20. CASA LORO

kjbra

 “Se io penso di vincere una discussione con Ibra, resto deluso. Bisogna capire chi si ha di fronte, e lui nel suo genere è unico. Ma Zlatan apprezza chi non è d’accordo con la sua opinione e lo dice. Poi, alla fine decide lui e questo non può cambiare“
- Simo su Ibra - Agosto 2022 -

Se glielo avessero detto ad inizio stagione, nessuno ci avrebbe creduto, nemmeno Simon.
Nessuno, tranne uno. 
Per tutto l’anno c’era sempre stato uno che ci aveva davvero creduto, specie quando non c’erano motivi per crederci. 
Zlatan l’aveva sempre detto e non aveva mai mollato un secondo, specie quando Simon era sparito per via dell’infortunio. 
Un po’ i ragazzi, soprattutto ‘i figli’, ci erano rimasti male, ma Zlatan non aveva mai vacillato, non era mai sparito, anche durante i suoi infortuni lui era comunque sempre stato presente, aveva guardato tutte le partite dalla tribuna dei calciatori, aveva fatto i discorsi negli spogliatoi, li aveva tenuti in piedi. 
In certi casi con cattiveria, in altri con una certa filosofia che a tutti aveva ricordato Simon. 
Però in realtà nonostante lui parlasse sempre di vincere lo scudetto, di lotta allo scudetto e non alla zona champions, nessuno ci aveva creduto realmente, però si erano ritrovati a seguirlo trasportati dalla sua mentalità forte. 
Se non altro, ci avevano dato dentro seriamente per non deluderlo, proprio perché avevano visto quanto ci aveva creduto da sempre. Come minimo, pur non vincendo alla fine, ci avrebbero dovuto provare come matti. 
Solo verso le ultime partite l’avevano capito e a quel punto si erano esaltati. 
Ce l’avrebbero potuta fare realmente.
Fino all’ultima partita di campionato non era stato certo, ma alla fine le cose erano andate bene. I pianeti si erano allineati e con addirittura Simon in tribuna a guardarli e tifare per loro, avevano vinto lo scudetto. 
Alla fine ce l’avevano fatta. 
A quel punto, quel che tutti provarono fu totalmente diverso da ogni altra cosa vissuta fino a quel momento. 
Nessuno l’avrebbe dimenticato, quel giorno. 
Un giorno semplicemente perfetto, dove c’erano stati proprio tutti, dove tutti avevano festeggiato in quella che sarebbe stata per loro la notte più lunga mai vissuta. 
La più bella. 
La più felice. 

Simon si ritrovò con le braccia al collo di Theo che lo strinse colmo di gioia, come un bimbo al negozio di dolciumi più buono del mondo. 
- Sapevo che se tu tornavi noi ce l’avremmo fatta davvero! - gli gridò all’orecchio in mezzo ai svariati festeggiamenti iniziati in campo, proseguiti negli spogliatoi e poi su nel pullman diretti verso Milano per il proseguimento in piazza, come da consuetudine. 
Simon ridendo ricambiò l’abbraccio. 
- Non dirlo ad alta voce che se ti sente Genitore Uno ti taglia i capelli a zero! 
- Uooohhh a proposito di capelli, qualcuno ha perso la scommessa! - saltò improvvisamente su a quel punto, staccandosi e continuando con un urlo da premio oscar: - BRAHIM DIAZ, VIENI QUA CHE TI DEVO TINGERE I CAPELLI DI ROSSO E NERO! L’HAI PROMESSO! 
Simon non chiese in cosa consisteva la scommessa, probabilmente Theo aveva scommesso sulla vittoria dello scudetto mentre Brahim sulla sconfitta. 
Il difensore, non ancora del tutto ristabilito ma ormai vicino al ritorno in campo seppure inutilmente visto la fine della stagione, scosse la testa ridacchiando con le mani ai fianchi. Lo guardò saltare letteralmente su quello che per lui era un fratello fino a farlo cadere vista la differenza di stazza. 
In loro soccorso arrivarono subito Daniel e Sandro, preoccupati per il poverino rimasto schiacciato in una mossa di wrestling nel corridoio che dagli spogliatoi portava al pullman. 
- Alla fine ci credeva, invece... - si disse fra sé e sé divertito e per nulla intenzionato a mettersi in mezzo. 
- Avevi dubbi? - disse il vocione di Zlatan alle sue spalle. 
Simon saltò per la sorpresa nel non averlo sentito, ma tornò a guardare divertito la scena dei loro ‘figli’ che giocavano come bambini. 
