*Mentre Simon cerca di capire se anche altri gli fanno lo stesso effettp di Ibra, questi geloso di Alessio passa all'attacco approfittando della sua permanenza forzata a Milanello. Buona lettura. Baci Akane*

12. ALZANDO L’ASTICELLA

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Non avrebbe mollato. 
Zlatan aveva notato che aveva innalzato un muro, uno dei tanti.
Col ghiaccio ovviamente.
Apparentemente rimaneva gentile e amichevole come sempre, solite chiacchiere, insomma, ma lui lo aveva notato che in realtà era solo per tenere le distanze.
Anzi, per tenere lui a distanza. 
Aveva notato che non si faceva molti problemi con Alessio, si sentiva più a suo agio con lui e gli chiedeva di fare cose insieme, come venire prima o fermarsi dopo a fare qualcosa per migliorare la loro intesa in campo. 
Vedeva Alessio sorpreso di quelle richieste, ma accettava di buon grado e notava il loro rapporto migliorare più di quello che si era aspettato. 
Simon aveva qualcosa e probabilmente era successo quando aveva capito che lui lo eccitava. In realtà si era aspettato quella reazione, non si era stupito minimamente, ma non si sarebbe di certo fermato.
Doveva solo alzare l’asticella. 
Sapeva di non essergli indifferente e se avesse avuto modo di chiacchierarci insieme, avrebbe probabilmente scoperto che in realtà il bell’uomo artico era sempre stato propenso verso il genere maschile, ma per limiti imposti dalla società o chissà chi, si era sempre frenato e soffocato, al punto da non saper più vivere nemmeno le emozioni normali.
Ricordava la conversazione sulla prima moglie, quando gli aveva detto che l’aveva lasciato perché non si sentiva amata. Lui aveva candidamente ammesso di non essere bravo a mostrare le proprie emozioni. 
Perché le soffocava. E perché le soffocava? 
Perché sapeva che c’era qualcosa di cui aveva paura, che non voleva vedere né, tanto meno, vivere. 
Ma con lui le cose sarebbero cambiate. Non perché pensava di volerlo salvare o chissà che. Semplicemente se lo voleva fare.
Si era messo in testa questo e non avrebbe cambiato piano. Non c’era verso.
Simon era diventato il suo pallino, ma non avrebbe potuto aspettare la prossima partita. Ormai la fase del mostrarsi nudo sotto la doccia e provocarlo in quel modo era passata. Doveva andare oltre, prima che trovasse più facile buttarsi su Alessio che su di lui.
Perché con Alessio sì e lui no?
Che c’era di diverso?
Un carattere più affabile ed amabile e gentile e disponibile?
Un viso più carino?
Non aveva mai sofferto di inferiorità verso nessuno per nessun motivo, né fisico, né caratteriale.
Ma lì essere messo da parte per un altro lo iniziava a seccare parecchio, così decise che sarebbe passato alle maniere più forti. 
Quella sera sarebbe venuto a dormire a Milanello anche lui.
Senza motivo.
Senza nessuna partita imminente del giorno dopo.
Senza, soprattutto, seccatori intorno.
Probabilmente avrebbe presto trovato casa, non poteva aspettare troppo e sprecare quell’occasione. 
Avrebbe voluto invitarlo a stare da lui invece che a Milanello, fino a che non si sistemava. Sarebbe stato logico visto che viveva anche lui solo al momento. 
Tuttavia era graniticamente sicuro che Simon avrebbe categoricamente rifiutato sebbene fosse estremamente sensato come piano. 
Perciò invece di farlo venire, decise che sarebbe andato lui.

- Sai, dovremmo chiedere a qualche compagno se è disposto a fermarsi con noi per rifinire gli esercizi in difesa. Cioè un due contro due, due attaccanti per due difensori. Sarebbe perfetto... 
Simon non faceva che pensare a come migliorare la loro intesa in campo, nonostante fosse passato appena un giorno dalla partita contro l’Udinese. Il primo allenamento era stato defaticante, ma avevano parlato molto su cosa avevano sbagliato e come migliorare. Poi il giorno dopo gli aveva chiesto di fermarsi per fare qualcosa insieme in campo, ma al momento di capire di fatto cosa, si era reso conto d’aver bisogno di almeno qualche attaccante. 
Alessio annuì alzando le spalle, mettendosi le mani dietro la nuca pensieroso. 
- Domani potremmo chiedere a Ibra e Ante... ormai se ne sono andati... anche se forse Ibra è in palestra e se gli chiediamo ci dà una mano di sicuro. Lui fa per due, potrebbe funzionare! 
