8. QUEL DANNATO TI AMO

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La posizione che aveva trovato era certamente comoda, ma non si trattava solo di quella quanto anche del lavoro di lingua che gli stava egregiamente facendo il suo ‘sedile’. 
Simon si inarcò gettando la testa all’indietro, liberando un sospiro di piacere mentre con la mano si masturbava e contemporaneamente si muoveva in un moto ondulatorio sul volto di Zlatan, su cui era seduto a cavalcioni e rivolto verso il suo corpo steso sotto di sé. 
Pensando volesse fare il caro buon 69, Zlatan si era fatto mettere sotto in senso letterale e figurato, poi però era rimasto stupito di vedere che si era seduto sopra di lui, sempre al contrario, ma che era rimasto dritto e cercando la sua bocca, si era sistemato per bene in modo da farsi leccare lì nel suo ingresso. 
Simon sapeva perfettamente quali erano le speranze del suo uomo, ma dopo lo scherzo che gli aveva tirato quella sera, e non parlava del tuffo in piscina, non poteva accontentarlo facilmente. 
“Col cazzo che mi faccio legare. Dovrà conquistarsi quel diritto. Adesso impara a non tirare più la corda con me!”
I suoi pensieri erano ancora sorprendentemente coerenti, ma faticavano a rimanere tali mentre Zlatan muoveva la lingua nella sua fessura e dentro di lui seguendo alla perfezione le onde del suo corpo. Si muoveva avanti ed indietro facendo perno sulle ginocchia ai lati della sua testa e ormai grazie anche all’azione combinata della propria mano, era sempre più difficile rimanere concentrati. 
Il piacere ed i brividi salirono sempre più e quando si rese conto di non essere più in grado di ricacciarli indietro e gestirli, si chiese per un momento se potesse davvero venirgli addosso così facendo finire tutto in fretta. 
Fece un sorrisino divertito e sadico, poi però il sentimento che nutriva per quell’idiota sotto di sé prese il sopravvento.
Dopotutto faceva 40 anni e coincidenza, provava qualcosa per lui.
Qualcosa che non voleva definire, ma sicuramente sentimenti erano. 
Simon si morse il labbro e si decise a farlo felice chinandosi sul suo torace, si appoggiò con le mani strisciando in avanti fino ad allungarsi come un gatto bianco sinuoso, raggiunse il suo inguine e leccandolo sapientemente, raggiunse la sua erezione già bella dura. 
La prese presto in bocca ed iniziò a succhiare. A quel punto Zlatan con un sospiro di sollievo misto a piacere ed un evidente senso di soddisfazione, si abbandonò al proprio turno di godimento. 
Simon sollevò le natiche dal suo viso per arrivare meglio al suo centro e non farsi distrarre dalla sua lingua, così si dedicò interamente a lui. 
Non si sarebbe fatto legare, non che ne avesse avuto l’intenzione, ma naturalmente con un po’ di ‘spinta’ nel modo giusto, Zlatan prima del gioco della bottiglia avrebbe potuto ottenere qualcosa. 
“Non sarà stasera.”
Che non significava ‘non sarà mai’.

Non avevano parlato nemmeno un istante, appena entrati in camera Simon aveva preso la situazione in mano e trasformandosi nel suo padrone, l’aveva spogliato prepotentemente. 
Il fatto di vederlo in quelle vesti, però, non l’aveva deluso per niente ed aveva facilmente superato la ‘delusione’ del mancato bendaggio di polsi al letto. 
Insomma, anche se Simon non si faceva legare ma lo comandava un po’, non era mica la fine del mondo. 
Una volta entrambi nudi, l’aveva gettato sul letto con modi secchi e freddi dimostrandosi ancora infastidito per quello che era successo prima.
Simon geloso era il suo vero regalo e non avrebbe mai immaginato di vederlo, non in modo così plateale e spettacolare. 
L’altra volta, quando si era fatto Brahim per provocarlo, aveva sì reagito male, ma si erano lasciati. Adesso era decisamente meglio.
“Adoro il suo lato vendicativo!”