- Da Theo no, anche se mi aveva appena detto che... - poi si morse la lingua ricordandosi di non doverlo dire a Zlatan per non farlo irritare. 
Questi capendo subito che gli stava omettendo qualcosa che non gli sarebbe piaciuto, lo agganciò col braccio intorno al collo, da dietro, e avvicinando la bocca al suo orecchio sussurrò per non farsi sentire da nessun altro: - Dimmi subito che ha detto o stasera non festeggiamo alla nostra maniera... 
A quella minaccia che Simon sapeva sarebbe potuta essere seria, si affrettò a riferirglielo senza nemmeno pensarci su troppo, visti i brividi che corsero subito lungo la schiena solo sentendo la sua voce così bassa e penetrante dritta sull’orecchio.
- Ha detto che sapeva che se io fossi tornato, loro ce l’avrebbero fatta. Non era una cosa sensata anche perché hanno vinto un sacco di partite di fila ben da prima che io tornassi a guardare le partite dal campo e... 
Stava per concludere ‘e poi ha fatto questa scommessa con Brahim’, ma Zlatan non gli diede il tempo di aggiungerlo, perché lasciandolo andò nel groviglio umano che bloccava il corridoio e infilando una mano a caso, afferrò precisamente quello che gli interessava. 
Il braccio di Theo venne prelevato stile gru che pesca il gioco nel box. Lo tirò e lo fece sciogliere dai ragazzi alzandolo in piedi, gli prese poi i capelli sulla sommità del capo e senza fargli davvero male, gli girò la testa verso di sé. Avvicinò il viso al suo e minaccioso, brontolò: - Cos’è che hai detto tu? 
Theo sgranò gli occhi in un misto fra il terrorizzato e l’incosciente divertimento. 
- Ne ho dette tante, sii specifico... 
- Zlatan... - tentò Simon avvicinandosi mentre aiutava Brahim ad alzarsi, rimasto ancora a terra dolorante. 
- Ah, sì! - fece allora Theo capendo a cosa si riferiva. - Che solo quando ho rivisto lui ho capito che avremmo vinto davvero lo scudetto... beh, ma io ci credevo, ho scommesso contro di lui ed ho vinto... 
Ma a quel punto Zlatan gli diede uno scappellotto sulla nuca che gli fece finire il cervelletto nell’osso frontale. 
- Tu dovevi crederci e basta, non perché era tornato Genitore Due, ma perché te lo dicevo io! Io ho sempre... - ma non riuscì a finire perché gli altri figli, tutti in coro, ai quali intanto si erano uniti anche Samu, Alexis e Rafa, strillarono:
- RAGIONE! 
Zlatan si fermò sorpreso e preso in contropiede, non aspettandosi quel bel coretto li guardò perplesso, poi finalmente calmo e non in procinto di uccidere, annuì di nuovo soddisfatto. 
- Bravi figli! 
Poi si girò per andarsene ma si imbatté in Olivier che quella sera aveva semplicemente brillato con una doppietta. 
- E bravo cugino! 
Con questo gli diede uno schiaffo al suo glorioso culo che gli lasciò le cinque dita sopra. 
Quello fu più di mille complimenti. Non lo schiaffo, ma la promozione a cugino. 
Riconosceva che non poteva essere suo figlio. 
Affiancato da Simon, insieme ripresero il complicato percorso fino al pullman che aspettava pazientemente tutta la marmaglia per andare fino a Milano. 
- Così li uccidi ed il prossimo anno non faranno più niente! Smettila di distribuire ceffoni a destra e sinistra! - lo rimproverò infatti con un sorrisino divertito il suo compagno. 
In risposta vedendo che a pochi metri da loro c’erano gli inseparabili, ovvero Ante e Rade, Zlatan con un ghigno sadico accelerò il passo e mettendosi in mezzo a loro li salutò con uno scappellotto sulla nuca a testa. Anche il loro cervelletto subì lo stesso trattamento di quello di Theo e Simon finì per ridere e scuotere la testa insieme.
Era contento di essere tornato, se ne sarebbe pentito di perderselo. 
- Allora? Rimarrai così? È il tuo nuovo look da qui in poi? 
Olivier aveva preferito staccarsi dalla massa selvaggia che dopo Zlatan aveva ripreso a spintonarsi fra cori e casini vari. 
Si stava giustamente prendendo una pausa per poter resistere tutta la notte. 