Simon avvampò improvvisamente e vedendo che Alessio stava andando di filato verso la palestra a chiamarlo, lo fermò istintivamente. 
- No no, lascialo... ci servono due attaccanti, uno non ha senso... chiederemo magari... anche Rafa e Ante, non deve per forza essere lui... 
Alessio, fermo a metà strada fra il campo e la palestra, lo guardò perplesso.
- Ma lui si ferma comunque dopo la sessione regolare. Sicuramente non gli seccherebbe... e poi ormai oggi... 
Avevano fatto qualche esercizio di scambio di palla usando i manichini, ma non era la stessa cosa e si erano fermati capendo che mancava qualcosa. 
O qualcuno. 
- Si, ma fa già i suoi esercizi, non voglio interromperlo... 
Alessio capì che era una scusa perché non voleva stare con lui, così si arrese e tornando indietro riprese la palla abbandonata mettendosi a palleggiare pensieroso, cercando di capire come gestire quella strana situazione. 
- Mi sembrava andaste d’accordo... - tentò vago come se non volesse per forza farlo parlare, ma se ne aveva necessità lui c’era. 
Simon lo guardò stupito della prima intromissione da capitano e da amico e sorrise intenerito, ignorando di essere tenuto d’occhio dall’interno della palestra da Ibra che, vedendo strano movimento in campo fra gli unici due rimasti, aveva cercato di capire cosa combinassero.
Ovviamente irritato che stessero lì insieme. 
- Sì, infatti andiamo d’accordo... 
In realtà Simon non sapeva bene come rispondergli. 
- Ti intimidisce? Forse Ibra può fare quell’effetto ed io non lo conosco da più tempo di te anzi, forse è il contrario... 
Simon capì che avevano già girato le storie sulle loro discussioni precedenti di quando erano stati avversari in campo. 
- Farmi prendere per il collo da lui non lo rende un mio conoscente... - disse semi divertito ed imbarazzato, Alessio gli lanciò un’occhiata incuriosita del tono e del fatto che ne parlasse apparentemente facilmente. 
Aveva le mani in tasca perché ormai faceva freddo essendosi fermati dopo gli allenamenti, ma continuava a palleggiare sbagliando spesso per poi ricominciare. Simon gli stava poco distante e lo fissava. Fissava più lui che i suoi palleggi. 
- Però andate d’accordo, no? Ne avete parlato? Avete risolto? Sai, non ci siamo intromessi perché ci sembravate adulti e tipi da risolvere subito tutto da soli... e poi eravate compagni di camera e sembravate andare d’accordo... 
Alessio sondava ancora il terreno con leggerezza e casualità, ma in realtà stava proprio facendo il capitano, così Simon sorridendo morbido glielo lasciò fare. 
- Non ne abbiamo parlato, in realtà. All’inizio ci ignoravamo, poi però ci siamo sforzati di parlare e andare d’accordo perché siamo compagni di squadra e semplicemente credo stia funzionando. 
- Ma non siete amici. - concluse Alessio per lui. Simon si strinse nelle spalle senza rispondere. 
Era difficile dire cos’erano. 
- Non capisco ancora cosa gli piace e cosa no. È difficile da capire. 
Alessio a quel punto piegando le labbra all’ingiù, lasciò la palla cadere e la fermò sotto il piede, infine lo guardò per la prima volta diretto. Poi con la sua calma e gentilezza tipica, rispose: 
- Non mi sembra tipo da nascondere quando non gli sta bene qualcosa. Se gli chiedi se gli va di aiutarci e ti dice di sì, significa che gli va bene, altrimenti direbbe sicuramente no grazie. 
Alessio aveva capito già perfettamente Ibra, Simon non se ne stupì e sospirando arrendevole fece un sorrisino di scuse. 
- Domani chiederemo a lui e Ante, ok? 
Alessio annuì capendo che gli serviva solo tempo, anche se non sapeva bene per cosa. 
“Vorrei sapere perché non sono preso da lui, sarebbe stato più facile. Comunque difficile in quanto è un ragazzo, ma meno traumatico che con Ibra.”
In realtà non lo capiva benissimo nemmeno lui. 
Insieme si avviarono agli spogliatoi ormai vuoti; passati davanti alla palestra dove Ibra si stava ancora allenando, Simon gli lanciò un’occhiata seria, ma non gli fece alcun cenno quando i loro sguardi si incontrarono. 