Quando gli si era messo al contrario e seduto in viso aveva pensato al 69, ma poi non gli aveva fatto la grazia di ricambiare il lavoro che richiedeva, anzi, ordinava cosa e come leccare. 
L’aveva accontentato diligentemente, eccitato da come lo dominava senza nemmeno dire mezza parola. Non avrebbe mai immaginato di sentirsi in quel modo all’idea di farsi sovrastare in quel modo. 
Adesso era il suo turno di divertirsi. Non che prima non si fosse divertito.
Era stato incredibilmente e sorprendentemente bello e sperava quasi di essere lui, quello legato. 
Suo malgrado appena Simon gli prese l’erezione in bocca, la mente di Zlatan si spense del tutto e da lì in poi ci fu solo un piacere crescente che prese il posto di ogni connessione neurale. 
Dopo essersi fatto desiderare ed averlo istigato in quel modo, eccitandolo mentalmente in una maniera pazzesca, farselo succhiare era estasi pura, ma Simon da bravo bastardo dominatore non si fece prendere dall’entusiasmo e sentendolo vicino all’orgasmo, si interruppe scendendo dal suo corpo.
Zlatan lo guardò contrariato pensando che ora l’avrebbe ucciso, ma quando lo vide mettersi a carponi accanto a lui, infilarsi il medio in bocca e poi passarsi la mano fra le gambe aperte ed infine diretto nello steso buco che poco prima aveva stimolato e leccato, la seccatura venne presto spazzata via. 
- Che c’è, sei già stanco? Forse i 40 anni si fanno già sentire? - disse Simon provocante. 
La scintilla era già scattata col suo dito dentro, ma sentirlo provocare così fu anche meglio e più acceso che mai, Zlatan si issò sulle ginocchia e leccandosi la mano se la strofinò sull’erezione dura, se la prese bene in mano, la massaggiò brevemente e accostandosi dietro di lui, gli tolse il dito con un gesto secco, gli prese il fianco con una mano e con l’altra si indirizzò in lui.
Una spinta sola secca e possente e gli era dentro a metà. Era già ampiamente pronto e desideroso, lo capì da come lo accolse già bello aperto senza porre la minima resistenza. 
A quel punto lo prese con entrambe le mani per i fianchi, uscì fino alla punta e rientrò, con la seconda spinta era tutto dentro. Fece scivolare della saliva proprio all’ingresso dei glutei di Simon, dopo di che iniziò a spingere sempre più forte e veloce, penetrandolo e possedendolo con prepotenza e liberazione. 
Quella liberazione che lo fece godere da matti. 
Forse perché quella sera l’aveva desiderato in modo particolare, dopo tutte quelle piccole provocazioni e vendette vicendevoli. 
Simon in quelle vesti era stato a dir poco eccitante, ripensando a come aveva infilato la lingua in bocca a chiunque e a che bei spettacoli gli aveva regalato, iniziò a colpirlo con più foga ed enfasi, perdendo subito il controllo e partendo per la via del piacere che lo sorprese nel sentire Simon venire prima di lui.
Zlatan in quello non rallentò, ma sorrise sornione e divertito in quella piccola vittoria. 
Aveva cercato di nasconderlo, ma anche Simon si era eccitato molto, quella sera... 
- Non vedevi l’ora di venire, eh... - sussurrò rauco fra una spinta e l’altra, mentre i brividi si espandevano in ogni centimetro dei loro corpi. 
Simon non rispose, ma si girò verso di lui, torcendo il capo oltre la propria spalla. Zlatan guardò la sua occhiata maliziosa e poi la sua schiena tatuata e aumentò la velocità delle spinte fino a che venne anche lui. 
Inarcato all’indietro, la testa abbandonata, i capelli sciolti sulla schiena, il corpo pulsante e sudato come quello di Simon e tutto il resto che andava al proprio posto. 
Ogni cosa. 
Soprattutto loro. 
“Anzi, manca ancora una cosa...”