Simon gli sorrise e gli mise la mano sulla schiena così come avrebbe magari potuto fare Zlatan per ringraziarlo o fargli i complimenti invece di picchiarlo selvaggiamente. 
Olivier si deliziò dei suoi modi e pensò che era davvero mancato un sacco. 
- Ti riferisci alla barba da Gandalf? - chiese Simon massaggiandosi la barba ancora lunga e incolta. 
Olivier poi gli prese il cappellino con la visiera che aveva sopra, il cui unico compito era nascondere il cespuglio meno osceno di com’era prima del trattamento del magico Zlatan. 
- Anche, ma intendo tutto... - con questo risero e Simon si risistemò il cappellino di nuovo in testa, salendo sul pullman e staccandosi dal caos che si ammassò sul fondo. 
Si sedettero a tre quarti lasciando agli altri il compito di mettere musica con la cassa Bluetooth gigante che Theo e Brahim si stavano trasportando come fosse il trofeo del campionato. 
- In realtà pensavo solo di sistemare un po’ senza tagliare corto. Volevo un po’ cambiare qualcosa... 
Olivier rise: - Così era un po’ troppo drastico, però... 
Si riferiva al fatto che sembrava un barbone scappato dalla galera ed i due continuarono a ridere insieme fino a che colsero quella sorta di isolamento grazie alla ciurma che catalizzava l’attenzione di tutti, per fare qualche discorso un po’ più serio. 
- Ho bisogno di cambiare, sai... ci sono quei momenti nella vita di ognuno dove senti il bisogno di un taglio drastico con ciò che hai sempre fatto e che sei sempre stato. Però prima ti serve di capire cosa e come... 
Olivier che aveva capito da prima di lui che avrebbe passato un periodo simile cominciato proprio dall’infortunio, commentò pacato: - Ne sei venuto a capo? 
Era ovvio che lo fosse, dal semplice fatto che era tornato fra loro. 
- Sì. Grazie per il regalo, è stato molto utile. 
Olivier gli sorrise gentile e gli fece un cenno di risposta. 
- Lo immaginavo. Ci sono passato anche io. 
Non gli chiese cosa gli fosse capitato né Simon glielo disse, ma quando Olivier vide arrivare Zlatan capì che avrebbe reclamato il trono e glielo lasciò divertito. 

Zlatan si sedette al posto di Olivier nei sedili scelti da Simon per stare con la squadra, ma un po’ più in disparte rispetto a loro. 
Gli porse uno dei due sigari e lui lo guardò con il sopracciglio alzato, perplesso. 
- Ti metti a fumare, ora? 
- Sono sigari di qualità! Sono un regalo di Paolo, li ha distribuiti solo a qualcuno insieme ad altre utilità per la festa. 
Simon ridacchiò sorpreso del fatto che uno apparentemente serio e composto come Paolo permettesse una cosa simile. 
- È pieno di sorprese, eh? 
- Non lo immagini! 
I due rimasero un po’ in silenzio mentre Zlatan fingeva di fumare il sigaro che non poteva ancora accendere all’interno del mezzo, ma che avrebbe provveduto a fare una volta fuori. 
La festa prevedeva il giro sul tetto del pullman per la città con tappa in piazza per poi finire a Casa Milan, dove si sarebbero cambiati e dati una sistemata per il proseguimento della festa dove avrebbe avuto il suo culmine con tanti discorsi, musica, fuochi d’artificio, tifosi e quant’altro. 
- Sei pronto per la notte più lunga della tua vita? - disse poi Zlatan divertito, appoggiando la testa all’indietro e rivolgendola verso il suo compagno. Simon parve capire il motivo per cui glielo chiedeva. 
- Non vedo l’ora! 
Per un momento ad entrambi parve un dialogo in codice e pensandolo contemporaneamente si fecero un po’ più seri. Nei loro occhi liberarono delle espressioni un po’ pensierose. 
- Che farai del tuo look? 
Lo sapeva, ma voleva solo capire una cosa che Simon sapeva, infatti gli rispose con un sorrisino particolare dei suoi. 
- Mi sistemerò e basta, ma rimarrò lungo. Pensavo di accorciare la barba un po’, dargli forma... e poi i capelli li farò crescere, mi piace poterli legare qua sopra come fai tu... 
- Che dobbiamo fare, i gemelli del destino, ora? 
- Non vuoi che ti rubo lo stile? 
- Il mio stile è inimitabile! 
- Oh, allora vedremo chi starà meglio coi capelli lunghi e legati in quel modo! 