Negli spogliatoi sotto la doccia che fecero insieme, Alessio e Simon continuarono a parlare di esercizi utili per l’intesa difensiva e di predisposizioni, il tutto mentre il danese fissava il corpo del suo compagno per capire se gli succedeva la stessa cosa che gli era capitata fissando Ibra.
Lo trovava gradevole, ma non c’erano le stesse reazioni.
Decisamente non c’erano, anche se riconosceva che era davvero un bel ragazzo. 

Quella sera, dopo aver visto ulteriori case, rientrò a Milanello dopo una cena solitaria e ritrovandosi un’altra macchina fin troppo familiare nel parcheggio, si aggrottò iniziando a sentirsi a disagio. 
“Che intenzioni ha?”
Si ricordò che gli aveva detto che ogni tanto veniva a dormire a Milanello anche lui, quando aveva bisogno di isolarsi o cambiare aria o non sapeva bene perché, ma non l’aveva preso molto sul serio. Specie perché non era ancora mai successo.
Improvvisamente il cuore gli andò in gola e lì vi rimase. 
“Mica vorrà dormire veramente qua... ci sono già io... poteva aspettare che me ne andassi...”
 Non gli erano del tutto chiare le sue intenzioni nei suoi confronti, non era ancora certo che Ibra ci provasse con lui poiché non aveva fatto delle mosse chiare nei suoi confronti, per fortuna, ma era consapevole che non significava che poteva abbassare la guardia.
Specie dopo aver capito che nessuno, al momento, gli faceva lo stesso effetto che gli faceva lui. 
Inghiottendo a vuoto e con l’ansia alle stelle, Simon si fece forza ed entrò nel centro salutando il custode notturno che ormai conosceva bene, apparve normale e non gli chiese se c’era Ibra, era ovvio che c’era. 
Cosa doveva fare? E se lo beccava a fare sesso occasionale con un altro ragazzo, di nuovo? 
Guardò il cellulare prima di entrare in camera. 
Dopotutto gli aveva detto di avvertirlo se lo faceva e sapeva che in quel periodo stava lui lì. 
Si morse il labbro e si avvicinò alla porta per sentire dentro se c’erano strani rumori. 
Appurato che non sembrava sentire nulla di specifico se non forse qualcosa che poteva sembrare la televisione, si fece coraggio ed entrò mettendosi addosso la sua tipica e normale maschera da gentile indifferenza. 
Doveva essere amichevole senza destare sospetti sul reale stato d’animo. Cercò di ripeterselo, ma quando lo vide seduto ai piedi del letto col joystick fra le mani, intento a fissare il televisore e a giocare a qualcosa, Simon si bloccò. 
Ibra era in boxer come se fosse piena estate ed i 23 gradi fossero 33, i capelli sciolti sulle spalle, l’aria seria e concentrata su qualunque cosa stesse facendo con la Playstation di ultima generazione.
A quel punto il ragazzo appena entrato trattenne il fiato, irrigidendosi completamente.
No, quello non era gentile indifferenza. 

- Ciao! - lo salutò sorpreso di trovarlo lì, Zlatan mise il gioco in pausa e lo guardò cercando di capire che aria avesse di preciso nell’osservarlo in quella che per lui era una normale condizione. 
- Ciao! - ricambiò come nulla fosse. Simon non diede come sempre a vedere nulla di particolare, fissò i suoi occhi azzurri che tanto gli piacevano quanto riusciva a detestare. 
Abitudine. 
- Hai litigato con tua moglie? - poi si ricordò della loro conversazione e che gli aveva detto di essere a Milano da solo, così sembrò cercare di ricordare quello che gli aveva detto a proposito del scappare di casa. Lo fece mentre entrava sistemando le proprie cose sul suo comodino, con aria apparentemente indifferente: - Com’è che era? La casa è troppo grande, per te? 
Sembrava deriderlo, ma Zlatan pensò che fosse il suo modo per essere amichevole oppure per sdrammatizzare e rompere il ghiaccio che aveva innalzato in un istante appena l’aveva visto. 
Aveva capito che si era allontanato da lui per attaccarsi ad Alessio e la cosa l’aveva irritato enormemente, tanto che aveva deciso di alzare il livello del gioco. E non parlava di quello che faceva alla play. 
- Sì, qualcosa di simile... - rispose rimanendo sul vago e facendo un mezzo sorriso più simile ad un ghigno. 
Simon senza una reale risposta alla sua anomala presenza lì, lo guardò inquisitore, così ammise senza troppi imbarazzi di mezzo: 
- Pensavo volessi compagnia. - gli pareva trattenesse il fiato e aggiunse alla leggera: - Ti dispiace? 
