*Simon e il suo bisogno di analizzare le cose in totale contrasto con le sue fisse rigide sulle regole. Convinto di non poter vivere quel che gli sta succedendo, cerca comunque di comprenderlo e trovare risposte, sebbene da un lato non voglia perché lo ritiene inutile. È pragmatico e sa che anche se capisce di essere gay o attratto esclusivamente da Ibra, non servirà a nulla perché in ogni caso non può vivere niente, ma ugualmente non può spegnere il proprio cervello analitico. E così cerca di capire se è una questione di Ibra oppure se magari è attratto anche da qualcun altro. Buona lettura. Baci Akane*
11. QUEL MURO DI GHIACCIO
Simon guardò Ibra che si metteva la giacca senza asciugarsi i capelli che aveva sciolti sulle spalle e bagnati.
- Non li asciughi? Ti verrà un accidente...
Ibra ricordando uno degli allenamenti quando se l’era ritrovato bagnato fradicio e gli aveva detto la stessa cosa, si girò ridendo.
- Mi fai il verso?
Simon capendo a cosa si riferiva, fece una risatina nervosa e poco convincente; suo malgrado, pronto a sua volta, l’affiancò per uscire sperando di risultare abbastanza normale.
- Quella volta dovevo ancora fare tutto l’allenamento col gruppo, non aveva senso asciugarli... tu adesso hai finito ed è pomeriggio, in pieno inverno.
- Non ti piace proprio avere torto, eh? - commentò sferzante Ibra. Simon lo fissò con un sopracciglio alzato, di sbieco.
- Mica ho torto!
Ibra rise ancora sgomitandolo, questo rilassò Simon che riuscì a mettere da parte il piccolo inconveniente sotto la doccia ed il conseguente domandone del secolo. A cui, ovviamente, non aveva risposto e non intendeva farlo.
Forse era stata una sua impressione che Ibra ci provasse con lui, più che altro lo provocava essendo provocante.
Era un discorso un po’ complesso, ma vedendolo così normale ed amichevole, non poteva che pensare d’essersi sbagliato su di lui.
Forse era così sempre e con tutti quelli che gli piacevano, ma in senso platonico, non in senso carnale.
“Bene, magari io non gli piaccio nel modo che pensavo, ma lui mi piace in quel modo?”
Ovviamente, pur ponendosi finalmente le domande giuste, e nemmeno poche, continuava a non rispondersi.
- Dormi ancora a Milanello? - chiese Ibra dirigendosi con lui verso il pullman con gli altri. Simon annuì.
- Mi hanno mostrato tante case, ma sono molto grandi e non so nemmeno che sarà di me a fine stagione. Intanto pensavo di prendere un bell’appartamento in affitto e poi vedremo.
Simon continuando a spiegare la propria situazione, trovò più facile non pensare a quel per nulla piccolo problema.
Saliti sul mezzo si misero vicini e continuarono a parlare.
- Ma continui a cercare nella mia zona?
Simon non trovò un valido motivo per negare, era vero, voleva andare nella zona di Ibra, che male c’era? Era l’unico contatto che aveva lì all’inizio.
All’inizio.
Ormai ne conosceva, di gente. Poteva chiedere ad Alessio dove stava.
Pensandolo guardò automaticamente il suo compagno, preso in una conversazione telefonica con qualcuno.
Scosse il capo e alzò le spalle.
- Sì, cerco lì...
- Beh, lì non c’è molto in affitto, ci sono per lo più belle case grandi in vendita...
Simon confermò che era quello che gli dicevano i suoi agenti immobiliari.
- Dovrei comprare, ci sono case in vendita, però non sono sicuro abbia senso. Siamo a gennaio, se a giugno mi rispediscono in Spagna che faccio? È proprio per questo che il resto della mia famiglia è rimasta là.
Simon non faceva mai cose che non avevano senso.
Ibra lo guardò sporgendosi verso di lui, con aria da saputello divertito.
- Ti terranno, vedrai. - nel gesto i capelli gli si spostarono in avanti e a Simon arrivò un’ondata del profumo fresco del suo shampoo. Si ritrovò ad aspirare e trattenere il fiato.
Turbato dalla consapevolezza che non fosse normale, tornò alla conversazione facendo un mezzo sorriso poco convinto.
- Sono realista, non posso essere ottimista per partito preso.
Lo prese un po’ in giro e lui rispose parlando di case, progetti ed idee legati allo stile di vita che entrambi avevano avuto fino a quel momento, uno dei loro argomenti preferiti di conversazione, qualcosa che li legava e accomunava.