“Ovviamente tu!” pensò, ma non glielo disse. Scoppiò invece a ridere allentando la tensione che per un momento assurdo era tornata. Sapeva com’era andata la questione ‘crisi esistenziale’, ma non aveva poi più saputo le sue conclusioni e vederlo ancora nella versione barbona gli aveva fatto venire un colpo perché aveva assurdamente pensato che ci avesse ripensato e non avesse ancora deciso nulla. 
Si era aspettato di vederlo con il nuovo look rifinito e ripulito, che poi era proprio quello che gli aveva descritto in quel momento. 
Ad ogni modo era andato bene tutto pur di non vederlo tutto corto poiché a quel punto sarebbe stato un brutto segno. 
Dopo una risata liberatoria, sospirò sentendosi meglio, capendo che con lui non sarebbe mai stato veramente rilassato e quindi annoiato.
“Non credo che con lui mi verrà più il mal di pancia!” disse fra sé e sé divertito, ricordandosi come venivano definiti i suoi momenti di fuga dalle varie squadre (o persone!). 
- Quindi? - fece a quel punto, avvicinandosi col gomito al suo, nel poggia-braccia in mezzo ai sedili. Si protese verso il compagno e lo guardò serio e determinato per sapere una volta per tutte il resto. 
- Quindi cosa? 
- Le tue conclusioni? 
Simon lo guardò senza né allontanarsi né avvicinarsi. Rimase appoggiato con la schiena, dritto e tranquillo. Gli sorrise brevemente e poi distolse lo sguardo puntandolo dritto avanti a sé, come guardasse il suo orizzonte. Una sorta di lettura del futuro, quasi. 
- Vedrò. Finché resisto con Elina così come ho fatto finora andrà bene. Finché ho con te tutto ciò che mi serve per essere felice, non cambierò nulla. 
A Zlatan venne quel famoso colpo a quel punto, fu come un pugno allo stomaco, ma in senso buono.
Solo sentendoglielo dire si rese conto di quanto ancora teso per quella storia fosse. Perché era sempre sulle spine, con lui, ma sapere infine che in una qualche maniera aveva scelto lui, gli diede un autentico sollievo che per un momento gli fece bruciare gli occhi. 
Si rigirò ancora il sigaro spento fra le dita, fissandolo mentre rimaneva seduto tutto storto verso di lui, verso il suo braccio e la sua spalla. 
Attese che gli occhi smettessero di bruciargli, ma ci pensò Simon a farlo tornare in sé.
- Se mai dovesse finire fra noi sicuramente a quel punto avrò bisogno di qualcosa che mi faccia stare di nuovo bene e cercherò per tutta la vita quel che avevo con te, perciò sicuramente arriverò a lasciare Elina, ma cercherò di farlo nel miglior modo possibile per i bambini. Ma fino a quel momento... - stava per dire ‘non serve che mi preoccupo’, ma Zlatan guardandolo truce e minaccioso, gli sibilò inquietante a due centimetri dal suo viso, quasi baciandolo. 
- Non si verificherà mai quel momento! - Simon si voltò e saltando si fece indietro, spaventato dall’avvicinamento minaccioso. 
- Non possiamo saperlo, se dovesse... 
Zlatan però sollevò il dito e glielo puntò in faccia, ancor più arrabbiato ed innervosito. Ci aveva messo così poco a fargli girare le palle, ma che dono speciale! 
- No, io lo so! Io so tutto ed ho sempre ragione! Bisogna pensare in positivo, non in possibilità! Altrimenti non ci concentriamo sulle sole cose che contano, ma disperdiamo le nostre energie! Non andrà mai male, ti renderò sempre felice e non avrai mai bisogno di niente! Piantala con questi discorsi del cazzo che mi fanno innervosire! Sembra che tu abbia già pianificato la nostra separazione, cazzo! 
Sarebbe andato avanti come un toro impazzito fino alla fine dei suoi giorni, se Simon, sorridendo felice e cristallino, non gli avesse rubato un bacio all’angolo della bocca. Il massimo che si concesse ed in realtà molto più di quanto avrebbe mai immaginato di ricevere Zlatan che, strabiliato e senza parole dal gesto assolutamente non da lui, smise di sparare proiettili dalla bocca e si rilassò sospirando. 
- Bene, solo... piantala! 
Concluse imbronciato ed imbarazzato. 
Simon sorrise ed annuì. 
- Sì, capo! 