A quel punto fu come se Simon si svegliasse e scuotendo la testa alzò le spalle come se per lui fosse uguale. 
- Per niente. Ogni tanto è bello avere qualcuno intorno... - rispose rimanendo impassibile, era rimasto sorpreso e colpito dal suo insolito gesto, ma non aveva mostrato più di quello. Che irritante che era!
“E che sono, un cane? Mica gli scodinzolo intorno... adesso me lo ribalto sul letto!”
Sapeva di poterlo fare, ma sapeva anche di doversi trattenere. Alzare l’asticella non significava saltargli addosso, altrimenti avrebbe rischiato di bruciarsi il risultato. 
Ovvero lui a letto con Simon.
Beh, non necessariamente a letto, poteva anche essere contro il muro. 
- Hai già mangiato? - gli chiese poi prima di riprendere a giocare. Erano le nove passate di sera, perciò sospettava l’avesse già fatto. Anche lui aveva mangiato. 
- Sì, e tu? Se sapevo che dormivi qua ti avrei aspettato. 
Era facile fare finta di nulla con la gentilezza, parlare del più e del meno mostrandosi amico gli veniva bene, ma era come se in realtà stesse innalzando ancor di più il suo muro di ghiaccio e a Zlatan non stava per niente bene. 
- Sì, anche io... non l’ho programmato, ho solo fatto ciò che mi andava.
Simon alzò un sopracciglio mentre si sedeva sul letto senza cambiarsi né fare nulla di particolare. 
- Ti capita spesso? Fai quel che ti viene sul momento senza rifletterci su anche se non ha senso? 
Per come la vedeva lui, probabilmente preferire una camera in un dormitorio alla propria casa spaziale, non doveva avere effettivamente senso. Specie se la giustificazione era fare compagnia ad uno che fino a pochi giorni prima aveva apertamente detestato.
Zlatan lo guardò nuovamente dopo aver tirato fuori un secondo joystick che si era portato appositamente per lui. 
Sembrava realmente interessato, in quel momento. 
Ritrovandosi inaspettatamente ad un bivio, si chiese su due piedi cosa fosse il caso di fare. 
Provare a sedurlo oppure legare con lui in modo normale per fargli capire che anche lui andava bene e non solo il caro e bell’Alessio? 
Rimase coi due joystick, uno in uso e l’altro no, ci pensò un attimo poi mostrandosi restio a parlare di sé, pensò che potesse fargli bene vederlo umano. Oltretutto poteva fargli vedere come ci si lasciava andare, visto che era il suo problema. 
- Capita. A volte a casa mi sento soffocare, succede più spesso quando sono con Helena. Amo i ragazzi, ma ogni tanto ho bisogno di emigrare... fare quel che mi pare senza rifletterci. Oggi volevo venire qua e l’ho fatto. 
Simon era ancora seduto sul suo letto, vestito di tutto punto, Zlatan sapeva che doveva avere caldo con quel maglioncino nero addosso e che si voleva mettere comodo, ma sapeva che era imbarazzato all’idea di spogliarsi davanti a lui. 
- Non sei tu a volere che la famiglia ti segue ovunque? E quando sei con loro evadi? - tralasciò di sottolineare che ora era solo ed invece era lì con lui. Sicuramente lo trovava strano, ma preferiva non pensarci.
Gli ripeté quello che ricordava gli aveva detto qualche giorno prima. Era incredibile come ricordava ogni singolo dialogo, ogni parola che gli aveva detto.
Fece un mezzo sorriso dei suoi e gli indicò col mento i vestiti, fissandoglieli ironico. 
- Non hai caldo? 
Il compagno si rese conto di essere ancora vestito di tutto punto e si strinse nelle spalle. 
- Si poteva approfittare per uscire così mi facevi vedere un po’ la città ed i posti migliori, ma vedo che sei già comodo... 
Zlatan che cercava di capire cosa passasse per la testa a Simon, intuì che la sua strategia era di stare da solo in camera con lui mezzo nudo il meno possibile.
Andare in giro per la città era meno imbarazzante che quello, ma si doveva rassegnare, comunque avrebbero condiviso la stanza ogni sera prima delle partite. 
Non era un modo per legare, ma un modo per distanziarsi e Zlatan, capendolo perfettamente, scosse il capo facendo una smorfia porgendogli il joystick che l’altro ignorò. 
- Non sono tipo che ama andare troppo in giro... domani sera se ti va possiamo andare... 
Come ad intendere che avrebbero potuto passare altro tempo insieme da soli.