Una volta tornati a Milanello, Simon salutò Ibra dandogli appuntamento al giorno dopo, avrebbero avuto entrambi l’allenamento defaticante in quanto entrambi avevano giocato tutta la partita, poi senza aspettare risposta, si affrettò a raggiungere Alessio prima di vederlo salire sulla sua auto.
- Ehi! - lo fermò con una mano sulla schiena. Per un momento ricordò lo schiaffo sul sedere che gli aveva dato alla leggera, ma si riscosse subito.
Alessio si girò e lo guardò sorpreso.
- Sì?
- Domani ci vediamo un po’ prima che rivediamo insieme gli errori?
Alessio fece un sorriso divertito, come a dire che non era un tipo che si dava pace facilmente.
- Ci sono i ragazzi dello staff che caricano i video il giorno dopo, per chi lo chiede. Radunano i pezzi che interessano e ce li passano. È da un po’ che io gli chiedo i miei così poi me li guardo. Domani vengo prima e li vediamo insieme, va bene.
Simon sorpreso che anche lui facesse questo e che fosse così preparato e disponibile, rimase colpito.
- Oh, che bel metodo...
Lui solitamente cercava da solo le azioni salienti caricate su internet e si vedeva quando riteneva d’aver avuto una brutta prestazione o quando cerano dei goal da valutare.
Alessio, fermo davanti alla sua auto, nel pomeriggio della domenica, alzò le spalle con un’aria un po’ strana, particolarmente malinconica e affettuosa insieme.
- È un vizio che mi ha imposto il mio vecchio mister...
Simon non aveva idea di che allenatori avesse avuto e nemmeno da quanto fosse al Milan, né se ci fosse sempre stato o se avesse avuto altri club.
- Chi era?
Nel pronunciare il suo nome, notò un tono vellutato e tenero in Alessio.
- Mihajlovic.
Simon che come tutti lo conosceva annuì e sorrise a sua volta gentilmente.
- Allora a domani.
Era così facile connettersi a lui, si disse vedendolo salire in auto per andarsene, mentre si avviava alla camera del centro sportivo.
Aveva un’aria morbida e quasi felice, mentre andava.
Un’aria che a Zlatan non sfuggì, dato che l’aveva aspettato invece di andarsene una volta liquidato con un freddo ‘a domani’.
A volte gli sembrava fosse schizofrenico.
“Perciò gli viene facile avvicinarsi ad Alessio, ma a me no?”
Pensò iniziando ad incazzarsi, poi vedendolo sorprendersi nel trovarlo ancora lì dove l’aveva lasciato, si corresse subito:
“Va bene, ho sempre ammesso che fosse facile perdere la testa per Alessio, è il classico tipo perfetto: carino, gentile, disponibile. È difficile che non piaccia, in effetti... una volta che ti conosce bene, è anche molto divertente perché si lascia andare. Ma Simon che gli corre dietro mentre da me scappa a gambe levate non mi va giù.”
- Ho dimenticato qualcosa? - chiese quasi con freddezza mista a stupore Simon.
- Mi hai scaricato in fretta... - commentò irritato. L’altro trattenne il fiato, non aspettandosi quella frase quasi dura.
- No io... dovevo sbrigarmi a dire ad Alessio che domani voglio vedere con lui i momenti della partita...
Zlatan alzò le spalle come per sminuire, per non fare la parte del fidanzato geloso.
- Puoi fare quello che vuoi, era che ti volevo chiedere che fai ora... sei solo?
Sapeva che normalmente andava in giro a guardare case, ma essendo domenica pomeriggio ed essendo anche presto visto che erano più o meno le tre, non lo voleva sganciare così in fretta.
Immaginava non avrebbe avuto molto da fare, era a Milano solo come lui, potevano fare qualcosa insieme. Magari a casa sua, invece che a Milanello. Erano entrambi due finti scapoli, insomma erano soli, perché stare in un dormitorio quando poteva sfruttare un ‘amico’ per i giorni che gli servivano prima di sistemarsi?
E casualmente quel ‘amico’ era quello che se lo voleva portare a letto, ma che contava? Erano solo stupide coincidenze!
Non aveva senso farlo stare da lui per qualche giorno?
- Io... pensavo di cambiarmi e prendere il primo volo per Siviglia e andare da Elina e i bambini... rientro domani pomeriggio per la sessione...
Rispose grattandosi la nuca meravigliato del suo interesse. Zlatan non gradì il muro di ghiaccio nuovamente innalzato, la sua gentilezza apparente era solo più irritante di quando nemmeno la fingeva. Voleva ucciderlo per averlo rifiutato così senza nemmeno fargli fare la sua splendida e geniale proposta.