Pensandolo, uscì e se lo tirò su tenendolo davanti a sé, lo fece appoggiare al proprio torace, lo avvolse protettivo con le braccia e con le mani gli girò il capo verso di sé. Simon, finalmente mite, si lasciò fare e a quel punto ebbe le sue labbra addosso. Ne prese possesso e subito lo violò con la lingua, intrecciandosi alla sua. 
Percepì il suo sorrisino ironico e ne fece uno a sua volta staccandosi di un soffio per rispondere a quello che non aveva avuto bisogno di dire. 
- Finalmente la tua bocca sta al suo posto... 
Simon rise e gli si illuminò il viso diventando ancor più bello. 
Vedendolo, in quel preciso momento, fra le sue braccia dopo un orgasmo così sentito e partecipe, Zlatan non lo trattenne. 
Non l’aveva programmato e non avrebbe mai voluto dirglielo, ma la sua voce uscì da sola dalla gola. 
- Ti amo, Simon... 
Non gli diede tempo di rispondere o capire, tornò a possedere la sua bocca e baciarlo e quando lo sentì rallentare nel movimento, capì d’averlo detto ad alta voce e non solo. Capì che Simon aveva realizzato. 
“Adesso scappa a gambe levate ed inizia un’altra partita dove comunque alla fine vincerò io lo stesso...”
Ma con sua grande sorpresa Simon non si ritirò, tornò ad assecondare il suo bacio e posò le mani sulle sue. 
Non scappò, ma non disse nulla.
Non rispose mai e questo, per Zlatan, fu il suo regalo migliore. 
Perché invece di scappare si stese con lui facendosi coprire dalle lenzuola e cullare dal buio e dalle sue braccia che lo cingevano su di sé. 
Non scappò, rimase con lui tutta la notte, a dormirgli addosso. Non parlò, ma non scappò. 

La verità era che Simon era andato nel panico più totale, appena l’aveva sentito.
Lo sapeva che glielo avrebbe detto, oltretutto sapeva anche che era vero. L’aveva capito da un po’, Zlatan non era mai stato bravo a mascherare quel che provava, l’aveva sempre capito al primo istante e l’aveva anche invidiato molto per questa sua caratteristica. 
A modo suo era aperto ed aveva anche vissuto sé stesso prima e più facilmente di lui. Forse non facilmente, ma prima sì. 
Oltretutto non aveva paura di amare. 
Paura di amare. 
Mentre lo cullavano i battiti del suo cuore su cui il suo orecchio appoggiava, Simon si rese conto di quanto ovvio e facile fosse quella volta il problema. 
Paura di amare. 
“Non è tanto se lo amo o meno. Ho sempre pensato di non saper amare ed ho sempre vissuto la mia vita così, pensando di non esserne capace. Amo i miei figli, ma è possibile non amare i propri figli? Però non ho ma amato nessuna donna, provavo affetto, ma amore... no, ho sempre saputo di non provarlo e credevo semplicemente di non esserne capace. Ma ora che sono con lui da più di un anno capisco che non è quello il mio problema. So amare, eccome se so amare... il fatto è che ne ho il terrore. Forse proprio perché non l’ho mai fatto ed è la prima volta e non è né per una persona normale né in una situazione normale. Ed ora che devo fare?”
Simon si addormentò senza trovare risposta, mentre nel suo animo in subbuglio fremeva per saperlo prima del loro risveglio, quando gli avrebbe dato il suo regalo che non gli aveva ancora dato perché c’era sempre stato qualcosa di più importante da fare. Come mettere Zlatan al suo posto. 
Fra le sue natiche. 
Ma sapeva che non sarebbe stato così facile ed aveva paura che gli sarebbe scappato prima di essere pronto davvero a dirglielo.
Perché lui non parlava mai a vanvera, non diceva mai le cose tanto per dirle. Se le diceva sapeva perfettamente cosa significava. 
In quel caso, poi, non c’era di mezzo qualcosa di poco conto. 
Si trattava di rispondere a Zlatan che l’amava anche lui, ma se non sapeva cosa significava dirglielo, cosa avrebbe comportato quella risposta, che cambiamenti avrebbe applicato nella propria vita, no, non glielo avrebbe ancora detto.