Con questo anche Zlatan tornò a sorridere, infine richiamato dai cori in fondo, gli strinse il ginocchio, gli fece l’occhiolino e poi andò dal suo popolo, la sua famiglia, i suoi figli e la sua casa. 
Quella che sarebbe stata casa sua sperava ormai per sempre. 
Quella che ci aveva messo davvero tanto a trovare, ma che alla fine era arrivata ed era riuscito ad afferrare. 
Casa sua. 


Fortunatamente per tutti, dopo una lunga, lunghissima notte di girare ovunque, festeggiare, fare cori e quant’altro, fecero tappa a Casa Milan. 
Fortunatamente non perché quella rappresentava la fine della festa, cosa del tutto falsa visto che invece rappresentava praticamente il vero inizio. 
Fortunatamente perché avevano un bisogno pressoché infinito di fare pipì visto tutto l’alcool bevuto. 
Dopo i vari pit-stop, essersi rinfrescati, cambiati e rifocillati brevemente, vennero tutti richiamati fuori per ricominciare da capo davanti ai tifosi in quello che era un piccolo palco improvvisato davanti alla sede principale del Milan. 
La folla era una sorta di fiume umano rossonero. 
C’erano fumogeni, fuochi d’artificio, casse e musica.
C’erano i microfoni, voci che presentavano, cori che urlavano e quella canzone. 
Quella che fece da sfondo al festeggiamento speciale di Zlatan e Simon. 
Quello che finalmente erano riusciti a prendersi nel mezzo di quell’ultima tappa. 
Freed from desire di Gala era stata ripresa quell’anno dai tifosi milanisti, i quali in memoria dei vecchi tempi avevano iniziato ad usare il motivetto estrapolato dal ritornello di quella vecchia canzone anni novanta. Era tutto l’anno che a turno la cantavano per i giocatori, sostituendo un nome all’altro mentre rimaneva invariata la parte ‘on fire’. 
Così dopo la sfilata di ‘Pioli is on fire’ finita poi per ‘ognuno-is on fire’, venne finalmente messa quella canzone, l’originale, che esplose dalle casse poste in quel piccolo palco davanti a Casa Milan.
Fu quella, quindi, a fare da sottofondo al premio che i due Genitori, sia l’Uno che il Due, si presero nel mezzo della festa ma per fortuna di nascosto. 
Da qualche finestra aperta arrivava loro la canzone, mentre chiusi dentro uno dei bagni ci davano dentro usando quello stesso ritmo. 
Le mani di Zlatan lo tenevano per i fianchi, mentre quelle di Simon appoggiavano alla parete davanti, la schiena inarcata che finiva proteso verso il compagno dietro che entrava ed usciva ripetutamente. 
I pantaloni leggermente abbassati di entrambi, gli occhi chiusi abbandonati a quel piacere crescente, fisico ma anche mentale. 
I brividi esplosero insieme al loro godimento, un giusto premio non solo per il campionato e per il lavoro che avevano fatto in quell’anno e mezzo che erano lì in squadra, ma soprattutto per il periodo che avevano superato a livello personale. 
Ognuno coi propri fantasmi, ma alla fine ce l’avevano fatta. Alla fine erano lì, insieme, e non erano mai stati così felici. 
L’orgasmo esplose in entrambi a completamento di una fine che sapeva di inizio.
Un nuovo inizio. 
Un inizio lì in quella che per entrambi ormai era diventata casa loro. 
Ora che erano finalmente entrambi liberi, liberi come non erano mai stati.
Liberi di essere loro stessi, di provare sentimenti ma soprattutto di amare. 
Liberi. 

FINE


Note finali: la fic finisce qua, ma non la serie che proseguirà con ancora due fic a capitoli rimanenti, la prossima si concentra su Theo e Daniel e... Sandro e Brahim! La fic inizierò a pubblicarla fra 4/5 giorni. Per sapere quando, seguite la mia pagina su FB. La citazione ad inizio capitolo mi ha fatto sorridere, rispecchia alla perfezione il loro rapporto, Simon non prende di petto Ibra perché tanto non la spunta, Simon manipola. Era veramente presente alla partita decisiva per la vittoria dello scudetto in quel suo stle da eremita barbone ed ha partecipato felice ed attivo. Il post che ha fatto su IG su lui ed Ibra insieme col trofeo e la scritta 'Svezia e Danimarca a volte vanno d'accordo' è adorabilissima! Io so che stanno benissimo insieme! Grazie per avermi seguito, alla prossima fic. Baci Akane