Tuttavia alzò le spalle e annuì incupendosi.
- Ok, allora a domani...
Ripetè quel che gli aveva detto dieci minuti prima lui per poi girarsi e andare alla macchina per davvero.
Lo sapeva perfettamente che l’aveva fatto per scappare ed evitare proprio quella proposta, mica era un idiota.
Simon rimase lì perplesso a guardarlo.
“Ma mi sta facendo il muso perché vado dalla mia famiglia o perché non ho accettato un invito che non mi ha nemmeno fatto?”
Si fece da parte lasciandolo passare mentre sgommava andandosene, poi scosse il capo sospirando perplesso.
Era la persona più strana che avesse mai incontrato e salendo in camera, andò a cambiarsi per mettersi in borghese e poi rimontare subito in macchina e andare dai suoi, due ore e mezza di volo diretto non erano poche, ma dopo le esplosioni emotive scatenate da Ibra aveva ritenuto necessario precipitarsi da loro comunque. Le volte successive si sarebbero organizzati meglio, magari avrebbe fatto venire Elina ed i bambini, se ci fosse riuscita, in modo da averli a casa per i due giorni semi liberi a disposizione, nel caso in cui li avesse avuti. Ogni tanto capitava di giocare presto e di avere l’allenamento nel pomeriggio del giorno dopo. A volte c’erano addirittura dei giorni liberi.
Quando avrebbe avuto casa, avrebbe potuto farla venire mentre lui giocava per poterla trovare al suo ritorno e così passare più tempo insieme. Non era complicato, bastava organizzarsi.
Se tutto sarebbe andato bene, quell’estate si sarebbero trasferiti lì a Milano con lui.
Tutto questo, ovviamente, se si fosse sbrigato a prendere un appartamento che fosse adeguato.
Adeguato, si ripeté seccato. Non necessariamente in una zona specifica. Non era quella la priorità.
Aveva bisogno di loro, di quella normalità classica che gli ricordava chi era, quali erano i suoi gusti e cos’era giusto.
In macchina pensò a Ibra e alla doccia, al suo pene già grande di suo che poi si era ingrandito ancora di più mentre se l’era toccato in quel modo osceno.
Era un uomo anche lui, sapeva che non ci si lavava l’inguine in quel modo, specie da davanti agli altri.
Ci si masturbava sotto la doccia, era anche normale, ma non davanti agli altri.
E lì lui non se l’era solo lavato.
Se l’era strofinato nella mano per bene.
Come poche ore prima, gli capitò di nuovo la stessa reazione e guardandosi fra le gambe, imprecò abbassando il finestrino mentre correva in autostrada verso l’aeroporto.
L’aria gelida sferzò in viso raffreddando i bollenti spiriti.
Non sapeva cosa gli stava succedendo, sapeva solo che non era normale e che non andava bene.
Simon si perse ad osservare il viso di Alessio da vicino, mentre entrambi chini sul suo telefono guardavano il filmato montato da un membro dello staff, come da sua richiesta.
Si erano trovati prima dell’orario regolare, come si erano messi d’accordo, e si erano sistemati nella sala del caminetto che era stato acceso poco prima del loro arrivo.
Gli piaceva stare lì davanti a guardare il fuoco e farsi riscaldare, in quelle sere che era rimasto a dormire a Milanello si era perso ad osservarlo, mentre di tanto in tanto lo riforniva.
Gli ricordava la sua infanzia, quando negli inverni congelanti danesi accendevano spesso il fuoco.
Era un ricordo caloroso.
Seduti vicini nel divano, fissavano lo stesso schermo bello grande di ultima generazione finché Simon si perse sul viso ravvicinato di Alessio, dimenticandosi ad un certo punto il video.
Era bello e gentile e lo vedeva anche parlare e scherzare con gli altri e rispondere a qualsiasi domanda e richiesta.
Era un tipo per cui si poteva facilmente perdere la testa.
Pensandolo spalancò gli occhi e scuotendosi tornò in fretta a fissare il telefono.
Cosa gli era venuto in mente?
Faticò a concentrarsi sul video, per fortuna Alessio lo analizzò da solo ad alta voce e questo l’aiutò a tornare sul punto focale della loro riunione.
Così in poco si misero a parlare di calcio e tutto andò meglio.
Non pensava che gli stesse piacendo anche Alessio, era solo che Ibra aveva dato il via a qualcosa, anche se non sapeva come e perché, ed ora lui stava cercando di capire, di tradurre tutto quello.