Doveva capire bene cosa significava amarlo, prima di dirglielo.
Perché lui era così. 

Zlatan era sicuro di essere ricambiato, com’era stato sicuro a Maggio che Simon provava qualcosa per lui ed aveva tanto fatto fino a farglielo ammettere. 
Perché anche se Simon nascondeva bene tutto ben dentro di sé, alla fine lui percepiva le cose importanti. Nel momento giusto, il suo istinto lo guidava sempre e non sbagliava mai. Non aveva mai sbagliato. 
Allo stesso modo era sicuro, era graniticamente certo che Simon ricambiasse il suo amore, solo che come l’altra volta, anche quella sarebbe stato difficile farglielo ammettere. 
Era testardo, ma non si trattava solo di quello.
Simon era complicato, la persona più complicata che avesse mai conosciuto e più se ne rendeva conto, più perdeva la testa per lui e non poteva permettere di farselo scappare. 
Avrebbe fatto di tutto per tenerlo a sé. 
Non perché lo possedeva, bensì perché lo amava e quando amava qualcuno in quel modo, non aveva dubbi. 
Non lo lasciava andare. 
Non avrebbe fatto lo stesso errore fatto con Alex. 
Non avrebbe rovinato tutto lasciando fare a lui per paura di rovinare tutto. 


Zlatan si svegliò per primo e si rese conto che dormendo, si erano girati entrambi, ma lui era finito per mettergli un braccio intorno alla vita come per essere sicuro che non se ne andasse mentre dormiva.
Come prima cosa vide il suo viso addormentato, la barba di qualche giorno ma ordinata sul viso. I capelli invece scompigliati che gli ricadevano sulla fronte. Si erano asciugati male dalla sera precedente, quando l’aveva gettato in piscina. 
Gli sorrise lieve, contento che fosse ancora lì.
Si mosse adagio sollevando il braccio sul suo corpo e gli carezzò il capo sistemandogli le ciocche bionde e lisce scompigliate. 
Lo amava, non aveva dubbi. 
Forse non era stato il modo ed il momento migliore di dirglielo. Aveva glissato e conoscendolo avrebbe fatto finta di nulla fino a che lui non glielo avrebbe ripetuto non sulla foga dell’orgasmo. 
A quel punto lui si sarebbe ritirato o avrebbe detto qualcosa che li avrebbe fatti litigare, ma non avrebbe mollato. 
Non si sarebbero ripetute le solite storie. Quella volta sarebbe stata diversa, erano cresciuti e maturati ed il loro legame ora era più forte. 
Zlatan si avvicinò col corpo intrecciando i piedi ai suoi, poi gli baciò la fronte per svegliarlo.
Quando i suoi occhi azzurri si aprirono, ebbe solo più certezze. 
“Questo è proprio amore, caro mio. Fottutissimo e maledettissimo amore.”
- Buongiorno. - mormorò roco Zlatan rimanendogli vicino a pochi centimetri, sempre steso sul fianco davanti a lui. 
Simon sorrise e con voce ancora impastata di sonno e bassa, sussurrò: - Buon compleanno. 
Zlatan rise. 
- Siamo il 4, ormai... 
Simon accentuò il suo sorriso assonnato e strisciò in avanti rifugiandosi contro il suo collo ed il suo petto. Quel gesto inaspettato stupì Zlatan che si sistemò meglio per accoglierlo, si girò supino permettendogli di issarsi sul petto, lo cinse con il braccio e sorrise dolcemente baciandogli la testa fra i capelli arruffati. 
- Ieri ero preso dal metterti al tuo posto... 
- Per questo non mi hai dato il regalo? - lo disse apposta per rilassarlo. Simon infatti rise. 
- Stai per caso chiedendo il tuo regalo da solo? 
Zlatan si unì a lui sentendosi allegro e meglio in quella reazione che sembrava del tutto normale. 
“Sì, lo sarebbe, se non fosse che gli ho detto che lo amavo e che non mi ha risposto...”
- Visto che non ti sei fatto legare, suppongo tu abbia un altro regalo valido per me... 
Era più facile affrontare le situazioni potenzialmente difficili se faceva così. 
