio, l’ennesimo, lanciando al proprio compagno un’occhiata divertita notando la sua gelosia. 
Zlatan era sempre lui, non era capace di nascondere nulla. 
“Probabilmente ha un debole per me dopo che l’ho aiutato, ma dubito miri a me in quel senso.”
Lui non aveva mai acquisito la consapevolezza di sé. Zlatan gli aveva sempre detto che tutti gli morivano dietro e lui aveva sempre pensato che fosse esagerato e continuava a pensarlo. Non sarebbero cambiate le cose, ma doveva ammettere che non aveva mai ricevuto tanti baci da Rafa come in quell’ultimo periodo. 
“Anche se ci prova con me so gestirlo, l’importante è che non rovini l’atmosfera fra Theo e Daniel. Non per Daniel che comunque sta trovando poco spazio e non mi preoccupa a livello di prestazione, più per Theo. So bene quanto ci tiene a lui e non vorrei che finisse per litigare e lasciarsi per colpa di qualcosa che fa Rafa. Theo è emotivo ed impulsivo, farebbe un casino a calcio ed io non voglio. Deve rimanere con Daniel il più possibile e le cose fra loro devono andare alla grande. È una delle chiavi del Milan di quest’anno. La felicità ed il rendimento di Theo.”
Simon aveva le idee chiare su come far funzionare il Milan quella stagione, aveva individuato i vari cardini e come farli esprimere al massimo e da bravo manipolatore quale era, ci stava riuscendo bene. 

A Zlatan toccavano i compiti spicci ed ingrati. 
- Se questo è il calcio che sapete fare, toglietevi subito la maglia ed andatevene immediatamente. Sarà meglio dargli la partita a tavolino piuttosto che fare questa figura di merda! 
Quella volta non ci andò leggero. 
Dopo il primo tempo, il Milan era sotto di due a zero col Verona in casa degli avversari. 
Zlatan li tramortì e non di poco. 
- Bisogna correre e lottare sui palloni, sempre, tutti. Chi non ha voglia di correre e darsi da fare si levi dal cazzo, perché qua io non ho intenzione di fallire e fare schifo. Non sono tornato per questo e se voi siete miei compagni, anche voi dovete volere la stessa cosa. Dovete uscire dal campo con la coscienza a posto e rispondere a queste domande: ho dato tutto o potevo fare di più? Se la risposta è no, non ho dato tutto e potevo fare meglio, non siete degni di questa maglia e di essere miei compagni. Se adesso rispondeste a questa domanda cosa direste? FACCIO CAGARE! ECCO COSA! VOGLIO VEDERE LOTTA SU OGNI PALLONE E SE SI SBAGLIA SI CORRE A RIMEDIARE, COS’è QUEL MOLLARE APPENA SBAGLIAMO UN PASSAGGIO? BISOGNA DARSI DA FARE E RIMEDIARLO SUBITO! MA CHE CAZZO SIAMO A FARE QUA? 
Simon non alleggerì la minestra e Pioli lo lasciò fare, consapevole che a volte le maniere forti erano necessarie e non essendo lui capace di tirarle fuori, appoggiarsi a Ibra era la cosa più sensata. 
In quel caso aiutarono, visto che nel secondo tempo fecero tre goal e vinsero, ottenendo così i preziosi complimenti di Lucifero e di suo marito l’arcangelo Michele. 
Così quella notte Theo li chiamò avendo notato una curiosa similitudine fra i due personaggi di nessuna serie specifica se non la propria testolina bacata. 
Zlatan era terrificante come Lucifero quando si incazzava, Simon sembrava buono e bravo come un arcangelo, ma sapeva essere devastante anche lui a modo suo.
Ringraziarono Dio di non aver avuto a che fare solo con Simon, in quell’occasione a Verona, perché per quanto Zlatan fosse stato terribile, sapevano che il Danese da solo sarebbe stato peggio, per compensare l’assenza del padre cattivo. 


Note finali: La partita col Verona è il 16 Ottobre, mentre nel capitolo successivo ci sarà il compleanno di Zlatan che è il 3 ottobre, perciò si andrà indietro rispetto a quest’episodio, ma ho deciso di lasciare perché non sono momenti specifici ai fini della storia, ma cose che ho inserito solo per rendere l’idea di quel che fanno per la squadra, che è una sorta di sotto-trama all’interno delle loro fic. Di tanto in tanto ne parlo, ma ai fini della storia di per sé non è essenziale leggerlo in ordine preciso. Di conseguenza vedetela come una sorta di parentesi per approfondire i loro caratteri e il loro ruolo nella squadra. Tutta la questione con Rafa è ispirata a cose che accadevano davvero in quel periodo in cui è ambientata la fic, ma per la verità mentre inizialmente pensavo di inserire anche lui nella serie, alla fine non l'ho realmente fatto. Col prossimo capitolo la storia inizia realmente. Baci Akane