Era qualcosa che scattava solo con Ibra o anche con altri?
Alessio fra tutti era quello che gli era piaciuto di più, analizzandolo con occhi simili a quelli usati per lo svedese, capiva che ci si poteva prendere anche per lui, ma non pensava di avere la stessa fissa per il suo corpo che gli era venuta per l’altro.
“Tanto anche se scopro chissà cosa, non andrà mai avanti. Sono sposato.”
Se lo ricordò più volte, mentre scherzava e rideva con Alessio, dopo aver appurato quali erano stati i loro errori e aver placato l’animo preoccupato di Simon.
“Non ha senso che continuo, guarderò così tutti i ragazzi della squadra per vedere se mi eccito con altri o solo con Ibra? E anche se fosse?”
Simon tentò di frenarsi usando la sua razionalità, ma quando poi andò con Alessio negli spogliatoi per prepararsi agli allenamenti, lo fissò insistente per vedere cosa gli stimolava il suo corpo.
Anche lui aveva dei tatuaggi come Ibra, ma non era possente come lui, sebbene fosse piuttosto piacevole alla vista.
Il suo viso di sicuro era più bello, ma il corpo di Ibra vinceva decisamente.
“Sono un idiota, mi sto dando la zappa sui piedi da solo. Se non la pianto farò un casino e non posso.”
Analizzare era un vizio che aveva da sempre e che faceva con tutto, non era insolito lo facesse. Non controllava il proprio cervello quando era in fase analitica e lo era quando in particolare c’era qualcosa di strano che non capiva.
Tuttavia di solito aveva senso trovare le risposte, ora non ce l’aveva poiché anche se avesse scoperto che gli piacevano i ragazzi o Ibra in particolare, non avrebbe mai dato seguito alla cosa.
Era anche andato a casa da Elina a Siviglia in un tour de force non da poco considerato le poche ore a disposizione, tutto per ricordarsi chi era, ovvero un uomo sposato e con due figli.
Sapeva che non aveva senso proseguire in quell’analisi, ma non riusciva a frenare il proprio cervello.
Tuttavia non frenò nemmeno la propria bocca quando si mise a fare domande personali ad Alessio per conoscerlo meglio, tipo sulla sua vita privata, se stava con qualcuna.
Aveva risposto in modo evasivo dicendo niente di ufficiale, ma aveva una storia complicata; non aveva insistito, ma gli era sembrato nascondesse qualcosa.
Non aveva poi frenato nemmeno il suo corpo quando uscendo insieme anche agli altri che erano arrivati per prepararsi come loro, gli aveva messo un braccio intorno alla schiena per farlo passare per primo. Un tocco fatto di proposito, ma del tutto normale.
Doveva capire sulla pelle, doveva provare cosa significava.
Il contatto fisico con Alessio non gli dispiacque, così come era bello parlare con lui e stare insieme in generale. Lo reputava un bel ragazzo oltre che un tipo piacevole.
Tuttavia non sapeva arrivare ad una conclusione, almeno fino a che non vide Ibra in palestra per i suoi soliti esercizi iniziali, uscire ed andargli incontro. Li affiancò rifacendosi la coda e nel movimento lo urtò.
Quel contatto, poco dopo quello con Alessio, lo fece fremere e gli diede la sua risposta.
“Con Ibra è decisamente diverso. Stop.”
E con stop intendeva proprio stop.
La sua analisi era finita, aveva avuto la risposta sufficiente che gli serviva per bloccarsi.
Era Ibra in particolare, non i ragazzi. Del resto era ovvio, non gli era mai capitato nulla del genere.
Anche se forse con un po’ di spinta per il verso giusto gli sarebbe potuto piacere anche Alessio.
Ma no, non era la stessa cosa che c’era con lui, non c’era quell’elettricità che gli faceva perdere la testa ed il controllo.
Perciò era ora di fermarsi e tornare ad innalzare il suo bel muro alto e spesso.
Quel muro di ghiaccio che lo proteggeva da quando era nato.
O forse no, forse non da sempre.
Forse da quando aveva iniziato a svilupparsi e a capire che non poteva farsi conoscere troppo bene dagli altri perché non era giusto.
La gente non doveva saperne troppo di lui, di quali erano i suoi veri gusti, di chi gli piaceva.
Da quando aveva innalzato quel muro si era protetto così bene che nemmeno lui stesso, ad un certo punto, aveva più ricordato da cosa si proteggeva. O meglio, cosa nascondeva agli altri. Perché l’aveva nascosto così bene da renderlo invisibile persino a sé stesso.
Fino a dimenticarlo.