Lo scemo patentato. 
Lo faceva quando era rilassato e a suo agio, quando poteva essere sé stesso. Con la sua famiglia, coi suoi amici, i suoi compagni se si trovava bene con loro. Ed il suo ragazzo. 
Simon attorcigliò le gambe alle sue issandosi sul gomito a lato del suo torace, così poté guardarlo in viso. Sembrava più sveglio ed in sé, ma era ancora ben chiuso ed illeggibile. 
“Con me non serve che fai così. Quando smetterai di cercare di nascondere quel che provi? Liberati. Liberati in ogni istante che sei con me, qualunque cosa tu provi, pensi o voglia. Liberati sempre. Non voglio che ti trattieni. Perché ci provi ancora?”
- A cosa pensi? - chiese invece. Simon piegò le labbra ed alzò le spalle, poi scosse il capo e si lasciò andare sulla schiena, a lato, proprio dove era prima. Allungò un braccio sul comodino e aprì il cassetto, Zlatan guardandolo inarcò un sopracciglio. 
- Quando diavolo l’hai nascosto lì? Questa è la mia camera... 
Simon rise e come sempre gli venne quello stupidissimo tuffo al cuore adolescenziale. 
“Maledetto bastardo, tutta colpa di quel sorriso...” 
- Ieri è stata una lunga serata... - disse solo vago. In effetti poteva averlo messo in un qualunque momento mentre era coi suoi ospiti adulti. 
- Avevi già bene in mente dove avremmo finito la notte, eh? - era una frase retorica, era ovvio che sarebbero finiti a letto insieme. 
- Non avevo nemmeno un dubbio... - rispose tornando ad arrampicarsi su di lui con un pacchetto in mano. Prima di darglielo tornò a guardarlo in viso con un’aria mezza divertita e mezza seria. 
- Anche se devo dire che ad un certo punto ho pensato di cambiare i programmi e piantarti in asso... non è che te lo sei sempre meritato, questo finale... 
Zlatan rise di gusto, sinceramente allegro, mentre cercava di non pensare a quel ‘ti amo anch’io’ che continuava a non venir fuori. 
- Ricordo che non ti è dispiaciuto affatto vendicarti sul campo, però... - rispose maligno nel suo tipico modo. Simon che gli stava per dare il pacchetto, ritirò la mano e lo fissò severo ed attento. 
- Sei solo invidioso perché ho baciato Theo... - sapeva che di Sandro non gli importava e che di Ante era troppo amico, lo conosceva bene. Ma sicuramente con Theo un giretto se lo sarebbe fatto volentieri, sapeva com’era fatto. 
Zlatan piegò le labbra in un’espressione d’assenso. 
- Non lo nascondo. Dopo di te, lui è il partito più ambito. Ha il dono di non avere paura di niente e nessuno... 
- Vuoi star qua a tessere le lodi di Theo o vuoi il regalo? No perché se vuoi ti spiego com’è stato il bacio. Magari sei curioso... 
Lo era ovviamente, ma era evidente che era stato bello perché Simon era rimasto shoccato in un primo momento. 
L’aveva invidiato, era vero, ma ormai non avrebbe mai e poi mai cercato di farselo. Nemmeno se con Simon sarebbe andata male. 
Tuttavia prendendo quel regalo al posto di rispondere, pensò che avrebbe fatto a meno volentieri di aprirlo se invece gli avesse detto quel dannato ‘ti amo’. 

Se lo ricordava eccome. Era ben vivido nella mente. L’aveva sognato tutte le ore che aveva dormito, oltretutto ci pensava ancora. 
Ma era bravo a fingere d’averlo dimenticato. Sapeva che Zlatan lo ricordava e sapeva che sapeva. Tuttavia erano entrambi consapevoli che non ne avrebbero parlato quel mattino. Un altro giorno sì, ma non quel mattino. 
“Mi serve un po’ per riflettere. Non posso rispondergli a caldo. Certo che lo amo anche io, ma non è una cosa da poco per me dirlo. Non l’ho mai detto a parte che ai miei figli.” Anche ad Elina diceva tante belle cose, ma i ‘ti amo’ non erano mai usciti dalla sua bocca. Non era un tipo espansivo ed affettuoso e tendeva a non ricoprire di sentimentalismi nessuno, perciò lei non se l’era mai aspettato. 
Peccato che Zlatan fosse diverso. 
“Sono entrambi svedesi, ma lui si aspetta il ti amo, sa che non glielo dirò ora, ma lo vuole. Me lo chiederà. Lei non l’ha mai preteso e non se l’aspetterà mai.”
Quel dannato ‘ti amo’ gli avrebbe creato molti problemi, lo sapeva, ma sapeva anche che non voleva rovinare di nuovo tutto con lui. Non si sarebbe ripetuto lo stesso ciclo di sempre. 
Zlatan finalmente aprì il pacchetto sollevandosi sulla testiera con mezzo busto. Simon si sistemò storto sulle sue gambe, usandolo come cuscino.
Si storse rispetto a lui e lo guardò dal basso aprire il regalo. A separarlo dal suo inguine, in quel momento fortunatamente a riposo, erano le lenzuola in cui era avvolto. Una parte di esse cingevano anche le sue gambe. 
Lo guardò aprire il pacchetto lungo e blu scuro e quando ammirò il contenuto, vide uno sguardo di sorpresa e meraviglia insieme. 
- Ti piace? - chiese immaginando la risposta. 
Zlatan prese l’orologio e se lo rigirò fra le mani. 
- Molto bello, mi piace davvero... 
- Non è molto elegante, così puoi tenerlo sempre. Ho cercato di indovinare i tuoi gusti... e poi so che ne hai molti per via degli sponsor che hai... perciò non credo che si noterà un orologio nuovo, no? 
Zlatan ridacchiò sporgendosi su di lui che dovette sollevarsi per venirgli incontro per farsi baciare. 
Le loro labbra si incontrarono e rimasero un istante una sull’altra. 
- Grazie, è bellissimo... è un regalo perfetto. 
Sapeva d’aver scelto bene, aveva cercato qualcosa che potesse mettere sempre e senza grossi problemi. 
- Sono contento di poter indossare sempre qualcosa di tuo. 
Quando lo disse, però, Simon per poco non si soffocò con la saliva e avvampando istintivamente si buttò giù sulle sue gambe, affondando la testa un po’ troppo con foga sul lenzuolo che lo copriva centralmente. 
- Simo, se vuoi darmi il secondo regalo però devi togliere questo... 
Così dicendo Zlatan sfilò il lenzuolo che lo separava dalle sue gioie che, senza troppa sorpresa, erano già di nuovo reattive. 
Simon si ritrovò così a pochi centimetri dalla sua erezione sempre di tutto e fin troppo rispetto ed il rossore divenne fuoco vivo. 
- Idiota... - sibilò cercando di riprendersi dall’imbarazzo. 
Troppi sentimentalismi. Forse però a quel punto era meglio quello, si disse guardando il suo pene abbandonato sulla coscia. 
Fece un’espressione da ‘perchè no’ e pensando “Pur di chiudergli quella dannata bocca prima che mi ripeta che mi ama, è molto meglio questo.”
Così pensando, gli prese il membro caldo in mano e poi in bocca, dandogli il secondo regalo di compleanno. 
La sua risata da idiota sadico si fece sempre più roca fino a che divenne un gemito. 
“Già... molto meglio questo che un altro ‘ti amo’”

Glielo avrebbe ridetto, proprio nell’esplosione dell’orgasmo, se Simon prevedendolo non avesse finito con la mano per non venire inondato in gola del suo seme, tuffandosi invece sulla sua bocca. 
Zlatan se ne rese conto. Capì che gli aveva appena volontariamente e coscientemente impedito di ripetergli il suo maledetto ‘ti amo’. 
“Meglio dargli tregua. Dopotutto è ancora qua, significherà pur qualcosa, no?”
Doveva crederlo, ne aveva bisogno. E comunque lui lo sapeva. Sapeva che significava qualcosa. Ne era certo.